Categorie: FumettiRecensioni

Y: L’ultimo uomo, la recensione: La decostruzione del patriarcato e del matriarcato

Y: L'ultimo uomo sulla Terra

14.00 €
8.2

Sceneggiatura

8.5/10

Disegni

7.5/10

Cura editoriale

8.5/10

Pros

  • Ottima premessa
  • Dialoghi ben scritti
  • Uno dei migliri protagonisti visti in un fumetto
  • Critica sociale approfondita
  • Storia non tirata per le lunghe

Cons

  • Sarebbe stato bello vedere solo Pia Guerra come disegnatrice
  • Molte femministe potrebbero disprezzare il messaggio

Uno dei lavori migliori di Brian Vaughan, in collaborazione con la disegnatrice Pia Guerra, Y: L’ultimo uomo è un’opera tra le migliori della serialità fumettistica contemporanea, una storia che ha in sé non solo fantascienza, ma anche satira, critica sociale e politica. Nell’attesa di vedere la serie su Disney +, è doveroso parlare del fumetto da cui essa è stata tratta.

“Tutti gli uomini sono morti”

Una poliziotta sconvolta pronuncia questa frase dopo la morte di un suo collega e di suo marito, poco prima di spararsi alla tempia nella prima pagina del fumetto, reazione istintiva e disperata in un frangente come quello che dà inizio alla storia. Non solo umani, ma qualunque essere di qualunque specie sulla Terra che abbia il cromosoma Y, nello stesso preciso istante, perde la vita.

Solo due maschi sono inspiegabilmente sopravvissuti a questa pandemia: il giovane escapista Yorick Brown e la sua scimmietta Ampersand. La madre di Yorick, membro del Congresso degli Stati Uniti, nell’intento di proteggere suo figlio nonché unica speranza rimasta al mondo di tornare alla normalità, decide di mandarlo in un laboratorio in California, dove si sta studiando un progetto di clonazione segreto.

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Ad accompagnarlo vi saranno l’Agente 355, spia del Culper Ring sotto gli ordini della madre di Yorick, e la dottoressa Allison Mann, che fa parte del progetto che spera di poter spiegare la morte del gene Y e il modo di farlo tornare. Un viaggio di sopravvivenza tra ultra femministe, bandite, nostalgiche e quant’altro, tutto per salvare l’ultimo uomo – e l’ultima scimmia – sulla Terra.

Premessa continuata

La premessa è forse il pregio principale di Y: molti/e pensano che il mondo sarebbe perfetto senza maschi, un’utopia illusoria che annullerebbe la stupidità nella razza umana per portare il mondo verso un avvenire più roseo. Ebbene, Vaughan già dall’inizio fa capire quanto sia sbagliata quest’idea: annullare il genere maschile sarebbe scientificamente e socialmente pericoloso, un’immagine degenerativa per la società e per la specie umana. Non c’è da sorprendersi se questo fumetto è letto in molti corsi di sociologia nelle università.

Durante il viaggio, i protagonisti vagano per un’America in cui le donne hanno reagito in maniere diversa all’apocalisse, singolarmente o in gruppo, in maniera positiva o negativa. Il crogiolo dei popoli, com’era chiamato un tempo, è un perfetto setting in place dove ambientare una storia sociale così profonda e sfaccettata. Ci sono donne, come quella di inizio storia, che non hanno retto, donne che hanno deciso di andare avanti comunque, tentando di ricostruire, e altre ancora che hanno colto l’occasione come sovvertimento estremo della “classe sessuale”.

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Il gruppo delle Amazzoni è un chiaro esempio: un gruppo di femministe estremiste, il cui principale intento è distruggere qualsiasi immagine fallica rimasta nel mondo, oltre a voler uccidere Yorick una volta scoperta la sua esistenza. Una chiara critica a certi movimenti, come le ormai celebri TERF (Trans-Exclusionary Radical Feminist), che antepongono un bene egoistico a uno globale.

Brian Vaughan alla scrittura

Come si suol dire, non stiamo parlando dell’ultimo arrivato. Brian Vaughan è sempre stato uno scrittore polimorfico e capace: ha sceneggiato diverse puntate di Lost (in una delle quali appare anche Y), lavorato con la Marvel (Wolverine: Logan) e con la DC, con la quale, a parte diverse storie sui supereroi e ancora il fumetto di cui stiamo discutendo, ha sceneggiato l’assai sottovalutata graphic novel L’orgoglio di Baghdad.

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Per chi legge Vaughan – del quale forse il miglior fumetto, tra l’altro ancora in corso, è Saga, una delle storie a fumetti fantasy migliori di questi ultimi anni – sa che il suo punto più forte, oltre alle già citate premesse, sono i dialoghi: taglienti, sarcastici, diretti, dei quali i più lunghi, senza interruzione o tagli, durano al massimo due pagine. Non si perde tempo in eccessive spiegazioni di ciò che è successo, di ciò che potrebbe succedere o di ciò che provano i personaggi. Le conversazioni saranno rapidi botta e risposta in cui tuttavia riusciamo a capire i tumulti interiori dei protagonisti anche da uno sguardo, da una semplice parola, dalla perfetta gestione della gabbia.

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La serie stessa non si dilunga troppo nel suo scorrere: undici volumi saranno più che sufficienti per creare uno sviluppo della trama e dei personaggi, ogni arco caratteriale verrà chiuso definitivamente, soprattutto quello del vero protagonista della storia, attorno al quale ruota l’intera trama e sul quale s’incentra il fine morale e intrinseco del fumetto. Non Yorick, ma la lettera iniziale del suo nome e che dà titolo al fumetto: il cromosoma Y.

A causa di tale elemento genetico e dell’ultimo uomo che lo porta i personaggi si troveranno ad affrontare ostacoli uno dopo l’altro, e nessuno di essi sembrerà mai un filler, perché contribuirà a svelare un aspetto in più del personaggio di Yorick, dell’Agente 355, di Allison e di molti altri.

“Ahimè, povero Yorick, io lo conoscevo bene”

A differenza di molti fumetti, seppur di grande valore, nei quali si dà molte importanza al contesto, correndo rischio di rendere il protagonista meno interessante dei personaggi secondari, in Y è il contrario: Yorick, l’ultimo uomo, è tra i più simpatici protagonisti mai visti in un fumetto. La sua cultura classica e pop lo rendono un personaggio in cui il pubblico nerd può identificarsi. Amante del cinema, delle serie TV e quant’altro, non perde occasione di fare citazioni “neanche di fronte all’Armageddon”. Numerose saranno le battute alla cultura di massa che rivolgerà alle sue accompagnatrici, le quali faticheranno a capire la maggior parte dei suoi riferimenti.

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Una persona il cui atteggiamento rischia di cacciare nei guai sia lui sia quelli che gli stanno intorno, ma che nasconde talenti capaci di aiutarli nelle situazioni più gravi, come la sua bravura nell’escapismo. Il suo stesso nome, così come quello di sua sorella Hero, sono stati affibbiati dal padre, un insegnante di storia teatrale che “forse voleva punire i suoi figli per essere nati”.

Comparto grafico

L’unico difetto riscontrabile di Y: L’ultimo uomo sulla Terra sono i disegni. Non che siano brutti, tutt’altro, almeno nei primi volumi. Pia Guerra riesce a dare un tratto perfettamente in linea con la storia: non troppo dettagliati, ma quanto basta per dare carattere ai personaggi, grazie a una lineart pulita e precisa.

Peccato che, più si va avanti con la storia, più cambiano i detentori delle matite, i cui tratti a volte stonano col mood della trama. Goran Parlov, per esempio, ha uno stile forse troppo “cartoonesco” per le emozioni che vuole trasmetterci l’opera di Vaughan.

Tra fantascienza e sociologia

Inutile dirlo, la discontinuità grafica è un granello di sabbia nel mare di pregi che Y: L’ultimo uomo possiede. Sotto i numerosi punti di vista citati a inizio recensione, questo è un fumetto che va letto, così come le altre opere di Vaughan, prima fra tutte Saga. Una storia breve ma che regala emozioni, che ci fa affezionare ai personaggi e ai loro tumulti, che fa riflettere sul ruolo del maschio nel mondo moderno, o di come la società reagirebbe ad una situazione estrema. Un fumetto capace di emozionare, insegnare, ma soprattutto far pensare. E non è forse questo il fine dell’arte?

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Veoneladraal

Fin da bambino sono sempre stato appassionato di due cose: i romanzi fantasy e il cinema, passioni che ho coltivato nel mio percorso universitario, laureandomi al DAMS Crescendo hoi mparato a coltivare gli amori per i videogiochi, i fumetti e ogni altra forma di cultura popolare. Ho scritto per magazine quali Upside Down Magazine e Porto Intergalattico, e ora è il turno di SpaceNerd di sorbirsi la mia persona! Sono un laureato alla facoltà DAMS di Torino, con tesi su American Gods e sono in procinto di perseguire il master in Cinema, Arte e Musica.

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