Nel panorama dei picchiaduro 2D si sono sedimentati dei nomi molto importanti per la cultura videoludica. Si sente costantemente parlare di Street Fighter, Tekken e Mortal Kombat. Però di picchiaduro fatti come si deve ce ne sono stati sempre, e in un quantitativo pressoché assurdo.
Una casa di sviluppo, specializzata in questo genere sin dalla sua nascita, sforna di anno in anno picchiaduro complessi, interessanti e sempre innovativi. Questa è Arc System Works, editrice di giochi come Persona 4 Arena, Dragon Ball FighterZ e innumerevoli atri titoli, porta avanti un franchise sin dal 1998. Il loro titolo di punta, che li ha messi sul mercato e li ha fatti notare dal pubblico, è stato Guilty Gear.
Sin dal principio, Guilty Gear doveva essere un picchiaduro complesso che spingesse le intenzioni del giocatore verso la massima offensiva. Ad oggi l’originale Guilty Gear è un gioco invecchiato molto male, però ha messo le basi per ciò che sarebbe diventata una delle saghe più importanti per il panorama dei picchiaduro 2D.
Ed è proprio in questo ambiente che Arc System Works si è impegnata a rilasciare titoli uno più meraviglioso dell’altro, caratterizzati da una estrema profondità di gameplay e una dinamicità senza pari. Guilty Gear non è mai stato da meno e l’ultimo capitolo della serie, Guilty Gear Strive, si impegna a mantenere le promesse fatte in anni di franchise.
Una cosa che ci ha veramente stupito è la cura che il RED Team ha messo dietro allo spiegare il lato narrativo di Guilty Gear a chi magari non ha mai approfondito la serie o non si è mai interessato a questa. La modalità GG World presenta diverse pagine che aiutano il giocatore a capire cosa sta guardando. C’è un’enciclopedia dettagliata che copre termini specifici, personaggi, luoghi e affiliazioni. C’è una time-line che riporta ogni evento passato, che esso sia poco o tanto influente, ed è presente anche una comoda serie di diagrammi che spiegano le relazioni tra i vari personaggi e come queste si siano evolute col tempo.
Ma ovviamente tutto il ripasso serve a poco se non si ha una modalità storia da chiamarsi tale. Seguendo l’esempio del titolo precedente, Guilty Gear Xrd, la modalità Storia di Strive non presenta gameplay, bensì è una sequenza animata di circa quattro ore che ricorda molto a livello di impostazione un anime di nove episodi. È stato animato interamente seguendo lo stesso stile del resto del gioco, ovvero utilizzando i modelli 3D dei personaggi come se fossero in una produzione in stop-motion.
La trama, che di per se non è così complessa o complicata, porta a termine molti dei punti narrativi sviluppati nel corso degli anni; sconsigliamo di conseguenza la visione a chi non ha ancora recuperato la trama dei vecchi capitoli, che comunque rimane accessibile tramite la sopracitata GG World.
Guilty Gear, soprattutto da Xrd in poi, è il simbolo di ciò che è possibile fare con l’animazione 3D. L’obiettivo sin da allora era quello di creare modelli 3D, animazioni, shading e situazioni che spingessero il giocatore a credere di star guardando un anime in tutto e per tutto invece di modelli 3D. Guilty Gear Strive propone lo stesso, ma sotto una nuova luce: le animazioni si sono fatte più fluide, lo shading è più simile a quello che vediamo in un film d’animazione e in generale il design e l’estetica di gioco prendono molto dai canoni e abitudini occidentali.
Dal lato audio invece abbiamo un sound design degno di nota. Basti sapere che Daisuke Ishiwatari non solo è il creatore del gioco e del franchise, ma è anche il compositore delle varie tracce che si possono ascoltare. Daisuke coltiva un amore spropositato verso la cultura rock occidentale, tant’è che è possibile ritrovare in Guilty Gear Strive tantissimi riferimenti sia da band popolari che da gruppi più di nicchia. Ciò non solo si riflette negli elementi più evidenti del gioco, come riferimenti diretti in nomi ed eventi, ma anche in citazioni più sottili.
Ma a priori di ciò la colonna sonora di Strive è forte e azzeccata, riflettendo bene lo spirito del gioco e ciò che i singoli personaggi sono.
I personaggi, punto focale di un picchiaduro di questo calibro, sono tutti personalizzati in maniera impeccabile. Ognuno è unico, sia dal punto di vista della sua presenza nel contesto narrativo che del gameplay e anche, ovviamente, del design.
C’è da dire però che i personaggi hanno ricevuto degli alleggerimenti rispetto al passato: molte mosse capostipite sono state perse in questa nuova versione del gioco, non ledendo troppo le personalità dei singoli personaggi. Che vogliate prendere un re che armeggia con una spada elettrica, un ninja che non sa parlare il giapponese, un indiano semi-meccanico con un nome russo o altro, non pensiamo avrete problemi nel trovare un personaggio che sicuramente amerete in questo gioco.
Una delle cose che più ha reso contenti di Guilty Gear Strive è l’impegno gigantesco che è andato dietro ad ogni piccola cosa per rendere il gioco più apprezzabile per chiunque, che essi siano giocatori di vecchissima data o qualcuno che prende in mano per la prima volta un picchiaduro.
In-game sono presenti diverse modalità che sono fatte apposta per dare una mano al giocatore novizio, per portarlo da uno stato di button mashing a riuscire a giocare con più intenzionalità. La sezione Missioni del Dojo, per esempio è perfetta per spiegare sia aspetti molto semplici come la corsa, il salto, il dash block e gli attacchi fino ad arrivare a meccaniche complesse come il funzionamento di un Kara Cancel o consigli per combattere aspetti specifici di tutti i personaggi.
Anche il sistema di Ranking online è studiato per essere quanto più player friendly possibile. Parliamo difatti di una torre di dieci piani dove entrandoci veniamo invitati ad uno scontro contro la CPU. Dall’esito di questa battaglia, il giocatore verrà posizionato su un piano ben specifico. I piani sono raggiungibili vincendo o perdendo un certo quantitativo di partite, e le persone assegnate ad un determinato piano non possono gareggiare con quelli dislocati ai livelli inferiori, diminuendo così le possibilità di giocatori alle prime armi contro a giocatori esponenzialmente più bravi per lunghi periodi di tempo.
È chiaro che nel mondo videoludico odierno avere un buon comparto online è necessario. E mentre molti generi videoludici non soffrano molto questa cosa, spesso il problema è da trovarsi nel come i giocatori entrano in contatto fra di loro.
Nei picchiaduro, per la maggior parte, le connessioni sono peer to peer basate sul delay e richiedono breve distanza tra gli utenti e buone connessioni per permettere un gioco fluido. Questo non solo è un problema per chi desidera giocare con persone lontane rispetto a loro ma anche perché più è grande il delay degli input più è difficile giocare questi titoli. Come è possibile capire anche solo la differenza di pochi frame può cambiare drasticamente il modo di giocare di una persona.
Ed è qui che Guilty Gear Strive arriva in gioco. Strive porta con sé, infatti, un netcode basato sul rollback, un protocollo inventato originariamente da Tony Cannon, uno dei co-fondatori di Evolution, che permette un gioco online con meno delay e con visibilmente nessun tipo di lag anche se i giocatori stessero giocando uno dall’altra parte del mondo rispetto all’altro.
In Strive ogni partita online era come giocarla con l’avversario seduto di fianco. I problemi ci sono e ci saranno sempre, ma un buon 90% delle partite è perfettamente fluido e offre la possibilità di esprimermi e divertirmi senza preoccuparsi di lag o delay dei comandi.
Questo capitolo di Guilty Gear presenta si moltissimi aspetti realizzati egregiamente, ma ha anche dei difetti che cominciano a sentirsi più il gioco va avanti. I personaggi dispongono esponenzialmente meno mosse rispetto ai giochi precedenti e alcuni di questi tool rimossi era vitali al mantenimento del personaggio stesso.
Ci sono molti problemi nel sistema di lobby online, che spesso impediscono direttamente il gioco con altre persone. I caricamenti allo start-up sono veramente lunghi e sono dati veramente superflui da dover spedire per dover impiegare così tanto tempo. E per finire, la possibilità di poter evitare un incontro con qualcuno dopo aver visto che personaggio usa, scoraggia in maniera significativa le persone che giocano nella modalità ranked a imparare a giocare contro i personaggi su cui il proprio ha uno svantaggio.
Questi sono tutti problemi relativamente seri, ma non irrisolvibili. È chiaro che buona parte di questi derivino dalla giovane età del titolo che ovviamente verrà aggiornato e migliorato col tempo che passa e speriamo che l’esperienza di gioco possa migliorare esponenzialmente da qui in avanti.
Guilty Gear Strive è arrivato al lancio con ben quindici personaggi, dieci stage (che presentano più zone accessibili con la rottura dei muri), diverse modalità singleplayer e un buon comparto multiplayer. Ma non è tutto: Arc Systems ci ha già promesso diversi aggiornamenti di bilancio del gioco assieme a cinque personaggi, tra vecchie facce e nuovi combattenti, che arriveranno nel corso della prima stagione del gioco.
Saranno create anche nuove modalità, come la Combo-Creation che permette agli utenti di caricare online le proprie combo e i propri set-up per farli provare a tutti i giocatori.
In generale, Guilty Gear Strive si presenta come un ottimo esponente del genere dei picchiaduro, partendo in maniera positiva e prevedendo solo migliorire. Il suo vero punto di forza consiste nell’offrire a tutti (a priori della loro conoscenza passata nel genere o nella serie, ndr.) un’esperienza videoludica solida ma soprattutto divertente.
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