The Seeds è una miniserie a fumetti scritta da Ann Nocenti (Daredevil) e David Aja (Hawkeye) per l’etichetta Berger Books di Dark Horse Comics. Inizialmente prevista per il 2018, la pubblicazione ha subito diversi ritardi e slittamenti – complice anche la pandemia da coronavirus – che ne hanno ritardato l’uscita in America fino al gennaio 2020. Il costante rinvio della sua uscita e i pesanti nomi coinvolti hanno contribuito a fomentare le attese del pubblico, che solo parzialmente hanno trovato riscontro nel prodotto finale.
Il progetto originale di The Seeds nasce nel 2016, quando Ann Nocenti e David Aja, che già in passato avevano collaborato sul numero 500 di Daredevil, si accordano per lavorare nuovamente insieme a un progetto indipendente. Secondo l’idea originale, la storia avrebbe dovuto essere ambientata negli anni ’90 e aveva per protagonista una fotoreporter a caccia di fake news, alieni e altri elementi affini alle teorie del complotto.
I due proposero il progetto a Karen Berger, passata in Dark Horse dopo una vita da editor nonché fondatrice della Vertigo Comics, etichetta per la quale la stessa Nocenti aveva scritto Kid Eternity negli anni ’90. Berger bocciò inizialmente il progetto, che venne successivamente riproposto, su idea di Aja, in chiave fantascientifica, venendo così finalmente approvato.
The Seeds è ambientato in un futuro distopico molto prossimo, quasi indistinguibile dal presente se non per alcuni elementi di lore. Il mondo è diviso in zone tecnologiche circondate da mura, al di là delle quali si staglia una landa desolata dove vivono tutte le persone che con la tecnologia non vogliono avere niente a che fare. L’inquinamento ha ormai preso piede e miete le sue vittime tra tutte le specie viventi, con gli scienziati che si barcamenano per tenere a galla l’umanità, mentre i giornali annebbiano le menti delle persone con sensazionalismi e isterie varie.
Ann Nocenti si discosta dalla sua idea iniziale del 2016 sia per l’ambientazione sia per la narrazione. Alla storyline della reporter Astra, in costante ricerca di scoop per avere il permesso di pubblicare articoli seri – tema carissimo alla Nocenti, anche lei giornalista – si affianca la relazione tra l’umana Lola e l’alieno Race. Quest’ultima risulta essere il vero punto di contatto tra il lettore e l’entropia cui il pianeta Terra sembra destinato.
Gli alieni di The Seeds sono intenzionati a impiantare dei non meglio precisati semi nelle donne terrestri, ma la loro missione e i motivi che la giustificano passano totalmente in secondo piano rispetto alla loro presenza tra gli uomini, sfruttata dai giornali non per informare la popolazione, bensì per allertarla e invogliarla a saperne di più. E’ chiaro che la deformazione professionale della Nocenti l’abbia portata ad approfondire proprio i temi della spettacolarizzazione delle notizie e dell’etica giornalistica, da lei concepita deontologicamente come una vera e propria missione umanitaria, tanto da dipingere come giusta l’omissione della verità per un bene superiore.
A questo tema controverso si aggiunge quello della tecnologia come strumento alienante che lascia indietro gli ultimi, spingendoli ad attraversare le mura alla ricerca di una realtà più rustica ma spiritualmente edificante. La scrittrice si spinge ancora oltre sul tema: qualsiasi tecnologia che si sovrapponga alla natura invece di limitarsi a studiarla viene etichettata nel fumetto come fallimentare o addirittura catastrofica. Probabilmente Adriano Celentano apprezzerebbe molto questo The Seeds, che effettivamente presenta altri punti in comune con la serie animata Adrian.
Si era detto infatti che inizialmente la miniserie era ambientata gli anni ’90, ma i due autori sembrano essersi sforzati poco o nulla per adattarla al contesto fantascientifico. Si vedono computer Commodore Amiga; giornali cartacei preferiti alla fruizione su smartphone; macchine fotografiche analogiche. Per un futuro, anche prossimo, queste scelte risultano troppo anacronistiche anche per una pretesa stilistica.
Probabilmente David Aja si era innamorato talmente tanto dell’estetica iniziale da non volerla sprecare. Da un lato è impossibile dargli torto: essendo lui uno dei migliori disegnatori attualmente in circolazione, è riuscito a infondere in The Seeds un’atmosfera di perenne sporcizia e claustrofobia, inserendo personaggi sintetici dalle linee morbide in ambienti realistici appesantiti dalla massiccia presenza di retini. Un’estetica vintage analoga alla saga videoludica di Fallout e, soprattutto, al seminale film Stalker di Andrej Tarkovskij, i cui echi ridondano anche nella sceneggiatura. Con questi ultimi il fumetto ha in comune anche la scelta di utilizzare il verde come colore principale.
La trama di The Seeds è indubbiamente coerente e ben strutturata, ma pecca di stimoli e momenti alti che destino l’attenzione. Il contesto risulta essere troppo ampio e ricco di potenziale per una storia che invece si dimostra piccola, prevedibile e generalmente priva di spunti. Persino le reazioni dei personaggi sono sempre piatte, anche in situazioni di estremo pericolo, come ritrovarsi bloccati in una sala operatoria piena di alieni minacciosi. La percezione della tensione sembra essere stata lasciata in secondo piano rispetto ai temi portanti del racconto, svalutando paradossalmente i messaggi al suo interno, già gravemente minati dalla retorica di fondo.
Se il lettore non percepisce la pericolosità diegetica dell’inquinamento, della disinformazione, dell’alienazione e dell’emarginazione degli ultimi, come può applicare un ragionamento analogico alla propria quotidianità e sensibilizzarsi?
Questa blandezza di fondo e la volontà di mantenere il tutto su binari intimi e umani favorisce inoltre più di un’ingenuità, come la mancanza di qualsivoglia intervento o proclama da parte delle autorità governative o militari, elemento presente – sempre per restare in tema anni ’90 – in serie invecchiate anche malissimo come X-Files, da cui The Seeds attinge diversi spunti, per lo più gli elementi complottistici.
Nonostante le evidenti mancanze o, per meglio dire, gli sprechi, The Seeds di Ann Nocenti e David Aja riesce comunque a intrigare e a trascinare il lettore fino alla fine grazie a una gestione dei tempi e dei dialoghi ottimali. Quei pochi spunti interessanti che ci sono non vengono allungati oltre il necessario e il finale aperto, per quanto figlio anch’esso di una certa categoria di finali post-apocalittici, quella “ottimista”, risulta comunque suggestivo.
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