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Persona 5: Royal e lo specchio del dolore

Persona 5 è venerato sin dal momento in cui è stato pubblicato come uno dei migliori JRPG che sia mai uscito nell’ultimo periodo, sia perché ha accolto nuovi fan all’ampio fandom di Shin Megami Tensei sia perché i suoi contenuti sono unici e molto attuali. L’edizione Royal migliora il gameplay e integra l’ottima trama presentata dal vanilla con innovazioni interessanti come i semi della bramosia all’interno dei palazzi, il quartiere di Kichijōji ricco di negozi, ma soprattutto un nuovo trio di personaggi tutto da scoprire: Goro Akechi, Kasumi Yoshizawa e l’enigmatico Takuto Maruki.

Nell’attesa dell’uscita di Persona 5 Scramble in Occidente, in questo articolo analizzeremo le peculiarità di questa triade dal punto di vista psicologico, osservando la loro integrazione all’interno di un gioco che sembrava non avere bisogno di ulteriori migliorie. Useremo come riferimento tre video dello youtuber ThoughtBubble per comprendere meglio.

Attenzione: seguiranno spoiler riguardo il terzo semestre e la storia di Akechi, Kasumi e Maruki.

La definizione di dolore e sofferenza

Come già sappiamo, la trama di Persona 5 ha come argomento centrale la dicotomia bene-male sfumata in numerose sottocategorie. Attraverso lo sviluppo della storia comprendiamo che il peccato principale non è rappresentato dai vizi capitali dei palazzi, bensì dall’indifferenza e dal silenzio. I Ladri Fantasma non sopportano come le persone, coscienti delle proprie capacità e opinioni, si lascino manipolare dai potenti pur di non affermarsi e affrontare la realtà a modo loro.

Fra i due titoli abbiamo però due sfaccettature diverse di manipolazione della società: nella versione vanilla, la società giapponese è ammaliata dalle parole di Shidō Masayoshi, colui che pare il politico perfetto e più competente nel gestire le difficoltà del paese ma che nasconde un giro di affari tremendamente losco; in Royal invece, Shidō lascia spazio all’interessantissimo Takuto Maruki che crea una realtà totalmente utopica e priva di sofferenza, convincendo la società a viverci per sempre.

Dunque, come interpreta il dolore Persona 5? Nel primo titolo la sofferenza è rappresentata dall’oppressione della libertà, nel secondo dal vivere la realtà, ricca non solo di gioie ma anche sofferenze.

Goro Akechi: l’insicurezza e l’agonia

Goro Akechi è il principe detective venerato da tutto il Giappone per le sua abilità prodigio, nonché collaboratore delle indagini sui Ladri Fantasma. Sebbene sia un personaggio già presente in Persona 5, nell’edizione Royal scopriamo il suo passato e il motivo per cui vuole stringere amicizia con Joker.

La madre del ragazzo, nonché moglie di Shidō, si è tolta la vita dopo un percorso difficile nell’accudire il figlio totalmente da sola. Da questo momento Akechi cova un odio profondo verso il padre, a tal punto da incolparlo della morte di sua mamma. Tuttavia è l’unico collegamento famigliare che gli resta ed è disposto a eseguire ogni suo ordine pur di sentirsi riconosciuto. Per questo motivo, una volta scoperto di possedere un Persona, Akechi uccide la concorrenza politica del padre causando i raptus mentali su cui la procuratrice Sae Niijima sta indagando.

L’obiettivo principale del detective è uno solo: vendicarsi di Shidō con le sue stesse mani e ottenere la libertà e il potere che non ha mai ricevuto. D’altro canto, Akechi sente un bisogno ossessivo di essere riconosciuto per le sue abilità; non gli interessa la fama, ma l’apprezzamento di Shidō. Ma da cosa deriva quest’avidità?

ThoughtBubble intuisce che il ragazzo sia succube dell’attaccamento disorganizzato che ha formato da bambino con la madre. La teoria dell’attaccamento è una legge elaborata dallo psicologo John Bowlby che si basa sul concetto di imprinting esaminato da Konrad Lorenz, Harry Harlow e Nikoolas Tinbergen. Ogni animale è biologicamente predisposto a formare un legame insolubile con una figura che, oltre a soddisfare i loro bisogni di sopravvivenza, li accudisce. Nel senso comune questa figura coincide con la madre, ma come dimostrato dagli esperimenti chiunque può diventare un caregiver nella mente del piccolo.

L’attaccamento avviene in quattro fasi:

  1. Dal momento della nascita alle otto-dodici settimane, il bambino non riconosce nessuno se non la propria madre grazie al suo odore;
  2. Dal sesto-settimo mese all’ottavo, il bambino diventa più discriminante con le persone con cui entra in contatto;
  3. Dal nono mese ai due anni, il bambino comincia ad affidarsi alla madre e la usa come base per le sue esplorazioni. È in questo periodo che sembra non trovare pace senza la mamma;
  4. Dai tre anni in su, il bambino riesce a tranquillizzarsi anche in compagnia di altre figure di riferimento come i parenti.

Tuttavia non sempre questo processo è lineare: possono succedere imprevisti o eventi spiacevoli che interferiscono con la serenità del protettore. Così Bowlby distingue quattro tipi di attaccamento diversi:

  1. Attaccamento sicuro: il protettore è sereno e premuroso, di conseguenza il bambino è protetto;
  2. Attaccamento insicuro evitante: il protettore è completamente assente, di conseguenza il bambino si sente in colpa di esistere e sviluppa un’autostima molto bassa;
  3. Attaccamento ansioso ambivalente: il protettore ha comportamenti imprevedibili e incostanti rispetto ai bisogni del bambino, di conseguenza il piccolo è terrorizzato dal pensiero dell’abbandono;
  4. Attaccamento disorganizzato: il protettore incute paura volontariamente o involontariamente al bambino attraverso violenze o insoddisfazione di bisogni, di conseguenza il piccolo assume comportamenti incoerenti: cerca la figura d’attaccamento ma allo stesso tempo la rifiuta. Quest’ultimo tipo di attaccamento è stato prima intuito da Mary Main e poi teorizzato da Solomon Asch nel 1986.

Un altro aspetto che ThoughtBubble puntualizza è il conflitto di interessi di Akechi basandosi sulla teoria della scelta elaborata da William Glasser. Secondo lo psichiatra, tutti gli individui sono in grado di esercitare un autocontrollo sui loro comportamenti indipendentemente dalle influenze del mondo esterno. La realtà è in grado di fornire input, ma solo l’individuo è in grado di decidere come interpretarli. Ma quali sono le basi di queste scelte?

Glasser ha individuato cinque bisogni fondamentali secondo cui l’uomo agisce:

  • Sopravvivenza;
  • Appartenenza;
  • Potere;
  • Libertà;
  • Divertimento.

Nel caso di Akechi, il divertimento e l’appartenenza che ottiene nella relazione con Joker si contrappongono alla brama di potere e libertà che può ricevere nelle grazie di Shidō. È per questo motivo che, spinto dalla disperazione, prende l’ardua decisione di uccidere Joker: è solamente un ostacolo. Sviluppando il suo confidente pare che l’omicidio sia giustificato da un odio improvviso che Akechi comincia a provare nei confronti del ragazzo, ma in realtà possiamo notare che il colpevole è enormemente dispiaciuto della scelta presa. Akechi passa dall’avere interesse in Joker all’invidiarlo consapevole di perdere la vera libertà.

Tutto questo è notabile in un piccolo dettaglio nel menù Confidenti di Persona 5 Royal: a sinistra abbiamo la schermata precedente al terzo semestre e a destra quella successiva.

A proposito del terzo semestre, è difficile elaborare un’analisi esauriente sul nuovo Akechi a causa della brevità di tempo che ci è concessa. Durante le vicende al palazzo di Shidō, il ragazzo si è sacrificato per salvare i Ladri Fantasma ma torna in vita nella realtà fittizia di Maruki probabilmente per un desiderio di Joker. Ormai è inutile tenere maschere: il principe detective si mostra per il ragazzo psicotico che è in realtà, tuttavia si affianca alla disperazione un desiderio di recovery. Akechi esprime più volte il suo dissenso alla realtà di Maruki e la volontà di trovare una sua strada indipendente, anche se questo significa scomparire per sempre.

Ovviamente tutto questo è il risultato della proiezione cognitiva di Joker, dunque non sapremo mai se corrisponde o meno al volere di Akechi. Una cosa è certa: Atlus ha svolto un ottimo lavoro nella realizzazione del detective, rendendolo uno degli aspetti più interessanti di Persona 5 Royal.

Kasumi Yoshizawa: l’identità e la depressione

“Kasumi” Yoshizawa è il primo personaggio che ci viene introdotto in Persona 5: Royal. Durante il tutorial, vediamo questa splendida ragazza dai movimenti flessibili che combatte al nostro fianco, tuttavia afferma di non far parte dei Ladri Fantasma e ci intima a mantenere una promessa. Con l’avanzare della trama, gli studenti della Shujin Academy gonfiano di lodi una studentessa del primo anno promessa della ginnastica artistica come simbolo di prestigio.

Abbiamo modo di conoscerla e scoprire il suo segreto più grande: il suo nome non è Kasumi, ma Sumire. Kasumi Yoshizawa è il nome di sua sorella maggiore, morta nel tentativo di salvarla dal suicidio. Da quel momento, grazie a un colloquio con il dottor Maruki, Sumire ha impersonato la sorella nel tentativo di portare avanti il loro sogno: diventare campionesse di ginnastica artistica.

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L’unico ostacolo che si frappone è il divario fra le due sorelle che Sumire non riesce a colmare. Sebbene siano entrambe delle ottime ginnaste, Kasumi ha raccolto più podi e lodi ed è per questo motivo che la sorella ha cominciato a convivere con un complesso di inferiorità e una forma di depressione.

In psicologia un complesso è un insieme di sentimenti coscienti o non coscienti che non possono essere smentiti: il soggetto si convince che quello che sente sia corretto e nessun ragionamento logico può destabilizzarlo. Nel caso del complesso d’inferiorità, la persona ritiene che gli altri individui siano migliori di lui e dunque qualsiasi cosa faccia ne rimarrà sconfitto o svantaggiato. Sumire è convinta che pur sforzandosi non raggiungerà mai i livelli della sorella, di conseguenza è predisposta ad allenarsi con fatica, a non sfruttare il suo potenziale e soprattutto a non riconoscere le sue abilità come la cucina e la gestione dell’alimentazione.

La continua esposizione a queste sensazioni di inferiorità, invidia e tristezza ha inevitabilmente portato Sumire alla depressione, diventando ancora più fragile. La ragazza giunge alla conclusione che il mondo girerebbe lo stesso senza di lei, dato che è Kasumi quello che vuole. Subentrano pensieri suicida e tenta di compiere il gesto fatale, ma l’esito è l’opposto e a morire è la sorella. A questo punto Sumire sviluppa quella che si chiama sindrome del sopravvissuto, ovvero un forte senso di colpa e rimorso nei confronti del trauma che ha vissuto. La ragazza si sente colpevole della morte di Kasumi, ma soprattutto si sente colpevole di non aver mai agito abbastanza per coltivare il loro sogno.

Intenzionata a voler superare a tutti i costi il suo dolore, Sumire si confronta con il dottor Maruki in una seduta ed esprime il suo desiderio di voler essere Kasumi. Lo psicologo riesce a realizzarlo grazie al potere del suo Persona e cambia la cognizione della ragazza in modo tale che si convince di essere la sorella e tutti le si rivolgono come tale.

Tuttavia, come evidenzia anche ThoughtBubble, la personalità di Sumire non si è mai allontanata. Il conflitto interno causato dalle differenze caratteriali fra le due causa ulteriore sofferenza alla ragazza, il che è dimostrato dalla grande sconfitta che ha subito in una delle gare e dall’estenuante allenamento che si auto costringe successivamente. Ma nonostante le difficoltà, Sumire ritiene che la verità ferisca più di quest’illusione e dunque è convinta fino allo stremo di voler vivere così per sempre. Per questo motivo inizialmente è avversa ai Ladri Fantasma e si oppone al suo senpai Joker, cercando di fuggire dalla realtà aspra che ha vissuto.

Tuttavia, una volta capita la manipolazione di Maruki e riaffrontato a dovere il dolore della perdita di Kasumi, Sumire si ribella e ritorna sui suoi passi cercando di definirsi e staccarsi completamente dall’immagine della sorella. Questo è il suo processo di recovery, che notiamo in parte nei suoi due ultimi ranghi confidente.

È importante evidenziare che uno dei fattori più importanti della psicologia di Sumire consiste nella presenza di Joker, la sua guida razionale che contrasta i suoi sentimenti irrazionali. Senza una presenza simile la ginnasta avrebbe vissuto per sempre nella sua comfort zone come burattino di Maruki e non avrebbe mai rielaborato il lutto a dovere.

Il dettaglio più interessante e caratteristico di Sumire è senz’altro il suo Persona Cenerentola. Come la principessa si ribella agli ordini della matrigna e si reca al ballo uscendo di casa per la prima volta, così la ginnasta evade dal pensiero di voler essere Kasumi per poter finalmente riscoprire se stessa.

Takuto Maruki: la fuga come mezzo di salvezza

Il dottor Maruki è un consulente che arriva alla Shujin Academy poco dopo il risveglio del cuore di Kamoshida per poter salvaguardare la reputazione della scuola e parlare principalmente con Ann, Ryuji e Joker. È la punta di diamante di Royal e il centro di tutti gli eventi che accadono nel terzo semestre.

Sviluppando il suo confidente, scopriamo che in realtà Maruki sta portando avanti una ricerca sulla “scienza psi-cognitiva” con l’obiettivo di scoprire cosa si cela nella mente umana e cosa può curare i dolori psicologici. L’uomo faceva parte del team di ricercatori di Wakaba Isshiki e desiderava portare avanti i suoi studi in un laboratorio interamente dedicato alla scienza psi-cognitiva. Tuttavia il suo sogno è distrutto nel momento in cui il suo relatore afferma che la ricerca è infondata, ma in realtà Shidō Masayoshi ha rubato tutto il suo materiale.

Ma qual è la ragione per cui Maruki ha intrapreso questi studi? È la sua ragazza del liceo, Rumi. Un giorno, mentre lo psicologo e la fidanzata si sono recati dai genitori di lei, dei ladri hanno fatto irruzione in casa e li hanno uccisi. Da quel momento, Rumi entra in un coma profondo e Maruki utilizza il potere del suo Persona Azathoth per cambiare la realtà e salvarla, a costo di essere dimenticato poiché parte di un ricordo sofferente.

Non possiamo parlare di Maruki senza stabilire il modo in cui ha rielaborato il dolore. Secondo i due psicologi Terry Martin e Kenneth Doka, esistono due pattern diversi nella metabolizzazione della sofferenza: quello intuitivo, caratterizzato dall’espressione emotiva e sociale e quello strumentale, caratterizzato invece da azioni fisiche e cognitive. Il primo metodo è tipico delle persone sensibili e molto empatiche, il secondo delle persone più concrete e concentrate più sul problem solving che sul significato del problema. Maruki rielabora il dolore occupandosi quotidianamente dei suoi studi, scappando dalle sue sensazioni, per questo utilizza un approccio più strumentale che intuitivo.

La costante fuga da se stesso e il fallimento del laboratorio hanno portato Maruki a isolarsi completamente e elaborare un nuovo obiettivo: rimuovere ogni fonte di negatività e sofferenza dalle persone. Decide quindi di aprire uno studio di psicologia ed è in questo momento che avviene il colloquio con Sumire. Dall’esito positivo della visita in poi Maruki sviluppa il complesso del Messia o del salvatore, che consiste nella formazione di un desiderio ossessivo di aiutare gli altri, accompagnato dalla megalomania, che consiste nell’eccessiva e falsa considerazione di sé e delle proprie abilità. È per questo motivo che continua a lavorare come psicologo, nonostante i suoi metodi siano manipolativi e assolutamente sbagliati. Ma non è finita qui…

Un’alta considerazione di sé, unito all’ottenimento di un Persona che ha il potere di cambiare la concezione della realtà, hanno influenzato Maruki a tal punto da snaturarlo completamente. Nasce così il Laboratorio della Tristezza, il Palazzo da cui riesce a controllare i Memento e di conseguenza a cambiare l’opinione pubblica a suo piacimento. Lo psicologo ritiene che può utilizzare qualsiasi mezzo perché il fine lo giustifica, per questo motivo si impone come un dio e un salvatore imponendo l’idea che una vita felice è priva di sofferenza, dal controllo dei Memento al far rivivere un trauma come nel caso di Sumire.

Dopo averlo sconfitto nell’ultima grande e sofferta battaglia finale, Maruki finalmente si rende conto di essere fuggito dal passato per anni nella speranza di cancellare tutto. Il terrore del dolore si sostituisce ora con la fiducia di ricominciare e di elaborare la tristezza non come un ostacolo insormontabile ma come un’opportunità di crescita. Da psicologo fallimentare cambia professione e diventa un tassista, felice di aver compreso il vero significato della vita.

Conclusione

Persona 5: Royal ci offre tre dolori diversi con altrettanti percorsi di recovery differenti. I personaggi rappresentano le aree di maggior crescita e sofferenza di un individuo: famiglia, se stessosocietà. Ciò che il gioco ci vuole insegnare dunque è che ogni dolore può essere superato attraverso piccoli passi e cambiamenti, conoscendoci nei nostri limiti e nelle nostre potenzialità. “Gnōthi sautón” –Conosci te stesso– dicevano i Greci e Persona 5: Royal ce lo ripete, evidenziando la potenza di saper pensare con la propria testa.

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Elisabetta Giardi

Sono cresciuta con pane, videogiochi, anime e arte. I miei studi e la mia passione verso le scienze umane mi permettono di guardare e giocare con uno sguardo diverso, riuscendo a cogliere molte scelte stilistiche e ad attribuire loro un significato più profondo.

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Elisabetta Giardi
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