Animazione

The Midnight Gospel recensione: se la 4-MTA fosse un cartone

The Midnight Gospel

8.8

REGIA

9.5/10

SCRITTURA

9.0/10

COMPARTO TECNICO

8.0/10

CAST

9.5/10

DIREZIONE ARTISTICA

8.0/10

Pros

  • Tratta temi delicati con leggerezza
  • Adatta agli adulti
  • Ti apre la mente
  • Ritmo ben gestito
  • Ottima regia

Cons

  • Inizio un po' lento

The Midnight Gospel è la nuova serie animata di Netflix che tutti gli amanti dei cartoons per adulti non devono assolutamente perdersi. Nata dalla mente perversa e deviata del geniale Pen Ward, anche padre del ben più noto Adventure Time, l’intera (mini) serie narra le avventure di Clancy, uno spacecaster che ha deciso di mollare tutto per trasferirsi dalla terra in un pianeta non meglio specificato.

L’intera serie rappresenta un lunghissimo (ma servito a piccoli bocconi) viaggio attraverso tematiche esistenziali che spaziano dalla religione fino al rapporto con i propri genitori. Trame e sottotrame sono altresì presenti, in un connubio di vedo-non vedo incredibilmente ben camuffato dagli autori che, palesemente, hanno cercato di mantenere alta l’attenzione su Clancy e le sue interviste, mentre tutto intorno l’universo scorre indisturbato.

Riassumere la primissima impressione che ha avuto chi scrive dopo la prima visione (tutta d’un fiato) è: ma questo è La Vita Secondo Jeff Goldblum fuso al figlio di Rick e Morty ed Adventure Time. Può sembrare un’accoppiata piuttosto strana, ma è esattamente ciò che trasmette questo insolito prodotto a primo impatto.

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Netflix ci sa fare, non c’è alcun dubbio, quando si tratta di divertire noi amanti della parolaccia animata. Scopriamo perché The Midnight Gospel è una perla cartoonesca assolutamente da non perdere!

Animazione psichedelica: sembra talco, ma non è!

Non si può parlare di un cartone animato senza toccare il tasto (a volte assai dolente) dell’animazioneThe Midnight Gospel parte lentamente, senza troppe pretese, per poi esplodere sul finale. Il crescendo grafico segue di pari passo l’exploit cui si giunge a fine serie in un viaggio attraverso colori elettrici sui toni del viola, del giallo, del blu e del verde.

Ogni elemento del mondo rappresentato è disegnato con un tratto ben marcato. Ad un primo impatto l’occhio può con grande facilità abituarsi alla visione di creature e luoghi ultra terreni e che sfidano le leggi della fisica per come la conosciamo. Come da titolo: sembra talco.

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O meglio, a guardare la semplicità disarmante con cui sono stati realizzati personaggi così assurdi sembra quasi di sentire l’odore di talco fresco di quelli che si usano per improfumare i nostri dolci bebè. Ecco, diciamo che si tratta di tutt’altro.

Ciò che The Midnight Gospel ci mostra sembra qualcosa creato da un bambino – squadrato, ben contornato da una linea nera di pennarello, con colori poco sfumati ed accesi – ma in realtà nasconde molto di più. Come detto, tratto grafico e crescita della trama proseguono di pari passo ad un ritmo quasi armonioso che coccola e culla i nostri occhi e le nostre menti attraverso un viaggio assolutamente DA NON SPOILERARVI.

The Midnight Gospel ha un ritmo ‘spaziale’

Come detto Clancy è uno spacecaster che viaggia per gli universi più assurdi intento ad intervistare la prima creatura che gli capiti a tiro. Il ritmo dell’intera serie vede incastrati come in una sinfonia perfetta blocchi diversi di narrazione.

L’embrayage ed il debrayage sono infatti continui. Si inizia sempre da un qui ed ora ben preciso, ovvero a casa di Clancy. Nel giro di pochissimo (giusto il tempo di digitare cose a caso sulla tastiera) veniamo trasportati in un’altra cornice narrativa dove il qui ed ora muta. Ecco dunque che abbiamo nuove leggi fisiche, nuovi colori, nuovi animali, nuovi mondi e nuovi argomenti da trattare per il podcast del nostro protagonista.

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Come accennato inizialmente, però, questo prodotto nasconde alcune sottotrame ben architettate e sapientemente camuffate. In pieno stile Pen Ward, a volte capita di sentire e vedere cose che suggeriscono che stia accadendo molto di più di ciò che ci viene mostrato.

Il focus, comunque, rimane sempre su Clancy e l’intervistato di turno che, in un carosello di avvenimenti costante, continuano a discutere su tematiche filosofiche e profonde evitando distrattamente l’universo circostante (che il più delle volte è al collasso).

Questo intreccio di episodi può sembrare qualcosa di confuso, ma in realtà permette una visione sempre nuova dell’intero prodotto. The Midnight Gospel può essere vista e rivista svariate volte semplicemente focalizzando la propria attenzione su dettagli che non siano quelli che il regista ha voluto espressamente mettere in evidenza.

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Questo ricorda molto Adventure Time, dove all’interno delle avventure di Finn e compagni venivano inseriti indizi che rimandavano ad un passato triste e cupo del pianeta Terra. È come se ogni scena sia costruita su più livelli. Tutti insieme, questi livelli (o strati), ci raccontano di un ragazzo che intervista una creatura strana ma, presi singolarmente, possono narrarci mille altre storie diverse.

Il ritmo è l’elemento principale di tutta questa fitta trama di interpretazioni possibili. Le interviste di Clancy si inseriscono perfettamente in un contesto apocalittico e proseguono in modo frenetico, per quanto riguarda i movimenti e gli spostamenti, ma anche calmo e rilassato, se si guardano e sentono i personaggi mentre interagiscono tra loro.

La serie ha un’inizio lento ma la svolta c’è ed arriva in maniera eclatante. L’impressione, e ciò che state per leggere è incredibilmente in linea con questo prodotto, è che gli autori abbiano voluto infondere nella loro creatura le caratteristiche di una droga.

Nel momento subito successivo all’assunzione di una droga, gli effetti sono pressocchè nulli. Questi, infatti, iniziano ad emergere solo dopo un po’ di tempo dando vita al cosiddetto tripThe Midnight Gospel segue esattamente lo stesso ritmo di una droga: all’inizio non ti dice quasi niente, anzi forse il sapore ti sembra troppo amaro e vuoi quasi sputarla; dopo un po’, però, ci fai l’abitudine ed ecco che esplodono gli effetti. Il finale, beh, lo lasciamo a voi.

Che trip.

Reale vs Virtuale: l’identità ai tempi del web

Questa folle, folle serie ci racconta, come già detto, le vicende del giovane spacecaster Clancy alle prese con viaggi intrauniversali attraverso il suo simulatore di universi (senza licenza). La dichiarazione d’intenti è semplice e concisa: vogliamo portarti ovunque, ma non dove si trova Clancy in realtà.

Come già accennato questo figlio di madre Netflix riesce a dimostrarsi un vero a proprio vaso di Pandora che, una volta aperto, ci svela tantissime sottotrame ben camuffate. Tra tutte, quella che è sembrata essere la più evidente agli occhi di chi scrive, la tematica assai attuale dell’identità virtuale in contrapposizione con la propria identità reale.

Nell’atto di “visitare” i vari universi simulati, Clancy sceglierà un avatar apposito per ogni occasione. Questo mette il protagonista su tutt’altro piano rispetto agli altri personaggi. Infatti, mentre lui si trova comodamente a casa, i suoi intervistati si trovano in mondi sul filo dell’apocalisse. Vi ricorda qualcosa?

Ma certo, avete capito, si tratta di Internet! Clancy è l’esempio perfetto di un internauta dei più esperti (ma nemmeno tanto). Comodamente situato nella sua confortevole casa, dopo una breve ricerca al computer, il nostro spacecaster ha a disposizione una serie illimitata di mondi ed informazioni. Il tutto letteralmente a portata di mano.

Il fatto che tutti gli universi che visita siano sull’orlo del collasso totale, poi, ci suggerisce episodi molto frequenti sul web come flame, che si presentano proprio in situazioni in cui si mette in gioco la propria opinione contrapponendola con quella degli altri. Proprio come sul web, Clancy utilizza degli avatar per sentirsi protettoal sicuro.

Solo quando è immerso nel suo ego virtuale, il protagonista riesce ad intrattenere lunghe e complesse conversazioni filosofiche degne dei più grandi pensatori della storia. La contrapposizione con la realtà è netta: quando Clancy ha a che fare con sua sorella, infatti, non riesce minimamente a replicare, nonostante le tematiche trattate siano le medesime.

Clancy è visibilmente disadattato, non pronto al grande salto nella vita adulta, cerca dunque in ogni modo di fuggire dalla realtà (e letteralmente dalla Terra) per non affrontare i tanti problemi che la vita di tutti i giorni gli presenterebbe.

Vederlo sì o vederlo no? “Have a nice trip”

Come si potrebbe convincere qualcuno a guardare questa serie? Semplice, non si può. The Midnight Gospel è qualcosa che dovete a voi stessi, se avete la voglia ed il coraggio di porvi certe domande e rimanerci in trip per ore. Questa serie rappresenta tutto ciò che Pen Ward avrebbe voluto sfogare in Adventure Time ma che, per ovvi motivi, ha dovuto tenere in serbo per altri pubblici.

Se The Midnight Gospel fosse un oggetto reale, sarebbe una droga. Come già detto, questa serie ha tutti gli effetti che una droga può dare, ma nessuno di questi può nuocere alla vostra salute. Un bel vantaggio, no? Comodamente seduti sul divano di casa, pop cornbirretta alla mano e si parte: il vostro bel trip filosofico-esistenziale è servito. Una regia perfetta, un climax impeccabile ed un comparto artistico d’eccellenza fanno di questo prodotto uno dei must watch. Perfetto per questo periodo di lockdown forzato.

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MatteoBT, il Pokéuomo

Di giorno Social Media Manager, di notte niente più che il tuo amichevole Pokéuomo di quartiere. Matteo B. Terenzi, latinense classe ‘94, ama le serie, i film ed i manga di ogni genere; ma nulla al mondo aggrada il suo palato quanto parlare dei mostri tascabili e scrivere bio in terza persona.

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MatteoBT, il Pokéuomo
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