Durante il corso degli anni, la trasposizione in videogame di universi creati da mondi fumettistici/letterari ci ha donato opere del calibro di Marvel’s Spiderman, Batman: Arkham saga e Middle Earth: Shadow of Mordor/War , pubblicate da aziende di una certa importanza come Sony e Warner Bros.
Il mondo del cinema però, non ha avuto lo stesso trattamento: c’è praticamente solo una saga cinematografica che ha sempre avuto un certo spazio nel nostro medium ed è quella di Star Wars. Da MMO a GDR, da racing game alle versioni LEGO dei film, siamo arrivati nel 2019 con un ampia gamma di titoli relativi all’opera di George Lucas; purtroppo però, i due Battlefront pubblicati per attuale generazione hanno generato polemiche e discussioni più per l’approccio marketing utilizzato da Electronic Arts (riguardanti ovviamente le micro-transazioni) che dalla qualità stessa dei titoli.
Così, EA decide di donare le redini dello Star Wars videoludico in mano a Respawn Entertainment (autori dei due tanto belli quanto sottovalutati Titanfall), pubblicando Star Wars: Jedi Fallen Order, action adventure in terza persona totalmente single player e story driven.
Scopriamo se tale mossa si sia rilevata vincente!
Le vicende in questione narrano di Cal Kestis, un giovane Jedi che, in seguito all’esecuzione dell’Ordine 66 (che prevede lo sterminio da parte dell’Impero di ogni Jedi vivente), si nasconde su Bracca, lavorando in un immenso cantiere insieme al collega e amico Prauf. Purtroppo però, durante un tremendo incidente sul lavoro, Cal si ritrova costretto a ricorrere all’utilizzo della Forza per salvare Prauf.
Così facendo espone la sua natura di Jedi, percepita da una temibile inquisitrice imperiale nota come Seconda Sorella. Costretto alla fuga, verrà salvato da Cere e Greez, due sconosciuti intenzionati a rifondare l’Ordine Jedi per porre fine al dominio imperiale, a partire proprio dall’incontro con Cal.
Seguendo una specifica pista, i nostri protagonisti si ritroveranno quindi a viaggiare tra vari pianeti per riuscire ad adempiere al loro compito: riparare gli enormi danni causati dalla strage dell’Ordine 66 e piegare infine il tirannico Impero.
L’incedere della trama risulta lento, con obiettivi e risvolti prevedibili e collegamenti narrativi banali, che non ci hanno permesso di immergerci a dovere: abbiamo continuamente avuto l’impressione che il gioco stesse provando a far decollare la trama semplicemente ponendoci davanti situazioni e scene direttamente collegate ad eventi di primaria importanza per l’universo di Star Wars, senza che ci fosse un reale mordente auto-conclusivo.
Tutto ciò denota una scarsa chiarezza del ruolo narrativo di questo titolo, rendendo il tutto decisamente meno intrigante di quanto avremmo sperato.
Inoltre, abbiamo percepito puzza di sceneggiatura mediocre in più di un’occasione, in quanto molti dei passaggi prettamente pratici che evolvono la storia ci sono sembrati forzati, privi di logica e di coerenza, compreso un finale scialbo, affrettato e casuale; stesso discorso per la regia, che non riesce a rendere giustizia a quelle poche scene che avrebbero potuto essere memorabili.
Abbiamo però apprezzato enormemente il costante trattamento delle tematiche più significative di Star Wars che, oltre a donare un impatto emotivo degno di nota, diventeranno presto preponderanti anche ai fini della trama stessa.
Dopo una spettacolare e movimentata sequenza iniziale (palesemente ispirata ad Uncharted in quanto a impostazione), appena metteremo i piedi su Bogano (primo dei sei pianeti presenti) la struttura videoludica di Jedi Fallen Order inizierà a prendere forma: se da un lato potremo giungere velocemente al nostro obiettivo, dall’altro potremo prenderci tutto il tempo per esplorare tali ambienti in tutte e tre le dimensioni, grazie ad un level design ampio, libero ed ispirato che nasconde scorciatoie, passaggi segreti, collezionabili e molto altro.
Attenzione però, non saremo in grado di esplorare “tutto subito”. Per raggiungere determinati luoghi, dovremo ottenere abilità di movimento tramite l’avanzamento della storia, e quindi, esattamente come avviene nell’ultimo God of War, la cosa implicherà l’impiego di un backtracking massiccio reso divertente proprio grazie all’intelligente interconnessione geologica delle aree, diversificata in base al pianeta, e all’ottima mobilità del nostro protagonista.
Non siamo però rimasti del tutto soddisfatti dalle “ricompense” che l’esplorazione ci ha dato. Fatta eccezione per l’aumento della barra della Forza e della Salute, tutto ciò che troveremo nei suddetti luoghi segreti sarà esclusivamente secondario, tra cui numerosissimi tipi di skin (cosa che in un gioco totalmente single player abbiamo trovato piuttosto fine a sè stessa) e frammenti di ricordi che ci spiegheranno alcuni dettagli narrativi su queste ambientazioni (sicuramente più interessanti delle skin sopracitate, ma anche in questo caso la cosa non ha catturato chissà quanto la nostra attenzione).
In poche parole, se dovessimo fare una nuova run daccapo, probabilmente eviteremmo di esplorare ossessivamente ogni angolo ma andremmo direttamente al punto (salvo ovviamente per le scorciatoie, che rimangono fondamentali).
A fronte di un design generale di alto livello, vi sono due elementi legati all’esplorazione che troviamo inspiegabilmente poco curati: per spostarci all’interno dei vari pianeti, dovremo ricorrere ad alcune abilità di movimento (quelle da sbloccare con la storia sopracitate, altre più basilari) che convergono in un comparto platform variegato nella forma, ma eccessivamente presente e pressochè ridicolo nelle meccaniche.
Spieghiamoci meglio: tali movenze (arrampicata su pareti, corse sui muri, scivolate lungo ripidi terreni, utilizzo di funi per superare burroni e passaggi in strettoie) saranno da ripetere una quantità sfiancante di volte, rendendo le sequenze platform inutilmente ingombranti.
Il problema è proprio che, essendo un action adventure narrativo e non un platform, tali sequenze non avranno nemmeno bisogno di essere eseguite con particolare precisione nei movimenti, il che toglie completamente anche quel minimo di sfida che avrebbe potuto esserci.
Il secondo elemento è rappresentato dall’assoluta disattenzione da parte di Respawn nella contestualizzazione ambientale di queste meccaniche: gli elementi dello scenario con il quale dovremo interagire per muoverci sono terribilmente impostati e posizionati esattamente dove servono a noi anche quando sarebbe naturalmente illogico ed irrealistico, come se qualcuno fosse passato prima della nostra visita a piazzare tutto quanto proprio dove dovrebbe essere.
Dinanzi ad un burrone, ci sarà sempre una fune che cade dall’alto per permetterci di saltare oltre, tra le rocce vi saranno sempre pareti lisce, parallele, della giusta lunghezza e alla giusta distanza per permetterci di eseguire la corsa sui muri, o ancora, l’edera sarà presente in ogni punto dove potremo arrampicarci, anche in luoghi dove non potrebbe crescere.
In poche parole, vi sembrerà continuamente di ritrovarvi in un’arena ad ostacoli con dell’ambientazione intorno, senza che vi sia una reale integrazione tra le cose, come se si fossero dimenticati di curare a dovere la texturizzazione e la modellazione di questi elementi dello scenario all’interno del contesto estetico dei pianeti.
Considerando la sopracitata ripetizione di sequenze platform, tale superficialità è quasi imperdonabile.
Per quanto riguarda il combat system invece, siamo rimasti decisamente più soddisfatti: il gioco prende direttamente spunto dalle opere di From Software (Dark Souls, Sekiro) ed ha alla base alcune movenze fondamentali che richiedono una certa precisione; dalla rotolata alla parata difensiva, dagli attacchi pesanti a combo specifiche ecc., che rendono la spada laser e l’utilizzo della forza le protagoniste assolute di questo aspetto.
Tramite uno skill tree moderato, il nostro Jedi amplierà progressivamente le sue abilità e renderà gli scontri sempre più variegati, movimentati e divertenti, anche grazie alla moltitudine di nemici che dovremo affrontare, che spaziano dai molteplici tipi di soldati imperiali alle numerose creature/forme di vita (non solo di fauna ma anche di flora) che popolano i pianeti; a tutto ciò va unito un numero non così elevato di boss fight (primarie e secondarie) che, nonostante siano sempre interessanti, abbiamo trovato un po’ troppo semplici.
Avendolo giocato a difficoltà Normale, abbiamo trovato l’equilibrio di gioco tutto sommato bilanciato dal punto di vista dei danni inflitti e quelli subiti, anche se purtroppo anche in questo caso vi sono ingenuità di design piuttosto evitabili: il posizionamento dei nemici è quasi del tutto sballato, in quanto a volte essi si presenteranno uno alla volta (dalla stessa porta) mentre in altri casi spunterà dinanzi a noi un intero plotone, il che rende decisamente poco credibile l’approccio consecutivo agli scontri.
Ultimo elemento di gameplay presente in Jedi Fallen Order è rappresentato dalla presenza di enigmi ambientali da superare interagendo con alcuni elementi dello scenario, spesso tramite l’uso della Forza: queste sequenze non sono in quasi alcun caso nè ispirate nè elaborate, con risoluzioni semplici e senza alcuno spunto interessante, ma va comunque detto che non risultano nemmeno troppo ingombranti o fastidiose e che, quindi, rappresentano uno spunto di varietà che spezza il ritmo in un modo che tutto sommato abbiamo apprezzato.
Dal punto di vista tecnico, anche in questi casi abbiamo diversi alti ma anche numerosi bassi: partendo dai primi, è da elogiare la cura in certi microdettagli, soprattutto quelli che riguardano i modelli dei personaggi, elaborati con precisione sia graficamente che come animazioni; inoltre l’impatto generale risulta convincente, grazie a skybox complessivamente imponenti e una resa dell’illuminazione e dei colori soddisfacente, che permette all’intero design artistico di rendere omaggio allo storico stile starwarsiano.
La cosa cambia completamente tono durante l’esplorazione, quando ci si sofferma ad osservare poligoni di elementi ambientali (in particolare negli spazi stretti), in molti casi ripetuti, con una resa poco realistica e una risoluzione delle texture che, senza esagerare, definiamo scadente.
Anche dal punto di vista di pura programmazione, abbiamo riscontrato diversi bug visivi, tra cui molte compenetrazioni, oggetti che fluttuano nel vuoto, nemici incastrati e animazioni dei nemici morti impazzite.
Anche l’ottimizzazione ci ha fatto incappare innumerevoli volte in freeze e cali di frame rate e rendendo stabili solo i momenti più tranquilli, quando non vi sono troppi effetti in campo.
In mezzo a tutto questo “andirivieni” di pregi e difetti, Respawn ha fatto centro su un punto pressoché sacrosanto per questo genere di opere, ovvero l‘utilizzo della licenza, in quanto ogni singolo istante di gioco è permeato da quella magica atmosfera che ha caratterizzato le opere di Lucas, grazie a costanti e continui dettagli generali integrati a regola d’arte sia nelle meccaniche di gioco che negli aspetti più tecnici.
Gli effetti visivi della spada laser e dei poteri della forza ci hanno dato veramente l’impressione di essere un Jedi, mentre la caratterizzazione dei pianeti e delle creature sprizza Star Wars da ogni poro.
Il sound design rappresenta una continua goduria uditiva per tutti i fan di Star Wars: le musiche, l’effetto sonoro di spade laser/blaster/cannoni, i “versi” degli androidi e tanti rumori tipici hanno portato l’esperienza del sottoscritto ad un piano di coinvolgimento decisamente elevato, il che gli ha fatto in più occasioni dimenticare di alcuni orribili difetti dell’opera.
L’opera di Respawn rende omaggio al mondo di Star Wars con un’avventura narrativa modesta, fatta di alti e bassi: il rispetto e l’amore verso Star Wars da parte degli sviluppatori rendono questo gioco pressoché imprescindibile per ogni fan della saga, mentre un combat system solido e un level design generale ben riuscito divertiranno anche quelli degli action adventure.
Dall’altro lato, il gioco crolla inevitabilmente su stesso per colpa di svariate ingenuità tecniche e di design che, nel 2019, non ci sentiamo di poter accettare da un gioco tripla A.
Forse era proprio questo l’intento degli sviluppatori. Rendere evidente la netta, infinita e onnipresente contrapposizione tra luci ed ombre, dove soltanto il giocatore può decidere se far pendere l’ago della bilancia verso i pregi o verso i difetti, come se l’equilibrio delle cose dipendesse esclusivamente dai propri gusti e dalle proprie esperienze, esattamente come avviene per il lato chiaro ed il lato oscuro della Forza…
…o forse questa è soltanto una nostra folle fantasia e Star Wars Jedi Fallen Order non è altro che un buon gioco.
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