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I giochi del decennio secondo SpaceNerd

E’ stata dura ma (forse) ce l’abbiamo fatta: ecco i giochi del decennio secondo i redattori di SpaceNerd!

Siamo ormai alle battute finali del 2019, e con esso alla fine del decennio 2010-2019… quali sono i titoli che più hanno influenzato e formato questo decennio del settore videoludico e quindi che meritano di far parte della lista dei giochi del decennio, secondo noi?
Scopriamoli insieme!

Dark Souls, il vero “iniziatore” dei soulslike

Chiunque sia un minimo navigato nel mondo dei videogiochi non può non aver giocato/sentito parlare di un certo Dark Souls.

Partito più in sordina di quanto avrebbe meritato, la grande opera di Miyazaki e From Software è diventata molto presto uno dei più importanti punti di riferimento per gli action GDR grazie ad una serie di meccaniche, idee di design e una specifica cura per il dettaglio di un livello semplicemente superiore: dall’applicazione del concetto di lore ad un combat system estremamente preciso, punitivo e soddisfacente, da una forma di interconnessione geologica del mondo di gioco (che ha ridefinito il concetto di level design) al primo grande esempio di multiplayer asincrono, Dark Souls non ha eguali ma solo molti simili, che hanno cercato di carpirne tali pregi per replicarli in altri modi.

Una precisazione va fatta: nonostante riteniamo Bloodborne ancor più ispirato, elaborato e divertente, abbiamo deciso di inserire in questa lista dei giochi del decennio proprio Dark Souls, in quanto esso (insieme al suo predecessore “sperimentale”, Demon Souls) rappresenta proprio l’origine assoluta di questo sottogenere, senza la quale probabilmente molti giochi (ma anche influenze e derivazioni secondarie) non sarebbero mai esititi.

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Breath of The Wild, il primo open world “2.0”

Breath of The Wild è stato forse il gioco che più di tutti, in questo decennio, ha fatto valere il tocco Nintendo: quella maniacale cura nei dettagli a cui spesso ci si riferisce con “Nintendo difference”.

Non perché rappresenta qualcosa di veramente nuovo, ma perché il gioco prende ampio spunto dagli open world occidentali (per stessa ammissione degli sviluppatori), quali Skyrim e The Witcher 3, e li rielabora in chiave Zelda e in chiave Nintendo, migliorando una formula che risultava decisamente ripetitiva e semplicistica, oltre ad aggiungere una fisica a dir poco incredibile, una storia e un mondo di gioco stupefacenti (senza contare la limitata presenza dei bug, che abbiamo invece imparato essere parte delle feature, ahimé, degli open world occidentali).

Sicuramente il titolo più adatto come gioco di lancio di Nintendo Switch, e anche un’incredibile canto del cigno per la ormai dimenticata Wii U.

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The Last of Us, la riaffermazione della narrativa nei videogames

Il viaggio di Joel e Ellie è senza dubbio il primo vertice in ambito videoludico-narrativo del decennio. Il modo di raccontare di Naughty Dog, sia ludicamente che artisticamente, è stato ed è tutto’ora un punto di riferimento per tutte le avventure di stampo narrativo. Le ambientazioni cupe e tese si intrecciano alla perfezione con i personaggi che andremo a incontrare nel corso dell’avventura: da una parte abbiamo Joel, un uomo che si distacca completamente dal principio di positività del protagonista, brutale e deciso dove necessario, mentre dall’altra abbiamo la giovane Ellie, una ragazzina che non ha scelto di vivere quella vita, ma che è talmente importante da poter curare il mondo dalla sua più grande malattia.

È evidente come il punto cardine di The Last of Us sia la sceneggiatura, capace di colpire nel profondo già dai primi minuti di gioco con la sua estrema brutalità. Il titolo infatti non lascia mai sottintendere la sua natura brutale e sofferente, creando un legame tra i personaggi e il giocatore talmente stretto da provare empatia nei loro confronti. The Last of Us è dunque uno di quei titoli che difficilmente vengono dimenticati, poiché lasciano la loro impronta non solo nel mercato videoludico, ma anche nell’anima.

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The Elder Scrolls V: Skyrim, gli RPG diventano appetibili ed accessibili alla massa

“Hey, you, you’re finally awake. You were trying to cross the border, right?”

Molti di voi avranno sentito innumerevoli volte questa frase… chi perché ha visto il famosissimo meme in tantissime salse, chi perchè ha giocato il titolo su qualsiasi periferica possibile (e chi per entrambi).

The Elder Scrolls V: Skyrim è, in ogni caso, un gioco importantissimo per il decennio 2010/2019 per le più varie ragioni: ha superato la vecchia generazione di console venendo riproposto sulla generazione attuale, per addirittura finire su Alexa e Switch, continua ad avere una community e dei modder attivissimi… ma il titolo che gli abbiamo dato riteniamo che sia il più importante ed il più tangibile nel settore videoludico.

TES V: Skyrim ha sdoganato gli RPG facendo diventare il genere potenzialmente adatto (ed anche interessato) anche ad esperienze per giocatori meno navigati.

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Insomma, questo The Elder Scrolls ambientato nella regione di Skyrim, non sarà magari il migliore della serie o addirittura l’RPG del decennio, ma ci sentivamo in dovere di inserirlo in questa lista dei giochi del decennio.

Minecraft, nuova linfa ai sandbox & survival

Chi non ha mai giocato o almeno sentito parlare del titolo cubettoso di Mojang?
Nonostante non sia prettamente un titolo decennale (le prime versioni risalgono al 2009) abbiamo deciso di includerlo nella lista dei giochi del decennio perché ha inciso pesantemente sul decennio in esame più che sul precedente e nel pratico, invece, per il fatto che il gioco è uscito in versione “definitiva” proprio nel 2011.

Minecraft, gioco creato inizialmente per svago da Markus “Notch” Persson e poi acquistato da Microsoft per 2,5 miliardi di dollari nel 2014, ha influenzato pesantemente il mercato di questi anno indirizzandolo verso una preferenza per i giochi e le esperienze survival, di crafting… possibilmente sandbox e/o multiplayer.

Tutti i “giochi fenomeno” da qui in poi, hanno avuto almeno una di queste caratteristiche: basta pensare per esempio a Fortnite, che le incanala tutte, senza eccezioni.

Undertale, (ri)affermazione del mercato indie

Da molti amato, da tanti altri odiato, Undertale rimane fondamentale per aver dato uno scossone al mercato indie del decennio.

Per chi non lo sapesse, Undertale è ambientato nel “mondo del sottosuolo” (abitato da veri e propri mostri) in cui il nostro personaggio sarà “scaraventato” e dal quale dovremo trovare una via d’uscita… lo spirito del gioco è far capire che non sempre le cose sono come sembrano e che, anzi, dare per scontato certe cose può essere fatale o completamente sbagliato.

Insieme a To The Moon, ha mostrato quanto i giochi “fatti in casa” (e nel caso di Undertale non è detto a caso, parliamo di un gioco fatto per il 99% da una persona sola, Toby Fox) possano ancora dare ad un’industria in cui le grandi aziende puntano alla graficona e, troppo spesso, ad esperienze piene di esplosioni e bei effetti speciali… ma vuote dentro.

Undertale, insomma, incarna alla perfezione lo spirito di gioco indie: ben fatto, confidenziale, a volte un po’ grezzo su alcuni aspetti tecnici… ma comunque un’esperienza non progettata e impacchettata solo per vendere, ma fatta con passione per il medium e voglia di raccontare.

PlayerUnknown’s Battlegrounds, “padre” dei battle royale

Okay, ecco il motivo per cui NON abbiamo inserito Fortnite tra i giochi del decennio.

Discutendo del titolo Epic Games, abbiamo ben pensato che se come parametro si usa l’influenza VIDEOLUDICA è innegabile che PUBG abbia più valore di Fortnite.
Evidenziamo la parola “videoludica” per un motivo ben preciso: sebbene Fortnite abbia addirittura influenzato la società, gli usi i costumi ed il marketing… molto meno ha influenzato da un punto di vista meramente videoludico, anzi.

Come detto prima, Fortnite (Battle Royale, che è la versione che stiamo considerando) ha due giochi a cui deve gran parte della sua formula: il già citato Minecraft e, il gioco di cui ora parleremo, PlayerUnknown’s Battlegrounds (più comunemente detto PUBG).

PUBG, gioco battle royale che nasce dapprima come mod di Arma III per poi diventare il primo vero e proprio fenomeno battle royale (attenzione, primo fenomeno battle royale, non primo battle royale) con tanto di gioco stand alone, è stato creato da Brendan “PlayerUnknown” Greene e, secondo noi, è lui che ha il “merito” (tra virgolette perchè alcuni potrebbero considerarlo un demerito) di aver fatto capire quanto questo tipo di giochi funzionasse in una certa fascia di giocatori, e di aver perfezionato e limato una formula fin ora troppo grezza, il che lo rende uno dei giochi del decennio.

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No Man’s Sky, esempio di come supportare (e recuperare) un GaaS

Il 10 agosto 2016 i ragazzi di Hello Games, capitanati da Sean Murray, atterrano con le loro navicelle in Europa, portandoci un titolo che di lì a poco avrebbe scritto la storia del decennio. No Man’s Sky si presenta al pubblico con tantissime promesse: universo diversificato creato proceduralmente, possibilità di naufragare nello spazio insieme ad amici, crafting di basi su cui fondare civiltà e interazione con razze aliene hanno forgiato il titolo come possibile sdoganatore del tanto atteso Star Citizen, ma così non fu.

No Man’s Sky è stato probabilmente uno dei giochi più criticati al suo lancio, poiché di tutte le promesse fatte molte erano mancanti e le poche rimaste erano addirittura contestabili. Le vendite furono disastrose, così come le recensioni negative legate al titolo. Insomma, possiamo tranquillamente equiparare il lancio di No Man’s Sky a quello del più recente Anthem. La differenza è che Hello Games non si è fatta abbattere, creando uno dei giochi più completi e che meglio esprimono il concetto di Game as a Service.

Nonostante il burrascoso lancio, i ragazzi di Hello Games hanno accolto le pesantissime critiche creando l’universo di gioco che conosciamo oggi. Il gioco è continuamente supportato da aggiornamenti che includono nuove sfumature della sua semplice ma efficace campagna, nuove strutture, nuovi veicoli, nuove modalità di gioco (includendo addirittura una modalità VR) e la tanto attesa modalità multiplayer, rendendolo di fatto un MMO. No Man’s Sky insegna dunque che nonostante le molteplici critiche, nonostante l’essenza indie dello studio e nonostante un mercato così aggressivo, un buon Game as a Service può permettersi di essere in tutto e per tutto un grande titolo e far parte dei giochi del decennio.

Destiny, sdoganatore degli MMO su console

Dopo aver passato Halo ai compagni di 343 Industries, Bungie, in collaborazione con Activision, ha iniziato lo sviluppo di Destiny, un MMOFPS ambientato in un futuro in cui il nostro sistema solare viene invaso da diverse razze aliene. L’impatto che ha dato la nuova fatica di Bungie sul marcato non è stata fin da subito così evidente. Il lato MMO di Destiny si è sempre nascosto bene, e continua ad esserlo anche nel suo più recente secondo capitolo, ma il suo modello di mercato a espansioni e il suo essere looter shooter ha piano piano rinsavito questo genere su console.

La sua formula FPS condita con attività multiplayer PvE e PvP come i numerosi Raid e le Prove di Osiride hanno conquistato nel tempo una diversa fetta di mercato, rendendo Destiny il fulcro di numerose community che hanno ritrovato nel titolo su console la linfa, seppur velata, degli MMO. Titoli come The Division, i recenti Ghost Recon e il già citato Anthem sono alcuni esempi figli del successo di Destiny su console. Aggiornamenti costanti, eventi in-game e community sempre più affiatate sono gli evidenti segni di come un buon adattamento del famoso genere nato su PC possa vivere anche su console.

Destiny rientra dunque tra i nostri giochi del decennio non per il titolo in sé, quanto per l’influenza che ha dato al mercato videoludico in questi dieci anni.

God of War, il ritorno di una “vecchia gloria” con un coraggioso sequel

Quando all’E3 del 2016 si è mostrato per la prima volta, non era ben chiaro cosa fosse questo God of War. A primo impatto è subito saltata in testa l’idea che si potesse trattare di un reboot della saga, partendo con un Kratos norvegese e non greco. Ma la cicatrice sull’addome era un segnale più che chiaro: Kratos era sopravvissuto alla caduta della mitologia greca, portandosi dietro di sé fardelli ben più grandi di lui.

Santa Monica ha deciso di scommettere in una generazione caratterizzata da remake, remastered e reboot, di proporre un sequel che mantenesse della vecchia formula Hack ‘n’ Slash solo l’universo di gioco. In God of War incontriamo un Kratos più maturo del giovane dio della guerra greco, un Kratos padre e vedovo che intraprende un meraviglioso viaggio nei reami della mitologia norrena insieme al figlio Atreus.

God of War si presenta totalmente differente rispetto ai vecchi capitoli, non solo nel gameplay che abbandona la visuale isometrica per favorirne una in terza persona, ma anche nella sceneggiatura, nell’espressività, nel level design e nelle meccaniche di gioco. Il titolo si presenta come un open world molto velato, dove quest principale e quest secondarie si intrecciano armoniosamente in quelle terre così belle ma allo stesso tempo così diverse dai precedenti capitoli.

God of War rientra con merito tra i giochi del decennio proprio grazie alla sua grande voglia di cambiare, ma allo stesso tempo mantenendo un filo logico con le vecchie glorie del brand.

MENZIONI D’ONORE

Asgard’s Wrath, vetta più alta su VR, dai “creatori” della tecnologia stessa

Okay, eccoci nella sezione menzioni d’onore, i “fuori lista” dei giochi del decennio.

Ammetto che questa è stata una battaglia piuttosto personale: son convinto (e per fortuna anche la maggior parte degli altri redattori) che la tecnologia VR abbia fatto passi da gigante.
I problemi rimasti? Prezzi proibitivi per le esperienze d’alta qualità e, sopratutto, titoli validi in esclusiva per questa piattaforma.

Nel 2020 sarà compito di Half-Life: Alyx mettere una (ulteriore) pezza a questo problema… ma questo non vuol dire che non esistano esperienze importanti e di qualità per questo dispositivo: dovessimo scegliere dei titoli rappresentativi del VR, sceglieremmo per esempio Blood & Truth/Astrobot, esclusive VR per eccellenza di PlayStation VR (che, dalla sua, ha anche il merito di aver reso accessibile questo “campo” ad un prezzo molto più basso, garantendo un’esperienza complessivamente discreta); il classico Beat Saber che grazie alla scenicità (ed una ben congegnata campagna marketing) ha avvicinato molti a questa tecnologia; ma sopratutto… Asgard’s Wrath, punta di diamante (secondo noi) del mercato VR, esclusiva di chi ha il merito di aver (ri?)lanciato questa tecnologia nel decennio in esame: Oculus.

Asgard’s Wrath è un’avventura lineare ambientata in un contesto epico-nordico (molto simile a quello visto nel nuovo God of War) con protagonista un inesperto e novizio dio che, persuaso dalle parole di Loki, decide di aiutare gli umani in diverse imprese: sebbene sia un gioco tutt’altro che perfetto, ad oggi è probabilmente la miglior esperienza per la realtà virtuale.

Death Stranding, uno specchio sul futuro del gaming…?

Infine, ecco il gioco che ha fatto più discutere del decennio: Death Stranding.

Potevamo davvero non citarlo tra i giochi del decennio? Beh, la risposta è sì.

Death Stranding ha avuto la “sfortuna” di uscire proprio alle battute finali del decennio e quindi riteniamo sia prematuro inserirlo in lista.

Perchè questa menzione speciale allora?
Pensiamo che possa essere l’apertura di una nuova fase del gaming, più ricercata e a suo modo “filosofica” in cui si possa iniziare a puntare anche su singole nicchie e non si debbano fare per forza blockbuster giganteschi alla portata di tutti.

Escludendo per un attimo Death Stranding, in questo 2019 abbiamo sentito molto parlare di Concrete Genie, di Ori and The Blind Forest (per la sua uscita su Nintendo Switch) ed ovviamente del sequel che uscirà nel 2020, Ori Will of The Wisps.
Sono solo 3 esempi, oltre il già citato Death Stranding, che dimostrano che Microsoft e Sony sono sempre più interessate a produrre opere di questo tipo.

Abbiamo deciso di inserire Death Stranding, però, per un semplice motivo che lo contraddistingue dagli altri di questo tipo: è uno dei primi tripla A di “nicchia” (o almeno, di sicuro il più riuscito), dedicato ad un pubblico di un certo tipo e che è avvezzo a certi generi e caratteristiche nei videogiochi.

Speriamo, francamente, di vedere altre opere di questo stampo nel prossimo decennio nate dall’influenza di Death Stranding.

 

Conclusioni

Se sei arrivato fin qui senza strapparti i capelli per qualche “nomina” nella lista dei giochi del decennio, a tuo parere sbagliata e senza infuriarti per qualche escluso di spessore… wow, ne siamo felici! (ed anche un po’ spaventati).

Noi personalmente abbiamo sofferto a dover “per forza” escluderne alcuni… grandi assenti sono giochi come i classici che in molti hanno nominato come Portal 2, Telltale’s The Walking Dead… ma anche giochi meno “blasonati” come NieR: Automata, Danganronpa V3: Killing Harmony, Persona 5 ed ancora molti altri!

Augurandoci che in ogni caso il prossimo decennio ci regali nuove perle come TUTTI i giochi qua citati (chi più bello o più brutto, tutti questi hanno fatto un pezzo di storia del videogioco), vi salutiamo ed auguriamo un buon anno (e decennio) di gaming!

E poi chi lo sa… se questo articolo dovesse avere “successo” nessuno ci vieta di espandere la nostra lista di giochi del decennio, no?

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