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Perché Assassin’s Creed non è più Assassin’s Creed

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Attenzione: l’articolo potrebbe contenere spoiler su tutta la saga di Assassin’s Creed.

Sono passati ormai dodici anni dal debutto della saga di Assassin’s Creed, un tempo forse troppo lungo per curare un titolo che era ormai diventato abitudinario vederlo spuntare tra le uscite di ottobre e novembre.

I diversi capitoli della saga, o per lo meno quelli principali, hanno la capacità di dimostrare come all’interno di una grande software house come quella francese possa cambiare in modo così rapido la direzione che un brand può intraprendere, ma non tutto quello che ne esce è oro colato.

Insomma, tutti (o quasi) riconosciamo il periodo oro di Assassin’s Creed come quello della trilogia di Ezio Auditore da Firenze. È un personaggio carismatico, forte e erudita, tratti che probabilmente ci hanno fatto identificare lui e non eventualmente Altair, Edward o addirittura Alexios come personaggi cardine della saga. Con la progressione del franchise è sempre più evidente però che quello che era un tempo Assassin’s Creed ormai non esista più, vuoi per cambiamenti nel team di sviluppo, vuoi per questioni di marketing, vuoi per osmosi dell’andamento del mercato videoludico (ci starebbe proprio bene un Battle Royale su Assassin’s Creed eh?).

Possiamo quindi parlare realmente di progressione, o forse sarebbe meglio analizzare la sua introspettiva regressione volendo parlare di coerenza tra titoli che compongono la saga?

Le origini del brand

Nel lontano 2004 Ubisoft era a lavoro su Prince of Persia Assassins, lo spin-off della celebre saga che è in realtà diventato l’embrione del primo capitolo di Assassin’s Creed. Il suo concept riportava idee riprese poi nei capitoli della saga, come l’utilizzo del cappuccio, le fasi di arrampicata e l’utilizzo del cavallo come principale mezzo di trasporto.

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Un concept art di Prince of Persia Assassins

L’idea di Ubisoft con Prince of Persia Assassins era quella di implementare un sistema di parkour in grado di permettere al giocatore di muoversi liberamente all’interno della mappa, trovare e uccidere il bersaglio, e infine scappare nella folla. Un’atmosfera simile, tuttavia, si sarebbe allontanata troppo da quella di Prince of Persia, così si decise di cambiare il nome al progetto in Assassin’s Creed.

Tra passato e presente

La trama dell’intera saga viene strutturata per essere giocata in due linee temporali interconnesse tra di loro grazie all’Animus, uno strumento ideato dall’Abstergo in grado di far rivivere i ricordi dei vari antenati della persona connessa allo strumento. Questo viene reso possibile utilizzando marker genetici come mezzo per risalire all’albero genealogico del paziente, avendo così la possibilità di accedere a questi ricordi potendoli di conseguenza rivivere.

Desmond Miles, un barista del XXI secolo, è la chiave per scoprire dove Templari e Assassini hanno custodito i Frutti dell’Eden, reliquie potentissime create dalla Prima Civiltà. La sua storia è fortemente collegata alla seconda linea temporale, quella che ci farà rivivere principalmente i ricordi legati ad Altair Ibn-La’Ahad, Ezio Auditore e Connor Kenway, assassini appartenenti a tre epoche storiche differenti.

Dopo il terzo capitolo abbandoneremo Desmond per dare spazio a brevi fasi in prima persona ambientate dentro l’Abstergo Entertainment. Qui, il personaggio che andremo a interpretare sarà soggetto di test sulla nuova tecnologia Animus. Negli ultimi due capitoli, Origins e Odyssey, interpreteremo invece Layla Hassan.

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Da sinistra a destra: Altair, Ezio e Desmond

Gameplay semplice, ma efficace

Sin dal primo Assassin’s Creed, il parkour è stato un punto cardine della saga. Il giocatore, in un ambiente open map, è sempre stato libero di potersi muovere di palazzo in palazzo, in modo orizzontale e verticale. Il sistema di parkour è ben integrato a quello che il mondo di gioco riesce ad offrire: dal primo capitolo ad Odyssey, se c’è una cosa di cui non possiamo lamentarci sono sicuramente i paesaggi che i level designer ci hanno voluto regalare, offrendo molto spesso spunti molto fedeli alla controparte originale delle grandi città coinvolte nel progetto.

L’elemento che non è riuscito a identificarsi nell’intero brand è il combat system, soggetto a poca evoluzione nel corso della storia del franchise. Nei primi capitoli era evidente come lo schema di attacchi si dovesse basare su un sistema di schivate e parate, per poi sferrare letali contrattacchi. Se condiamo il tutto con un’intelligenza artificiale poco articolata e per niente imprevedibile, ci ritroviamo davanti probabilmente a uno dei sistemi di combattimento più monotoni e basilari della storia dei videogiochi.

Ma poco male, perché l’intero brand aveva ben altri obiettivi rispetto al rendere difficoltoso e problematico un combattimento.

Il Superquark dei videogiochi

Andiamo, tutti noi abbiamo potuto vantare delle nostre conoscenze storiche anche grazie al modo coinvolgente di narrare gli avvenimenti storici in Assassin’s Creed. Come già anticipato, il punto cardine della saga è sempre stato questo continuo spostamento di linee temporali per ricercare indizi, prove e vie di comunicazione tra uomo e Prima Civiltà, coloro che vennero prima di tutto. Il pathos che incolla il giocatore allo schermo è questo miscuglio di divinità che provano sentimenti umani come amore, odio, disprezzo per l’umanità fino ad arrivare ad estinguerla.

Attraverso l’Animus, il giocatore ha la possibilità di rivivere importanti avvenimenti storici come la rivoluzione francese e quella americana, le guerre sante, la vita al tempo degli egizi fino ad arrivare nel mar Egeo ai tempi di Socrate. La percezione di essere parte della setta degli Assassini viene assimilata per osmosi in questo tumulto di avvenimenti storici e incontri con personaggi realmente esistiti, come Leonardo da Vinci e Charles Dickens per fare un esempio.

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L’intera saga di Assassin’s Creed contiene riferimenti storici molto accurati, come i famosi discorsi di Socrate

Purtroppo però, le lame celate, veleni, il cappuccio, persino la possibilità di assassinare sono tutti particolari di cui presto andremo a dubitare.

È ancora Assassin’s Creed?

Col passare degli anni, però, l’eccessivo successo della saga ha portato Ubisoft ad allungare il brodo, finendo per far diventare la minestra riscaldata. Da Assassin’s Creed 3 in poi, è evidente come il taglio che i game developers volevano dare al gioco fosse più casual, trascurando di gran lunga quella che è la linfa vitale del gioco in sé: il comparto narrativo.

Pur di rilasciare un capitolo annuale, la software house ha iniziato a stravolgere dal basso il titolo, forzando i giocatori ad abbandonare il vero scopo della saga con aggiunte non troppo convincenti. Il brand ha iniziato a muoversi verso capitoli più open world, con quest secondarie ripetitive e un gameplay sempre più estraneo a quello impresso negli anni precedenti, di cui vediamo miglioramenti solo nel tanto odiato combat system.

Abbiamo a questo proposito capitoli come Black Flag e Rogue molto più open world che open map con attività secondarie talvolta troppo ripetitive. Tuttavia, questi titoli danno ancora la parvenza di essere parte della saga, con cliché tipici, ambientazioni e comportamenti familiari ai fan di Assassin’s Creed. Il vero e proprio cambiamento inizia a sentirsi in modo più marcato con l’arrivo dell’attuale generazione di console. Passiamo da capitoli come Unity dove il comparto narrativo è costantemente contornato dalla piattezza psicologica di Arno a capitoli come Syndicate, in cui invece è il gameplay a subire svolte che vanno a stravolgere la linea data dai precedenti capitoli.

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In Assassin’s Creed Syndicate il parkour perde di significato con l’implementazione del rampino

Ma questo non è solo che l’inizio: nel 2016 Ubisoft annuncia che non sarebbe uscito nessun Assassin’s Creed. Le motivazioni date sono le medesime che ci portano a pensare quanto detto fin’ora, ovvero che il brand stava per entrare in un limbo di modifiche che lo avrebbero fatto uscire dai binari della saga.

Seppur i fan fossero speranzosi in questa pausa, il risultato non si è rivelato essere quello che doveva essere. Arriviamo dunque ad Assassin’s Creed Origins e Assassin’s Creed Odyssey, gli ultimi due capitoli del franchise. L’impostazione di questi giochi va a denaturalizzare tutto quello creato dal concept di Prince of Persia Assassins. Nei nuovi capitoli troviamo componenti RPG che non sono propri di un Assassin’s Creed e che, per ovvi motivi, vanno a cambiare drasticamente il gameplay.

Ci ritroviamo così a dover giocare tipologie di Assassin’s Creed poco familiari, dove troviamo la possibilità di mostrare i nostri volti, non curanti del fatto che un Assassino è una lama tra la folla e che dovrebbe quantomeno nascondersi dalle autorità. L’assasinio non è più ammesso: se il nostro livello non è abbastanza alto e il nostro danno non supera i punti vitali del soldato nemico, il nostro attacco toglierà un quantitativo di vita pari al nostro dps, dovendo poi terminarlo a colpi di spade, lance o quant’altro. Per lo stesso motivo, non sono più ammessi colpi alla testa, che andranno semplicemente ad arrecare del danno critico senza uccidere istantaneamente il nostro bersaglio.

La componente role play inoltre non agevola la libertà di fruire liberamente del comparto narrativo: le missioni della storia principale devono essere intervallate da momenti di farm, scadendo per lo più in problematiche quali la necessità di acquisire punti esperienza e arrivare ad un certo livello prima di affrontare una missione legata alla storyline principale. Senza usare troppi mezzi termini, entrambi i capitoli sono degli ottimi RPG, hanno un ottimo sistema di combattimento, hanno un buon sistema di progressione del personaggio con un albero delle abilità ben sviluppato e finalmente troviamo un combat system basato su attacchi, parate, contrattacchi e abilità attive; semplicemente, non sono tratti comuni alla saga.

Quando gli altri seguono ciecamente la verità, ricorda: nulla è reale.
Quando gli altri si piegano alla morale e alle leggi, ricorda: tutto è lecito.
Agiamo nell’ombra per servire la luce. Siamo Assassini.
Nulla è reale, tutto è lecito.

Ubsioft, tornerai mai sui tuoi passi per regalarci qualche capitolo degno di essere identificato come Assassin’s Creed?

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Sviluppatore software di professione, Simone inizia la sua carriera videoludica già dall’infanzia, crescendo nel mondo PlayStation e seguendo le orme del padre. Predilige per lo più opere con una forte componente narrativa e adora immergersi nei panni dei protagonisti che va via via a giocare.
Adora alternare momenti ludici con la visione e/o lettura di opere orientali, ma non si rifiuta di approcciarsi alle novità!

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