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“The Dirt: Mötley Crüe”, la recensione

Pubblicato

il

The Dirt: Mötley Crüe

7.1

Comparto Tecnico

7.5/10

Cast

7.0/10

Scrittura

6.5/10

Regia

7.5/10

Direzione artistica

7.0/10

Pros

  • Il ritmo forsennato
  • Le numerose trovate registiche
  • La caratterizzazione sfaccettata di ogni membro della band
  • L'ottima messa in scena della vena trasgressiva del gruppo

Cons

  • L'ultima mezz'ora abbastanza piatta
  • La poca attenzione per il lato artistico dei Mötley Crüe

Quando si adatta un romanzo, un fumetto, o la vita di una o più persone al contesto cinematografico ci si ritrova spesso di fronte all’annosa questione della fedeltà al materiale originale.

Una qualsiasi trasposizione cinematografica richiede sempre un lavoro di scrematura; vuoi per una questione di tempi, di credibilità, di fluidità della narrazione, per la volontà di non far trasparire certe cose, è impossibile creare un adattamento filmico fedele al 100%.

La qualità di un adattamento non andrebbe mai giudicata dalla mera riproposizione di contenuti, bensì dal mantenimento dello spirito dell’opera originale.

Da questo punto di vista The Dirt: Mötley Crüe, adattamento targato Netflix della biografia The Dirt: Confessions of the World’s Most Notorious Rock Band, scritto proprio dalla band e da Neil Strauss, risulta essere un adattamento più che riuscito.

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Il regista Jeff Tremaine (Jackass: The Movie) e lo sceneggiatore Tom Kapinos (LuciferDawson’s Creek) hanno messo in scena perfettamente lo stile di vita sregolato, lascivo e trasgressivo dei Mötley Crüe, regalando al contempo una pellicola veloce e d’indubbio intrattenimento, ricca di soluzioni interessanti.

The Dirt: Mötley Crüe

Sequenze in POV, sovrapposizioni di piani temporali e l’occasionale rottura della quarta parete incarnano alla perfezione l’imprevedibilità e la creatività vulcanica della band di riferimento, mantenendo sempre viva l’attenzione dello spettatore, costantemente mitragliato da sequenze frenetiche tutte diverse tra loro.

Il ritmo della pellicola è indiavolato, e tale resta fino all’ultima mezz’ora, quando il film sterza bruscamente sul pedale della drammaticità, abbandonando i toni scanzonati in favore del messaggio ultimo: i Mötley Crüe non sono un gruppo, ma una famiglia.

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Non a caso suonano insieme da quasi 40 anni.

La parte finale del film è anche la più debole sotto il profilo narrativo.

Il regista si è visto costretto ad appiattire i toni in vista delle obbligatorie scelte di adattamento e della tragicità di alcune sequenze, alle quali non è riuscito a dare il giusto impatto, forse per paura di cadere nel manierismo, ma di fatto aggiungendo una forte retorica ad un film fino a quel momento crudo e diretto.

Ciò che stupisce davvero è però la perfetta gestione dei rapporti umani sia interni che esterni alla band. Essendo Kapinos un esperto di teen drama, genere quanto mai sottovalutato, riesce a caratterizzare efficacemente i personaggi e i loro conflitti interiori e relazionali, diversificando alla perfezione i protagonisti e aggiungendo loro delle sfaccettature inaspettate per un film apparentemente devoto al mero intrattenimento.

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Alla fine della visione si avrà un’idea chiara e lampante del quadro psicologico di ogni singolo membro dei Mötley CrüeDa Nikki Sixx, i cui disagi familiari lo porteranno dall’autodeterminazione all’autodistruzione, a Tommy Lee, desideroso a tal punto di distaccarsi dal proprio infantilismo da ricercare l’anima gemella in ogni donna che gli presti attenzione.

TheDirt, inoltre, è un biopic trasparente. In alcune occasioni vedremo i personaggi rivolgersi direttamente al pubblico per spiegare quali parti della loro vita sono state romanzate e quali persone reali escluse per esigenze di trama.

Tra queste è doveroso citare le vicissitudini legate al manager del gruppo, Doc McGhee, le quali rappresentano alcuni dei momenti in questo senso più esilaranti.

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Se però dal lato umano abbiamo avuto una cura nei dettagli e nella messa in scena d’indubbio gusto ed efficacia, altrettanto non si può dire del lato artistico.

Tutto ciò che è legato alla scrittura dei testi, delle melodie, alle ispirazioni che hanno portato alla creazione dei brani dei Mötley Crüe è stato messo gravemente in sordina.

Chi dovesse approcciarsi al film aspettandosi qualche curiosità in merito alle canzoni del gruppo si ritroverà pesantemente deluso, e difatti questo risulta essere il principale difetto di The Dirt.

Il tralasciare completamente quello che è il processo creativo di una band dal suo biopic equivale a rubarle l’anima.

Cosa distingue i Mötley Crüe da qualsiasi altra band hard rock? Perché vengono definiti padrini del Glam metal? Guardando The Dirt non lo scoprirete mai.

In pratica, è come assistere ad un biopic su Caravaggio senza nominare neanche una volta i suoi quadri.

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The Dirt risulta quindi essere un film godibile, ma un biopic riuscito a metà. I fan duri e puri dei Mötley Crüe potrebbero storcere pesantemente il naso, mentre lo spettatore ignaro potrà felicemente guardarsi un film “musicale” che scorre benissimo, restare affascinato dalla personalità dei suoi protagonisti e magari successivamente recuperare i brani dei Mötley Crüe.

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Cercò per lungo tempo il proprio linguaggio ideale, trovandolo infine nei libri e nei fumetti. Cominciò quindi a leggerli e studiarli avidamente, per poi parlarne sul web. Nonostante tutto, è ancora molto legato agli amici "Cinema" e "Serie TV", che continua a vedere sporadicamente.

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