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Il futuro del gaming: tra nuove tecnologie e cambiamenti nel mercato

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Il Futuro del Gaming
Shawn Layden ha parlato delle possibili evoluzioni nel futuro del gaming.

VGP Play ha pubblicato un’intervista a Shawn Layden, in cui l’ex membro del direttivo di PlayStation ripercorre tutta la storia della console di Sony e si lancia in qualche speculazione sul futuro del gaming. È un’intervista molto interessante che, oltre a dare retroscena storici che molti non conoscono, parla della filosofia del “fare” il videogioco quando ancora l’industria che conosciamo non esisteva, le regole dovevano ancora essere scritte e il medium doveva ancora vivere la sua rivoluzione industriale. Di quell’equilibrio tra la creatività, la narrativa, le meccaniche di gameplay e la necessità di commercializzare bene il risultato per rientrare dell’investimento.

In un mercato in cui chi mette i soldi decide, un gioco finanziato da chi sviluppa sarà molto diverso da uno finanziato da chi distribuisce. Chi sviluppa decide per logiche creative, mentre chi distribuisce o semplicemente investe, lo fa per logiche di mercato. Sebbene siano elementi entrambi fondamentali perché un gioco abbia successo, spesso assistiamo a scelte di game design basate su prospettive di vendita che appiattiscono il prodotto ed eliminano ogni tipo di originalità o scopo autoriale. Credo che su questo saremo tutti Concord.

Oggi, il settore è esploso in un vero e proprio business e questi ultimi anni hanno mostrato un’industria che non sa bene quale direzione prendere, dovendo far fronte a costi di sviluppo lievitati vertiginosamente.

Il futuro del gaming è molto incerto per tutta l'industria di settore.

Shawn Layden, parlando verso la fine del video dei suoi tre possibili scenari, mi ha fatto pensare che forse la visione che ho io dell’attualità e le previsioni che ne posso trarre non sono così universalmente condivise come credevo e quindi potrebbe essere utile spenderci due parole in un articolo.

I tre scenari di Layden

Secondo quanto riportato, Shawn Layden prevederebbe tre possibili scenari per il futuro del gaming:

  • Il primo in cui si vede un aumento delle persone che producono e fruiscono dei videogiochi, fino ad arrivare ad un equilibrio in cui il processo si autoalimenta.
  • Nel secondo, tutto funzionerebbe piú o meno come oggi, ma piú lentamente.
  • Nell’ultimo invece si prevede un possibile collasso del mercato su se stesso, in cui l’utenza comincia a disinteressarsi e si finisca a rivivere una crisi del videogame come quella dell’83.
Le previsioni di Shawn Layden sul futuro del gaming

Se mi è permessa una prima impressione su queste dichiarazioni, per dire che in futuro le cose potrebbero andare meglio, rimanere statiche o andare peggio non serve esattamente una sfera di cristallo ne tantomeno una laurea in arte.

Quello che però mi ha fatto riflettere, è che parlando dello scenario intermedio in cui le cose rimarrebbero grosso modo come sono ora, Layden aggiunge che PlayStation potrebbe rimanere sola come unica attrice per il mercato console, dato che Nintendo fa storia a sé e per quanto riguarda Microsoft “sentendo alcune dichiarazioni e strategie, le atmosfere dell’era Dreamcast“.

Questo come a dire che Microsoft potrebbe decidere di abbandonare la produzione di hardware e agire solo come una sorta di enorme publisher, un po’ come successe alla console di Sega nel 2001.

Cosa è successo a Sega con Dreamcast?

Il futuro del gaming per Shawn Layden prevede un caso in cui Microsoft ricalca la storia di Sega con Dreamcast

Facendo un breve riassunto dei fatti che portarono Sega a ristrutturare la propria strategia commerciale nel 2001, dobbiamo tenere presente che la compagnia giapponese aveva precedentemente investito il grosso del proprio capitale sul Saturn, una console che fu un insuccesso per via di una struttura a doppio processore basata su Assembly e alla competizione con PlayStation, che la resero più complicata e meno appetibile per gli sviluppatori rispetto alla concorrente basata su C di Sony.

Quando nel 1999 Sega fece uscire il Dreamcast, stava di fatto proponendo un hardware incredibile per l’epoca. Le caratteristiche della console erano più che all’avanguardia. Parliamo della prima console che ha permesso il multiplayer online e la prima a scegliere di utilizzare componenti modificate provenienti dal mercato PC anziché architetture full custom, pratica che anche Microsoft e Nintendo avrebbero replicato con Xbox e Gamecube.

Purtroppo, nonostante l’alto tasso di vendite, nell’ultimo trimestre del 2000 Sega avrebbe avuto bisogno di volumi di vendita molto più alti in tempi stretti per poter raggiungere il punto di pareggio, cosa che, con PlayStation 2 all’angolo opposto del ring, non si verificò e portò l’azienda a chiudere definitivamente il proprio settore hardware.

Secondo Shawn Layden, nel futuro del gaming, PlayStation potrebbe escludere dal mercato Xbox come giá fece con Dreamcast

Cosa succede invece ora con Microsoft?

Queste sono mie personali speculazioni e deduzioni. Non ci sono dichiarazioni di Phil Spencer che confermino o smentiscano, ma come dicevo in testa all’articolo, pensavo che fossero considerazioni piuttosto ovvie che chiunque potrebbe fare. Ciononostante voglio precisare che potrebbero essere totalmente incorrette; perciò, che ognuno si faccia la propria opinione.

Se leggendo le dichiarazioni di Layden circa il futuro del gaming e di Xbox mi sembra di trovarmi di fronte quanto meno a delle inesattezze è perché la Microsoft del 2025 non è nemmeno lontanamente paragonabile alla Sega del 2001, come non lo è la situazione del mercato.

Chissá cosa pensa Jim Ryan circa il futuro del gaming.

Già dai fatti recenti dell’acquisizione Activision Blizzard King (ne parlavo qui) abbiamo assistito ad una Sony, nella persona di Jim Ryan, che bussava alla porta di ogni garante per dire che se Microsoft avesse messo le mani su Activision, Call of Duty sarebbe diventata un’esclusiva, traducendosi in enormi perdite per l’azienda giapponese. Dall’altra parte c’era invece una Microsoft che cercava di rassicurarla dicendo che non avevano nessun interesse a rendere Call of Duty un’esclusiva, tagliandosi di fatto moltissimi introiti sul software per favorire invece la vendita dell’hardware.

A mio avviso Microsoft stava già allora chiarendo un punto: non ci interessa vendere hardware.

Qui io vedo una PlayStation che non si rende conto di come il mercato sia cambiato. Un’azienda che pensa ancora al mercato videoludico basato sulle macchine, sulle esclusive e che di fatto vive ancora nella console war. Una logica di mercato che pensa ancora di potersi reggere sul binomio ti vendo la macchina / ti vendo il gioco.

A quelli che ora stanno pensando “beh, e che problema c’è?”, vorrei fare una domanda: comprereste un film in digitale per 30€ sapendo che probabilmente lo guarderete a dir tanto una decina di volte? Il collezionista continuerà probabilmente a comprarsi il blu-ray, ma per il resto dell’utenza, il supporto fisico appartiene al passato dal momento in cui è apparso il digitale e soprattutto da quando sono arrivati i servizi di streaming.

Del collezionismo come mercato di nicchia parlava già George Kubler nel suo “La forma del tempo” del ’76 e il fatto che i contenuti continuino a pubblicarsi su disco non può far pensare che il supporto fisico abbia un futuro come prodotto mainstream.

Per i videogiochi sta succedendo esattamente lo stesso. In un precedente articolo parlavo del problema della proprietà nell’epoca del digitale e Ubisoft con il caso The Crew ha reso un po’ più manifesta la realtà al grande pubblico: quando acquistate un gioco non ne acquisite la proprietà, ma semplicemente una licenza d’uso, revocabile in qualunque momento da parte del distributore. Come può avere un futuro un modello di business che vi chiede di spendere 80€ una tantum per un gioco che potrebbero togliervi dopo un anno, un mese o una settimana?

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Possiamo spendere ore a discutere se il modello GamePass sia o no sostenibile per Microsoft, ma la domanda è: l’alternativa è sostenibile per l’utenza?

Quando uno Shawn Layden dice che Xbox potrebbe non avere un futuro come console, quello che non considera è che Xbox potrebbe non essere interessata ad un futuro console, nonostante Sarah Bond e Phil Spencer abbiano già fornito anticipazioni sulla prossima generazione console.

Io credo che con il suo Play Anywhere, Xbox stia pian piano costruendo e investendo in una infrastruttura in cui il servizio è il vero core business dell’azienda. Le periferiche saranno semplicemente terminali d’accesso e siano esse home console, pc desktop, handheld o ibride secondo il modello Switch, lo scopo di Microsoft sarà farvi abbonare ai loro servizi.

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E PlayStation?

D’altro canto, le ultime manovre Sony mi fanno pensare ad una azienda che sta investendo sul rendere i propri prodotti uno status symbol. Il problema di un modello product based in stile Apple (contrapposto al modello service based di Microsoft) è che poco si applica al mercato del gaming, in cui l’utenza vuole sicuramente possedere un bel prodotto, ma tolti i cosiddetti fanboy Sony, generalmente il resto degli utenti vuole anche poterli usare e non solo fare posing sui social o video di unboxing.

Quanto poi all’usabilità delle ultime novità Sony ci sarebbe poi parecchio da ridire. Anche tolti gli evidenti problemi di design di diversi loro prodotti, che da designer posso garantire essere molteplici, ci sono scelte che difficilmente mi fanno associare gli hardware PlayStation ad un MacBook o ad un iPhone.

Come una PlayStation Portal che personalmente non ha una reale utilità pratica e soprattutto non giustifica il prezzo equiparabile a quello di una Nintendo Switch, oppure una PS5 Pro che senza un parco titoli dedicato e un costo di 950€ è appetibile unicamente ad un’utenza di affezionati alla marca. O ancora il Dual Sense, che doveva essere il vero game changer di questa generazione e aveva tutte le carte per esserlo, ma è stato scarsamente sfruttato anche da diversi titoli first party.

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Secondo la stampa specializzata e gli addetti ai lavori, riguardo al futuro del gaming si parla principalmente di tre tecnologie: cloud gaming, intelligenza artificiale e VR/AR. Già nel 2020, in un articolo di IGN, Keith Schuler di Gearbox Software e Ed Beach di Fireaxis sostenevano che per il 2030 i videogiochi saranno prodotti fruibili indipendentemente dalla piattaforma e che la competizione continuerà ma sarà basata meno sull’hardware e più sui videogiochi. Mentre Viktor Bocan di Warhorse Studios e Takashi Iizuka di SEGA sottolineavano che il VR sarà lo step successivo nell’evoluzione grafica.

Da questo punto di vista, PlayStation sembra che abbia malvolentieri aggiornato i propri servizi nel 2022, integrando il PS Now nell’ultimo tier del suo PS Plus. Il Plus è di fatto equiparabile al GamePass di Microsoft, fatta eccezione per la disponibilità delle esclusive first-party al day one, ma Sony non da l’impressione di voler davvero spingere in questa direzione e il lancio sia di Portal che di PS5 Pro credo dimostrino la difficoltà della casa giapponese di abbandonare lo scoglio sicuro del proprio storico business model.

Parlando invece di VR, Sony ha lanciato l’ultima versione del proprio visore sempre nel 2022 e da allora è un grande non pervenuto dato che negli ultimi due anni Sony non sembra averci creduto piú di tanto.

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Nonostante sia tecnologicamente valido e possa contare, a differenza del Quest, della funzione di eye-tracking, il prezzo è praticamente equivalente ma il suo uso è subordinato al sistema PS5, laddove il visore di Meta può essere utilizzato in maniera indipendente da altri dispositivi (e wireless). Anche se in realtà dovremmo dire che il suo uso ERA subordinato a PS5, dato che la scorsa estate PlayStation ha reso disponibile, per la cifra irrisoria di 60€, un adattatore PC che permette all’utenza di usare il VR2 da computer.

Se da un lato questo permette agli utenti che già lo possiedono di allargare il proprio parco titoli (che quindi comprendono anche tutti quelli della libreria di Steam VR), dall’altro è una rinuncia da parte di Sony a quella leva dell’esclusività propria del suo modello di business e questo fa intendere che difficilmente PlayStation punterà in maniera decisa su questa periferica in futuro.

Quali sono le prospettive invece per Nintendo?

Per quanto riguarda il futuro del gaming, Nintendo sembra come sempre fare storia a sé. Quasi tutti gli addetti di settore concordano dicendo che la Grande N fa praticamente riferimento ad un mercato a parte.

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I titoli first party Nintendo hanno sempre un loro feel particolare e la maggior parte dell’utenza che sceglie oggi di giocare su Switch, lo fa prevalentemente per questo stile. L’azienda giapponese vanta una lunga storia ed una grande esperienza nel settore dell’entertainment e ha saputo nel tempo crearsi una fama ed una fan base di giocatori casual per cui pagare un prezzo più alto per i suoi titoli vale comunque la pena. Potremmo dire che Nintendo ha fatto dell’esclusività il suo vantaggio principale, ma non solo dei titoli quanto di un intero mercato, grazie sicuramente allo stile unico dei suoi titoli di punta ma anche alla scelta più che azzeccata di lanciare una console ibrida.

Switch infatti, al costo di performance inferiori rispetto alle console di Sony e Microsoft, è in grado di accontentare sia i giocatori da divano che quelli da trasporto pubblico con un unico hardware. Se contiamo che il ciclo vitale della console, con l’avvento quest’anno di Switch 2, è stato di ben otto anni, capiamo bene che Nintendo non si è per niente fatta mettere sotto pressione dalle altre piattaforme, confidando sulla propria utenza e sul proprio prodotto.

Inoltre, tutti conoscono la famosa dicotomia che da un lato mostra un’immagine pubblica fondata sulla famiglia e le atmosfere cartoon, mentre dall’altro c’è un’azienda estremamente aggressiva nel difendere le sue proprietà intellettuali, come si è visto per le cause contro Yuzu, Ryujink o Modded Hardware, tanto per fare un paio di esempi.

Tutto questo mostra la filosofia di business di una compagnia abituata a lavorare all’interno del proprio modello e quasi dettarne le regole, ragion per cui è difficile valutare come deciderà di muoversi in futuro.

Il futuro del gaming per Nintendo potrebbe comprendere un potenziamento dei suoi servizi digitali.

Va però fatto notare che lo store Nintendo è solidissimo, quindi l’azienda ha inquadrato perfettamente la svolta digitale degli ultimi anni e anche il servizio Nintendo Switch Online, sebbene molto diverso dal PlayStation Plus e dal GamePass, permette il gioco e il salvataggio in cloud, l’accesso ad una vasta libreria di titoli NES, SNES e GameBoy per i fan del retrogaming, nonché vantaggi esclusivi per gli abbonati, come titoli dedicati e prodotti fisici altrimenti non acquistabili. Tutto questo per una ventina di euro per l’abbonamento annuale.

Quindi per ora, da Kyoto si sembra voler rimanere fedeli al detto “squadra che vince non si cambia”, ma chissà che non ci sorprendano al prossimo Nintendo Direct previsto per il 2 aprile prossimo, in cui ci si aspetta per lo meno qualche informazione aggiuntiva sulle specifiche di Switch 2 e con un po’ di fortuna, anche prezzo e finestra di lancio.

Riassumendo…

…Nonostante le Dreamcast vibes sentite da Shawn Layden, Microsoft procede spedita nella sua direzione di azienda basata sui servizi, almeno lato gaming, indipendentemente dalla piattaforma. Assisteremo quasi sicuramente ad un suo debutto console anche per la decima generazione e molto probabilmente anche dal versante hardware mobile, anche se non si sa ancora in che forma. Trattandosi dell’azienda proprietaria del sistema operativo più antipatico ed inefficiente su cui abbia mai posato le mani, suppongo che non si tratterà solo di un hardware console, ma di un vero e proprio pc handheld con cui spingere gli utenti verso una drammatica quanto certa crisi di nervi grazie alla preinstallazione di Windows.

Il futuro del gaming passerá certamente anche per il mercato handled.

Nintendo, come già detto, farà quello che le pare, dettando legge all’interno del proprio mercato di riferimento e le loro più grandi novità saranno probabilmente introdotte quest’anno con l’arrivo di Switch 2, dopodiché riporranno il team di ricerca e sviluppo hardware sotto naftalina per altri otto anni. Se così non fosse ne saremmo tutti ovviamente stupiti, e questo vuole già di per sé dire qualcosa.

Sony può contare per il momento su una fan base che bacia il terreno dove cammina, purché lo faccia apponendo il marchio PlayStation. Possono contare su un vero e proprio mercato enthusiast che è disposta a comprare qualunque hardware, periferica, controller, o soprammobile che riporti l’incisione PS, per quanto inutile o inutilmente costosa essa sia.

Ognuno è ovviamente libero di spendere il proprio denaro come meglio crede, e nella maggior parte dei casi non c’è nulla di male. Ma tutti abbiamo potuto assistere a commenti più o meno aggressivi da parte di sostenitori dell’indifendibile di fronte a dati oggettivi. Questo succede per tutte le aziende, siano Sony, Microsoft, Apple, Nintendo finanche a Bauli o Barilla. Nel caso di Sony però, sembra che l’azienda si stia attivamente appoggiando su questa tipologia di utenza con una linea produttiva recente che sembra abbia perso la voglia di innovare.

Non sembra che il nuovo hardware PlayStation sia molto orientato verso il futuro del gaming

Personalmente spero in un colpo di reni al lancio della sesta iterazione che sia al pari di quello fatto con la 4 e che possa ribaltare questo indirizzo incerto di Sony. Dopotutto, tutti noi giocatori millennial che abbiamo visto arrivare la prima PlayStation e che abbiamo aperto il portafogli a occhi chiusi (o lo abbiamo fatto aprire ai nostri genitori) all’arrivo della 2, avremo sempre un posticino riservato in fondo al cuore per il marchio PlayStation.

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Appassionato di videogiochi fin dall'infanzia, dategli un puzzle game o uno story driven con dei begli enigmi e si galvanizza, ma se gli parlate di FPS multiplayer online si addormenta.
Ha messo le mani su pc e console a partire dall'Atari 2600 e attualmente gioca su XBox Series X.
Potete trovarlo anche su Instagram e YouTube, su cui porta avanti un canale a tema videogames che si chiama La Tana di Yoshi.
Vive in Andalusia e oltre ad essere un scarso ma appassionato bassista, è istruttore di kitesurf.

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