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Giurato numero 2, la recensione: Clint Eastwood spara a salve

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Giurato numero 2 clint eastwood recensione film

Che Clint Eastwood sia uno dei cineasti più importanti della sua generazione è assodato. Che sia praticamente impossibile restare indifferenti quando un suo film esce in sala, pure. Che Giurato numero 2, sua ultima fatica, fosse un progetto che lo stimolasse poco, ci sarebbe da dibattere.

Uscito nelle sale in questo 2024, il lungometraggio dell’ormai novantaquattrenne regista può contare su un cast di tutto rispetto, con nomi quali Nicholas Hoult, una strepitosa Toni Collette, J. K. Simmons e persino il cameo di uno sprecatissimo Kiefer Sutherland, probabilmente accalappiato dalla produzione mentre girava per gli studi in cerca del bagno.

In verità può anche contare su un primo atto di tutto rispetto, con bei guizzi di sceneggiatura e, soprattutto, il montaggio stellare di David e Joel Cox, che fanno apparire questo legal drama qualcosa di nettamente più interessante di quanto effettivamente risulti al termine della visione.

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Giurato numero 2 – Una linea dritta

Giurato numero 2 è stato scritto da Jonathan Abrams, qui alla sua prima sceneggiatura cinematografica. Lo sceneggiatore ce la mette tutta per imbastire una storia impegnata, incentrata su un dilemma morale condiviso e riconoscibile, raccontata da personaggi tridimensionali interpretati da attori che si impegnano. E ce la fa, le spunte sulle caselle ci sono tutte. Al suo script manca, però, un’anima, o anche solo una svolta improvvisa, una scena davvero memorabile, un dialogo degno di nota che a ogni scena in tribunale non faccia rimpiangere l’ennesima visione di Codice d’onore di Rob Reiner e Aaron Sorkin.

C’è un qualcosa di tremendamente televisivo in Giurato numero 2, nel senso peggiore che si può intendere. Il caso giudiziario su cui è basato il soggetto è, di per sé, piuttosto piccolo. Quasi tutte le rivelazioni essenziali vengono fornite allo spettatore già nel primo atto, rendendo la corsa al finale nient’altro che una lunga sequela di stiracchiamenti e lungaggini che non contraddicono, evolvono o rimettono in prospettiva quanto visto nel corso storia. E se lo fanno, non abbastanza affinché allo spettatore importi veramente qualcosa. Sembra quasi che lo sceneggiatore abbia provato a seguire il vecchio adagio della via più banale come quella che nessuno si aspetta, con l’unico risultato di deludere ogni aspettativa costruita nella seppur buona prima fase del racconto.

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Più di tutto, Abrams fallisce nel fondamentale intento di far immedesimare lo spettatore nei suoi personaggi. Le caratterizzazioni di suoi personaggi risultano troppo banali, i dialoghi puramente funzionali e mai davvero pregni di quell’emotività che, sempre in teoria, vorrebbero esprimere. Quasi nessuno dei protagonisti e dei comprimari gode di un approfondimento soddisfacente. Fanno quello che devono fare, dicono quello che devono dire, arrivederci e grazie. Nemmeno la vittima risulta abbastanza approfondita da farci agognare giustizia nei suoi riguardi. Abrams si è limitato a creare una confezione di caratteri (anzi, a prenderla da altri legal drama) da sfoggiare in fase di candidatura agli Oscar, un po’ come accaduto per Il diritto di opporsi, altro film dello stesso genere giustamente dimenticato per la sua insulsaggine.

A onor del vero, se quantomeno Il diritto di opporsi poteva vantare il racconto tutto sommato quadrato di fatti storici obiettivamente importanti e interessanti, in Giurato numero 2 assistiamo non solo a un generico racconto di ipotetico femminicidio (tema sempre importante, sia chiaro; qui si parla di sceneggiatura), ma il mistero che lo circonda viene narrato attraverso forzature narrative che risultano più criminali del delitto stesso. Ad esempio la scena in cui Justin (Nicholas Hoult) fa cadere i fogli dopo la rivelazione fattagli da Harold (J. K. Simmons) è uno dei pretesti di trama più farseschi che si siano mai visti.

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C’è da dire che Eastwood non ha aiutato granché il suo sceneggiatore. In questo film si assiste a una direzione di mestiere, per nulla intenzionata a elevare più del necessario la performance degli attori o le svolte narrative davvero degne di nota. Tornando alla scena sopracitata: non sarebbe stata così pessima se il regista avesse scelto di mostrare meno l’ambiente attorno al personaggio, rendendo il gesto di Justin fin troppo sgamato e plateale per essere credibile. E dire che stiamo parlando del regista di Mystic River, altro film in cui il tema del rapporto tra verità e giustizialismo la faceva da padrone, culminando in un finale di enorme impatto emotivo.

Eppure l’idea alla base di Giurato numero 2 non sembra avere nulla a che fare con Clint Eastwood, se non per pochi concetti (chiamiamoli così) sparuti: una certa punta di misoginia; l’astio nei confronti dei politici e della pubblica amministrazione in generale; la rappresentazione delle minoranze come ottuse e pregiudizievoli; i vecchi poliziotti come gli unici davvero capaci di smuovere la situazione.

Tutto sommato Eastwood aveva uno script decente tra le mani, ma si è limitato a fare un compitino smorto e poco sentito, praticamente il contrario di quanto fatto in quel famoso comizio repubblicano di ormai 12 anni fa, dove il nostro eroe ha parlato per 10 minuti con una sedia vuota fingendo di rivolgersi a Barack Obama. Si, ok, era ridicolo. Ma quanto cuore ci metteva, all’epoca, il vecchio Clint.

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Al contrario Giurato numero 2 ha tutta l’aria di essere un magro tentativo di ripulirsi agli occhi dell’Academy, favorito da uno script di comodo e da un cast che rappresenta l’unico, vero picco di un film altrimenti evitabile.

Gli attori sono gli unici ad averci messo davvero del loro, in particolare Toni Collette, interprete dell’algida aspirante procuratrice Faith Killebrew, unico personaggio con un arco narrativo degno di nota. L’attrice è un tripudio di microespressioni che accentuano la tridimensionalità di un personaggio che, seppur non esattamente originale, come del resto niente in questa sede, almeno gode di un’evoluzione capace di catturare l’empatia dello spettatore.

Una candidatura agli Oscar attoriali per lei e Nicholas Hoult risulta abbastanza telefonata.

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Giurato Numero 2
Scrittura
6
Regia
6
Comparto tecnico
7.5
Direzione artistica
5
Cast
8
Pros
Un primo atto interessante
Il montaggio serrato in fase di ricostruzione dei fatti
L'impegno degli attori, su tutti Toni Collette
Cons
Una sceneggiatura che sa di compitino
Una regia che sa di compitino-ino-ino
La generale mancanza di approfondimento e coinvolgimento emotivo
6.5
VOTO

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Cercò per lungo tempo il proprio linguaggio ideale, trovandolo infine nei libri e nei fumetti. Cominciò quindi a leggerli e studiarli avidamente, per poi parlarne sul web. Nonostante tutto, è ancora molto legato agli amici "Cinema" e "Serie TV", che continua a vedere sporadicamente.

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