Dopo una lunga e intensa fase di preproduzione, il rifiuto di HBO Max e le porte aperte di prime video, Batman: The Caped Crusader approda sulla piattaforma streaming, con nove episodi tutti dedicati al supereroe più trasposto della storia.
A supervisionare la produzione vi è Bruce Timm, co-autore assieme a Paul Dini della storica serie animata di Batman degli anni ’90, che ha gettato le basi per l’animazione DC ancora oggi in atto. Questo nuovo prodotto non vuole essere un sequel della suddetta serie, quanto più un suo remake in chiave differente, fondendo il classico e il moderno.
Eppure, nonostante il tempo impiagato e il nome di persone dietro la sua realizzazione, non sembra che questa serie sia il gioiello che i fan si sarebbero aspettati.
Gotham City, anni ’40. Il crimine imperversa nelle città come un nero miasma che soffoca l’anima stessa dei cittadini, impersonificato dal boss Rupert Thorne. Corruzione, omicidi, furti e imbrogli legali sono solo alcuni dei problemi del Dipartimento di Polizia, guidato da un severo Commissario James Gordon, aiutato da sua figlia, l’avvocato Barbara.
Ma c’è un’altra ombra che corre nella notte dedica a combattere l’opposta oscurità. Circola voce ormai da qualche mese che un uomo pipistrello si aggiri per le strade per fermare i criminali, sventare efferati misfatti e proteggere i deboli.
Il misterioso Batman sembra essere l’unica cosa che si frappone fra Gotham e il caos. Tra misteri irrisolti che arrivano fino ai piani alti della politica cittadina, serie di macabre uccisioni e traffici illeciti che colpiscono anche la polizia, l’Uomo Pipistrello dovrà capire di chi fidarsi, come agire per il bene di Gotham e soprattutto capire quanto il là possa spingersi per farlo.
Dati gli anni in cui si volge la serie, è d’uomo che anche il mood e le strame degli episodi si adattino al contesto. Le vicende narrate in The Caped Crusader acquistano un tono molto più malinconico e “noir“, che si fonde bene sia con il tono della serie sia con il personaggio in questione.
Forte del successo del film, ad aiutare in ciò vi è la produzione di Matt Reeves, regista di The Batman, al cui stile la serie non manca di prendere spunto, così come la TAS prese spunto dallo stile del Batman di Tim Burton.
Alla scrittura degli episodi abbiamo il co-creatore della serie, nonché della storica trasposizione animata anni ’90 Bruce Timm, assieme allo sceneggiatore Greg Rucka (The Old Guard), e uno degli scrittori, se non lo scrittore, di fumetti theriller/noir più famoso degli ultimi anni, Ed Brubaker (Criminal, Incognito, Fatale). Dunque non dovrebbero sorprendere le ottime trame degli episodi, ricche di suspense, buoni colpi di scena e un ritmo lento ma ben bilanciato.
Forse l’unico episodio che può essere definito “brutto” è il sesto, “Cavalcata Notturna“, che guardacaso non ha nessuno dei nomi precedentemente citati dietro la macchina da scrivere. In esso l’elemento sovrannaturale entra in scena per la prima volta.
Non sarebbe un problema se, come nella serie anni ’90, Batman sapesse già che la magia esiste, o se, dato il contesto, facesse in modo di svelare il mistero con elementi scientifici. Ma ciò non accade e anzi, l’incredulità di Batman si spegne quasi subito, arrivando ad accettate l’esistenza dei fantasmi e trovare una soluzione al problema altrettanto paranormale.
Il Batman di The Caped Crusader è molto più cinico, incline a trattare con freddezza chi gli sta attorno, primo fra tutti Alfred, che chiama sempre Pennyworth. Un vigilante che ancora non si fida della polizia, piena di agenti corrotti come il duo Bullock e Flass. Le uniche con cui inizia ad aprirsi sono Barbara Gordon e la detective Renee Montoya.
Tuttavia, questo Batman non viene introdotto propriamente nei primi due episodi. In essi lo vediamo sì entrare in azione e fare il suo lavoro, ma non sappiamo niente di lui o del suo passato. Anche se il suo retroscena ci è stato propinato più e più volte nel corso dei decenni di trasposizioni, è sempre bene per una serie ex-novo sperimentare con l’introduzione del suo protagonista.
Ciò succede paradossalmente nel terzo episodio, in cui Bruce Wayne viene non solo approfondito psicologicamente, ma messo anche in dicotomia con la personalità di Selina Kyle/Catwoman. Se quest’episodio fosse stato il primo, con qualche cambio nella scrittura, la serie avrebbe avuto probabilmente un netto miglioramento nella narrazione.
Il resto del cast di personaggi è non poco altalenante. Interessanti sono invece i veri cambi dei personaggi: Barbara è sempre determinata a fare del bene alla città, qui in veste di avvocato. Harleen Quinzel, senza la sua controparte “pasticcina“, acquista un tono assai inquietante; Firefly, o meglio Firebug, è forse il supercriminale, dopo di lei, che fa la figura più terrificante, seguito da Clayface. Sono riusciti a rendere inquietante persino Onomatopea, il che è dir tanto.
Altri cambi di personaggi, invece, hanno meno senso. Tralasciando un Floyd Lawton che appare per appena cinque secondi e sbaglia anche a sparare, è assai poco credibile l’arco caratteriale del principale antagonista della stagione, Harvey Dent/Due Facce. Nel corso degli episodi non si riesce a inquadrarlo del tutto: a volte è solo un’arrogante pallone gonfiato, altre volte un politico corrotto plagiato da Thorne, altre ancora un frainteso uomo messo in mezzo, per poi passare ad essere un supercriminale con doppia personalità.
Paradossale come Timm, nel corso di due tra gli episodi migliori della sua serie animata di trent’anni fa, sia riuscito ad approfondire meglio un personaggio rispetto a otto episodio di un prodotto odierno.
È giusto spendere due parole dei tanto discussi cambi di genere (Oswalda Cobblepot) e di etnia (i Gordon) di determinati personaggi.
Non danno fastidio di per sé tali cambiamenti, poiché, come detto prima, i personaggi rimangono interessanti e ben approfonditi. Il James Gordon di The Batman funziona poiché la sua determinazione di fare tutto secondo regolamento che lo caratterizza rimane, e tanto basta.
La cosa strana è la mancanza di una vera e propria reazione della società degli anni ’40, che come sappiamo tutti non avrebbe visto di buon occhio che le cariche delle forze dell’ordine o dell’amministrazione pubblica fossero ricoperte da persone non bianche.
Sarebbe stato interessante introdurre anche le problematiche sociali che ciò avrebbe potuto creare. Magari assieme alle misure prese da Bruce Wayne in merito e all’opinione pubblica in reazione a tutto questo.
Per quanto si stia parlando di una una serie del 2024, fa assai strano notare come la serie TAS sia animata in maniera più fluida, il tratto ombreggiato in maniera più tridimensionale e dai contorni più “sporchi“. La causa di questo downgrade potrebbe essere ricercata nell’eccessivo uso del computer, che ci dona sì un design più pulito, ma con molta meno personalità.
Non si può dire lo stesso invece della colonna sonora, curata da Frederik Weidmann, veterano di altre colonne sonore di prodotti animati DC. I temi sono cupi, meditabondi e languidi, perfetti per una serie del genere.
Da lodare è anche il doppiaggio italiano, con un Gianfranco Miranda che riesce ad essere un tranquillo Bruce e un oscuro Batman usando due timbri differenti, stessa modalità semplice ma efficace utilizzata da Marco Balzarotti, la sua compianta controparte originale americana Kevin Conroy e Michael Keaton, ben lungi dall’eccessivo arrochimento di Christian Bale.
Si può dire dunque che Batman: The Caped Crusader sia una serie con “luci e ombre”, proprio come la stessa Gotham. Ha i suoi lati negativi, ma anche luci in grado di dissipare questa oscurità.
Si spera che, nelle prossime stagioni, Timm e il resto dello staff riescano a combattere contro questi lati negativi e offrire alla serie la bellezza che merita. O quella di cui ha bisogno.
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