Era impossibile che il mio personale approccio a Past Lives potesse avvenire in maniera convenzionale.
Il mio primo contatto con l’opera prima di Celine Song avviene infatti a 10.000 metri d’altezza lo scorso novembre, tra il catalogo dell’intrattenimento di un volo verso il Giappone. Un contesto che non si prestava alla visione di un film che, sulla carta, rientra nel “genere tipo” di chi vi scrive.
Arriviamo quindi a febbraio, dopo decantate lodi della critica e premi in giro per il mondo, Past Lives esce finalmente nelle sale italiane ed anche qui, per una serie di circostanze che non sto qui ad elencare, mi trovo in una sala pomeridiana negli ultimi giorni di proiezione.
Sembra che tutto si frapponga tra me e questo film, nonostante la ferma convinzione che, al termine della visione (che sarebbe avvenuta inevitabilmente) mi sarei ritrovato a considerare l’opera della Song tra le mie preferite degli ultimi tempi.
Convinzione che, come era prevedibile, si è rivelata azzeccata una volta uscito dalla sala.
Past Lives inizia in una Seoul di circa trent’anni fa, dove Na Young e Hae Sung sono due amici di scuola. Vivono la loro gioventù normalmente e tornano a casa insieme, quando Hae Sung la supera agli esami lei ci rimane male nonostante lei lo batta sempre e piange mentre lui la guarda.
Una vita normale di due dodicenni normali, interrotta dal trasferimento della famiglia di Na Young in Canada. Un fulmine a ciel sereno nella vita di Hae Sung, i due si piacciono da tempo ma il loro “appuntamento” insieme alle madri rimarrà l’ultimo ricordo dei due ragazzi.
Facciamo un salto di 12 anni: Hae Sung ha fatto il militare e studia ingegneria all’università mentre Na Young (ora Nora) vive a New York dove aspira a diventare una scrittrice. Al telefono con la madre la ragazza inizia a cercare vecchie conoscenze coreane e le ritorna in mente il ragazzo per cui aveva una cotta. Guarda quindi su Facebook e scopre che proprio lui l’aveva cercata qualche mese prima e decide incuriosita di contattarlo.
I ragazzi si ritrovano così, 12 anni dopo, davanti ad un computer, cresciuti ma in grado di riconoscersi al primo sguardo. Iniziano così una serie di scambi su Skype che li riavvicinerà così tanto tempo dopo, permettendo di ricostruire un rapporto che sembrava destinato a finire nel dimenticatoio.
Le difficoltà di una vita a distanza però emergono inevitabilmente, e quando la prospettiva di non potersi incontrare per più di un’anno diventa realtà, Nora decide di prendersi una pausa da quelle videochiamate prima di trasferirsi in una residenza per artisti. Hae Sung ci rimane male ma comprende.
Questa nuova interruzione ci proietta ancora una volta 12 anni in avanti, dove Hae Sung lavora come un classico impiegato e Nora, tornata a New York, vive nell’East Village insieme a suo marito, un altro scrittore conosciuto alla residenza per artisti. Hae Sung sta per volare a New York in vacanza, dove rivedrà per la prima volta da quel saluto masticato di 24 anni prima Nora, una scrittrice ormai più americana che coreana, sposata da ben 7 anni.
La maestria di Celine Song ci si mostra subito nella prima scena di Past Lives. Una coppia discute sul particolare trio dall’altra parte del bancone, due asiatici e un bianco. Chi saranno? Marito e moglie in vacanza con la guida? Colleghi? Non lo sappiamo ancora e non lo scopriamo prima che il primo piano su Greta Lee ci catapulti nel passato. Solo a fine film arriviamo a comprendere quel quadretto, impossibile da decifrare senza aver percorso le vite dei nostri protagonisti.
La missione che ci affida Celine Song in Past Lives è quella di seguire Nora e Hae Sung nella loro vita, distante ma sempre collegata, estremamente diversa ma costantemente richiamata a quella scena iniziale dove i due a dodici anni si salutano perdendosi nelle strade della vita.
Il modo con cui ci porta a farlo è il punto di forza di questo lungometraggio esordio della regista. Una narrazione delicata, in grado di prendersi il suo tempo, di farci metabolizzare lo scorrere della vita e della vicende dei protagonisti per rendere alla perfezione gli effetti del passare degli anni e della distanza su quella coppia di bambini.
Quella di Hae Sung e Nora in Past Lives, proprio come dice il marito di lei, è una storia fiabesca. Lui in tutto questo sembra quasi il cattivo, il marito americano che ha rovinato il loro primo amore. Ma la storia che la Song vuole raccontarci non è una fiaba.
I due si sono persi e ritrovati, prima su Skype e poi dal vivo, ma sono passati tanti anni. Qui il senso melodrammatico del racconto sboccia in un bellissimo mix di emozioni dette e non dette, silenzi, sguardi e mani sfiorate che ci raccontano dei dubbi e delle insicurezze dei protagonisti.
Di cosa sono innamorati? Sono sentimenti veri o cementati a quell’ultimo saluto di tanti anni fa? Questo è il tema centrale che inevitabilmente non può consegnarci un “lieto fine“, se di “lieto fine” in una storia del genere possiamo parlare.
Già, perché se per gran parte del film veniamo trasportati da questo amore rimasto nell’aria negli anni, irraggiungibile e al tempo stesso presente, a riportarci alla realtà è la figura del marito di Nora, Arthur. Un uomo normale diremmo, che giustamente viene turbato nell’ultima parte del film, quando Hae Sung vola a New York.
Lui stesso dice alla moglie di sentirsi come un cattivo nella storia, troppo perfetta all’apparenza. Ma tra gli spezzoni vissuti tra i due protagonisti e noi che li stiamo seguendo c’è un’altra vita, quella vera, quella dove Nora vive da anni felice e sposata.
Il viaggio a New York di Hae Sung è il ritorno alla realtà per noi e per lui, e anche per una piccola parte di Nora. Si sono visti dopo 24 anni, si vogliono bene ancora, è innegabile che tra i due ci sia più affetto di quello che esprimono ma tutta la sequenza finale chiude sostanzialmente la loro storia, in questa vita per lo meno. Sembra quasi una contraddizione per come il film si imposta dall’inizio ma non lo è, è la vita ad essere così.
Come dice Hae Sung il destino ha voluto che questa sia la vita dove loro sono costretti solo a sfiorarsi, chissà cosa li attende nella prossima.
Past Lives rappresenta l’esordio da regista di Celine Song ma durante la visione non sembra proprio di essere davanti ad un’opera acerba. La direzione di Past Lives infatti è sapientemente congeniata per farci trasportare nel viaggio emotivo dei due protagonisti già dalla meravigliosa scena iniziale citata in precedenza.
Nella parte centrale l’escamotage teatrale dello scambio su Skype è geniale e veicola le emozioni in maniera perfetta nello spettatore. L’imbarazzo dei silenzi nel ritrovarsi tanti anni dopo, una relazione a vari fusi orari di distanza che si sviluppa attraverso quelle videochiamate messe in scena in maniera impeccabile e dalle quali trasudano sentimenti e paure dei protagonisti.
Anche l’ultima parte è piena di piccoli dettagli che ci mostrano l’immenso talento di Celine Song. Tutto il dialogo al bar fino alla scena finale è un’ode al nascosto, una magistrale sequenza di sguardi, sentimenti non detti e prese di coscienza che comprendiamo senza che ci sia alcun bisogno di spiegazioni. I tre al bar rappresentano tutte le linee del destino in questa storia, quelle presenti e quelle passate, quelle segnate e quelle invece solo sfiorate, finalmente riunite nel climax del film.
La scena finale di Past Lives riassume il percorso tracciato lungo tutto il film, consegnadoci il malinconico epilogo di Hae Sung e Nora 24 anni dopo l’ultimo saluto tra le viuzze di Seoul e un esordio magnifico per Celine Song.
Tolta la direzione di livello altissimo ampiamente discussa in precedenza, anche la fotografia in Past Lives ci regala scorci e inquadrature bellissime, funzionali a veicolare un messaggio e delle sensazioni allo spettatore nei momenti catartici del film. Pensiamo alla pluricitata conversazione al bar o all’ultimo saluto prima che i due ragazzi si perdano per anni ad inizio film, scene iconiche che sono un manifesto di Past Lives.
Il tutto si accompagna ad una colonna sonora delicata e non prepotente ma comunque perfetta per cucirsi intorno al film. Un’ottima opera firmata da Christopher Bear e Daniel Rossen, rispettivamente batterista e voce dei Grizzly Bear, storica band cult dell’indie rock alternativo newyorkese dei primi anni 2000. Alle tracce scritte da loro si aggiunge “Quiet Eyes“, brano originale scritto per Past Lives dalla cantautrice Sharon Van Etten.
Tutto questo necessitava comunque di una prestazione all’altezza da parte del cast e qui entra in gioco una straordinaria Greta Lee, semplicemente magnifica in ogni passaggio del film, dagli sguardi ai silenzi fino all’ottima parte in coreano nella quale duetta alla grande con Teo Yoo.
Nota di merito anche all’adattamento italiano che ha preservato tutte le parti in coreano in lingua originale, fondamentale per rendere distacco e differenze di lingua in molti passaggi chiave del film.
Come pronosticato nella intro di questa recensione, Past Lives non ha mancato di rispettare ogni aspettativa e si candida ad un posto tra i migliori film dell’ultimo anno. Premi e candidature non bastano a spiegare l’opera meravigliosa che Celine Song ha voluto raccontarci con sapiente delicatezza e il tocco quasi autobiografico che emerge da una rapida lettura della storia della regista esalta ancor più la sua creazione.
Quello di Nora e Hae Sung è un amore impossibile, ma non in senso epico/tragico quanto invece in senso pragmatico. La loro storia semplicemente ha preso strade diverse, il destino li ha separati e non basta spesso l’essersi inseguiti e sfiorati per tanto tempo per sovvertirlo. In questa vita la loro storia è andata così, per quanto malinconico questo possa sembrare il loro In-Yun non era abbastanza.
Past Lives per tutto il tempo emoziona e ci trasmette tanto, come pochi altri film del genere su tematiche come l’amore passato e il rimpianto sanno fare (se volete rimanere in tema, 5 Centimetri al Secondo di Makoto Shinkai, ndr.). Una rivelazione completa se pensiamo che siamo difronte alla prima esperienza alla regia di Celine Song, un nome che dobbiamo per forza segnarci e di cui non vedo l’ora di vedere altre nuove opere.
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