Il 2023 sta giungendo al termine, e ormai lo abbiamo capito in tutti i modi: quest’annata è destinata ad entrare nella storia come una delle più ricche ed imponenti dell’intero medium videoludico.
Va al contempo detto che dietro ai suddetti fuochi d’artificio si sono celate una serie di altre discussioni, critiche e polemiche relative ad aspetti come la diffusione fuori controllo di leak e situazioni lavorative al limite dell’accettabile.
Tra le più importanti vittime di questi fenomeni vi è senza dubbio Bungie, che è stata colpita da una grave crisi interna che ha portato ad una triste e drastica riduzione del personale, a sua volta destinata purtroppo ad avere altre conseguenze tristemente negative per l’azienda.
Ma quest’oggi non siamo qui per parlare di questo, infatti nel frattempo si è conclusa da poco la Stagione delle Arti Magiche di Destiny 2, che nonostante tutti questi problemi si è rivelata una delle migliori degli ultimi tempi.
Gli eventi conclusivi dell’ultima stagione di Destiny 2, la Stagione del Profondo, hanno spostato totalmente l’attenzione dell’Avanguardia sul Tronomondo di Savathun e sulla Regina Megera stessa: stando ad Ahsa infatti, quest’ultima possiede il segreto per poter attraversare il portale del Viaggiatore aperto dal Testimone, per inseguirlo e porre fine ai suoi misteriosi piani.
Ma ovviamente Savathun non sarà disponibile in quanto venne uccisa proprio dai guardiani ai tempi de La Regina dei Sussurri: così, l’Avanguardia dovrà fare momentaneamente affidamento su Immaru, lo scorbutico e dissacrante spettro della regina che ne portò in salvo il corpo.
Dopo averlo ricontattato, verrà stipulato un patto con esso secondo condizioni ben precise, volute da Savathun stessa ancor prima della sua dipartita: prima di resuscitarla dovremo occuparci di Xivu Arath, la sua violenta e rancorosa sorella.
Per farlo, ricorreremo all’aiuto della massima esperta dell’alveare, la cara e vecchia Eris Morn: grazie ad un inquietante rituale, essa subirà un processo di trasfigurazione che muterà il suo corpo di una sorta di accolito dell’alveare.
Il suo piano consisterà sullo sfruttare contro l’alveare la loro stessa Logica della Spada, la leggendaria pratica bellicosa che permette a Xivu Arath e ad i suoi eserciti di alimentare il proprio potere grazie alla guerra e agli spargimenti di sangue.
Così, verremo mandati nel Tronomondo di Savathun a sconfiggere schiere di unità dell’alveare, per accumulare tributi da offrire ad Eris affinchè possa a sua volta ottenere la forza necessaria per contrastare Xivu, recidendo il legame con il suo tronomondo e rendendola quindi vulnerabile.
E qui entrano in gioco le due modalità principali della Stagione delle Arti Magiche.
La prima prende il nome di Pinnacolo di Savathun: partendo dalla cima del Tronomondo, grazie ad Immaru verrà rivelata una curiosa torre che era sempre stata nascosta ai nostri occhi, che dovremo fisicamente risalire fino in cima.
Ad attenderci vi saranno come di consueto una serie di sfide da superare, che andranno a combinare diverse tipologie di nemici e di meccaniche di avanzamento in arene ben diversificate.
Ovviamente, per passare da una zona all’altra dovremo attraversare determinati ambienti in sequenze platform abbastanza classiche, tra percorsi da seguire, piattaforme su cui saltare e trappole da schivare.
Ebbene, nonostante la sua struttura sia sempre la stessa, Pinnacolo di Savathun riesce comunque ad essere una delle modalità più divertenti e variegate degli ultimi anni di Destiny 2: oltre all’introduzione di meccaniche minori ma interessanti (tra cui spicca in particolare quella relativa ai cristalli elementali), per ogni scontro vi sarà una quantità davvero notevole di piccole e grandi variabili, che vanno a comporre uno schema di combinazioni di scenari totali più ampio del solito.
Tra tipologie di nemici, struttura delle arene e metodi di avanzamento vi è una diversificazione dell’esperienza di fondo curiosamente intelligente, che rende quasi ogni run diversa dalle altre.
Un altro plauso va fatto alla qualità delle ambientazioni: per essere un’attività stagionale qualsiasi, nel Pinnacolo di Savathun attraverseremo stanzoni e corridoi dall’impatto visivo notevole, in particolare per quanto riguarda gli spazi aperti della torre, che donano un pizzico di solennità di stampo fantasy medievale al contesto estetico dell’Alveare, già di partenza creativamente potente.
Purtroppo però, questi ultimi andranno a riguardare quella che è a mio avviso l’unica vera nota dolente dell’attività, ovvero le fasi platform: a differenza di quanto avviene con gli step per l’avanzamento nella modalità, esse andranno a prevedere sempre gli stessi percorsi senza pressoché alcuna variante.
Si tratta senza dubbio di un enorme peccato: data la natura risaputamente illusoria del Pinnacolo, Bungie avrebbe potuto inventarsi qualsiasi cosa per dare varietà anche a tali sezioni, diversificando anche solo un minimo il posizionamento delle piattaforme, delle trappole e degli spunti di verticalità per salire fino in cima.
A ciò si affiancano gli Altari di Evocazione, l’altra modalità da tre giocatori: dopo essere entrati nel Pinnacolo, verremo teletrasportati in un’altra delle aree segrete del Tronomondo, composta fondamentalmente da tre arene collegate tra di loro a triangolo.
Una volta avviato il rituale, dovremo spostarci nell’arena indicata per procedere con lo scontro in questione: in questo caso specifico, ogni fase sarà una bossfight che andrà a presentare meccaniche molto simili a quelle già viste nel Pinnacolo di Savathun ma in un contesto leggermente diverso e tendenzialmente più impegnativo.
Infatti, per velocizzare il processo di riempimento della barra relativa all’offerta dei tributi, i giocatori potranno applicare allo scontro in questione un moltiplicatore della difficoltà che renderà quella bossfight più ardua da affrontare, tra nemici più coriacei e un maggior numero di interazioni necessarie richieste per procedere alle fasi di danno.
Similarmente a come avviene per il Pozzo Cieco, anche nel caso degli Altari di Evocazione potremo rimanere nella zona anche dopo l’ottenimento della ricompensa: questo permette ai giocatori di risparmiare tempo, facendoli procedere direttamente all’attività successiva senza dover perder tempo tornando in orbita e riavviando la ricerca.
A modo suo, anche Altari di Evocazione fa della varietà degli scontri il suo cavallo di battaglia, il che, con l’applicazione del moltiplicatore difficoltà in più, la rende una modalità pressochè perfetta da affiancare a Pinnacolo di Savathun, seppur anche in questo caso non vi sia mai davvero chissà quale grossa novità o differenza d’approccio rispetto alle solite attività stagionali.
In entrambe le modalità potremo fare affidamento sulla particolare meccanica dei Tarocchi: presso l’Ateneo (la sezione dell’H.E.L.M. di riferimento per la Stagione delle Arti Magiche, anch’essa scenicamente meravigliosa) potremo, tramite sfide e taglie, ottenere delle vere e proprie “carte” da aggiungere ad una sorta di mazzo personale.
Dinanzi ad ogni scontro, ogni giocatore estrarrà casualmente una delle carte disponibili dal proprio mazzo, che andranno ad offrire potenziamenti passivi di vario tipo.
Per quanto tutto ciò aggiunga un fattore casualità in più assolutamente gradito, questo sistema non è riuscito a convincermi del tutto: al tavolo dei tributi infatti, la maggior parte delle ricompense nascoste non saranno carte, bensì engrammi ombrosi o risorse generiche, come nuclei di potenziamento o prismi ottimizzanti.
Ci è quindi voluto davvero poco per comprendere il fatto che le carte ottenibili in totale alla fine erano decisamente meno del previsto in termini di pura quantità: al contempo, quelle disponibili non sono state in alcun caso abbastanza incisive od interessanti da rendere effettivamente consistente il deck building che vi è dietro.
Sono comunque contento che Bungie abbia inserito tale meccanica nella Stagione delle Arti Magiche, in quanto si tratta un tipo di sperimentazione che non può far altro che bene al modello stagionale di Destiny 2.
A fare da collante tra le suddette attività ci ha pensato un‘impresa stagionale tutto sommato di buon livello, che è riuscita a far progredire le varie fasi di gameplay insieme all’ottenimento di carte e potenziamenti ma anche allo svelamento di piccoli segreti e collezionabili sparsi tra le modalità, rendendole quindi piacevolmente rigiocabili.
In termini di pura narrazione invece, nella Stagione delle Arti Magiche siamo sempre più vicini alla resa dei conti finale con quella che la vera grande minaccia dell’alveare, Xivu Arath.
Laddove quest’ultima, nella stagione precedente, si è limitata unicamente ad essere una voce fuori campo che urlava a squarciagola come una gallina, l’intervento e il coinvolgimento nelle vicende di Eris Morn come nuova divinità dell’alveare ha creato momenti di confronto carichi di intensità tra le due parti , con il resto dell’avanguardia che assiste imperterrita all’evolversi del rapporto.
Purtroppo, il finale non è stato all’altezza di quel crescendo di tensione, dato che in poche parole tutto è andato esattamente come avrebbe dovuto: dopo aver offerto una marea di tributi ad Eris, quest’ultima costringerà Immaru a risvegliare Savathun, affinché potesse nuovamente ucciderla ed ottenere quindi anche i suoi poteri, riuscendo infine a rendere vulnerabile Xivu Arath.
In poche parole, ancora non siamo riusciti nel concreto ad avere un reale contatto con la dea della guerra dell’alveare, il quale scontro con essa è stato ancora una volta rinviato a data da destinarsi: dall’altro lato, il ritorno di Savathun ad oltre un anno e mezzo di distanza dalla sua morte è stato talmente rapido e conclusivo da non riuscire ad essere minimamente soddisfacente, soprattutto considerando la bellezza del suo personaggio.
A onor del vero, vi è stato anche un altro finale nella Stagione delle Arti Magiche, questa volta di collegamento con quella che sarebbe stata la stagione attuale.
L’ultima impresa ci ha infatti permesso di accedere al Motore dell’Imbaru, un’area segreta del Tronomondo di Savathun densa di magia illusoria: qui ci attenderanno un totale di tre step in zone diverse nel quale dovremo superare degli enigmi logici di natura ambientale, oltre al quale avremmo finalmente scoperto il fantomatico segreto di Savathun.
Una volta portata a termine, abbiamo trovato ben nascosto tra quei corridoi un uovo di Ahamkara: così verrà rivelato il piano della regina, tornare nella Città Sognante ed evocare lo spirito di Riven, affinchè possa esaudire il leggendario quindicesimo desiderio e permetterci quindi di attraversare il portale del Testimone.
Per essere una micro impresa, Motore dell’Imbaru ha fatto il suo lavoro dignitosamente bene, proponendo anche se solo per brevi sessioni delle situazioni ludiche uniche ed interessanti, riaccendendo le vicende in quello che sarebbe stato altrimenti un momento morto della Stagione delle Arti Magiche.
Ad affiancare l’intera esperienza stagionale ci ha pensato il ritorno de La Fine di Crota, seconda delle quattro incursioni presenti nel primo capitolo: anche in questo caso è stata leggermente rivisitata e ristrutturata per adattarsi alle impostazioni e agli equilibri di Destiny 2 2.
Infatti, se l’originale venne considerata eccessivamente corta e semplice dall’intera community in maniera praticamente unanime, questa “riedizione” è riuscita ad integrare in quegli step una serie di piccole implicazioni meccaniche in più, rendendoli decisamente più impegnativi e divertenti, seppur concettualmente siano sempre quelli.
Ovviamente, non stiamo parlando di nulla di trascendentale, in quanto rimane comunque un’incursione dichiaratamente minore e “secondaria”: si è quindi trattato più che altro di un funzionale pretesto per farla provare anche ai giocatori che mancarono l’esperienza originale, esattamente come avvenuto per Volta di Vetro e La Caduta di un Re.
La Stagione delle Arti Magiche si è rivelata a dir poco sorprendente, specialmente considerando che si è trattata di una stagione “di mezzo”.
Che sia per le modalità piacevolmente variegate, per un’impresa meglio strutturata del solito, per il contesto narrativo intrigante o per una serie di altri dettagli, ho giocato con piacere ogni suo contenuto senza sentirmi mai annoiato o appesantito dal modello stagionale, che in un modo o nell’altro rimane sempre quello.
Purtroppo, c’è stato anche un po’ di fumo in questo ottimo arrosto, specialmente per quanto riguarda l’implementazione del sistema dei Tarocchi e di uno sviluppo conclusivo delle vicende narrative troppo frettoloso.
Ad ogni modo, la Stagione dei Desideri è alle porte: da buon fan della saga, se potessi esprimere il mio quindicesimo desiderio, chiederei con tutto il cuore che Bungie riesca a riprendersi e che possa uscire da questo periodo buio, per offrire alla saga di Luce e Oscurità un degno finale e a Destiny 2 un futuro roseo.
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