L’estate viene da sempre associata a tutta una serie di attività che poco si sposano con i videogiochi e il mondo videoludico, anche perché il pensiero generale verte a preferire il divertimento all’aria aperta e a lasciare le proprie abitazioni per case al mare, in montagna o resort che possano offrire tutti i comfort ed esperienze possibili, tranne i videogiochi!
Ma quella piccola parte d’estate fatta di divertimento fuori porta, nella maggior parte dei casi, non costituisce la totalità di una lunga e torrida stagione, dove la vita quotidiana cambia inesorabilmente, il caldo sembra rallentare le ore che passano e dove tutto sembra fermo, come accecato da quella enorme, splendente, palla di fuoco che ci tiene sotto scacco da milioni di chilometri.
Anche il medium videoludico, tradizionalmente, si ferma. Le uscite sono poche e viene tutto rimandato ai primi accenni autunnali, quasi aspettando che la gente ritorni a quella vita quotidiana che gli permetta nuovamente di interessarsi ai videogiochi come forma di escapismo da essa.
Ma il videogiocatore non si ferma mai, vuole giocare, vuole vivere altre vite anche in estate, anche col caldo torrido, anche quando la vita sembra cristallizzata; ed è proprio qui che questo articolo vuole affondare le proprie radici, nei ricordi estivi legati ai videogiochi, per sfatare questa falsa percezione in cui si vedono i suddetti e l’estate come agli antipodi, perché i ricordi estivi di un videogiocatore sono legati indissolubilmente alle proprie esperienze videoludiche.
È proprio per questo motivo che, partendo da un mio ricordo estivo, mi sono fatto aiutare da alcuni ragazzi della redazione, che si sono aperti a raccontarmi le loro esperienze, ricordi o vere e proprie abitudini estive che vanno avanti da molti anni legate ai videogiochi, con lo scopo primario di non parlare del prodotto in sé, ma di tutto ciò che c’è dietro a esso, per legarmi alle emozioni e le sensazioni che suscita il videogiocare d’estate.
Che cosa sono le vacanze estive? ‘’Un sogno che si avvera…un mese intero libero!’’. È così che Roxas scopre cosa sono le vacanze estive, un essere che non ha ricordi ma che inizia a vivere una vita ‘’normale’’ proprio iniziando dall’estate, prima che il suo destino lo porti da Sora.
Stiamo ovviamente parlando di Kingdom Hearts 2, titolo che ho letteralmente comprato a caso da piccolo basandomi solo sul fatto che sulla copertina ci fossero i personaggi Disney, e diventato uno dei miei titoli preferiti di sempre, a cui sono legato da un ricordo estivo fortissimo, che mi porta precisamente a quegli ultimi sette giorni di vacanze di Roxas, in quello che si può considerare come il Prologo di Kingdom Hearts 2. In quella sezione di gioco, da bambino, ho legato così tanto con questo personaggio che col passare degli anni ricominciavo il gioco solo per vivere quei maledetti sette giorni di fine estate con lui, come se fossero anche i miei!
Volevo condividere quell’esperienza insieme a quello che ormai sembrava un vero e proprio amico, fatta di incontri con i ragazzi di Crepuscopoli, dei lavoretti estivi per racimolare qualche soldo per andare in spiaggia, del gelato al sale marino a fine giornata e di tutta quella serie di misteri di quella città che era così simile al paese dove vivevo, a cui sentivo quasi di appartenere anch’io. Ironicamente, molto vicino a dove abitavo c’era anche una lussuosissima villa abbandonata, che per caratteristiche e colori era davvero molto simile alla famosa villa infestata di Crepuscopoli, che si può considerare come la meta finale delle vacanze estive di Roxas.
Col passare degli anni ho smesso di rigiocare quella sezione, ma il ricordo è ancora così vivido in me che, ogni estate, mentre ascolto l’OST di Crepuscopoli ‘’Lazy Afternoon’’, tutta quella serie di momenti, di sensazioni e di emozioni positive mi ritornano prepotentemente in mente, riportandomi a quei torridi pomeriggi estivi dove mi bastava andare in skateboard con Roxas per essere felice di star passando una bella estate.
Kingdom Hearts 2 ha avuto un impatto così forte sulla mia persona, che ha generato ricordi e abitudini anche per altri periodi dell’anno, ma è certamente a questo specifico ricordo che lego le mie estati da piccolo videogiocatore, e nessun’altra esperienza è mai riuscita a scalzare la potenza emotiva che ancora oggi ha su di me.
Il concetto di legarsi così tanto ad alcuni personaggi dei videogiochi, tanto da considerarli dei veri e propri amici in età infantile, è tanto semplice quanto potentissimo a livello emotivo, tanto da plasmarci per sempre, creando un legame che, seppur ‘’virtuale’’, diventa indissolubile. Ne ho accennato anch’io nel mio ricordo, ma ciò che emerge dal ricordo di Daniele, è sicuramente molto più esplicativo.
È l’estate del 2006, un periodo che ogni italiano minimamente senziente collega in prima battuta alla grande cavalcata degli Azzurri ai mondiali di Germania, che ha portato al trionfo della Nazionale. Daniele ci dice che ricorda benissimo quel periodo, in cui tutti erano in fibrillazione per la Coppa del Mondo, mentre lui, piccolo d’età ma perfettamente in grado di capire cosa gli succedeva intorno, sceglieva deliberatamente di snobbarla, per giocare a una trilogia di videogiochi che lo ha letteralmente rapito, quella di Sly Cooper!
Daniele afferma che, benché possa sembrare in qualche modo triste o strano che un bambino preferisca stare nella sua cameretta a giocare ai videogiochi piuttosto che partecipare a quella sorta di rituale pagano moderno legato al vedere una partita della nazionale insieme a parenti e amici, lui era stato così colpito da quei personaggi, dal gameplay e dalla trama, che letteralmente non aveva bisogno di altro per divertirsi.
Ci tiene a sottolineare che sentiva un vero e proprio legame con quella banda di ladri/amici che, piuttosto che essere interessato alla trama generale, al celebre ‘’mistero dei Cooper’’, adorava osservare come, nel corso della trilogia, le relazioni tra i personaggi diventassero sempre più forti e, probabilmente, anch’egli sentiva il legame rafforzarsi sempre più, tanto da considerarsi quasi come parte di quella banda insieme a dei veri e propri amici, come non aveva ancora provato con persone reali.
L’entusiasmo con cui mi ha parlato di questo ricordo e delle sue sensazioni mi ha davvero colpito, anche perché poi si dice assolutamente deluso dal fatto che la saga non sia stata portata avanti e, di conseguenza, mi è sembrato come se stesse parlando dei classici amici conosciuti in estate che poi, inevitabilmente, si perde di vista crescendo. Quanto questo legame può essere diverso da un’amicizia estiva con persone reali che poi non si vedono più? È davvero strano o triste avere questo genere di ricordi estivi? Sono meno forti di ricordi con persone reali? A parer mio assolutamente no, fintanto che generano emozioni e ricordi positivi in chi li vive.
PS: Daniele ci tiene a sottolineare che il ricordo è legato alla prima trilogia prodotta da Sucker Punch e non a, cito testualmente: ‘’Quella merda di Sly 4 sviluppata da Sanzaru Games’’. Lascio a voi lettori il giudizio su questo pensiero.
Rimaniamo in quella famosa estate del 2006, che a quanto pare sta a cuore alla redazione, ma assolutamente non per il calcio, come dimostra il ricordo che il caporedattore, Kojimo, ha deciso di condividere. Anch’egli un ragazzino di circa 7 anni, a cui regalano la PlayStation 2 proprio in uno dei periodi più turbolenti della sua breve vita fino a quel momento, si innamora di uno dei giochi che effettivamente ha fatto la storia di quella generazione videoludica, Need For Speed Most Wanted!
Racconta che, pur avendo la nuovissima console che tutti i bimbi sognavano, i genitori non avevano le possibilità economiche per star dietro a tutte le uscite videoludiche del tempo, e quindi doveva accontentarsi delle offerte nel cestone del Gamestop, o di giocare in retrocompatibilità coi giochi PlayStation 1. Ma la scintilla dell’amore con NFS sarebbe scoppiata ben presto a casa di alcuni zii che vivevano a Torino come lui.
Ogni volta che riusciva era lì a chiedere ai cugini di giocarci, finché, probabilmente presi per sfinimento, sono proprio gli zii a regalarglielo il giorno del suo compleanno. L’amore per questo titolo superava ogni avversità, anche l’assenza di una memory card che non permetteva al piccolo Cosimo di proseguire con la sua avventura sulle quattro ruote più tamarre dell’era PlayStation 2; lui si accontentava comunque di portarlo avanti ogni volta finché riusciva, per poi ricominciarlo da capo, cosa che per un bambino di 8 anni è davvero encomiabile.
Ma la pazza estate del piccolo Cosimo era solamente agli inizi, tanto che di lì a poco, prima affronta un trasloco in una casa più grande per via dell’imminente nascita del fratellino, e poi, proprio per questo motivo, accompagna la mamma dalla famiglia al sud per il parto.
Kojimo è quindi costretto a separarsi dalla sua PlayStation e da Need For Speed, proprio quando era finalmente riuscito ad averlo tutto per sé. È il 20 luglio quando suo fratello nasce, l’Italia ha già vinto i Mondiali e lui, per non farsi mancare niente, si è anche rotto un braccio cadendo. Ma era felice, sapete perché? Perché non vedeva l’ora di giocare a Need For Speed insieme al suo nuovo fratellino una volta tornati a casa a Torino!
Tolta l’ironia con cui ho deciso di raccontarvi questo ricordo, resta interessante notare come una parte molto importante della vita di un bambino ancora piccolo, fatta di traslochi, nuovi arrivi in famiglia e radicali cambi di routine quotidiana, possa avere come filo conduttore un videogioco. Un pensiero fisso, che non lo alienava rispetto a tutto ciò che viveva nel frattempo, ma che è comunque addirittura riuscito a veicolare un pensiero così puro come il non vedere l’ora di giocare ai videogiochi col suo fratellino.
Quel videogioco ormai è indissolubilmente legato a Kojimo, è parte fondamentale del ricordo dell’estate forse più pazza vissuta da bambino. E se ve lo steste chiedendo, sì, poi ci ha giocato a Most Wanted con suo fratello, qualche estate dopo, magari contribuendo ad accendere anche a lui la scintilla dell’amore per i videogiochi, chissà.
Spesso c’è ancora la credenza, assolutamente errata nella maggior parte dei casi, di considerare i videogiochi come causa dell’alienazione delle persone che, non uscendo di casa, non riescono a socializzare e a farsi degli amici. E se fosse proprio il videogiocare a creare e consolidare amicizie? Il racconto di Simone può essere uno degli esempi più calzanti in tal senso.
Egli racconta che, per tanti anni, ai tempi delle superiori, ha passato tutte le estati a giocare a Minecraft coi suoi amici. Dice che non aveva un gruppo fisso, anzi ogni anno magari si aggiungeva qualcuno conosciuto proprio grazie al passaparola tra amici o ex compagni di classe, e il gruppo passava del tempo a divertirsi a giocare in Survival mode, collaborando per ricavare i materiali necessari a ‘’colonizzare’’ un server sempre nuovo ogni anno.
Racconta che di questa abitudine estiva ha due ricordi particolari, il primo si ricollega proprio al tema del senso di collaborazione e amicizia che è riuscito a dargli questo videogame col suo gruppetto di amici.
Dice che in una particolare estate giravano dei tutorial sulla costruzione di porte segrete sfruttando alcuni oggetti e attività che al tempo offriva il gioco, e l’intero gruppo si era messo in testa di costruire innanzitutto un bunker segreto per nasconderci i propri ‘’tesori’’ e di costruirci attorno un enorme quartier generale fatto di passaggi segreti per arrivare al tanto agognato tesoro.
Il progetto è stato completato in circa una settimana di duro lavoro, grazie all’aiuto di tutto il gruppo che ha reperito i materiali e si è diviso i compiti per costruire al meglio la struttura. La soddisfazione a lavoro finito è stata così impagabile che ancora oggi Simone ricorda quella settimana di ‘’lavoro’’ con gioia, riportandogli alla mente quelle belle sensazioni di essere sicuro che, ogni estate, cascasse il mondo, il gruppo si sarebbe ritrovato per portare a termine una nuova impresa su Minecraft, e magari anche per organizzarsi per uscire a mangiare qualcosa insieme per ritrovarsi di persona.
L’altro ricordo, molto più ironico, riguarda invece quell’estate in cui, evidentemente abusando troppo della resistenza del suo PC, in una lunga sessione di gioco su Minecraft insieme agli amici, il PC gli si spegne all’improvviso e non si riaccende più. Immaginate il panico negli occhi di un quindicenne che deve dire al padre, anch’egli utilizzatore dell’apparecchio, che aveva fritto il PC per giocare con gli amici a un videogame.
Decide deliberatamente di non fare nulla, di abbandonare il problema facendolo scoprire al padre alla prima occasione utile. La storia si è risolta per il meglio, col padre che l’ha presa con filosofia cambiando l’alimentatore, ma il ricordo di quello spavento resta ancora vivido nella sua memoria.
I videogiochi possono anche aiutare a socializzare, è quello che racconta Armando, grande fan di Dragon Ball, sin dalla tenera età di 3 anni, quando ha iniziato a guardarlo insieme alla madre. Racconta che, all’età di 6 anni, come premio per la promozione a scuola, gli fu regalato in quell’estate il primo Dragon Ball Budokai Tenkaichi. Esso è stato il primo videogioco a tema Dragon Ball che ha giocato, e il poter finalmente partecipare attivamente alle battaglie di Goku e compagnia per la salvezza dell’Universo ha alimentato a dismisura l’amore per la grande opera del maestro Akira Toriyama.
Egli dice anche che è grazie a questo videogioco che ha iniziato a farsi degli amici, riuscendo a spingere un ragazzino un po’ introverso a giocare con persone con la sua stessa passione, a parlare di Dragon Ball con altri bambini, soprattutto con un bambino in particolare che ancora oggi considera il suo migliore amico e con cui ha di certo passato molte estati in sua compagnia, insieme a quella di questo specifico videogioco e di molti altri a venire.
Questo ricordo può considerarsi come la sublimazione del potere attrattivo dei videogiochi tra le persone, al contrario di quanto ancora oggi viene raccontato. Videogiocare unisce e può farlo addirittura per sempre.
Voglio chiudere questa mia disamina di fine estate con una conversazione molto illuminante avuta con un altro membro della redazione, Finiks che, parlandomi di un suo ricordo legato a questa stagione, tira fuori un affascinante pensiero su uno dei souls-like che già di base genera enorme fascino e teorie anche solo per la spiccata direzione artistica, stiamo parlando di Bloodborne. Mi dice che ha sviluppato un legame così forte con questo titolo che, soprattutto in estate, dal lontano 2016, sente questa irrefrenabile esigenza di giocarlo.
Inoltre ci tiene a specificare che è importante capire quando adora giocarlo, ovvero nel momento più caldo della giornata, di primo pomeriggio, col sole ben alto nel cielo e al picco della sua temperatura. Questo perché quel calore che fa ribollire il sangue nelle vene, che genera fastidio, irrequietezza, che può portare a incubi se si tenta di riposare, gli ricorda proprio le atmosfere di questo gioco. Il legame forte che questo titolo ha col fuoco o col calore in senso generale, lo porta a considerare Bloodborne come il gioco che per lui è l’esatta incarnazione dell’estate, o almeno delle sue vacanze estive.
Questo è solo l’ennesimo, e ultimo per questo articolo, esempio di quanto l’estate e il medium videoludico siano profondamente legati tra loro, ignorando le leggi del mercato e smentendo tutti i luoghi comuni sul caso, visto che può generare esperienze legate alla famiglia, agli amici o semplicemente far compagnia durante le afose giornate estive.
Con questo articolo di fine estate voglio tentare di farvi pensare anche ai vostri ricordi estivi collegati ai videogiochi. Intanto, noi della community di SpaceNerd vi aspettiamo sui nostri gruppi e canali social, curiosi di conoscere le vostre storie estive!
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