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La trilogia sequel di Star Wars: una retrospettiva – parte 2

Continuiamo qui la disamina cominciata qualche mese fa sulla nuova trilogia di Star Wars nata dalla fusione/acquisizione tra la Lucasfilm e la Disney.

Se nell’articolo precedente si è discusso sull’esaltante, ma alquanto criticato, primo capitolo della cosiddetta “trilogia sequelStar Wars: Il risveglio della Forza, stavolta andremo ad analizzare il suo controverso sequel Star Wars: Gli ultimi Jedi, scritto e diretto dal regista Rian Johnson, autore delle più acclamate puntate della seria televisiva Breaking Bad e regista di grandi successi quali Looper e Knives Out: Cena con delitto (e il suo sequel Glass Onion, in uscita questo mese su Netflix).

Star Wars: Gli ultimi Jedi

Contrariamente al film precedente, che ha avuto un iniziale successo clamoroso che è andato a scemare nelle settimane successive, le opinioni, soprattutto del pubblico e dei fan, sono state fin da subito polarizzanti ed oppositive, con voci che all’uscita delle sale esaltavano questo nuovo capitolo come uno dei migliori, se non il migliore della serie di Guerre Stellari, mentre altre invece che denigravano il prodotto come un insulto all’eredità del mondo immaginario creato da George Lucas.

Da parte della redazione, è bene sottolineare che è meglio non lasciarsi sbilanciare dal contrasto di queste due fazioni che ancora oggi si danno battaglia a colpi di click sui social, ma cercare di spronare i lettori a pensare in maniera critica e ad analizzare oggettivamente cosa è Gli Ultimi Jedi e cosa rappresenta per il franchise.

Sicuramente quella di Johnson è un’opera ambiziosa, che ha avuto un impatto, negativo o positivo, per il brand di Star Wars, un film che si può riassumere come un’opera intrinsecamente piena di difetti ma con spunti narrativi che mai nessun regista della Lucasfilm ha mai voluto provare, il che si traduce in un prodotto inconsistente verso cui non si può fare a meno di provare un sentimento di amore e di odio. Ma andiamo con ordine.

Una sfida ai fan

Star Wars: Gli ultimi Jedi è stato sicuramente un’occasione per il regista Rian Johnson di tentare nuovi e diversi orizzonti narrativi, ma che non riesce ad affrontarli tutti in maniera corretta.

É innegabile che gli argomenti qui trattati sono diversi da qualsiasi film di Star Wars fino ad allora distribuito, in quanto i temi di Star Wars, anche per via della larga fanbase, sono perlopiù semplici da adattare (il preponderante  scontro tra bene contro il male per dirne uno) ma ne Gli ultimi Jedi si cerca di andare più a fondo a queste tematiche, espandendosi ad esempio sulla mitologia che regge la saga, sul concetto stesso di Jedi (e in senso lato di eroe) e sull’idea del fallimento come sviluppo caratteriale.

Il problema di queste idee, che su carta risultano indubbiamente interessanti, ricade sull’esecuzione: esse infatti vengono affrontate in maniera spesso abbozzata e non sempre si ha modo di capirle come il regista avrebbe voluto.

Forse sono proprio queste incomprensioni ad avere scatenato i più sentiti attriti tra il regista e i fan, che hanno inteso questi cambiamenti come provocazioni verso il franchise a loro caro, accusando Johnson di volere sovvertire le aspettative solo per il puro piacere di rovinare Star Wars (celebri le critiche alla famosa scena dello sconvolgente twist sul personaggio di Lord Snoke o sulla decostruzione del personaggio di Luke Skywalker) quando in realtà, analizzando il film a mente lucida,  tali sovversioni servono in maniera efficiente il fine ultimo della narrazione.

In maniera simile a George Lucas mentre era alle prese con la lavorazione de L’impero colpisce ancora (che ricordiamoci, ha deciso di mettere come antagonista del personaggio protagonista anziché un generico villain il suo padre biologico) Johnson voleva dare una scossa al franchise, ed in un certo senso stimolare gli spettatori portandoli a concetti che la saga raramente aveva potuto affrontare, o quantomeno il generico film legato all’universo di Star Wars, cercando di distaccarsi dalle critiche che avevano colpito più duramente Il Risveglio della Forza, che si ricorda era colpevole di essere troppo dipendente delle produzioni passate.

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Quindi la fine ingloriosa di Snoke ha narrativamente senso (alla fine ricordiamoci che Kylo Ren è l’antagonista) così come il concetto misterioso e altamente spirituale della Forza che può risiedere in ognuno degli abitanti dell’universo anziché a pochi eletti come i prequel ci hanno indotto a credere, e per contro ha senso che Rey venga riconosciuta come una persona normale, figlia di nessuno d’importante, almeno fino al prossimo film, ma ovviamente di questo se ne parlerà più avanti.

Le vere noti dolenti

Malgrado le feroci critiche, una sostanziosa fetta di pubblico ha adorato l’introduzione di queste nuove tematiche nella cosmologia di Star Wars, nonostante la loro discutibile esecuzione, il che ha portato a formare una schiera di adoratori devoti all’opera di Johnson, che ancora oggi difendono ciecamente e a spada tratta Gli ultimi Jedi dagli haters che si sono formati negli anni, ignorando però gli effettivi difetti che la pellicola contiene e a cui non è affatto esente, a partire dall’eccessivo, e a tratti irritante, humour che permea tutta la durata del film, fino ad intere sequenze che, a una seconda visione, fanno fatica a reggersi in piedi, in particolare la sottotrama riguardante i personaggi di Finn e Rose.

Fino al precedente film, Finn poteva essere considerato senza troppi fronzoli il coprotagonista della storia, che assieme a Rey affronta un arco narrativo ben delineato, che in questo film viene sostanzialmente cestinato proprio a causa del personaggio di Rose Tico, che in breve tempo si è guadagnata la reputazione di personaggio più odiato della storia di Star Wars (anche a discapito della stessa attrice Kelly Marie Tran).

Diversi sono i motivi per cui il personaggio di Rose non ha senso di esistere, ma è possibile riassumere il tutto in due principali punti come motivi della sua esistenza: dare a Finn l’ennesimo interesse amoroso e insegnargli come la guerra e il Primo Ordine siano malvagi, cosa che non ha il minimo senso considerando il background che è stato creato apposta per Finn (un bambino soldato che scappa appunto dalle atrocità della guerra).

É un peccato perché sarebbe bastato molto poco per poter rendere questa storia secondaria intrigante, magari sostituendo al posto di Rose il personaggio di Poe Dameron, il giovane pilota ribelle e guerrafondaio che grazie alla guida del più maturo Finn, abituato alla crudeltà del campo di battaglia, avrebbe imparato quanto possa essere drammatica e crudele la guerra.

Le due facce della medaglia

Star Wars: gli ultimi Jedi è senza ombra di dubbio un film divisivo. Idee brillanti e innovative vengono associate a trame secondarie sconnesse e a una sceneggiatura piuttosto approssimata, ma è lontano anni luce dall’essere un brutto film, e che a dirla tutta è stato ingiustamente preso di mira per anni da molti detrattori per ogni singolo dettaglio, che con la scusa della sospensione dell’incredulità si sarebbero potuti sorvolare se si fosse trattato di un qualunque altro film (alcuni utenti hanno persino spiegato come possa essere inverosimile a livelli astrofisici la scena dove, utilizzando un salto nell’iperspazio, la flotta ribelle riesce a tranciare un’astronave ammiraglia del Primo Ordine).

Questi dettagli non rendono brutto un film, ma una pessima caratterizzazione dei personaggi della storia, un ritmo narrativo altalenante e un utilizzo non filtrato delle gag umoristiche invece si. Ma assieme a questi pessimi elementi, ne esistono altri che aiutano a controbilanciare e a rendere degna di nota la resa finale della visione di Star Wars secondo Rian Johnson.

Che ne dicano  i puristi, la resa del personaggio di Luke Skywalker, troppo spesso idealizzato fino all’inverosimile, e in particolare l’evoluzione del suo arco narrativo è estremamente intrigante ed in linea con il personaggio, evitando di renderlo l’ennesima copia carbone di un già visto maestro della Forza come Obi-Wan Kenobi o Yoda nei precedenti capitoli, ma invece lasciandogli ampio respiro alle molte sfaccettature, a volte anche ambigue, del personaggio simbolo della saga, per poi dimostrare al culmine del suo arco caratteriale la sua piena maestria nell’uso della Forza e la sua conseguente comprensione di cosa voglia dire essere un eroe.

In conclusione, da parte della redazione di Space Nerd, consigliamo di rivalutare il settimo capitolo della saga di Guerre Stellari, ingiustamente ripudiato dal canone sia dai fan e, come vedremo nel prossimo capitolo, forse anche dagli stessi autori della Lucasfilm. Una seconda visione di certo non vi rovinerà la serata, e sicuramente non calpesterà i ricordi della vostra infanzia.

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Carlos Tamila

Giornalista freelance e articolista a tempo perso, penso che anche i film, fumetti e videogiochi hanno qualcosa da raccontare se si scava un pò più in fondo e non ci si ferma alla semplice copertina.

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Carlos Tamila
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