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Lightyear – La vera storia di Buzz, la recensione: Verso l’infinito… ma non oltre

CINEMA&TVLightyear – La vera storia di Buzz

6.9

SCRITTURA

5.0/10

REGIA

6.5/10

COMPARTO TECNICO

8.0/10

DIREZIONE ARTISTICA

7.0/10

CAST

8.0/10

Pros

  • Ottima animazione 3D
  • Giacchino alla colonna sonora

Cons

  • Cozza con il canon precedentemente creato
  • Solo i primi 20 minuti risultano emotivamente coinvolgenti
  • Storia sci-fi generica

Lightyear: La vera storia di Buzz inaugura il ritorno della Pixar sul grande schermo dopo due anni di rilasci su esclusiva piattaforma Disney+. Ironico che il prodotto simbolo di tale ritorno sia uno spin-off del franchise più famoso della pluripremiata casa di produzione d’animazione 3D. Sarà valsa la pena attendere così tanto per vedere al cinema l’arrivo del giocattolo spaziale più famoso dell’animazione?

Rimediare e ricominciare

Buzz Lightyear, Space Ranger dell’Alleanza Galattica, a causa di un suo errore, è costretto a far atterrare l’astronave piena di profughi che stava pilotando sul pianeta inospitale Tikana Prime. Desideroso di rimediare al suo sbaglio, tenta in tutti i modi di trovare la formula per costruire il cristallo dell’iperspazio, che permetterà loro di abbandonare il pianeta.

Ma per farlo deve eseguire numerosi giri attorno al Sole del pianeta, e per ogni viaggio che compie su Tikana Prime passano quattro anni. Durante quel tempo la colonia prospera e si stabilizza, ma la sua migliore amica Alisha Hawthorne muore di vecchiaia.

Alla fine Buzz riesce a raggiungere la formula esatta, ma atterrato nuovamente sul pianeta scopre che è passato più tempo del previsto: la base è attaccata da dei robot comandati dal misterioso Zurg, il quale sembra anch’egli desideroso di mettere le mani sul cristallo. Ad aiutare Buzz a riportare il cristallo alla base ci saranno Izzy, la nipote di Alisha, e un gruppo di reclute inesperte.

Chi si ricorda “Dal comando stellare”?

Prima di parlare del film in sé, è doveroso ricordare che questa non è la prima volta in cui la Disney, non tanto la Pixar, spende denaro nel creare uno spin-off su Toy Story, e più precisamente su Buzz Lightyear. Dopotutto chi conosce bene Toy Stry saprà che, per promuovere il secondo capitolo, era già stato prodotto un film animato, seppur in 2D, pilota di una serie animata di buon successo: Buzz Lightyear dal Comando Stellare: Si parte!. Se aggiungiamo il fatto che all’inizio del suddetto film vi è uno spezzone in animazione tridimensionale in cui personaggi di Toy Story si apprestano a mettere la cassetta, la continuità e la canonicità iniziano ad avere delle crepe.

Abbiamo la conferma che tutto ciò che è accaduto in Dal Comando Stellare non è canonico sin dai primi secondi di Lightyear: una serie di cartelli spiegano che è proprio questa pellicola quella che ha invogliato il piccolo Andy a desiderare il famoso giocattolo spaziale. Viene dunque da chiedersi se questo film sia effettivamente un rifacimento dei primi minuti di Dal Comando Stellare, o se la Pixar stia facendo finta che non siano mai esistiti.

Inoltre, come detto poc’anzi, Buzz Lightyear Dal Comando Stellare era già un’opera animata più che buona, capace di approfondire l’universo spaziale del nuovo giocattolo di Andy: c’erano molti tropi classici anni ‘90, vero, ma era comunque divertente da vedere, con dei personaggi simpatici, nuovi mondi da esplorare, una buona animazione e un villain intrattenente.

Restando in tema, la costruzione che hanno dato a Zurg per Lightyear non si accosta per nulla con quello che i primi due Toy Story ci hanno mostrato. Senza rivelare nulla, basti sapere che non è quello che ci si aspetterebbe, dopo averlo visto in Toy Story 2.

Una storia spezzata

Oltre al problema di continuità, Lightyear soffre anche di quella che potrebbe essere definita come scrittura divisiva. La trama del film sembra infatti tagliata in due parti, ognuna con un focus differente e soprattutto con un tono differente.

La prima copre i primi venti minuti/mezz’ora della pellicola, ed è forse la parte migliore, quasi un episodio di Love, Death & Robots, con un commovente montaggio musicale tipico della Pixar, alla fine del quale il peso emotivo di ciò che prova Buzz colpisce lo spettatore. Se il film fosse terminato alla fine di quell’atto sarebbe potuto essere un semplice episodio speciale della precedente nominata serie animata, sicuramente uno dei migliori.

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Invece la storia va avanti e il resto del film si trasforma in una generica avventura sci-fi. Non per forza brutta, ma a tratti prevedibile. Ci si aspetta di più da una casa come la Pixar di un susseguirsi di peripezie causate da continui colpi di sfortuna: un piede messo in fallo, una frase mal recepita che porta a una decisione errata e tante altre.

Poco spazio

Poiché la storia s’incentra in un singolo pianeta, e al massimo al suo Sole, manca il senso dell’avventura e dell’esplorazione che si vorrebbe in una storia fantascientifica, in più animata e adatta ad un pubblico di giovani. Non vi sono razze aliene strane o nuovi pianeti da scoprire, cosa che caratterizzava invece il primo film animato.

In compenso, vi sono numerosi richiami a classici della fantascienza come 2001: Odissea nello Spazio, Doctor Who, Star Wars, Interstellar e, forse, anche una piccola menzione a Mass Effect. Tali rimandi potrebbero piacere ai fan nostalgici, ma non bastano a salvare il resto della narrazione.

Comparto tecnico

Nulla da dire su questo fronte. Stiamo parlando della Pixar, dopotutto. Siamo abituati a ritenerla, giustamente, il non plus ultra dell’animazione non tradizionale. In questo caso la computer grafica si discosta dai precedenti Luca e Red, dai tratti più semplicistici, per tornare alle caricature ben dettagliate con le quali ci eravamo lasciati con Soul.

Compensano anche le musiche di Giacchino, che sin da Gli Incredibili ha fatto capire al pubblico di essere uno dei migliori compositori viventi.

Pecca parecchio il doppiaggio italiano. La voce di Alberto Malanchino risulta troppo giovane nel ruolo di Buzz, soprattutto se paragonata all’originale Chris Evans. Nonostante ciò è lodevole l’impegno, che l’attore ha impiegato, e di quanto, nonostante tutto, la sua voce non dia fastidio come quelle di Ludovico Tersigni, Esther Elisha o, ancora peggio, Charles Leclerc.

Un film che accelera, ma non decolla

Non si capisce perché Pixar non abbia voluto fare a meno di rendere questo film parte integrale del canon di Buzz. Anche se avesse dovuto, non era comunque necessario renderlo il film preferito di Andy, perché è poco plausibile che negli anni 90 questo fosse considerato un film più divertente di Buzz Lightyear Dal Comando Stellare: Si parte!. Magari avrebbero potuto trasformarlo in un lungo episodio “speciale” della vecchia serie, in quel caso non ci sarebbero stati problemi.

Avrebbero anche potuto rendere questo un semplice film di fantascienza, senza per forza inserirci il personaggio di Buzz. In tal caso si sarebbe creato un film ex novo, con vari rimandi ai classici della fantascienza, senza per forza intaccare ciò che era stato creato anni prima. Un vero peccato, perché come ritorno della Pixar al cinema, questo film fa esattamente quello che fa Buzz nella prima parte: tentare di tornare nello spazio, con tutta la volontà di volerlo fare in gran stile. Ma si limita a un giro intorno al Sole. E non oltre.

Speriamo solo di non dover attendere anche noi quattro anni per un ritorno in grande stile di una casa di produzione che abbiamo imparato ad amare.

 

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Veoneladraal

Fin da bambino sono sempre stato appassionato di due cose: i romanzi fantasy e il cinema, passioni che ho coltivato nel mio percorso universitario, laureandomi al DAMS Crescendo hoi mparato a coltivare gli amori per i videogiochi, i fumetti e ogni altra forma di cultura popolare. Ho scritto per magazine quali Upside Down Magazine e Porto Intergalattico, e ora è il turno di SpaceNerd di sorbirsi la mia persona! Sono un laureato alla facoltà DAMS di Torino, con tesi su American Gods e sono in procinto di perseguire il master in Cinema, Arte e Musica.

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