Doctor Strange nel Multiverso della Follia DIREZIONE ARTISTICA 9.0/10
Pros Regia citazionista nel modo giusto Scene di battaglia ben coreografate Fanservice reso saggiamente Colonna sonora gestita al meglio Cons Sceneggiatura lacunosa o tirata in diversi punti Personaggi secondari poco approfonditi Pochi universi esplorati Con Doctor Strange nel Multiverso della Follia , Sam Raimi torna alla regia di un film Marvel dopo ben quindici anni di distanza. Nel dirigere il secondo lungometraggio dedicato al Maestro delle Arti Mistiche, il grande regista ha inoltre ottenuto carta bianca per quanto riguarda le libertà artistiche . Una buona notizia per tutti i suoi fan, dato che, di film MCU con impronta autoriale ce ne sono ben pochi.
Tuttavia, ricordiamo, lui è dietro il lato tecnico ma non in quello narrativo, del quale l’onere è dato a Michael Waldron , sceneggiatore e produttore di Rick and Morty e Loki , che qui si trova nella sua prima esperienza con un lungometraggio Marvel. Possono bastare le forze combinate di un regista visionario e un abile sceneggiatore a dare del lustro ad un film appartenente ad una continuity enorme come l’MCU? O meglio, come può essere portata in vita una storia resa in una continuità cosi ampia da un regista che di cinecomics ha un curriculum non da poco?
Magia, Multiverso e Doctor Strange Una nuova minaccia incombe sul Multiverso . Come se non bastasse ciò che è successo nell’ultimo film di Spider-Man , Loki e What if…? , Doctor Strange, ormai non più Stregone Supremo dopo la sua “assenza forzata” fino a Endgame , si ritrova invischiato per la seconda volta con realtà parallele.
America Chavez , una ragazza capace di aprire porte verso altri universi , piomba nella dimensione del nostro Stephen Strange, inseguita da un demone tentacolare. Strange, con l’aiuto di Wong, uccide il mostro e decide di prendere sotto la sua ala, o mantello, la ragazza, per difenderla dai pericoli provenienti dal Multiverso. Perché molti desiderano il potere della giovane e sarebbero disposti alle azioni più riprovevoli per ottenerlo.
Per riuscire nel suo intento, a Strange non basterà l’ausilio degli Stregoni: al fine di proteggere America e salvare il Multiverso, egli potrebbe essere costretto a chiedere aiuto a persone poco degne di fiducia, ma che hanno più conoscenza in materia. Come Wanda Maximoff, ora Scarlet Witch , che con il Darkhold ottenuto dopo gli eventi di WandaVision ha aumentato i suoi poteri e le sue conoscenze della magia oscura.
L’occhio di Raimi Come premesso, anche se non vi fosse stato il suo nome a firmare la realizzazione della pellicola, si capisce subito che questo film proviene da una mente autoriale come quella di Sam Raimi . Il suo stile permea, se non tutta la pellicola, almeno la maggior parte. Questo vale principalmente nelle scene clou, le quali si prendono il loro tempo per essere studiate al meglio.
Troveremo molti tropi tipici della regia di Raimi, quali le sovrapposizioni di campi nelle scene meditabonde, i momenti di tensione visti dal POV dei personaggi che preannunciano jumpscare , i movimenti di macchina rapidi quando un personaggio osserva qualcosa di importante. Questi sono solo alcuni degli esempi che renderanno questa seconda pellicola di Doctor Strange non solo esteticamente più “impegnata”, ma anche godibile per chi è fan del regista, come già è successo con Gli Eterni .
Oltre alla regia, rimanendo sul lato tecnico, la colonna sonora é una componente essenziale del film . Essa non serve solo a supportare la narrazione, ma è parte integrante di essa. Senza spoilerare nulla, forse il combattimento più ricco di climax del film è tale proprio perché la musica ne è parte vitale. Senza contare ovviamente le scene catartiche come la comparsa di un personaggio guidato dal tema che lo ha sempre contraddistinto. Danny Elfman , che resta ancora uno dei migliori compositori viventi, non smette di sorprendere con le sue scelte.
Fanservice fatto bene? Non si sa se sia grazie a Raimi, a Waldron o a Fiege stesso, ma un altro fattore degno di lode in questo film è il fanservice . Strano a dirlo, dato che esso è molto spesso un fattore controverso in molti prodotti. Forse perché non è un fanservice fine a sé stesso (a parte forse un cameo di qualche secondo che non è neanche inerente alla storia) o fatto solo per dare il contentino ai fan senza poi parlarne più.
La famosa e tanto discussa scena degli Ill uminati , per esempio, serve sia a unire vari prodotti del MCU sia a gettare le basi per diversi prodotti futuri, oltre a creare altre discussioni su come essi potrebbero svilupparsi. Certo, non dura quanto le numerose aggiunte che trovammo in Spider-Man: No Way Home e non conosciamo i personaggi in questione (o almeno parte di essi) quanto quelli che appaiono nel film crossover di Strange e Parker. Tuttavia non vuol dire che non vengano ben sfruttati, e per lo meno non rubano troppo spazio alla storia e ai personaggi principali.
Una storia buona, ma non “magica” Ciò che, tuttavia, non rende Nel Multiverso della Follia totalmente all’altezza delle aspettative , si trova nelle sue scelte narrative . Per quanto Waldron sia uno sceneggiatore abile e abbia creato una storia intrigante, qui sembra abbia dato priorità a mostrare cosa succede, piuttosto del perché o come è successa. Quando poi ciò viene spiegato, spesso contrasta con la continuità del MCU .
Prendiamo come esempio principale il motivo che spinge Scarlet Witch a intraprendere il suo arco narrativo . La causale è qualcosa che lei avrebbe dovuto risolvere già in WandaVision . Probabilmente hanno voluto rimetterlo per il pubblico che non ha visto la serie, ma nel contesto seriale e continuativo risulta forzato. Certo, viene mostrato che il Darkhold ha avuto la sua buona parte , ma non basta per scusare un percorso che sarebbe dovuto essere già percorso.
Restando in tema, diversi personaggi secondari sono poco approfonditi o sviluppati. Dato che ormai già conosciamo Wanda, Stephen e Wong, non ci saremmo lamentati se si fosse sacrificato qualche minuto del loro tempo per conoscere di più chi li accompagna nel loro viaggio. Vi è una comparsa, per esempio, una maga del Kamar-Taj che aiuta Wong nel corso del film, ma non si sa praticamente nulla di lei.
Si sarebbe apprezzato un ulteriore approfondimento sulla stessa America Chavez , personaggio assai interessante e che sicuramente avrà un’importanza profonda nel futuro del MCU. Se non per quanto riguarda lei, almeno l’universo da cui proviene o i suoi poteri.
Infine, come ultima, piccola nota dolente, per un film che si chiama “Il multiverso della Follia”, ben pochi universi vengono esplorati dai protagonisti . A parte il classico dell’MCU, giusto due sono necessari alla storia, mentre tutti gli altri vengono mostrati nei rapidi “salti” causati dai poteri di America.
Raimi e il suo caleidoscopio Forse se non ci fosse stato Sam Raimi alla regia, questo film sarebbe rimasto nella media dei film Marvel, colpa anche della sua componente narrativa poco sfruttata. Invece, proprio come il suo predecessore, rimane visualmente godibile , capace di offrire sorprese e di non essere una semplice attesa di due ore per la scena dopo i titoli di coda. Sarebbe stato effettivamente uno dei migliori film si questa continuità cinematografica, se solo la sceneggiatura avesse avuto meno lacune.
Si potrebbe quasi dire che Waldron avesse avuto una buona idea, l’avesse mostrata a Raimi e che lui l’avesse osservata attraverso un caleidoscopio , in seguito trasponendo questa sua visione cinematrogaficamente . Questo, almeno per il pubblico, tanto basta .
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