Non ci sono più i cattivi di una volta.
E menomale, aggiungerei.
Spesso viene rimproverato all’intrattenimento moderno una scarsità endemica di veri cattivi: dove sono finiti quei cari e vecchi antagonisti che commettevano azioni nefande per il puro gusto di farlo? Oggi sembra che tutti i cattivi debbano avere dei motivi per esserlo, che ci sia una spiegazione/giustificazione per il loro atteggiamento. Cavoli, sembrano quasi delle persone vere.
Chiariamoci, non è che la cattiveria sia sparita dal mondo o venga occultata per chissà quale agenda politica, è solo che le linee nette tracciate in precedenza sono andate lentamente a sfumarsi. Ci si è accorti che, forse, la cattiveria è un concetto estremamente relativo, che le persone sono più complesse di come ci piaceva pensare da bambini.
Ma è proprio vero che prima i cattivi erano cattivi e basta? Non è che forse ci è sfuggito qualcosa?
La risposta è, spaventosamente, sì.
Questa rubrica nasce con il mero pretesto ludico di mettere in prospettiva alcuni antagonisti le cui personalità davamo drammaticamente per scontate, anche a causa di una narrazione molto più ingenua (e di sceneggiature assai peggiori) rispetto all’attuale situazione.
La scelta del personaggio inaugurale è ricaduta su Lady Tremaine del classico Disney Cenerentola perché il suo status di matrigna la rende uno specchietto per le allodole ideale per gli spettatori più disattenti.
Vediamo quindi come mai questa altezzosa aristocratica non aveva poi tutti i torti a dare addosso alla “povera” Cenerella.
ATTENZIONE
Visto che siete duri di comprendonio, è meglio specificare che mettere in prospettiva non equivale a giustificare gli atteggiamenti del personaggio in questione.
Ergo, non azzardatevi a ergere questo articolo a simbolo di un qualcosa che conoscete solo voi.
Per parlare di Lady Tremaine dobbiamo tener conto di ben due contesti storici: quello diegetico e quello extra-diegetico, ossia del contesto interno alla narrazione (la Francia del diciannovesimo secolo) ed esterno (gli USA del 1950, anno di uscita del film).
Partiamo dal secondo.
Gli Stati Uniti del secondo dopoguerra erano caratterizzati da una violenta repressione censoria di stampo cattolico su tutte le forme di intrattenimento, attuata secondo le regole del Codice Hays. Questa cattolicità imperante caratterizzava anche le vite quotidiane dei cittadini: il padre/marito era il signore supremo della famiglia e su di lui poggiava l’intero reddito famigliare. Ciò implicava che i figli e la madre/moglie (alla quale era pressoché proibita qualsiasi forma di lavoro retribuito) dipendessero in tutto e per tutto da lui.
Ma quindi, se la moglie non poteva lavorare, ergo non doveva dimostrare alcuna abilità competitiva che la emancipasse dal maschio, come doveva comportarsi? Ovviamente, da sottomessa.
Le virtù principali della donna degli anni ’50 erano l’obbedienza, le capacità domestiche, la remissività, la cortesia a tutti i costi e, soprattutto, l’essere attraente. Nel caso non ve ne foste accorti, è praticamente la descrizione di Cenerentola.
Se il personaggio principale doveva incarnare queste “virtù”, allora il suo diretto antagonista doveva esserne l’opposto.
Se Cenerentola era passiva, allora Lady Tremaine doveva essere una figura attiva alla costante ricerca dell’elevazione del suo status sociale. Ovviamente, anche lei rientra perfettamente nei canoni della società degli anni ’50, in quanto non può elevare il suo status da sola, ma deve appoggiarsi a una figura maschile (il padre di Cenerentola, prima; il principe, poi).
Ora che abbiamo chiarito su quali basi Cenerentola è “buona” e Lady Tremaine è “cattiva”, addentriamoci all’interno della narrazione effettiva, quella diegetica.
Come detto, siamo in una Francia ancora ferocemente attaccata al classismo più feroce, in cui vieni considerato un essere umano solo se hai un titolo nobiliare. L’unico modo per una donna di ottenere suddetto titolo, se non per linea dinastica, è attraverso il matrimonio.
E sapete chi è che vuole sposare un nobile? Praticamente tutte le donne del maledetto reame.
E sapete quanti sono i nobili rispetto all’intera popolazione? Beh, pochi. Molto pochi.
La competizione è spietata, siamo al livello dei concorsi pubblici in Italia, e proprio come nei concorsi pubblici in Italia devi avere un appoggio (leggi: un titolo nobiliare), altrimenti è inutile anche solo pensare di parteciparvi. Ma non basta. Visto che la personalità femminile non era ancora stata “inventata”, c’era un solo modo per trionfare sulle avversarie: la bellezza.
Dopo queste considerazioni, provate a mettervi nei panni di Lady Tremaine: siete una donna della bassa aristocrazia francese del 1800. Avete ormai superato abbondantemente l’età da matrimonio (più o meno i 14 anni) e siete vedova.
Entrambi i vostri mariti sono deceduti, quindi non avete più una figura maschile a cui appoggiarvi e il vostro status di donna aristocratica vi impedisce doppiamente di lavorare. L’unica speranza per non finire in mezzo a una strada è trovare un buon partito per le vostre due figlie naturali. C’è solo un problema: sono brutte come la fame, perlomeno per i canoni della società di quel tempo. E la fame, nel 1800, era brutta forte.
Come se non bastasse, la vostra figliastra è talmente bella che alla sua vista il sole stesso deve mettersi gli occhiali per non rischiare di accecarsi, e questo è un signor problema. Dato che tra voi non c’è un vero legame di sangue non godreste di nessun privilegio da un suo eventuale matrimonio. Anzi, essendo lei la vera erede del vostro defunto marito, il suo eventuale sposo ne erediterebbe i titoli nobiliari (ricordate: patriarcato overdrive), spogliandovi di ogni bene.
Ricapitolando: non solo Lady Tremaine ha avuto la sfortuna di beccarsi due figlie brutte, sgraziate e irritanti (anche se anni dopo avremmo scoperto che almeno una delle due è un personaggio meraviglioso), ma si è pure ritrovata in casa la sua principale competitor. Tra l’altro, non può neanche ammazzarla, in quanto è l’essere sua matrigna che le conferisce ancora un minimo di diritto sulla casa dell’ex-marito. Chiaramente c’è della malizia nel trattamento riservato alla figliastra, ma è più un modo per non far trasparire il palese pragmatismo delle sue azioni.
Nascondere Cenerentola, o quantomeno impedirle di mostrare la sua bellezza vestendola di stracci, viene fatto passare per una mossa scorretta, tanto da far dimenticare allo spettatore che l’intero gioco poggia su regole sbagliate, ma vi rendete conto dello schifo di situazione in cui questa povera donna si ritrova?
A dirla tutta, se fosse riuscita ad ammogliare una tra Anastasia e Genoveffa, probabilmente avrebbe lasciato perdere totalmente Cenerentola, che essendo la perfezione anni ’50 incarnata avrebbe potuto facilmente trovare un altro aitante partito cui legarsi.
L’unica colpa di Lady Tremaine è l’essere una vittima degli eventi che vuole solo garantirsi un futuro con le poche armi che ha a disposizione. Non a caso, nei seguiti vediamo che la sua situazione post-matrimonio di Cenerentola è a dir poco penosa.
Lei si sbatte costantemente per raggiungere i suoi obiettivi, giocando d’astuzia e cercando di prevenire qualsiasi criticità alla radice, mentre Cenerentola vince soltanto grazie a una schiera di alleati magici e inverosimili che la aiutano per il semplice fatto che, essendo la protagonista e la rappresentazione di un certo modo di intendere la donna, deve vincere per forza.
La storia di Lady Tremaine è assimilabile a un romanzo di Giovanni Verga: qualsiasi tentativo di migliorare la propria condizione miserabile va incontro inevitabilmente al fallimento. E proprio come nei romanzi di Verga, la colpa non è del personaggio in sé, ma di quei bacchettoni dei suoi autori che considerano certi atteggiamenti “cattivi”.
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