Shaman King è un manga shōnen creato da Hiroyuki Takei e pubblicato nella sua prima edizione fra il 1998 e il 2004, per poi essere adattato anche in una serie anime. Da poco è stato rilasciato il primo volume della Final Edition del manga, in Italia edita da Star Comics, ed è stato diffuso il remake dell’anime a opera dello studio Bridge.
La Final Edition si articolerà in 35 volumi, pubblicati due alla volta mensilmente. La nuova edizione contiene i sedici capitoli extra pubblicati da Hiroyuki Takei in una ristampa giapponese del 2008, pagine a colori, testi e tavole revisionati. Un’aggiunta di valore è la doppia sovraccoperta per ogni volume, una raffigurante la copertina “storica” e l’altra adornata con una rivisitazione contemporanea della prima, ridisegnata da Takei.
Shaman King racconta le avventure di Yoh Asakura e del suo nutrito gruppo di amici, di cui buona parte sciamani, potenti figure capaci di fare da tramite fra il mondo degli spiriti e quello degli uomini, riuscendo anche a legarsi a questi “fantasmi” e ottenendo i loro poteri.
Yoh, supportato da compagni fedeli come Manta, Ryu, Anna, Horo Horo e dal suo spirito Amidamaru, un antico samurai, dovrà allenarsi e maturare in vista dello Shaman Fight, un torneo che ogni cinquecento anni permette di eleggere lo sciamano più forte al mondo. Egli sarà degno di divenire il messia della Terra, lo Shaman King, unendosi al Grande Spirito per trasformare una incombente catastrofe in una rinascita per il mondo grazie ai suoi poteri.
Shaman King è un manga controverso. Si è affermato nel corso degli anni come un’opera fondamentale del vasto panorama shōnen, conquistando i cuori di moltissimi lettori e vendendo più di 35 milioni di copie, raggiungendo Sailor Moon, I Cavalieri dello Zodiaco o 20th Century Boys. Nonostante ciò presenta diverse debolezze, non sempre scusabili dal target verso cui è rivolto o dall’epoca in cui è venuto alla luce. Se siete fan o vi interessa conoscere meglio il suo autore e i retroscena dell’opera potete guardare questo interessante documentario.
Shaman king inizialmente appare come un manga incentrato sul carismatico protagonista ma ben presto si evolve in un racconto corale, la cui forza sono proprio i personaggi secondari e le loro vicende personali.
Yoh Asakura, il protagonista, rappresenta uno degli aspetti meno riusciti del manga. Ideato per essere un personaggio principale differente dal solito eroe guerriero, in modo da risultare unico nel suo approccio alle battaglie e alla vita, riflessivo e pacato, silenzioso e giudizioso, Yoh risulta invece indeciso, poco motivato e quasi apatico. Non essendo questo comportamento spiegato da intensi flashback o riflessioni, il protagonista finisce per essere molto meno interessante e coinvolgente dei suoi comprimari, rovinando così i momenti più importanti della trama principale, in cui a calcare la scena c’è una figura poco intrigante.
Yoh inoltre rompe frequentemente l’equilibrio corale di Shaman King. I personaggi secondari, pur rimanendo tali, dovrebbero essere necessari al protagonista per superare le sue difficoltà (dato che l’opera è impostata in questo modo fin dai primi volumi) ma tutto ciò che fanno nelle scene più importanti è farsi sconfiggere immediatamente, lasciando che sia Yoh ad abbattere in un colpo solo il cattivo di turno.
Di conseguenza si rivelano inutili per buona parte del manga.
Yoh spicca troppo nell’impostazione corale e troppo poco come “solista”. Spesso sembra meno motivato di Saitama in One-Punch Man, ma non possiede motivazioni forti a sostenere tale modo di essere.
Insieme alle particolarità degli altri personaggi e alla costruzione generale del manga (il quale presenta valori, scelte fondamentali e caratteri che si discostano da quelli del classico shōnen anni Novanta) Yoh tenta di essere un elemento rivoluzionario per il panorama fumettistico giapponese dei suoi anni. In questo senso la carica pionieristica di Shaman King certamente ha lasciato il segno, preparando il terreno a una trasformazione dei manga per adolescenti nel corso degli anni duemila.
A risollevare Shaman King sono spesso i co-protagonisti, numerosi, divertenti e coinvolgenti.
Ryu, il drago con la spada di legno, spicca fra tutti: inizialmente un teppista con un sogno, diventa poi un compagno fidato e dimostra un buon percorso di crescita durante tutto lo sviluppo del manga.
Capace di fare da spalla comica e al contempo far riflettere e appassionare in battaglia, Ryu è una figura solida e di valore per Shaman King. La sua continua ricerca di un “posto migliore”, dove poter essere felice e realizzato come persona, permette anche a lettori più maturi di immedesimarsi ed affezionarsi a questo mix fra Sanji Gamba nera e Elvis Presley.
Anna e Manta sono fin da subito le spalle principali di Yoh. La prima è la promessa sposa del protagonista, una potente itako, mentre il secondo è un compagno di classe di Yoh che da poco ha iniziato a poter vedere gli spiriti. Entrambi hanno un ruolo altalenante nel manga, lasciando spesso spazio ad altri compagni sciamani per poi tornare sempre a sostenere Yoh in caso di bisogno.
Questa scelta permette di dare loro respiro e di renderli più apprezzabili, dato che non avendo solide fondamenta a caratterizzarli diventerebbero ben presto ridondanti.
Manta, in quanto l’unico non sciamano del gruppo, è un’interessante outsider che fornisce al lettore un punto di vista più realistico e riflessivo. Nei primi capitoli assume inoltre il ruolo di narratore, che conclude le avventure con un pensiero personale; purtroppo tale scelta viene abbandonata dall’autore già dal secondo volume, privando di un risvolto intrigante il manga.
Uno dei punti cruciali di un battle shōnen come Shaman King, che non punta sulla profondità ma sul semplice divertimento e intrattenimento, sono proprio i combattimenti e le spettacolari abilità create ad hoc.
I combattimenti fra sciamani sono scontri molto vari e caratteristici, ogni volta ispirati a leggende folkloristiche di una cultura differente, ma soffrono di una scrittura debole e mai intraprendente.
Gli spiriti posseggono gli sciamani, che guadagnano così grandi poteri e possono infondere la forza del loro compagno spettrale anche in oggetti di vario tipo come ad esempio spade, lance, medaglioni o scheletri.
La rappresentazione che Hiroyuki Takei ha voluto dare a questi spiriti è tuttavia fortemente somigliante agli stand (figure fantasmatiche che combattono stando a fianco dei personaggi e spesso imitando le loro movenze) del ben più affermato manga Le bizzarre avventure di Jojo ed esce sconfitta dal confronto artistico.
Ulteriore nota negativa dovuta alla scrittura poco intraprendente è il sostenuto uso di cliché sia nelle scene di lotta sia nella narrazione.
Gli archi di trama in Shaman King sono gli stessi di buona parte degli altri shōnen: ricerca dei compagni, prima apparizione dell’antagonista poi redento, allenamento, torneo, nuovo allenamento, potenziamento ecc.
Durante le sfide le chiavi di volta per la vittoria sono sempre capire i sentimenti dell’avversario o impegnarsi un po’ di più e spesso la trama è piegata forzatamente a favore del gruppo protagonista.
Di conseguenza Shaman King, pur avendo una trama a lungo termine intrigante e caratteristica, rischia di annoiare un lettore navigato nei battle shōnen.
Sempre riguardo alla storia nel suo complesso una menzione particolare merita il tema dell’armonia, sotteso a tutto il manga.
Gli spiriti e gli sciamani entrano in sintonia fra loro, comprendendosi e supportandosi a vicenda in modo profondo e personale. I medium fra il mondo umano e la dimensione spirituale però ricercano anche un livello di consonanza maggiore, che non si ferma al loro compagno più prossimo ma abbraccia la vita, la natura, l’umanità.
Ryu ad esempio, tramite la sua ricerca di un posto migliore, tenta di individuare un punto di equilibrio, di armonia, fra sé e quella società che tanto lo ha ripudiato in quanto teppista. Horo Horo, come sciamano proveniente dell’incontaminato Giappone settentrionale, lotta e si mette in gioco per raggiungere l’armonia con il mondo naturale, mentre Ren, l’iniziale antagonista di Yoh, desidera rientrare in accordo con sé stesso e con la sua famiglia, straziati entrambi dall’odio. Solo colui che davvero consonerà col mondo intero però riuscirà a diventare Shaman King.
L’unione armonica con l’essere è ciò per cui vive Yoh, dimostrando in questo una grande intensità spirituale e intellettuale che accompagna il manga quasi in tutta la sua estensione. Questo enorme punto di forza, il vero significato di Shaman King, è purtroppo messo in ombra molto spesso da personaggi sciocchi o eventi superficiali. L’effettiva filosofia che a lungo termine l’opera di Takei cerca di esprimere è dunque frequentemente mortificata dai singoli episodi, distogliendo l’attenzione dal vero significato che l’essenza dell’opera vorrebbe comunicare.
Il disegno di Hiroyuki Takei richiama con forza lo stile classico degli shōnen commerciali, mantenendo però un carattere ben riconoscibile.
I segni tracciati sono definiti e il tratto usato è sempre più spigoloso e uniforme, rendendo le tavole di Shaman King solitamente ordinate e chiare, sebbene poco variegate. Per questa ragione il disegno potrebbe apparire piatto, ma il lavoro di tratteggio dell’autore in realtà dona definizione e volume ai soggetti.
Al realismo delle ambientazioni, curate e dettagliate, si contrappone l’aspetto cartoon di certi personaggi, dotati talvolta di proporzioni e fisicità impossibili, una scelta precisa del mangaka per caratterizzare l’opera; ciò permette inoltre di staccare chiaramente le figure dagli sfondi, facendole risaltare al meglio.
Le scelte di impostazione di pagina e inquadratura tendono a non osare più di tanto, togliendo dinamismo al racconto. Tuttavia non mancano vignette che esaltano i protagonisti nelle loro caratteristiche più iconiche.
Tirando le somme Shaman King rimane un’opera celebre ma certamente non invecchiata al meglio, a differenza di altri manga del suo tempo o precedenti.
La banalità di molti elementi, la semplicità del disegno e dell’umorismo, il mix di elementi di altri shōnen e la mancanza di profondità sono mancanze scusabili solo in parte dal target d’età a cui il manga è rivolto, dato che numerose altre opere per lo stesso tipo di pubblico non presentano queste note negative (alcuni esempi vecchi e nuovi: Hunter x Hunter, Jujutsu Kaisen, Fullmetal Alchemist, Demon Slayer, Tokyo Revengers).
Frequentemente il livello del manga, data la semplicità e chiarezza delle vicende e del disegno, sembra scendere a un target d’età più vicino a quello dei kodomo (in giapponese letteralmente “bambino”, indica manga o anime adatti ad un pubblico giovanissimo, come da esempio Doraemon) che degli shōnen.
Shaman King non può tuttavia considerarsi un’opera per un pubblico così “piccolo” dato l’umorismo scurrile e l’occasionale presenza di scene macabre, un tentativo di creare un’atmosfera malvagia intorno al villain di turno non molto raffinato e poco pertinente al carattere generale dell’opera.
Il manga di Hiroyuki Takei he certamente appassionato milioni di lettori e, nel suo piccolo, cambiato le carte in tavola della produzione manga, tuttavia ad oggi fatica a competere con il livello raggiunto da alcuni shōnen.
Potrebbe risultare una lettura adatta ad un giovane pubblico che per la prima volta si affaccia al mondo del fumetto giapponese e che troverà in questa storia personaggi ed eventi rappresentativi di un vasto genere a lui sconosciuto. Inoltre non avendo affrontato altre opere più ricche, il neofita potrà godersi un classico nel modo che fece appassionare i lettori di vent’anni fa.
Grazie alla Final Edition una nuova generazione potrà recuperare un tipico manga di fine anni Novanta e i vecchi affezionati avranno modo di ricongiungersi ad un amico del passato, collezionando inoltre una ristampa di ottima qualità.
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