Netflix

Rising Phoenix: la storia delle Paralimpiadi, la recensione

Rising Phoenix: La Storia delle Paralimpiadi

8.1

COMPARTO TECNICO

8.0/10

CAST

9.0/10

SCRITTURA

7.5/10

REGIA

8.0/10

DIREZIONE ARTISTICA

8.0/10

Pros

  • Scelta degli atleti perfetta
  • Regia
  • Fotografia ispirata

Cons

  • Poco spazio per alcuni atleti
  • Colonna sonora non all'altezza

Netflix continua a puntare forte sui documentari e, sulla scia del successo di The Last Dance, propone in questo caldo Agosto un nuovo docufilm a tema sportivo, che tratta la nascita e l’ascesa delle Paralimpiadi. Un prodotto che, tramite il racconto e le testimonianze dirette dei maggiori protagonisti della nascita e sviluppo di questo movimento, riesce nel suo intento di riflettere a fondo sul concetto di disabilità e su come lo sport sia riuscito a valorizzare al meglio il potenziale di persone che hanno perseguito i loro sogni nonostante le difficoltà e le barriere apparentemente insormontabili che la vita gli ha posto davanti.

La visione a tratti utopica, per il periodo in cui è stata concepita, di Sir Ludwig Guttman sta prendendo sempre più forma e, negli ultimi anni, lo sport paralimpico sta influenzando sempre più l’opinione pubblica su come viene percepita la disabilità e come essa non debba essere più vista come uno scoglio insormontabile, quanto una opportunità per migliorare e mettere tutti nelle migliori condizioni possibili per vivere una vita senza alcun impedimento. Ma parliamone nel dettaglio in questa recensione.

Rising Phoenix è il termine che meglio rappresenta la storia delle Paralimpiadi

La Fenice che muore e rinasce dalle sue ceneri, un soprannome dato alla nostra connazionale Bebe Vio dai suoi compagni Scout, non è stato scelto a caso, perché riesce a racchiudere in un solo concetto tutte le storie degli atleti che intervengono in questo docufilm. Ma, in senso più ampio, è anche il miglior concetto possibile da utilizzare per descrivere in poche parole tutta la storia delle Paralimpiadi, nate dalla visione di un uomo nel periodo forse più buio della storia umana recente.

L’uomo in questione è Sir Ludwig Guttmann, un neurochirurgo e neurologo tedesco, ebreo vissuto durante l’Olocausto, che da un giorno all’altro ha visto la sua vita cambiare radicalmente. Perde il lavoro nell’ospedale tedesco dove era già diventato un’istituzione, viene relegato in un ospedale ebreo grazie solo alla sua enorme professionalità, assiste inerme alla scomparsa di persone a lui vicine e cerca in tutti i modi di salvarne il più possibile tramite il lavoro in ospedale finché, temendo per la sua vita, riesce a scappare in Inghilterra con la famiglia per iniziare una nuova vita in un luogo sconosciuto.

La vita di Sir Ludwig Guttmann ci è raccontata da sua figlia, ed è la storia di un uomo che ha perso ogni cosa e ha visto persone intorno a lui subire la stessa sorte, ma che si è aggrappato con le unghie e con i denti alla sua vita e ha fatto affidamento sulla sua professione per aiutare se stesso e gli altri, per rinascere come una Fenice. In Inghilterra viene messo a capo del primo centro per la cura delle lesioni spinali dei veterani di guerra, al tempo dati per spacciati e visti ormai come un peso per la società. In quel periodo a detta sua gli viene ”l’idea più brillante della sua vita”, utilizzare lo Sport come strumento di riabilitazione per le persone disabili.

La nascita delle Paralimpiadi si intreccia con le storie di atleti diventati già leggenda

Questa è solo l’inizio di una campagna atta a cambiare la percezione delle persone nei confronti dei disabili, che grazie alla spinta data da un mezzo di risonanza mondiale come lo sport, dà vita ai primi giochi sportivi per le persone con handicap, per poi diventare ufficialmente i giochi paralimpici che conosciamo, debuttando a Roma nel 1960.

Il racconto della vita di Sir Ludwig Guttman, si va ad intrecciare fin dall’inizio con le storie più o meno recenti di atleti paralimpici che hanno dato una mano significativa allo sviluppo di tutto il movimento, riuscendo a divenire delle vere e proprie icone, cosi come degli ”sponsor” viventi utilizzati per dare sempre più lustro ad un movimento che non ha ormai nulla da invidiare ai giochi Olimpici.

Ci vengono presentate storie di atleti da tutto il mondo, a cominciare da Bebe Vio, la tiratrice di scherma italiana, che fa un po’ da filo conduttore sin dall’inizio del docufilm. A poco a poco ci introduce nel suo mondo e ci racconta la sua storia, un viaggio pieno di ostacoli, paure ma anche tanta determinazione e coraggio, che l’hanno portata a credere in sé stessa e nelle proprie potenzialità, fino a diventare la Campionessa Mondiale di Fioretto alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016.

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Ma sono tante le storie che ci vengono raccontate, a cominciare da quella di Jean Baptiste Alaize, atleta Francese ma nato in Burundi, che ha vissuto l’orrore della guerra civile portandone i segni sulla sua stessa pelle. Salvato per miracolo dopo una gamba amputata a colpi di macete, trova nello sport e nel salto in lungo un’occasione di riscatto per sé stesso, per il suo paese di origine e anche per la Francia che gli ha salvato la vita. Vale anche la pena citare la determinazione di Jonathan ”Jonnie” Peacock, sprinter nei 100 metri con una gamba amputata a soli 5 anni, che però non ha intaccato minimamente la sua voglia di vivere e di correre per battere il suo idolo Oscar Pistorius.

Matt Stutzman, nato senza braccia, che grazie all’amore della sua famiglia è riuscito a trovare la sua strada nel tiro con l’arco utilizzando i piedi, così come Tatyana McFadden, nata in Russia senza gambe, salvata da una famiglia Americana da un orfanotrofio e oggi una delle atlete paralimpiche più titolate grazie ai suoi successi sia nelle discipline di atletica che in quelle da fondista.

Molto più di vincere una medaglia

La storia raccontata in Rising Phoenix va oltre i risultati sportivi ottenuti, non vuole raccontarci solo di grandi imprese nell’ambito dello sport, ma di come esse siano scaturite da persone che solo fino a pochi anni fa erano considerati un peso per la società, un simbolo di non produttività, una palla al piede.

Una frase molto eloquente pronunciata da un’atleta è stata ”è molto più di vincere una medaglia”, frase emblematica, che ci porta a capire che ogni singolo atleta paralimpico sa innanzitutto di lottare per un movimento, per milioni di persone che, in condizioni simili, si sentono impotenti. Gli atleti si ergono a veri e propri esempi di vita, per fornire un esempio positivo e per far rivalutare il concetto di disabilità a cui per troppo tempo è stata data un’accezione negativa.

In conclusione, Rising Phoenix: la storia delle Paralimpiadi, si conferma un ottimo prodotto, figlio dell’impegno di Netflix di imporsi come il miglior distributore di documentari di differenti temi e caratterizzati tutti dalla grande qualità narrativa e registica. Vi sono tuttavia alcuni nei che intaccano, seppur minimamente, l’esperienza. Le storie di alcuni atleti forse meritavano qualche approfondimento in più, così come il racconto delle tribolate Paralimpiadi di Rio De Janeiro è andato qualche volta a smorzare l’impatto emotivo scaturito dalle racconti degli atleti. Nonostante ciò Rising Phoenix si conferma un ottimo prodotto, che vi consigliamo assolutamente di guardare dal 26 Agosto, perché racconta la storia di un movimento il cui scopo è molto più di vincere una medaglia.

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Svallo

Cresciuto a pane e PlayStation fin dalla tenera età, poi passato al lato ''verde'' della forza. Grande appassionato di videogiochi, profondamente legato a saghe come Assassin's Creed, Kingdom Hearts e Pokémon. Altra grande passione la musica. Naruto fag. Da anni entrato nel tunnel senza uscita del binge watching di serie TV di ogni genere.

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