Animazione

Miyo – Un amore felino, la recensione

Miyo - Un amore felino

6.5

COMPARTO TECNICO

7.5/10

CAST

6.5/10

SCRITTURA

4.5/10

REGIA

6.5/10

DIREZIONE ARTISTICA

7.5/10

Pros

  • Film leggero e con un buon intrattenimento
  • Animazione di buon livello

Cons

  • Trama piatta
  • Personaggi anonimi
  • Tutt'altro che indimenticabile

Netflix non ci lascia mai a mani vuote, questa volta a sbarcare sul catalogo è il un nuovo film d’animazione Miyo – Un amore felino. Inizialmente Miyo doveva essere proiettato nelle sale giapponesi a partire dal 5 giugno ma, a causa della pandemia, la distribuzione è saltata e i diritti sono stati venduti al colosso americano dello streaming che ha deciso di rilasciarlo il 18 giugno in tutto il mondo.

Già prima dell’annuncio su Netflix, Miyo (titolo originale “Mi viene da piangere, sto fingendo di essere un gatto“) aveva catturato la mia attenzione a causa del suo staff di produzione. La regia è stata affidata a Tomotaka Shibayama e Jun’ichi Sato (Sailor Moon, Keroro) mentre della scrittura si è occupata Mari Okada (Anohana, Maquia), il tutto animato da studio Colorido(Penguin Highway).

Un anime che spazia tra la commedia ed il romantico-sentimentale, a cui unisce una buona dose di fantasy, creando un mix di generi che ricorda vagamente gli ultimi lavori del maestro Shinkai. Le premesse erano ottime ma scopriamo insieme se Miyo è riuscito a mantenerle.

Volevo piangere, fingo di essere un gatto

La traduzione letterale del titolo originale spiega benissimo la trama. Miyo Sasaki, soprannominata da tutti “Muge“, è una solare ragazzina con una situazione familiare complicata. La nostra protagonista infatti vive insieme al padre e alla sua nuova compagna dopo che la madre li ha abbandonati.

Il film inizia con un litigio tra Miyo e la madre, la quale vorrebbe che la figlia tornasse a vivere con lei lasciando il padre. Capiamo subito che Miyo soffre di questa situazione e svia le proposte della madre allontanandosi. Poco dopo, in un vicolo nascosto, incontra uno strano venditore di maschere dalle sembianze di un gatto. Questo misterioso personaggio porge a Miyo una delle sue maschere, donandole il potere di trasformarsi in un piccolo gattino bianco. Quella sera, sotto forma di gatto, Miyo si avvicinerà al suo compagno di scuola Hinode e finirà per innamorarsi di lui.

A scuola Miyo è molto aperta e non ha peli sulla lingua, soprattutto nei confronti di Hinode, che invece sembra quasi ignorarla. Sotto le sembianze di gatto randagio però, la giovane riesce a farsi accogliere dal compagno di classe. Nei panni di Taro, il nome datogli da Hinode, Miyo avrà con lui quel rapporto che ha sempre desiderato e si rifugerà spesso a casa sua.

Questa doppia identità però non può durare per sempre e Miyo si avvicinerà sempre di più alla forma completa di gatto. La trama si sviluppa proprio sul tentativo di Miyo di riprendersi la sua forma umana, dopo essersi pentita di averla abbandonata del tutto per rimanere Taro e fuggire dai suoi problemi. In suo aiuto accorrerà ovviamente Hinode, il quale si renderà conto della vera identità del suo amato gattino e dei sentimenti che prova per la sua eccentrica compagna di classe.

Un po’ troppo piatto

Piatto è la miglior definizione che possiamo dare a questo film. Piatta è la trama, davvero troppo lineare, molto prevedibile e che non sembra mai provare ad evolversi. Assolutamente non lineare e confusionaria è invece la narrazione, che dopo una prima parte ben strutturata accelera in maniera improvvisa, buttando tanta carne al fuoco senza però darci modo di metabolizzarla.

Articoli che potrebbero interessarti

La scrittura è la vera delusione di tutto l’anime. Con ancora ben impresso il fantastico Maquia attendevo con fiducia questo nuovo lavoro di Mari Okada, ma sfortunatamente le mie attese non sono state ripagate. Non solo la trama ma anche i personaggi non mi hanno convinto, tolta la protagonista (a volte comunque decisamente fastidiosa), tutti gli altri risultano troppo anonimi e poco sviluppati.

Piatto infine è anche tutto l’aspetto emotivo del film. Mi è piaciuta molto l’idea principale che vuole sottolineare quanto è importante comprendere i sentimenti degli altri per poi comprendere anche se stessi, cambiando il proprio punto di vista se necessario. Allo stesso tempo il film non riesce a trasmettere tutte le emozioni che vorrebbe, lasciando lo spettatore un po’ indifferente.

Comparto Tecnico

Dal punto di vista tecnico Miyo è più che sufficiente. Le animazioni sono ben fatte anche se non eccezionali, da studio Colorido era lecito aspettarsi qualcosa di più ma comunque un’ottimo lavoro che mi fa ben sperare in vista dell’adattamento di Burn The Witch (spin off di Bleach).

Il character design invece risulta davvero troppo anonimo, contribuendo ancora di più alla mediocrità generale. Stesso discorso vale anche per il doppiaggio, molto godibile in lingua originale ma che, nonostante la presenza di un ottimo doppiatore come Natuski Hanae, è tutt’altro che indimenticabile. Per il doppiaggio italiano dovremmo ancora aspettare un po’ a causa dell’ormai onnipresente coronavirus.

Passando al comparto audio il giudizio complessivo non cambia, la colonna sonora si lega bene al film ma senza spiccare e senza riuscire ad esaltarlo. Ci tengo a segnalare invece le due canzoni finali, “Hana ni Bourei” e “Usotsuki” a cura del duo J-pop Yorushika, davvero molto belle.

Un’occasione sprecata

Nel complesso è impossibile dare un’insufficienza a questo film. Dal punto di vista tecnico è un buon lavoro, inoltre riesce ad intrattenere senza mai annoiare, creando un’esperienza di visione leggera e godibile. La mia delusione però sta nel fatto che c’erano tutte le premesse per renderlo un ottimo film ma non sono state sfruttate.

Miyo è un film che non riesce ad avere una propria identità vincente, a tratti sembra volersi rifare a your name di Shinkai, mentre in altre parti (nella città dei gatti ad esempio) riprende palesemente La Città Incantata di Miyazaki, ma senza avvicinarsi neanche lontanamente a questi due capolavori.

Un film mediocre e anonimo che è riuscito nella difficilissima impresa di non emozionarmi.

Seguici su tutti i nostri social!
CondividI
Matteo Tellurio

Nascere in un paesino umbro ti porta ad avere tanti hobby. Cresciuto tra console e computer, è da sempre amante di cinema, serie TV e musica, nella quale si diletta in maniera molto amatoriale. Anime e manga invece sono il pane quotidiano ma anche lo sport lo appassiona. Crede di aver visto ogni singola disciplina inserita dal CIO alle Olimpiadi.

Vedi commenti

Pubblicato da
Matteo Tellurio
  • Articoli recenti

    Look Back, la recensione: il film dell’anno

    Con l'elegante ritardo a cui siamo abituati, dal 7 novembre Look Back è finalmente disponibile…

    % giorni fa

    Red Dead Redemption, la recensione: la redenzione arriva su PC

    Incredibile ma vero, Red Dead Redemption è finalmente disponibile su PC, piattaforma su cui non…

    % giorni fa

    Call of Duty: Black Ops 6, la recensione: in bilico tra una guerra e l’altra!

    Come quasi ogni saga videoludica "longeva", nei due decenni abbondanti della sua vita anche quella…

    % giorni fa

    Neva, la recensione: il fiore della vita

    Tra i giochi indie che negli ultimi anni hanno più smosso anche i gamer più…

    % giorni fa

    Versus e Tenkaichi – Kyoutarou Azuma tra mix di generi e mazzate

    Kyoutarou Azuma, talentuoso e versatile disegnatore di manga, apparteneva alla nutrita schiera di autori esteri…

    % giorni fa

    Lucca Comics & Games 2024: quali sono stati i migliori annunci Manga?

    Anche quest'anno si è concluso il Lucca Comics & Games, e, come tutti gli anni,…

    % giorni fa