Per parlare del peculiare sottogenere dei Metroidvania può essere utile aprire una parentesi storica sui videogiochi. Con l’uscita delle prime console, i giochi avevano ancora un’anima prettamente Arcade e lineare: giochi come Super Mario Bros., Contra e Double Dragon erano pensati per essere parecchio difficili e completabili eventualmente in una singola sessione. Insomma, erano titoli da sala giochi ma fruibili comodamente anche da casa.
Accanto a questi titoli cominciano anche a nascere avventure dai ritmi più tranquilli, le quali richiedono generalmente più e più sessioni per essere completate. Prendiamo il primo The Legend of Zelda: grazie ad un innovativo sistema di password era possibile sospendere l’avventura per continuarla in un secondo momento, portando ad una longevità più consistente rispetto alla media.
Ma cosa distingue un titolo d’avventura come Zelda da uno come Metroid?
Per chi non la conoscesse, la saga di Metroid narra di una cacciatrice di taglie spaziale nota come Samus Aran, impegnata di volta in volta a salvare la galassia da minacce come quella della specie parassita dei Metroid. A differenza di Zelda, l’avventura si snoda lungo un mondo aperto esplorabile non in larghezza e profondità ma piuttosto in orizzontale e verticale. Dunque, se Zelda ha contribuito alla nascita dei titoli d’avventura classici, Metroid ha dato il via alle avventure che in futuro verranno definite, per l’appunto, “Metroidvania”. Di qui, la prima parte del nome.
Passano alcuni anni dal primo Metroid, ne escono due ottimi sequel (Return of Samus sul Game Boy, riportato a lucido con un recente Remake per 3DS, e Super Metroid sul Super Nintendo), mentre nello stesso periodo, nel 1998 nello specifico, nasceva un nuovo capolavoro nel genere: parliamo di Castlevania: Symphony of the Night. Se prima la serie di Castelvania consisteva di semplici, benché ottimi, picchia-duro a scorrimento, l’avventura dedicata al figlio di Dracula rivoluziona la serie, aprendo ai giocatori la possibilità di esplorare il castello dell’Oscuro Signore. Ricordando molto da vicino la struttura esplorativa dei Metroid, il genere ottiene la seconda parte del nome diventando definitivamente “Metroidvania”.
Mentre svariati titoli prendono ispirazione da questa formula di gioco, Nintendo assolda un talentuoso team americano e fa compiere all’intero genere un incredibile salto di qualità: parliamo di Metroid Prime, eccellente trasposizione della serie nella terza dimensione, uscito nel 2002 sul Gamecube. Anche Konami ha tentato di portare la sua serie nella terza dimensione ma, a fronte di due titoli mediocri, ha continuato sulla strada delle due dimensioni con svariati altri capitoli. Se possiamo considerare il 2005 come l’anno apice del genere grazie a Metroid Prime 2: Echoes, il quale alza nuovamente l’asticella aggiungendo addirittura un mondo parallelo, da lì inizia anche il declino.
Negli anni successivi cominciano a far capolino, almeno su console, i primi open-world di grande successo come Oblivion e Fallout 3. Questi abbattono le barriere che i Metroidvania continuavano a portarsi dietro anche nella terza dimensione, offrendo un mondo veramente aperto caratterizzato da un’esplorazione più rilassata e meno impegnativa che acquisisce sempre più successo. I Metroidvania, di conseguenza, registrano un progressivo calo di interesse e si potrebbe dire che con Metroid Prime 3: Corruption nel 2008 (innovativo lato controlli ma più lineare rispetto al passato) il genere si prende una lunga pausa.
Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito all’esordio ed alla crescita degli studi indipendenti che, esulando dal controllo degli editori ed auto-finanziandosi, hanno portato a titoli freschi, originali e non necessariamente compiacenti alle esigenze di mercato. Ritornano così alla luce generi che nel corso degli anni erano stati abbandonati dai principali editori poiché non più redditizi: platformer esplorativi come Yooka–Laylee, avventure grafiche come Broken Age, racing arcade futuristici come Redout ed anche Metroidvania.
Grazie agli studi indipendenti, il genere sta conoscendo una seconda giovinezza che ha portato anche alcuni editori come la Microsoft a credere in questi progetti. La varietà, qualità e quantità dei Metroidvania negli ultimi anni ha del notevole: si passa da un’avventura classica ed evocativa come Ori and The Blind Forest ad un’allegra esplorazione contaminata da originali meccaniche da flipper come Yoku’s Island Express, dall’erede dei Castlevania (Bloodstained) ad uno spietato Hollow Knight dal retrogusto souls-like.
Il futuro non può che essere roseo poiché non vi è segnale alcuno che il mondo dei titoli indipendenti conoscerà una battuta d’arresto nel breve termine. Dunque, se i titoli succitati restano ancorati alle due dimensioni, ci si può tranquillamente aspettare che torneranno anche nella terza dimensione, mentre Nintendo è ancora in alto mare con Metroid Prime 4.
Se l’analisi storica non è stata chiara a sufficienza sulle caratteristiche del genere, è possibile riassumerle quanto segue: se nei videogiochi apprezzate dei mondi costellati di segreti, aree ed enigmi, con combattimenti tendenzialmente leggeri ma su cui è spesso necessaria una buona dose di ragionamento, allora non perdete l’occasione di scoprire questo genere di avventure!
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