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Blair Witch: la recensione della nuova opera di Bloober Team

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Blair Witch: la recensione della nuova opera di Bloober Team 1

Blair Witch

7.2

GAMEPLAY E LONGEVITA'

7.0/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

6.5/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

8.0/10

Pros

  • Bullet
  • Mix interessanti di vecchie e nuove meccaniche
  • Atmosfera d'impatto
  • Narrazione intrigante
  • Molte sequenze intense...

Cons

  • ...studiate male per il gameplay
  • Comparto tecnico altalenante
  • Level design sottotono
  • Finale esaustivo

Ci sono studi indipendenti che, tramite singoli giochi dall’impronta stilistica unica, riescono a crearsi una nomea che si discosta dal resto degli sviluppatori: tra questi è incluso Bloober Team, creatrice degli horror psicologici (e psichedelici) Layers of Fear e Observer.

Questa volta, lo studio polacco ha avuto la responsabilità di trasporre videoludicamente a modo suo una storia ambientata nel mondo di Blair Witch Project, icona cinematografica dell’horror moderno: scopriamo dunque nella recensione di Blair Witch come se la sono cavata questa volta!

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1996, Maryland.

In seguito alla scomparsa di un bambino nella foresta di Black Hills vicino a Burkittsville (un tempo conosciuta come Blair), vengono disposte dalle autorità delle squadre di ricerca, tra cui è compreso l’investigatore solitario Ellis che, insieme al suo fidato e addestrato cane Bullet, dovrà aiutare a trovare il piccolo e a far luce su ciò che è successo in questo luogo.

Tutto inizia come una normale indagine, fino a quando la coppia poliziotto – cane non incappa in un indefinito incidente di percorso che gli fa perdere l’orientamento, fino a ritrovarsi letteralmente dispersi nel bosco, in piena notte. Da quel momento si entra effettivamente nel vivo del gioco.

Ellis decide di proseguire nell’indagine, nonostante le circostanze fossero divenute altamente sfavorevoli. Tra una ricerca e l’altra, si imbatterà in alcune inquietanti scoperte che metteranno in discussione la sua sanità mentale.
Le terrificanti realtà che si celano nelle boscose fratte di Burkittsville non tarderanno a contrapporsi tra Ellis e il suo obiettivo: quindi, insieme a Bullet, dovrà farsi coraggio e mantenere una certa lucidità per riuscire a sopravvivere.

La trama parte dunque con una certa lentezza per poi evolversi nel tempo in qualcosa di progressivamente più concitato: seppur le premesse siano piuttosto banali, siamo rimasti particolarmente coinvolti dalla narrazione che, in puro stile Bloober Team, ci farà ripetutamente dubitare dei nostri stessi occhi ponendo Ellis e Bullet in situazioni narrative sempre più improbabili e folli: visioni, sensazioni, dialoghi e improvvisi salti temporali accompagnano i personaggi in un percorso psicologico che si interseca con una storia che rimane comunque nei canoni del genere (considerando anche che l’opera deriva da un classico dell’horror).

Tutto converge su un finale caotico, che farà di tutto pur di brutalizzare e scioccare il giocatore con un lungo corridoio fatto di folli allucinazioni e orrori da superare, che si contrappone quindi al lento inizio: va ammesso però che, per quanto siano fortemente d’impatto, tali sequenze finali si ripetono allo sfinimento, finendo per rendere stucchevole quella che avrebbe potuto senza ombra di dubbio essere la parte più riuscita del gioco.

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Non è Outlast, non è Slender: sa soltanto quello che non è

La struttura prettamente ludica dell’opera prende spunto da alcuni degli horror classici lineari degli ultimi anni: l’obiettivo del giocatore a livello di gameplay sarà quello di farsi continuamente strada nell’oscura foresta per trovare il bambino scomparso e svelare il mistero della strega di Blair, sopravvivendo agli oscuri mali che cercheranno di uccidere Ellis e di farlo sprofondare nella follia.

Per farlo, dovremo superare una serie di enigmi ambientali (generalmente semplici) che fanno del loro punto chiave l’esplorazione e il ritrovamento di determinati oggetti in giro per la foresta; il tutto avviene in modo similare a quanto visto in Slender The Arrival: essendo totalmente dispersi nel bosco muniti di torcia, dovremo orientarci trovando dei punti di riferimento (cespugli, tronchi, alberi, sentieri, fiumi, laghetti ecc.) che possano essere riconoscibili affinché si possa ottenere una chiara immagine della zona esplorabile e comprendere dove possa trovarsi ciò che stiamo cercando.

Purtroppo però, il level design costruito da Bloober Team risulta nella maggior parte dei casi estremamente banale: nonostante ci siano diversi tipi di collezionabili opzionali, tali aree sono prive di un vera complessità strutturale che possa rendere soddisfacente l’esplorazione, proponendo in molti casi aree totalmente vuote e altre piene di roba, inspiegabili vicoli ciechi e corridoi inutilmente lunghi (soprattutto considerando la lentezza del personaggio giocante).

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Ben venga chi osa!

Vi sono però anche delle sequenze concitate come rocambolesche fughe e incontri con misteriose figure da sconfiggere: queste sono probabilmente le parti meno riuscite del gioco, perché oltre a sapere di già visto, vanno troppo in contrasto con la lenta e atmosferica esplorazione nelle aree un po’ più aperte, spezzando il ritmo in modo irregolare e confusionario.

L’avanzamento della trama in termini di eventi ricorda invece Outlast: ogni volta che supereremo l’ostacolo narrativo di turno, il gioco presenterà uno script che ci indicherà in modo molto lineare quale sarà il nostro prossimo obiettivo, la prossima area da esplorare e le eventuali nuove meccaniche di gioco.

Parlando di queste ultime, siamo rimasti stupiti dal fatto che, nonostante non siano molte, riescono ad essere piuttosto originali: la torcia e il visore notturno della videocamera non serviranno solo per illuminare/vedere al buio, bensì cambieranno con l’avanzare del gioco la loro utilità in modo veramente interessante (ci piacerebbe davvero potervene parlare in modo più approfondito, ma è qualcosa di così speciale che preferiremmo che lo scopriste da soli!).

Il miglior amico dell’uomo

Però, quella che è la meccanica in assoluto più bella del gioco, nonché quella che rende Blair Witch ancora più particolare è rappresentata da Bullet, il nostro compagno di viaggio.
Nonostante venga presentato come un “normale” cane addestrato, diventerà molto presto “tanto protagonista quanto Ellis“: se da un lato capiterà spesso che il cane seguirà ogni nostro movimento per starci affianco, in altrettanti casi saremo noi a doverlo seguire, in quanto il suo intuito e il suo fiuto saranno letteralmente imprescindibili per le ricerche di Ellis, consentendogli di progredire all’interno della foresta, e quindi anche nella trama.

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Ma Bullet non sarà soltanto una guida, visto che molti dei suoi comportamenti ci aiuteranno in modo indiretto a comprendere cosa accade intorno a noi: tramite abbai, ringhi e lamenti potremo renderci velocemente conto che qualcosa non va, mentre dall’altro lato se lo vedremo gironzolare con fare spensierato significherà che per quel momento non avremo niente di cui preoccuparci.

Il buon Bullet però non è nemmeno “soltanto” una meccanica di gioco: nelle situazioni più ansiogene, il sottoscritto si è ritrovato più volte nel panico nel perderlo di vista per più di qualche secondo, o nel smettere di sentire i suoi versi vicino a sé, proprio grazie alla sensazione di sicurezza e pace che può offrire la sua semplice compagnia a livello di roleplay: la cosa ha ovviamente aumentato in modo pressoché unico il livello di immersione.

Come se tutto ciò non bastasse, esso risulta anche essere protagonista di alcuni risvolti di trama che, considerando il legame che si crea tra lui ed Ellis durante l’avventura, avranno influenza proprio sullo sviluppo psicologico di Ellis, così da far ottenere al bellissimo pastore tedesco anche una rilevanza narrativa.

È sempre una questione di tecnica

Tecnicamente parlando, ci siamo purtroppo resi velocemente conto del basso budget della produzione: frame rate instabile, poca cura nei dettagli, texture sgranate e animazioni legnose (quelle di Bullet in primis) non rendono giustizia a quella che è l’ottima atmosfera creata dal comparto audio, decisamente di livello più alto.

Dall’altro lato, dobbiamo ammettere di non aver affatto disprezzato la componente estetica: dall’inizio alla fine del gioco avremo modo di visitare la foresta in moltissime condizioni differenti (di giorno, di notte, con la nebbia, con la pioggia, con la foschia ambientale ecc.), e grazie alla composizione di colori, luci e altri aspetti puramente artistici, Blair Witch è riuscito a coinvolgerci in situazioni atmosfericamente d’impatto nonostante le palesi problematiche tecniche.

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Conclusioni

Bloober Team continua il suo processo di crescita con un Blair Witch che rappresenta la via di mezzo dei vari horror moderni, unendo meccaniche di gameplay già viste con trovate di game design uniche: la trama, l’atmosfera, e la crescente intensità degli eventi completano un’esperienza horrorifica tutto sommato più che gradevole da vivere, che mostra però il fianco a palesi ingenuità di sviluppo che potevano essere evitate.
E se avete ancora dubbi sul fatto che il cane sia o meno il migliore amico dell’uomo, giocate a Blair Witch: vi rimangerete presto la parola!

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Blair Witch: la recensione della nuova opera di Bloober Team 8

Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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