L’attesa spasmodica di un evento (hype per gli addetti ai lavori) può essere un’arma a doppio taglio con lame seghettate, soprattutto se all’attesa non corrisponde un prodotto all’altezza. Questo é quello che mi é capitato con The Dragon Prince, la nuova serie originale Netflix prodotta dal giovane studio animato Wonderstorm, nato dall’unione di diverse menti provenienti dagli studios sotto Nickelodeon e Lucas, quindi sulla carta tutta gente che saprebbe anche fare il proprio lavoro.
La serie di Aron Ehasz e Justin Richmond, per ora composta da una sola stagione di 9 episodi di 25 minuti, racconta di un mondo in guerra, dove le due nazioni degli umani e degli elfi si combattono da dopo che gli umani hanno ucciso il Re dei Draghi che sorvegliava il confine tra le due nazioni.
Protagonisti della vicenda sono Ezran, principe del regno umano di Katolis, il suo fratellastro Callum, figlio bastardo del re Harrow, e Rayla, una giovane adepta della squadra degli Elfi dell’Ombra della Luna, una squadra di assassini. Lo strano terzetto avrà il compito di riportare nel regno degli elfi l’uovo del Principe dei Draghi, da tutti creduto distrutto dagli umani dopo l’uccisione del Re, ma in realtà nascosto dal mago Viren, consigliere del re. I tre giovani cominciano quindi il loro viaggio verso le terre di Xadia, patria degli elfi, per rendere l’uovo alla madre.
Di base le premesse per qualcosa di molto buono ci sono tutte, ma le puntate sembrano non essere pensate benissimo, troppo lungo che per quel che vogliono raccontare.
Il tempo della puntata é diviso più o meno in 50% di azione utile allo sviluppo della trama e 50% di gag e chiacchiere, che forse nelle intenzioni avrebbero dovuto approfondire i caratteri dei personaggi, ma spesso sono soltanto parole vuote.
Ci sono casi in cui queste chiacchiere sono persino messe nel momento sbagliato, andando ad allungare inutilmente un momento di tensione che non ne aveva assolutamente bisogno.
Nonostante questo la storia scorre bene, nessuna puntata é fine a se stessa e aggiunge qualcosa al viaggio dei tre eroi e alle dinamiche interne del gruppo.
A proposito dei vari personaggi, anche questi hanno dei problemi di caratterizzazione notevoli… in tutta la serie sembra imperante un forte senso di bipolarismo collettivo.
Forse nel tentativo di dare più sfaccettature ai loro personaggi, gli sceneggiatori hanno fatto in modo che agissero e reagissero in maniera differente a seconda delle situazioni.
Il problema é che alcune reazioni rispetto ad altre non sono per nulla credibili e il risultato é un completo spaesamento dello spettatore, che non riesce a capire nulla di questo o quel personaggio.
Prendo l’esempio di Viren, l’antagonista principale: il Viren che ci viene presentato a inizio serie cambia radicalmente appena due episodi dopo, senza tuttavia una vera e propria evoluzione del personaggio, cambia semplicemente faccia da un momento all’altro.
The Dragon Prince si propone come una serie molto semplice, che pone i suoi punti di interesse sui temi dell’accettazione del diverso e di come vedere il mondo da un solo punto di vista sia sempre una cosa negativa atta solo a creare stereotipi e luoghi comuni.
Da questo punto di vista la serie funziona piuttosto bene, dato che viene efficacemente mostrato come gli elfi siano visti come mostri assetati di sangue dagli uomini e gli uomini come abietti furfanti dagli elfi.
Solo i tre eroi, stando in contatto gli uni con gli altri, riescono a superare, almeno in parte, questi pregiudizi.
Altro tema importante é quello dell’equilibrio, mutuato pari pari da Avatar: L’Ultimo Dominatore dell’Aria, dato in questo caso dalla presenza delle sei fondi di magia, appannaggio quasi esclusivo degli elfi, con l’intromissione di una settima fonte, la magia oscura degli uomini.
Il tema della guerra é quello forse di maggior peso nella serie, ma per il momento non abbastanza approfondito, visto che fino ad ora la guerra la si é vista solo da lontano e pare solo un elemento di sfondo… ma sono sicuro che verrà ampliato maggiormente nelle prossime stagioni.
Qui si tocca un tasto dolente.
Ho già parlato in precedenza di come le serie animate originali Netflix abbiano intrinsecamente una qualità di animazione non all’altezza e in Dragon Prince questo aspetto si manifesta in tutta la sua orribile potenza.
Partiamo con l’analizzare il tipo di tecnica di animazione: i ragazzi di Wonderstorm hanno optato per una soluzione che unisce CGI ed animazione tradizionale, mettendo in scena personaggi in grafica digitale e animati in Cell Shading su sfondi disegnati e tendenzialmente fissi (stessa tecnica utilizzata nella serie Wakfu di Ankama Animation), una tecnica che tende a fare miracoli, ma in questo caso ha dovuto scontrarsi con la pessima animazione della serie.
Gli FPS (Frame Per Secondo) utilizzati sono almeno 1/3 di quelli richiesti per un’animazione fluida, perciò l’impressione é che tutti i personaggi si muovano a scatti, cosa che si nota meno nei momenti di quiete, ma che da il peggio di se nelle scene di movimento rapido e combattimento.
Nonostante le ambientazioni siano molto belle e accattivanti i disegni risultano tendenzialmente piatti: castelli, boschi e montagne sembrano dei semplici fondali dipinti in un gioco prospettico non so quanto voluto che fa assomigliare l’intero show a uno spettacolo di marionette di legno.
Il character design dei personaggi é molto attento, tutti i personaggi sono ben distinguibili gli uni dagli altri, nessuno si assomiglia troppo e nonostante gli outfit fissi che in certe situazioni sfiorano il ridicolo (devo ancora vederlo un uomo che fa jogging ed esercizio in armatura), sono molto godibili.
Il contro qui si ha scendendo nei dettagli, come ad esempio le ombre per niente dinamiche e semplicemente appiccicate sui modelli dei personaggi.
Inoltre non ci sono mai effetti di bagnato o di sporco sui vestiti, che rende ben poco credibili le azioni in cui i protagonisti vengono a trovarsi.
Non vorrei che tutti i difetti che ho elencato smorzino l’entusiasmo verso questa serie.
L’idea che mi sono fatto della serie é che riuscirà a dare il suo meglio solo con un buon numero di episodi all’attivo che le diano la possibilità di ingranare, inoltre posso trovare mille giustificazioni per questi problemi soprattutto di origine tecnica: un team ancora poco esperto alla sua prima commissione importate, un budget sicuramente non all’altezza e, se l’istinto non mi inganna, delle pressioni pesanti di Netflix sui tempi di consegna del prodotto.
Qui tuttavia non stiamo valutando il lavoro dietro al prodotto, ma il prodotto stesso, e The Dragon Prince, in questa sua prima incarnazione, é un brutto prodotto: disegni piatti, brutte animazioni, personaggi bipolari e una storia che, seppur molto bella di base, fallisce nel suo modo di raccontarsi, preferendo dare spazio a innumerevoli chiacchiere inutili.
Ho ancora buone sensazioni in merito e per le prossime stagioni potrebbero esserci delle sorprese, ma per il momento non posso che sconsigliarne la visione almeno fino a una possibile seconda stagione.
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