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Legacy of Kain: Soul Reaver: Retrospettiva del cult PS1

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Al tramonto della quinta generazione di console, Crystal Dynamics — già nota per il platform collect-a-thon Gex: Enter the Gecko — pubblicò un titolo destinato a diventare una perla: Legacy of Kain: Soul Reaver, rapidamente riconosciuto come uno dei giochi più significativi dell’era PS1. Con il recente ritorno sotto i riflettori del franchise, grazie alla remastered sviluppata e pubblicata da Aspyr, vi raccontiamo le caratteristiche del capitolo più influente della saga.

Un passo indietro: Blood Omen

Prima di descriverne le peculiarità, è necessario fare un passo indietro e ripercorrere alcuni eventi fondamentali che hanno influenzato profondamente il franchise. Non tutti sanno, infatti, che la disavventura del divoratore di anime è il seguito diretto di un altro titolo: Blood Omen: Legacy of Kain.

Sviluppato da Silicon Knights e pubblicato da Crystal Dynamics nel 1996, si trattava di un action-adventure RPG con visuale isometrica, in cui si vestivano i panni di Kain, un giovane nobile assassinato e poi resuscitato sotto forma di vampiro da un negromante.

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Animati dalla vendetta, gli sviluppatori costruirono attorno al protagonista un mondo oscuro, dalle atmosfere gotiche e popolato da creature demoniache. Il regno di Nosgoth, mappa esplorabile del gioco, era sorretto da antichi pilastri ormai corrotti dai loro guardiani.

Venuto a conoscenza di questa verità, Kain decide di ucciderli uno a uno nel tentativo di ripristinare l’equilibrio. Alla fine del suo percorso, però, scopre che anche lui è uno dei guardiani corrotti. A quel punto il gioco offre una scelta morale: sacrificarsi per salvare Nosgoth oppure compiere un atto egoista e diventare sovrano di un mondo destinato all’oscurità.

Cavalieri contro cristalli

Il titolo fu accolto positivamente da critica e pubblico per la sua narrativa matura e per le meccaniche di gioco basate su incantesimi violenti, tanto da garantirsi un seguito. Tuttavia, la produzione fu ostacolata da una disputa legale iniziata nel 1997 tra Crystal Dynamics — che voleva sviluppare il nuovo capitolo internamente — e Silicon Knights, che, in quanto creatrice della proprietà intellettuale, si opponeva all’idea di esserne esclusa.

La contesa si concluse con un brusco allontanamento tra le due aziende, ma i diritti del franchise rimasero al publisher del primo gioco. Le informazioni sulla visione originaria degli autori sono scarse, ma secondo alcuni indizi forniti da Denis Dyack — presidente di Silicon Knights all’epoca — uno dei prototipi del secondo capitolo avrebbe mantenuto una filosofia di gioco simile al predecessore e avrebbe avuto come protagonista Vorador, il carismatico vampiro noto per il suo ruolo secondario in Blood Omen: Legacy of Kain. Crystal Dynamics, invece, decise di intraprendere una strada diversa e affidò ad Amy Henning il compito di rielaborare Shifter, un progetto già in sviluppo, trasformandolo nel seguito della saga di Nosgoth.

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Inizialmente, Shifter era un’opera del tutto originale e molto ambiziosa, con atmosfere fortemente ispirate al Paradise Lost di John Milton e all’immaginario di H. P. Lovecraft. Il protagonista sarebbe stato una sorta di angelo della morte mutaforma, capace di attraversare piani dimensionali e volare. Tuttavia, la scarsa fiducia dell’azienda in una nuova proprietà intellettuale spinse il team a riconvertire il progetto, dando vita a Legacy of Kain: Soul Reaver, secondo capitolo ufficiale della serie, pubblicato nel 1999 su PlayStation e Dreamcast.

Kain è idolatrato…

La trama di Legacy of Kain: Soul Reaver si svolge 1500 anni dopo gli eventi del primo gioco e prosegue una delle due linee narrative possibili del finale di Blood Omen. Come raccontato nell’iconica introduzione, il vero protagonista è ora Raziel, primo dei luogotenenti di Kain.

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Accusato di essersi evoluto prima del suo maestro — colpevole di aver sviluppato un paio di ali da pipistrello, considerate un segno di grave insubordinazione tra i clan vampirici — viene condannato a morte e gettato nell’abisso del Lago dei Morti. Dopo secoli, il reietto viene risvegliato da una misteriosa entità, nota come Dio Anziano, che intende sfruttare la sua sete di vendetta per scopi misteriosi.

Partendo da una premessa simile a quella del primo capitolo, Henning e il suo team approfondirono temi come il libero arbitrio, il fratricidio, la corruzione del potere e l’accecamento della vendetta. Ambientare il sequel molti secoli dopo e cambiare punto di vista fu una scelta brillante, che permise ai nuovi giocatori di avvicinarsi alla saga senza rimanere disorientati dalla complessità della trama originale.

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Come dichiarato più volte dalla direttrice Amy Henning, le opere teatrali di William Shakespeare furono una fonte di grande ispirazione nella costruzione dei personaggi. I dialoghi si distinguono per un lessico elevato, ricco di metafore e figure retoriche, contribuendo a conferire un tono epico ai momenti di confronto tra Raziel, Kain e i fratelli rivali.

Il direttore del doppiaggio, Gordon Hunt — forte di una lunga esperienza teatrale — creò un ambiente in cui gli attori potevano recitare insieme, collaborare e reagire emotivamente l’uno all’altro, elevando la qualità delle interpretazioni. Per l’epoca si trattava di un approccio del tutto innovativo, che segnò un nuovo standard per le performance attoriali nel mondo videoludico.


Nel doppiaggio originale, Tony Jay (Dio Anziano), Michael Bell (Raziel) e Simon Templeman (Kain) vennero particolarmente apprezzati, ma anche le controparti italiane — Raffaele Fallica, Sergio Grasso e Vittorio Bestoso — ricevettero consensi nel nostro Paese.

Un’ocarina spettrale

Dal punto di vista ludico, Soul Reaver abbandonava la visuale isometrica in 2D per adottare una struttura tridimensionale ispirata alla direzione intrapresa da Shigeru Miyamoto in The Legend of Zelda: Ocarina of Time.

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Proprio come nel capolavoro Nintendo, l’avventura di Raziel riprendeva la logica dei metroidvania, con una progressione scandita dallo sblocco graduale di abilità che consentivano di esplorare nuove aree e svelare segreti precedentemente inaccessibili. Tutte le zone erano collegate tra loro senza caricamenti, contribuendo a creare un mondo organico e immersivo. Una delle meccaniche più originali era la possibilità di passare liberamente tra il piano materiale e quello spettrale. Ciascun reame seguiva leggi fisiche differenti: nel mondo spettrale, ad esempio, l’acqua diventava aria, le stanze mutavano planimetria e non era possibile interagire con oggetti o porte. Molti degli enigmi ambientali richiedevano l’uso costante di questo meccanismo per essere risolti.

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Il sistema di combattimento, sebbene semplice, si basava su un sistema di aggancio del nemico e permetteva di attaccare, schivare, lanciare oggetti e compiere eliminazioni silenziose. La maggior parte degli avversari — essendo creature non mortali — richiedeva metodi specifici per essere sconfitta definitivamente: ad esempio, esporli alla luce, trafiggerli con armi o bruciarli vivi. Nel corso dell’avventura era possibile ottenere glifi, poteri magici elementali che semplificavano i combattimenti. Per recuperare la salute, Raziel doveva assorbire le anime dei nemici appena sconfitti. Quando veniva sconfitto, non moriva immediatamente: veniva invece trasportato nel regno spettrale, dove aveva la possibilità di rigenerarsi e tornare nel piano materiale.


Per gran parte del gioco, Raziel era accompagnato dalla Mietitrice d’Anime, una lama di energia vincolata al suo braccio, in grado di annientare qualsiasi minaccia in pochi colpi — a condizione, però, che Raziel fosse in stato integro.

Alti e bassi

A causa delle tempistiche strette imposte al team di sviluppo, numerosi contenuti vennero esclusi dalla versione finale. Sebbene molti di essi furono recuperati nei capitoli successivi, i tagli rappresentarono una mancanza significativa, soprattutto nelle fasi conclusive del gioco. Il finale, in particolare, risultava incompleto e non offriva una vera chiusura narrativa, preferendo rimandare a un eventuale sequel con un cliffhanger. Nonostante i cambiamenti in corsa, le limitazioni di tempo e il ridimensionamento delle ambizioni iniziali, Legacy of Kain: Soul Reaver fu un enorme successo. Con circa 1,6 milioni di copie vendute, riuscì a conquistare critica e pubblico, garantendo alla serie una degna prosecuzione dell’arco narrativo di Raziel.

Tuttavia, la ricezione dei capitoli successivi fu piuttosto altalenante, a causa di molteplici errori sia ludici sia, in alcuni casi, narrativi. Soul Reaver 2 e Defiance, usciti rispettivamente nel 2001 e nel 2003, riuscirono a completare degnamente la storia di Raziel, arricchendo il racconto con viaggi nel tempo e altri collegamenti con l’universo di Blood Omen, ma furono accolti tiepidamente a causa della loro eccessiva linearità, che non solo evidenziava una mancata evoluzione della serie, ma rappresentava un passo indietro rispetto alla libertà offerta dal titolo PS1.

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Inoltre, a cavallo tra i due giochi fu rilasciato Blood Omen 2, aspramente criticato per l’arretratezza del comparto tecnico e le numerose incoerenze narrative con il resto della saga. A contribuire al declino del brand fu anche la gestione discutibile da parte di Square Enix, che acquisì Crystal Dynamics e altri studi occidentali nel 2009, per poi rivenderli a Embracer Group nel 2022. In questo lasso di tempo fu concepito Dead Sun, progetto che avrebbe dovuto rilanciare il franchise, ma i risultati non convinsero pienamente l’azienda: il gioco venne cancellato e riconvertito in un multiplayer a squadre, Nosgoth, uscito nel 2014 e chiuso nel 2016 per disinteresse da parte del pubblico.

Nel 2024, sulla scia del recente successo di Tomb Raider I-III Remastered, anche i primi due Soul Reaver hanno ricevuto lo stesso restauro tecnico da parte di Aspyr: caratterizzato da una modernizzazione della grafica, dei comandi e un arricchimento di contenuti extra, pensati per i più appassionati. La nuova raccolta ha suscitato interesse tra vecchi e nuovi fan, dimostrando che, nonostante il tempo, la saga nasconde ancora del potenziale inespresso. Con l’arrivo di altri progetti paralleli, come la graphic novel The Dead Shall Rise, in uscita nel 2025, non è impensabile che possa vedere la luce, in futuro, un degno seguito della tragedia vampirica concepita da Amy Henning e dal suo talentuoso team

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Gioco ai videogiochi.

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