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Daredevil Rinascita, la recensione: un revival in crisi d’identità

Dieci anni fa, i Marvel Studios e Netflix conclusero un accordo che avrebbe permesso al Marvel Cinematic Universe di ampliare il suo catalogo focalizzandosi in storie incentrate su personaggi più urban che potessero fare da contraltare ai film degli Avengers, differenziandosi da loro per le tematiche e lo stile più serio e maturo rispetto invece al tono più scanzonato e leggero dei film.

Nacquero quindi serie incentrate sull’eroe di Brooklyn Luke Cage, sul campione di K’un Lun Iron Fist, sulla disillusa detective Jessica Jones, ma sicuramente la serie che più ha spopolato è quella di Daredevil, che con solo tre stagioni ha regalato il più alto livello di sceneggiatura che una serie supereroistica si potesse permettere, con momenti adrenalinici, un’interpretazione eccezionale degli attori protagonisti.

In particolare Charlie Cox come Daredevil e Vincent d’Onofrio in stato di gloria come Wilson Fisk, lo spietato boss del crimine di una New York pulp palesemente influenzata dalle migliori run che più hanno caratterizzato il personaggio, come quella di Frank Miller, di Brian Michael Bendis e di Ed Brubaker, rendendola subito un cult.

Un nuovo inizio

Con la nascita della piattaforma streaming Disney Plus, era solo questione di tempo prima che i Marvel Studios potessero finalmente mettere di nuovo le mani sul personaggio, questa volta cercando di renderlo più partecipe alla macro trama del MCU e facendolo interagire con altri supereroi già appartenenti a questo universo, come si è visto nell’episodio a lui dedicato in She Hulk: Attorney at Law e in alcuni piccoli camei in Spider Man: No Way Home e Echo.

L’introduzione ufficiale di Daredevil nel MCU si era però rivelata più impegnativa di quanto si fosse immaginato, in quanto per i fan il tono più scanzonato del canovaccio Marvel poco si prestava al mood più noir e violento che aveva contrassegnato Daredevil nella sua serie precedente e infatti all’uscita dell’episodio in She Hulk in cui compariva il personaggio buona parte del pubblico non aveva particolarmente apprezzato il cambio di tono così repentino e la totale assenza o menzione dei comprimari della serie originale.

L’idea iniziale era quella infatti di creare un “soft reboot” introducendo personaggi già utilizzati nella serie precedente, come appunto Daredevil, Wilson Fisk e il Punitore, e reinserirli in una continuity più in linea con le serie Disney Plus, idea che avrebbe preso piede con una stagione revival della serie intitolata, neanche a farlo apposta, Daredevil Rinascita.

Durante la produzione gli episodi però si sentiva la necessità di ritornare alle atmosfere e alle idee che si erano create durante il periodo sotto produzione Netflix, per cui, nel giro di pochi mesi, si decise che la serie non sarebbe più stata un revival, ma una vera e propria continuazione della serie originale, costringendo a cambiare in fretta e furia quello che si stava imbastendo e a girare tempestivamente reshoots per ricreare continuità tra la fine della terza stagione di Daredevil e l’inizio di Daredevil: Rinascita senza tuttavia gettare via tutto il girato finora prodotto.

Salvare il salvabile

Il risultato tuttavia non è stato dei migliori. Malgrado i Marvel Studios avesse coinvolto i più esperti sceneggiatori e registi che potevano permettersi nel piccolo schermo per i reshoots (a lavorare sui reshoots è stato infatti il team creativo della serie di Loki) pur di mantenere la stessa qualità che ha reso famosa la serie Netflix, il tono di Daredevil Rinascita non riesce ad essere alla pari con il Daredevil Netflix, complice anche il fatto che ad una parte degli episodi del vecchio team non sono stati apportati grossi cambiamenti, e il footage di quegli episodi risulta essere mediocre e standardizzato, in linea con lo stile Marvel di cui ormai la gente è stufa.

Il contrasto tra la terza stagione e questa supposta “quarta stagione” è praticamente nitido: si passa da un prodotto studiato a puntino per essere un’ultima stagione, con un ritmo teso e avvincente e una meravigliosa puntata finale che sancisce la fine dell’era delle serie Marvel in casa Netflix, a una serie in crisi d’identità che non sa bene esattamente cosa vuole essere, in parte rovinando lo status quo che si era voluto creare alla fine della terza stagione.

Wilson Fisk non è più in prigione come doveva essere (il Wilson Fisk della Disney ricordiamolo doveva essere una versione diversa) anzi, è diventato il nuovo sindaco di New York City e sta imbastendo una guerra contro i vigilantes di New York, costringendo quindi Daredevil, che non è più il vincitore di questa guerra tra lui e la sua nemesi, a smettere di indossare la maschera e a metterlo in una posizione di inferiorità, anzi, quasi di inerzia, per gran parte della stagione.

Peccato perché qualitativamente si vede che del primo episodio della serie (rigirato completamente da capo) se ne sono occupati professionisti del settore, in quanto, pur non avendo la fotografia simile a quella della serie precedente, l’episodio ha una sua identità stilistica molto forte, come si vede dall’utilizzo dei colori, dai movimenti di camera (in particolare quando Matt usa i suoi poteri) e dalle scene d’azioni che invece richiamano fortemente la serie Netflix.

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Tutto questo risulta perduto con il secondo episodio, girato senza il minimo estro creativo perché proveniente dalla precedente gestione, il che rende la visione di questa stagione doppiamente frustrante, non solo perché comunque è una continuazione ufficiale di una serie che non aveva bisogno di continuare, ma anche perché gli episodi completamente girati da capo come questo pilot di transizione tra la terza stagione e Daredevil rinascita, sono comunque girati molto bene e più interessanti se paragonati all’effettivo contenuto che avrebbero voluto proporre come materiale del revival.

Un ibrido che non funziona

Il piano originale di Daredevil Rinascita voleva che lo show fosse impostato come un legal drama episodico, molto differente quindi dal tipo di scrittura delle serie distribuite da Netflix, famose per invece per la trama molto coesa e avvincente. Gli episodi dal 2 al 7 corrispondono infatti al girato della precedente gestione e qui si denota sia uno stile più conforme al tono MCU e anche un differente tipo di sceneggiatura che contrasta quella dei reshoots, che invece richiama più lo stile di scrittura delle precedenti stagioni, molto più derivativa della precedente serie.

Il divario tonale è così straniante che nella stessa stagione si assiste a un intero episodio in cui Matt interagisce con il simpatico, ma allo stesso tempo irritante, padre della super eroina Miss Marvel ad un altro in cui il Punitore e Daredevil combattono in maniera estremamente brutale contro una milizia di poliziotti corrotti o dove Kingpin fracassa a mani nude il cranio di una persona.

Il cast introdotto per differenziarsi dalla serie Netflix risulta inoltre essere poco ispirato e comunque con poca chimica nei confronti di Matt rispetto ai precedenti Karen (Deborah Ann Woll) o Foggy (Elden Henson), in particolare la nuova fidanzata di Matt, Heather Glenn (Margarita Levieva) risulta essere un interesse romantico decisamente piatto e insipido.

L’assenza di validi comprimari rende inoltre la presenza di Matt in questi episodi estremamente passiva e a tratti disillusa, in differente contrasto con la natura reattiva del personaggio della serie Netflix (in maniera simile a Wilson Fisk, anche Matt era scritto come un personaggio diverso da quello visto nelle precedenti stagioni) considerando anche la posizione di potere incontrollato che la sua nemesi sta assumendo durante tutta la stagione.

Solo verso la fine, cioè quando incominciando a subentrare i reshoots, Matt ricomincia ad agire come quando era scritto durante il periodo Netflix e riprende in mano il costume, ma anziché essere un momento catartico, sembra essere fatto di proposito per contrapporsi al precedente girato, quasi come se ci fosse una faida tra due sceneggiatori diversi.

Bisogna comunque dare credito ai responsabili di questi reshoots, perché col poco tempo che hanno avuto, hanno reso la serie più spettacolare e soprattutto più incentrata sul Daredevil che tutti noi conosciamo, invece di raccontare, come nella vecchia stesura, la lenta e noiosa scalata al potere di Wilson Fisk.

Malgrado la loro bellezza, queste divergenze creative creano una lotta intestina con il lavoro precedente, risultando in un disperato tentativo di rendere una serie mediocre una serie più interessante, anche facendo uso di fanservice. Non a caso negli ultimi episodi gran parte del cast della serie precedente ritorna in grande stile, dando appunto l’idea di un seguito anziché di un reboot.

Nelle guerre tra sceneggiatori le vittime sono le serie tv

Per concludere, si potrebbe paragonare questa serie ad una cena, in cui la portata principale è stata irrimediabilmente rovinata, ma al fine di potersi salvare da critiche negative, i proprietari del ristorante hanno fatto ricorso a degli chef stellati che sputano sul piatto principale e preparano un antipasto e un dessert stupefacenti, ma che comunque non riescono a salvare la cena.

Fortunatamente, la seconda stagione sarà gestita completamente dai registi e sceneggiatori che si sono occupati dei reshoots, per cui almeno la trama sarà coesa, ma sapere che per arrivarci bisogna passare attraverso questo “mostro di Frankenstein” ci lascia con un po’ di amaro in bocca.

A volte sarebbe meglio lasciar morire un capolavoro piuttosto che tentare di resuscitarlo a ogni costo.

Daredevil Rinascita
REGIA
7
SCENEGGIATURA
5
COMPARTO TECNICO
5
DIREZIONE ARTISTICA
8
CAST
9
Pros
Recitazione strepitosa, in particolare Vincent D'Onofrio e Charlie Cox
Il materiale dei reshoot risulta essere il miglior girato fra tutte le serie originali Disney +
Hype per la seconda stagione
Cons
Bisogna sorbirsi gli episodi dal 2 al 7
Le due scritture della serie entrano molto in conflitto fra di loro
Non rende la serie iconica come le precedenti
6.8
VOTO
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Carlos Tamila

Giornalista freelance e articolista a tempo perso, penso che anche i film, fumetti e videogiochi hanno qualcosa da raccontare se si scava un pò più in fondo e non ci si ferma alla semplice copertina.

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