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Perché il nuovo Mac Mini M4 è una rivoluzione

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Perché il nuovo Mac Mini M4 è una rivoluzione 1

“Sembra piccolo, ma è un grande”

Sono utente Apple da relativamente poco: fino al 2022 ero un fedele estimatore della scena Android, mentre agli inizi del 2024 ho effettuato il passaggio a Ubuntu sull’allora unico PC di casa, ormai stufo di un Windows sempre più pesante e bloated. A volte, però, nella vita si cercano dei cambiamenti, che spesso possono essere anche piuttosto banali, come quelli che ho cercato io passando da Android a iPhone e più recentemente da Windows a MacOS; in particolare, ho deciso di muovere i primi passi nel mondo Mac grazie all’ultima, fortunata workstation della Mela di Cupertino: il piccolo Mac Mini M4.

mac mini m4

Annunciato alla fine dell’Ottobre scorso, il nuovo Mac Mini M4 ha letteralmente preso il mercato per il colletto, offrendo una potenza senza paragoni per la sua fascia di prezzo e rapendo il cuore di più o meno tutti – fan della Apple o meno. Aldilà della grande accoglienza critica che ha ricevuto questo piccolo prodigio di ingegneria informatica, oggi voglio parlarvi non solo di numeri e benchmark, ma anche dei risvolti che un prodotto del genere sta avendo sul mercato e, infine, di alcune considerazioni più personali: ecco come sta andando il Mac Mini M4.

I muscoli e il cervello: com’è l’hardware del Mac Mini m4?

Iniziamo dalle basi, specialmente per i meno esperti dell’ecosistema Apple: Mac Mini è la linea di Mini PC della Apple che fino alla rivoluzione del 2020 montava chip Intel. Proprio in virtù di questa rivoluzione, ora i Mac Mini montano i chip proprietari della Apple basati sull’architettura ARM (solitamente molto bistrattata in ambiente desktop/laptop consumer), i Silicon: potenti, incredibilmente efficienti e molto versatili.

Mac Mini M4 monta l’ultima iterazione della versione base degli Apple Silicon, e schiera delle specifiche tecniche notevolissime per la sua fascia di prezzo. Di serie, il Mac Mini M4 da 729€ (609€ se siete studenti o docenti universitari) include un SSD da 256GB, una RAM da 16GB, il chip M4 e una serie di porte di tutto rispetto (2 USB3, 3 Thunderbolt 4, un jack per le cuffie, HDMI ed Ethernet).

mac mini m4

Sebbene l’SSD interno da 256GB sia oggettivamente piccolo, e nonostante i tagli di memoria superiori costino molto, troppo caro, le velocissime porte Thunderbolt offrono ottime performance di scrittura e lettura per eventuali SSD esterni (che in futuro, con lo standard USB4 supportato dal Mac Mini M4, saranno ancora più rapidi). I 16GB di RAM, invece, sono stellari e assolutamente non scontati a questo prezzo, visto che la precedente generazione di Mac Mini ne aveva la metà. La vera chicca, però, è l’M4.

M4, così come i suoi predecessori, è un chip basato su ARM. ARM è un’architettura che prima dell’avvento degli Apple Silicon aveva la cattiva fama di essere molto adatto agli smartphone, grazie ad una marcata efficienza energetica, ma molto poco consono alle soluzioni desktop, a causa di performance generalmente meno competitive rispetto a x86, tutt’oggi la famiglia di processori più utilizzata nel mercato dei PC di media e alta fascia. Apple ha scelto, con i suoi Silicon, di andare controcorrente e di spingere ARM ai suoi limiti, con due obiettivi precisi: creare un SoC che consumasse pochissimo, molto utile nei laptop della famiglia MacBook, e che fosse allo stesso tempo incredibilmente versatile.

mac mini m4

M4 è la somma di questi due fattori, ed è il frutto di 4 anni di ricerca e progresso nel campo dei SoC da parte di Apple. Offre una CPU a 10 core (4 di performance e 6 di efficienza) ed una GPU a 10 core, con tanto di supporto al ray tracing e processo produttivo a 3 nm; numeri davvero impensabili considerata la fascia di prezzo. Questa configurazione permette innanzitutto l’assoluta versatilità del chip: buone performance nel multi-thread, eccellenti nel single-thread, potenzialmente capace di fare quasi tutto, dal gaming alla produttività professionale.

mac mini m4

Contemporaneamente, l’architettura ARM consente di raggiungere anche un’efficienza energetica mai vista prima nel segmento: Mac Mini M4 base consuma, in media, dai 3 ai 5W quando è acceso e in idle e supera raramente i 40W quando viene spinto al massimo, con una silenziosità surreale. Praticamente una lampadina.

Lato hardware, quindi, c’è davvero poco da dire: a livello puramente tecnico, non esiste una configurazione simile a questo prezzo e a queste dimensioni (ma quanto è carino questo minuscolo scatolo di alluminio, largo 12 centimetri e alto 5?).

La forza del processo avviato da Apple 4 anni fa, con l’abbandono di Intel, sta nell’aver voluto unificare le piattaforme mobile (iPhone e iPad) con quelle desktop, guardando alla stessa architettura usata in smartphone e tablet, e nell’aver puntato su una tecnologia sviluppata internamente, giovando di un supporto quasi ad-hoc per quanto riguarda il software.

Gli strumenti, il software: la disponibilità di applicativi su Mac Mini M4

La scommessa sull’architettura ARM, 4 anni fa, fu accolta con un certo scetticismo: chi sviluppa software desktop compatibili con dei chip usati solo sugli smartphone? Windows on ARM è un progetto che azzarderei a definire latitante (prezzi esorbitanti e prestazioni non pervenute), x86 è ancora l’architettura dominante del segmento e i software che supportano ARM nativamente, fino a qualche anno fa, erano pochissimi. Cosa stavano pensando, quindi, in quel di Cupertino?

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La verità è che Apple poteva contare già su un’enormità di software sviluppati per ARM: quelli per iPhone e iPad. Unificare l’architettura significava dire ai consumatori che, passando ai nuovi Mac con processori M, avrebbero potuto usare le loro amate app mobile sui loro nuovi computer, assicurando una compatibilità praticamente universale: un punto a favore non da poco per i patiti dell’ecosistema. Nel frattempo, si è lavorato per convincere il mondo dello sviluppo e della programmazione che ARM e Apple Silicon fossero il futuro.

I MacBook con i chip della serie M rappresentano, secondo Strategy Analitics, ben il 90% del mercato dei laptop basati su ARM, mentre le vendite dell’intera linea dei Mac registrano ottimi numeri: è chiaro che perdere i rapporti con un gigante come Apple ed ignorare una fetta di mercato sempre più consistente, sebbene quest’ultima sia basata su un’architettura peculiare, non è proprio una buona idea. I primi anni non sono stati facili (come per qualunque rivoluzione) ma ad oggi, nel 2024, la situazione è estremamente promettente.

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La stragrande maggioranza dei software più popolari, dalla produttività all’editing fotografico passando per quello video, ha ora una versione nativa per ARM, e l’API grafica proprietaria di Apple, Metal, funziona molto bene. Blender, pacchetto Adobe, DaVinci Resolve, svariati browser, pacchetto Office, e così via: i software che girano nativamente sui Silicon sono sempre di più, e in quei pochi casi in cui questo non succede le alternative sono tante, grazie anche ad una sempre più crescente attenzione all’emulazione e ai layer di compatibilità con Windows e i software pensati per i vecchi device Apple x86.

Banalmente, App Store è il crocevia di questa rivoluzione; ormai accoglie migliaia e migliaia di app, tantissime ricavate dalle versioni per iPhone e iPad e molte altre sviluppate ad-hoc per il Mac. I chip proprietari garantiscono infatti performance molto interessanti in software notoriamente molto pesanti sul sistema, assicurando alla Apple un livello di controllo che con gli Intel, chiaramente, non aveva. E i grandissimi passi in avanti non finiscono qui. 

É possibile giocare su un Mac?

Freniamo gli entusiasmi: se cercate il gaming in qualità ultra e a 4K, guardate altrove.
Videogiocare su Mac è ancora un’esperienza lontanissima da Windows e anche da Linux, che grazie a Valve e Proton sta vivendo un momento d’oro, ma la direzione è quella giusta.

Fino a quando MacOS viaggiava su Intel i problemi principali erano due: la scarsa compatibilità e la potenza insufficiente. Posto che il problema della compatibilità è rimasto, adesso la potenza c’è, eccome se c’è, sia nelle versioni base che in quelle Pro e Max.

Sebbene il punto di forza degli M4 base sta nel single-thread, le performance nel multi-thread sono comunque sufficientemente buone per raggiungere degli ottimi risultati anche in giochi davvero pesanti, sicuramente senza paragoni a questo prezzo.

Per fare un esempio molto recente, Baldur’s Gate 3 gira nativamente su Mac, con l’M4 capace di spingersi fino al Full HD e ai 45/60 fps, a seconda delle impostazioni grafiche, mentre anche giochi notoriamente più pesanti sulla CPU, come Crusader Kings 3 (provato personalmente, ndr) registrano prestazioni simili.

mac mini m4

I giochi nativi sono ancora pochi, chiaro, ma è proprio su questa selezione ristretta che M4 è immediatamente diventato la punta di diamante del suo segmento.

Inoltre, la libreria è in continua espansione: Capcom sta portando molti titoli della serie di Resident Evil su App Store, mentre CD PROJEKT RED ha annunciato che perfino Cyberpunk 2077 riceverà presto una versione per Mac. Sarà un lento processo, e il gap probabilmente non sarà mai colmato del tutto, ma sicuramente il gaming su Mac vive un momento di gran lunga migliore rispetto a qualche anno fa, e il nuovo Mac Mini M4 può tranquillamente assolvere anche questo compito con risultati unici al suo prezzo.

La grande notizia è che M4 funziona bene anche con layer di compatibilità quali Wine; i software sono tanti, sia a pagamento che open-source, e con un po’ di esperimenti (consigliati chiaramente solo a chi sa cosa sta facendo) si riesce a fare molto. Chiaramente il tutto cambia da gioco a gioco, e comunque una versione emulata non girerà mai bene quanto una versione nativa, ma la community è sotto questo punto di vista molto attiva. Il mio esempio preferito è Whisky, wrapper open-source di Wine con numerose risorse per aiutare gli utenti.

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Il risultato è che tramite compatibilità girano discretamente anche titoli importanti non nativamente disponibili, come Armored Core 6, The Witcher 3, Fallout 4 e molti altri, a patto che vengano applicati alcuni fix talvolta complessi: ripeto che parliamo di operazioni raccomandate solo ai più esperti, ben documentate ma pur sempre sperimentali.

Occhio anche al retrogaming, perché sono sempre più numerosi gli emulatori con delle versioni native per ARM. L’ultimo pezzo grosso ad annunciare il proprio arrivo su chip Apple Silicon è RPCS3, una notizia accolta molto positivamente da tutti gli appassionati Mac-muniti, specialmente se consideriamo quanto spinosa possa essere l’emulazione della PS3. Chissà, magari il nuovo Mac Mini M4 può diventare la nuova casa delle vostre copie legalmente detenute dei classici intramontabili. 

La mia esperienza con MacOS e Mac Mini M4

Il primo Mac non si scorda mai: mi sono innamorato di questo simpatico scatolino grigio fin dal primo istante in cui l’ho visto. Non posso far altro che annotare il primo, grande pregio di questo form factor: lo porto ovunque. Lo porto in sala per collegarlo alla TV, lo rimetto sulla scrivania, lo infilo in spazi angusti, lo maneggio come se fosse una scatola di cioccolatini: questo dispositivo è più portatile di un portatile, basta avere un display e lo piazzi semplicemente dove ti pare.

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Praticamente, parliamo di un PC incredibilmente potente racchiuso dentro una scatola leggermente più grande di una Apple TV, che per inciso è “solo” un media center, e non posso fare a meno di distrarmi ogni tanto per guardarlo mentre lavoro: ma come hanno fatto? È una stregoneria?

La cosa notevole, che è di norma uno degli annosi Talloni d’Achille della fascia dei Mini PC, è la sua capacità di non scaldarsi: spesso nelle workstation del suo genere non c’è fisicamente lo spazio per integrare un sistema di raffreddamento efficiente, e sebbene vengano prese altre contromisure queste non sono mai terribilmente efficaci. Mac Mini M4 sfrutta la grande efficienza di distribuzione del carico di lavoro del suo chip e la unisce ad un flusso dell’aria pensato nei minimi dettagli.

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Il risultato è quello di un PC estremamente silenzioso, che si è fatto quasi invisibile anche durante task non esattamente leggere. Mai una lamentela, mai una temperatura eccessiva, se non in alcuni rari casi, ma comunque mai oltre la soglia di preoccupazione. La grande quantità di porte, assolutamente valida, mi è tornata utile molto spesso; mi sono dovuto munire di molti adattatori data l’assenza di porte USB-A, ma questo è un difetto davvero minimo. Potete collegare perennemente un SSD esterno alle velocissime porte Thunderbolt sul retro, e avreste comunque altre 2 Thunderbolt dietro e 2 USB3 davanti da poter sfruttare.

Form factor, sistema di raffreddamento e numero di porte hanno un costo, più o meno incisivo a seconda dell’utilizzatore: la strana e scomoda posizione del pulsante di accensione, che è incastonato nella parte inferiore del PC, vicino alle prese d’aria. Ciò significa che per accenderlo devo inclinarlo, premere il tasto e poggiarlo nuovamente. Sul web troverete alcune lamentele a riguardo, magari anche valide, ma personalmente vi posso garantire che al terzo giorno di utilizzo già non ci pensavo più; sottolinearlo, però, non è certamente un errore. 

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Insomma, un difetto questo Mac Mini M4 dovrà pur averlo, no?
Quello che sto per dire rientra nel campo delle abitudini e delle preferenze, quindi posso solo azzardare delle considerazioni di stampo personale: faccio ancora un po’ fatica a digerire MacOS. I motivi sono diversi, e forse sono patologici dell’aver utilizzato tutti i principali sistemi operativi in circolazione, ma non posso fare a meno di paragonare l’esperienza di MacOS a quelle che ho avuto prima.

Innanzitutto, partiamo dai pregi: MacOS è tremendamente pulito. Il suo linguaggio di design è consistente non solo all’interno dello stesso PC, ma anche con gli altri prodotti Apple. L’azienda di Cupertino ha codificato un modo di sviluppare le interfacce utente che a mio parere supera ampiamente il Material Design di Google in quanto ad estetica e versatilità, e diventa evidente soprattutto quando si lavora all’interno di un ecosistema così seamless come quello di Apple.

Inoltre, MacOS è un sistema operativo fortemente votato al multitasking e all’utilizzo in contemporanea di altri dispositivi della Mela: installare ed eliminare le app è un’operazione estremamente lineare del tutto simile a quella su iPhone, le impostazioni sono raggruppate allo stesso modo, è possibile interagire con gli SMS ricevuti sul proprio smartphone, vedere la rubrica, il calendario condiviso da tutti i dispositivi, utilizzare le stesse password, visionare gli stessi documenti e sincronizzare i file e le foto importanti con iCloud. Insomma, cose che tecnicamente è possibile fare con software di terze parti anche su Windows, ma assolutamente mai in maniera così profonda ed integrata.

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MacOS viene anche consegnato in mano agli utenti con una pletora di software per la produttività, dettaglio assolutamente non scontato visto che la suite Apple funziona molto bene: Keynote, Numbers e Pages sono programmi simil-Office molto potenti, Note è formidabile per prendere appunti e segnare cose importanti, e in generale l’esperienza di utilizzo di MacOS è già completa alla prima accensione del nostro nuovo PC.

Quello che non digerisco di MacOS è la tendenza di Apple a fare le cose come se di fronte avesse sempre un gruppo di neofiti inesperti: per installare applicativi di terze parti che mi permettessero di leggere dei banalissimi file system NTFS (uno dei più comuni per HDD e SSD esterni, specialmente se usati con PC Windows) sono stato costretto a modificare alcune impostazioni nel menù di recovery di sistema. Non scherzo! Non è un sistema propriamente chiuso, l’avvento dei chip Silicon ha portato ad una maggiore libertà di utilizzo, ma i paletti da non superare sono ancora tanti, specialmente rispetto a Linux e Windows.

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Trascinare le icone nella cartella “Applicazioni” per installare i programmi esterni all’App Store assomiglia di più ad un’operazione che vedrei fare su un PC giocattolo piuttosto che su una workstation di questo livello, e sono uno che di solito apprezza la semplificazione di setup e programmi di installazione vari. Il dock non è affatto chiaro, e l’unico modo per capire quali app sono aperte è un minuscolo puntino nero al di sotto delle icone. E, per l’amor del cielo, che senso ha la barra delle opzioni al di fuori della finestra attiva?

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Insomma, è un sistema operativo formidabile per quanto riguarda la produttività, ma diventa quasi irritante quando ci si prova a fare qualcosa di più tecnico: le potenzialità sono tante, ma Apple è un po’ pigliatutto, ergo indirizza i propri prodotti sia agli utilizzatori casual che a quelli esperti. Dei compromessi sull’accessibilità sono naturali e ben accetti, ma in certe cose mi sembra che MacOS esageri un po’, finendo addirittura col complicare alcune operazioni al dichiarato fine di renderle palesi ed imboccare i propri utenti.

Conclusioni

Per chiudere questo approfondimento sulla nuova mini-ammiraglia di casa Apple, faccio una domanda a voi lettori: quanto siete fan dell’ecosistema Apple? Se, come nel caso del sottoscritto, la risposta è “tanto”, e se contestualmente dovete rinnovare la vostra workstation, allora chiudete questo articolo e comprate il Mac Mini M4.

Non è ancora versatile come un PC Windows, ma il mondo Mac – grazie all’avvento dei chip Silicon – sta vivendo un periodo d’oro, che promette benissimo non solo per il futuro, ma anche per il presente stesso. Apple ha piazzato un colpo da 90 con un PC di rara potenza ed un prezzo sorprendente, che non a caso sta già vendendo molto bene raccogliendo ottimi pareri.

Apple non è esente da errori, anzi, ma stavolta va dato a Cesare quel che è di Cesare: Mac Mini M4 è una piccola, grande rivoluzione.

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Eterno amante di astronomia e di videogiochi, Matteo è cresciuto con un gamepad in una mano e con una carta celeste nell'altra. Cerca sempre di scoprire cose nuove su di lui e sui suoi gusti esplorando decine di generi. Con gli anni ha riscoperto anche una forte passione per la letteratura, la musica, la tecnologia e per la cultura orientale, in particolar modo cinese, oggetto del suo percorso di studi in Lingue e Letterature. Trova sempre un legame tra quello che interessi così diversi riescono a raccontare, nella maniera più personale possibile.

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