In questa forse un po’ deludente stagione cinematografica invernale, Tofu in Japan (o Takano Tofu se preferite, ndr.) è giunto nelle sale a partire dalla fine di dicembre.
Il film di Mitsuhiro Mihara, uscito in Giappone nel 2023, era stato accolto con estrema positività al Far East Film Festival, la kermesse più importante per quanto riguarda il cinema asiatico in Italia, e vanta molti riconoscimenti in giro per il mondo.
Con l’elegante ritardo che contraddistingue la distribuzione di queste pellicole in Italia, unita alla moria di sale dove poterlo guardare (si ringrazia invece, come sempre, l’ottima programmazione di Cinegatti e la rete di cinema di Perugia, ndr.), ci siamo ritrovati davanti a questo interessante drama giapponese con le alte aspettative che ormai accompagnano ogni prodotto di successo che arriva dall’Estremo Oriente.
Il film si apre con una normale mattina nel negozio del signor Takano, mettendo in scena azioni e automatismi della produzione del tofu con quella maestria nell’uso della fotografia e del silenzio che caratterizza un certo stile del cinema nipponico. Un tipo di scena che potremmo trovare autoreferenziale o già vista, ma che personalmente adoro alla follia: con semplicità e maestria, Mihara mette in scena la minuziosa arte del tofu, la dedizione di Takano e della figlia, l’importanza di questo rito nella sua esistenza.
Questi piccoli dettagli che trapelano dall’inizio del film caratterizzeranno poi tutta la pellicola. Tofu in Japan, infatti, è la storia del signor Takano, artigiano del tofu dedito alla vendita del suo prodotto, e di Haru, la figlia che lavora e vive con lui, divorziata dopo un matrimonio da giovane.
Dopo un controllo di routine, al signor Takano consigliano di operarsi al cuore, mettendo in lui dei dubbi sul futuro della sua attività e di sua figlia. Insieme ai suoi amici del quartiere, Takano inizia a cercare possibili compagni per Haru, incappando però anche lui in una nuova conoscenza, Fumie, una signora incontrata dalla sua dottoressa.
In Tofu in Japan protagonisti assoluti sono due concetti chiave nella cultura nipponica: Tradizione e Comunità. Tradizione, ovviamente, declinata nel lavoro artigianale impeccabile del signor Takano nella creazione del tofu. Processi e sapori da coltivare e preservare ma che spesso si scontrano con l’innovazione, inevitabile e potenzialmente preziosa se compresa, come vorrebbe Haru per il tofu del padre.
Dall’altro lato, la comunità, intesa come colletività in una città piccola come il porto di Onimichi, dove un gruppo di amici ancora si incontra dal barbiere e si aiuta per qualsiasi cosa, anche la più bizzarra, come la ricerca di un nuovo marito per una figlia.
La tradizione e la comunità si fondono in questa ambientazione di Onimichi alla perfezione, riuscendo a trasmettere allo spettatore il contesto sociale e culturale nel quale si svolge poi la storia del signor Takano. Tofu in Japan rientra così in quel filone tutto nipponico di storie dedicate al lavoro e a questo spaccato della società giapponese conosciuto come shōshimin-eiga, i film sulla piccola borghesia.
Per questo, la figura del signor Takano, lavoratore instancabile e dedito in ogni suo momento al tofu, è il punto su cui convergono tutte le linee tematiche dell’opera. E fondamentale diventa, subito dopo la scoperta dei problemi di salute, il ragionamento sul futuro del suo prodotto, sulla vita della figlia, su un altro elemento chiave in questa opera: quello della famiglia.
Come tradizione e comunità, anche la famiglia è un concetto esplorato in maniera delicata e toccante in Tofu in Japan. Qui il rapporto tra Takano e la figlia Haru è messo in scena magnificamente dal film, esaltando le prove attoriali di Tatsuya Fuji e Kamiko Aso, e raccontando una storia che ci colpisce perché emozionante e genuina.
Un vincolo familiare particolare quanto saldo, che si contrappone alla figura di Fumie, una donna che la vita ha lasciato da sola e che inizia a ragionare sulla sua solitudine davanti alla malattia. Un personaggio forte quanto commovente che, anche qui, ci emoziona per la sua attualità e per l’ottima interpretazione di Nakamura Kumi.
A fine visione, mi è capitato di chiedermi, come già successo per film simili, se avessi assistito a una commedia o a un drama. Perché, se dovessi categorizzare l’opera di Mitsuhiro Mihara, la parte definibile comica non è trascurabile. Con il suo stile tipico del cinema e dell’umorismo nipponico, Tofu in Japan prova (e riesce discretamente, ndr.) a strapparci qualche risata, soprattutto grazie alla squadra di vecchietti che si adopera per trovare un compagno ad Haru.
Protagonista indiscussa è però la componente drammatica della vicenda, quando si devono fare i conti con le tematiche del rapporto familiare, dell’affrontare una malattia, della solitudine e della resilienza, immancabile in film del genere, dei protagonisti. Non stupisce inoltre, vista l’ambientazione a Onomichi e l’età anagrafica dei protagonisti, il riferimento alla bomba atomica e ai suoi sopravvissuti (i suoi izoku, ndr.).
La sintesi vincente che Mihara offre in Tofu in Japan è quella tipica di una certa corrente del cinema nipponico (ma asiatico in generale, ndr.), mischiando sapientemente una storia a tratti drammatica e impegnata con un umorismo tutto giapponese che, contro ogni aspettativa, funziona alla grande. Un genere che amo in maniera altalenante e che col tempo riscopro ciclicamente, passando da un Summer Blooms all’imperdibile Tokyo Sonata.
Tofu in Japan rispecchia sostanzialmente il frutto del lavoro del signor Takano, un tofu unico, dai sapori inimitabili, che nulla ha a che vedere con i prodotti industriali. La storia messa in scena da Mihara è proprio così: un racconto delicato di uno spaccato di società giapponese che caratterizza ancora il Sol Levante, stoici lavoratori alle prese con l’inevitabile ventata di modernità che li colpisce, di una famiglia con i suoi inevitabili problemi e della solitudine che incombe arrivati a una certa età.
La sintesi che il film riesce a fare di questi temi centrali e il tocco comico con cui vengono comunicati è estremamente vincente e ci regala 120 minuti piacevoli e interessanti, nei quali il signor Takano ci porta nella sua quotidianità con la delicatezza che contraddistingue questo filone cinematografico nipponico.
Tofu in Japan funziona perché è una storia di generazioni che si passano il testimone e che, anche da questa parte del mondo, siamo in grado di comprendere ed empatizzare. Un racconto veritiero, commovente e attuale, diretto a ogni tipo di pubblico. Ormai non ci meravigliamo più della costanza e della qualità di questo tipo di opere; l’unica cosa che ci stupisce è solo la lentezza con cui ci vengono distribuite.
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