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Dynasty Warriors: Origins, la recensione: una lettera d’amore per il genere Musou

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Ci sono saghe che, nel corso degli anni, riescono a entrare nel cuore dei giocatori e diventano punti di riferimento per interi generi videoludici: Dynasty Warriors è senza dubbio una di queste. Con Dynasty Warriors: Origins, Koei Tecmo (vi lasciamo qui la nostra recensione di Fairy Tail 2) e Omega Force ci propongono un viaggio che attinge dal passato glorioso della serie, ma che al contempo cerca di rinnovare la formula dei Musou, ormai rimasta troppo indietro nel corso degli anni.

Dopo aver passato diverse ore tra battaglie e strategie, e aver abbattuto migliaia e migliaia di soldati, in questa recensione vi illustrerò i punti di forza e di debolezza di Dynasty Warriors: Origins. Riuscirà a rendere giustizia al genere Musou e a rinnovarlo?

DYNASTY WARRIORS: ORIGINS - Trailer di lancio

La crisi della Dinastia Han e l’epoca dei Tre Regni

In Dynasty Warriors: Origins ripercorreremo un periodo cruciale della storia cinese, dalla corruzione della Dinastia Han fino a una delle battaglie più importanti del Periodo dei Tre Regni: la Battaglia di Chibi.

Ma andiamo con ordine. Circa 150 anni dopo la fondazione della Dinastia Han, la corruzione si diffonde all’interno della famiglia imperiale: mentre la Cina è flagellata da carestie devastanti, causate da gravi siccità e condizioni meteorologiche anomale, i governanti approfittano della debolezza della popolazione per imporre con forza la propria tirannia, aumentando le tasse e appropriandosi dei beni più preziosi dei contadini.

Durante i suoi viaggi, un misterioso guerriero vagabondo giunge in un villaggio desolato, dove incontra un “Uomo dai Capelli Lunghi” e un “Eroe Barbuto”, intenti a difendere i contadini dall’oppressione dei funzionari corrotti. Questa ribellione passerà alla storia come la Rivolta dei Turbanti Gialli, a cui il nostro protagonista sceglierà di unirsi.

Solo dopo la battaglia scopriamo che il protagonista ha completamente perso la memoria: non ricorda la propria identità, la sua origine né tantomeno la sua missione. Nel corso dell’avventura apprenderemo che egli è un membro dei Guardiani della Pace, un gruppo di guerrieri che, sotto il governo Han, si batteva per eliminare chiunque mettesse in pericolo la stabilità dell’impero.

Da qui nasce la sua missione: trovare una persona da proteggere, qualcuno in grado di riportare la pace in Cina. Ma chi riuscirà a unificare il regno sotto un’unica bandiera? Sarà Liu Bei, Cao Cao o Sun Jian?

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Un gameplay evoluto rispetto alla formula classica

Rispetto ai titoli precedenti, Dynasty Warriors: Origins introduce alcune novità che rivoluzionano sensibilmente l’approccio ai combattimenti. Il sistema di combattimento si basa su un equilibrio tra attacco e difesa, cercando di innovare il genere Musou con meccaniche diverse, quali le Tecniche di Battaglia, le Tattiche, gli Assalti e gli Attacchi Musou. Inoltre, il protagonista avrà la possibilità di scegliere tra nove armi diverse, ognuna con combo e azioni uniche che garantiranno una varietà profonda di stili di gioco.

Per quanto riguarda le meccaniche difensive, molte di queste sono tratte da altri titoli Koei, come Wu Long: Fallen Destiny, e adattate al genere Musou. Troviamo, infatti, parate e schivate, e se entrambe vengono eseguite con il giusto tempismo, sarà possibile eseguire potenti contrattacchi, costringendoci così a non spammarle, ma a riflettere attentamente su ogni singola mossa.

Un altro elemento interessante è la possibilità di utilizzare i Compagni, ovvero ufficiali di fiducia che si uniscono alla battaglia al fianco del protagonista. Una volta che la barra dello scambio è completamente carica, i Compagni possono essere temporaneamente controllati, permettendoci di utilizzare ufficiali leggendari capaci di abbattere oltre 1000 soldati con un singolo attacco Musou.

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Il sistema delle Tattiche, introdotto nei capitoli Empires, viene ampliato: i giocatori possono coordinare attacchi di squadra in vere e proprie battaglie tra eserciti. In determinati momenti della battaglia, sarà possibile lanciare un attacco con il proprio esercito contro quello nemico, dando vita ad una vera e propria battaglia. In queste enormi zuffe, il nostro compito sarà sventare le tattiche nemiche e portare avanti quelle alleate, mirando all’annientamento dell’esercito avversario.

Infine, vengono ripresi i Duelli contro gli ufficiali nemici, già presenti in Dynasty Warriors 4. Si tratta di scontri uno contro uno con un ufficiale nemico, che, se completati entro il limite di 50 secondi, comportano la sconfitta immediata dell’avversario senza dover passare per il campo di battaglia. Questa meccanica, però, può essere attivata solo in scontri specifici.

Un Musou a tinte RPG

Dynasty Warriors: Origins, pur essendo classificato come Musou, cerca di rivoluzionare la sua formula, attingendo in modo deciso a meccaniche tipiche dei classici RPG. Infatti, la personalizzazione del protagonista è estremamente approfondita: oltre alla possibilità di scegliere le armi e le Tecniche di Battaglia da utilizzare (anche queste in grande quantità, ndr), tramite un Sistema a Livelli sarà possibile far salire il personaggio, sbloccando nuove abilità e potenziamenti.

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In aggiunta a questo sistema, troviamo i Pannelli delle Abilità, che funzionano come un albero delle abilità, consentono di spendere i Punti Abilità guadagnati durante le battaglie per migliorare le statistiche del protagonista, sbloccare nuove skill e ottenere bonus utilizzabili negli scontri.

All’inizio di ogni battaglia, sarà possibile anche modificare il proprio equipaggiamento, arricchendolo con accessori che offrono bonus speciali e consumabili da utilizzare durante gli scontri. Tutte queste meccaniche contribuiscono a rendere Origins un RPG davvero godibile, arricchito dalla frenesia dei Musou, che saprà soddisfare i giocatori amanti degli scontri frenetici e dei classici Giochi di Ruolo.

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Origins riprende anche l’Open World sperimentato in Dynasty Warriors 9, ma mentre in quest’ultimo era dispersivo e vuoto, in questo nuovo titolo si adotta una struttura a mappe dettagliate, sebbene circoscritte a un’area ridotta. Questo approccio contribuisce a rendere il mondo di gioco vivo e ricco di attività secondarie, come:

  • Missioni speciali che approfondiscono la storia e i legami con i personaggi principali;
  • Schermaglie e battaglie secondarie, in cui sarà possibile affrontare brevi conflitti finalizzati a ripristinare la pace nelle varie regioni della Cina;
  • Allenamenti con gli ufficiali, che permettono di ottenere punti abilità completando allenamenti specifici;
  • Collezionabili e oggetti segreti, utilizzabili per ottenere gemme speciali o premi unici.
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Un comparto tecnico di assoluto rispetto

Il comparto grafico di Dynasty Warriors: Origins presenta luci e ombre. Da un lato, le battaglie su larga scala sono rese in modo spettacolare, con effetti visivi che esaltano l’azione frenetica e il caos del campo di battaglia. Dall’altro, alcuni elementi risultano meno curati: le ambientazioni appaiono talvolta piatte e prive di dettagli, con una direzione artistica che, nella gestione di colori e illuminazione, manca di un vero slancio creativo. Tuttavia, questa scelta stilistica ha permesso di garantire prestazioni solide su console, mantenendo un framerate stabile anche in presenza di un elevato numero di unità a schermo.

Sul fronte audio, la colonna sonora mescola melodie di ispirazione orientale con potenti riff di chitarra elettrica. Sebbene quest’ultimo elemento possa inizialmente sembrare fuori contesto, durante le battaglie contribuisce a creare un’atmosfera epica e coinvolgente.

Anche dal punto di vista narrativo, il titolo si dimostra estremamente curato, alternando sapientemente momenti di pura frenesia ad altri più riflessivi. Il racconto degli eventi storici è trattato con grande attenzione ai dettagli, permettendo al giocatore di immergersi appieno nella Cina del III secolo.

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Finalmente un Musou difficile

Una cosa che ho apprezzato moltissimo di Dynasty Warriors: Origins, e che probabilmente chi mastica il genere condividerà, è la difficoltà del gioco: finalmente un Musou in cui è possibile morire. Ovviamente, come in ogni altro Musou, anche in Origins ti sentirai un Dio capace di sconfiggere eserciti di duemila, tremila e più soldati combattendo prevalentemente da solo, ma qui è molto più facile andare giù rispetto a qualsiasi altro Musou.

A difficoltà massima, il gioco presenta un livello di sfida notevole: non paragonabile, ovviamente, ai Souls e giochi simili, ma anche i soldati più semplici si riveleranno una vera spina nel fianco per il giocatore. Gli ufficiali sono più difficili da abbattere, la finestra per parate e schivate perfette è davvero ridotta, e sarà fondamentale non correre troppo, ma fermarsi anche un attimo per “farmare” livelli per il nostro protagonista. Possiamo dire che in questo titolo si sente molto l’influenza di Wu Long: Fallen Destiny.

Per quanto riguarda la longevità, siamo di fronte a un titolo di durata media, circa 20/25 ore per completare la storia principale, ma se si vuole esplorare a fondo il gioco, le ore di gioco possono facilmente superare le 40/50. La storia principale si suddivide in cinque capitoli, ognuno dei quali è composto da diverse battaglie, con tre finali ben distinti (uno per ogni fazione che si può scegliere dal capitolo 4, ndr).

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Purtroppo, però, e questo è un po’ inevitabile nel genere Musou, il titolo può diventare ripetitivo con il tempo, soprattutto per i giocatori più casuali che non amano il genere. Nonostante Origins offra una varietà e diversificazione impareggiabili per il genere, alla lunga c’è sempre il rischio di annoiarsi.

Il miglior Musou di sempre

Con Dynasty Warriors: Origins, Koei Tecmo e Omega Force hanno probabilmente creato il miglior Musou di sempre, un titolo che riesce a fondere in modo magistrale le caratteristiche del genere con quelle dei classici RPG. Il gioco eccelle sotto ogni aspetto, offrendo un gameplay frenetico e variegato, una storia curata nei minimi dettagli che ripercorre fedelmente il periodo che va dalla dinastia Han fino all’era dei Tre Regni, e una longevità senza precedenti per il genere.

Oltre alla storia principale, è possibile divertirsi con numerose attività secondarie, approfondire la conoscenza dei personaggi storici e raccogliere una vasta gamma di collezionabili, che arricchiscono l’esperienza anche dopo aver completato la campagna principale.

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Il principale difetto del titolo è la ripetitività, un limite intrinseco del genere Musou, seppur mitigato dalla varietà delle meccaniche di gioco. Ottimo invece il livello di sfida, che nelle difficoltà più elevate garantisce un gameplay davvero impegnativo. Dynasty Warriors: Origins si rivela un titolo perfetto per tutti: dagli appassionati del genere a chi si avvicina per la prima volta ai Musou, fino a chi desidera semplicemente un anti stress per i momenti più difficili.

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Dynasty Warriors: Origins, la recensione: una lettera d’amore per il genere Musou
Gameplay e longevità
9.5
Comparto tecnico e sonoro
8.5
Coerenza e cura nel dettaglio
9
Pros
Un gameplay frenetico e spettacolare, con tante varianti in grado di renderlo sempre diverso
Il miglior Musou di sempre dal punto di vista della narrazione
Livello di difficoltà perfetto per ogni tipo di giocatore
Personaggi realizzati con estrema cura
Cons
Alla lunga può risultare ripetitivo
Mappe di gioco poco ispirate rispetto a tutto il resto
9
VOTO

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Mi presento, mi chiamo Armando, amante della tecnologia e dei videogiochi fin da bambino. Sono un grandissimo appassionato di giochi di carte, soprattutto Yu-Gi-Oh!, e di videogiochi a carattere horror, in particolare la saga di Resident Evil, con il quarto capitolo in cima alla classifica dei miei videogiochi preferiti.

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