Recensioni

High on Life, la recensione: dissacrare il dissacrabile!

High on Life

7.3

GAMEPLAY E LONGEVITÀ

7.0/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

6.5/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

8.5/10

Pros

  • Folle, dissacrante e senza peli sulla lingua
  • Insospettabilmente ben scritto e pieno di dettagli
  • Comparto estetico e sonoro particolarmente espressivo
  • Gameplay loop divertente

Cons

  • Molte sovrapposizioni di dialoghi
  • Shooting poco rifinito
  • Tecnicamente non al top

Nel mondo del gaming, così come in qualsiasi altra forma di intrattenimento, vi sono determinati sviluppatori che non puntano praticamente mai solo alla qualità in senso stretto nei loro prodotti, attingendo spesso e volentieri a schemi idee di produzione banali, volti al attirare il maggior numero di giocatori, ma che preferiscono invece concentrarsi su un’unica componente creativa, un’idea assurda o un concept diverso dal solito.

Tra di questi vi è senza dubbio Squanch Games, il quale fondatore Justin Roiland fu colui che come cocreatore e produttore esecutivo diede alla vita niente meno che la saga animata di Rick & Morty, famosa per la sua folle irriverenza: dopo il loro debutto nel nostro medium con Trover Saves the Universe, esperienza VR tanto assurda quanto divertente, questo giovane team ha rilasciato lo scorso 15 dicembre la loro seconda opera videoludica, uno sparatutto in prima persona in salsa spaziale chiamato High on Life.

Dopo averne seguito con estremo interesse e curiosità lo sviluppo, siamo riusciti a metterci le mani sopra e ora siamo qui per parlarvene.

In una galassia tutt’altro che “lontana lontana”…

Tutto fila liscio nella spensierata e tranquilla vita del giovane protagonista e di sua sorella maggiore: mentre il primo si gode una sessione di sano gaming sul pc della sua cameretta, la seconda è impegnata nell’organizzare una festa con amici a base di alcol e droga, data l’assenza dei genitori in casa.

Poco dopo però, tale quiete verrà interrotta da bruschi rumori provenienti da fuori: così, i due usciranno per andare a controllare e si renderanno conto che è atterrata proprio di fronte a loro una nave spaziale aliena, dal quale usciranno creature extraterrestri che, come di consueto, paleseranno le loro intenzioni di conquistare la terra e schiavizzare l’umanità.

Dopo qualche ostile battibecco tra di loro e gli abitanti del posto, entreremo in possesso di Kenny, una curiosa pistola aliena senziente e parlante che ci chiederà di entrare nell’astronave e recuperare un dispositivo di teletrasporto.

Quindi, in seguito allo scontro diretto con alcuni di questi alieni, otterremo il suddetto oggetto per poi fare ritorno a casa: una volta collegato a una presa elettrica, l’intera abitazione verrà teletrasportata a Blim City, una strana città la quale estetica sprizza Futurama da ogni poro, situata su chissà quale pianeta di chissà quale galassia.

Qui faremo la conoscenza di Jean, un ex cacciatore di taglie leggendario caduto ormai in rovina, che farà il punto della situazione sullo stato delle cose: l’intero pianeta si trova sotto il giogo di Garmantuos e del suo letterale cartello della droga chiamato G3, che schiavizza da tempo ogni civiltà con il quale si imbatte, per motivi inizialmente sconosciuti.

Quindi, seguendo le indicazioni di Jean e prendendone il posto come cacciatore di taglie, dovremmo scorrazzare in giro per la galassia per sconfiggere alcune personalità di spicco del G3, smantellando quello che è il sistema mafioso che vi è dietro e salvando conseguentemente i vari popoli da questa inarrestabile minaccia.

Tra demenzialità e satira

Come è possibile immaginare, a trainare con forza l’esperienza in termini narrativi non è la trama effettiva, intesa nel senso classico come sequenza di eventi e avvenimenti che coinvolgono i protagonisti fino alla fine, bensì la caratterizzazione del mondo di gioco, del contesto generale e, più nello specifico, dei personaggi che lo popolano.

Il tutto è infatti basato fu una comicità spiccata, che oscilla continuamente tra satira sociale e non, che punzecchia e prende in giro molti dei luoghi comuni del nostro mondo (in particolare quello del gaming), e una forma di demenzialità volgare, basata su scambi di battute densi di parolacce e terminologie spinte, accompagnate con costanza da versi e suoni viscidi di natura corporea, come spruzzi, rutti e scoregge.

Questa strana contrapposizione umoristica è un concentrato di genio e follia, che non si pone alcun problema nell’esprimere con assoluta spudoratezza disappunti e controversie politicamente, eticamente e moralmente scorrette: nonostante ciò, non mancheranno dettagli e riferimenti più mirati e sottili, che richiederanno una certa dose di osservazione e pensiero laterale per esser colti.

Compagni di peripezie

A rubare poderosamente la scena ci pensano i Gatliani, ovvero le altre bocche da fuoco parlanti (letteralmente) che avremo modo di incontrare e usare durante l’avventura: oltre a vantare di un cast di doppiatori d’eccezione, essi avranno una propria caratterizzazione e personalità, i quali dialoghi con il giocatore, con gli altri personaggi e soprattutto tra di loro (ovviamente anch’essi senza peli sulla lingua) finiranno per creare una gabbia di matti al quale sarà impossibile non affezionarsi.

Se da un lato la loro natura di arma da fuoco ci farà superare qualsiasi ostacolo di gameplay, dall’altro ci terranno costantemente compagnia con frasi e commenti anche al di fuori dei dialoghi narrativi principali, che li renderanno in men che non si dica dei letterali compagni d’avventura, con il quale potremo dire di averne viste e superate di tutti i colori.

Persino all’interno della trama assumeranno un ruolo di primaria importanza: oltre ad avere ognuno una propria singolare storia, vi sarà anche un’intera linea narrativa che li vedrà come protagonisti assoluti, non solo come individui ma anche come specie.

Complessivamente, il lavoro svolto da Squanch Games per quanto riguarda la scrittura dei dialoghi è qualcosa che ci ha colto alla sprovvista: il tutto non sarà un semplice insieme di battute sconce e volgarità buttate nel calderone, bensì vi saranno una quantità di trovate comunicative, giri di parole e monologhi insospettabilmente coerenti ed elaborati che, nella loro demenzialità, potreste prendere con più serietà del dovuto.

Inoltre, il gioco presenta una quantità eccezionale di piccole e nascoste interazioni extra con gli NPC, che spesso si evolvono in linee di dialogo aggiuntive come commenti fuori luogo e affermazioni discutibili, che riescono a essere sempre sul pezzo e quasi mai invasive.

Persino a livello testuale, il gioco è invaso di scritte, pop-up e descrizioni (alcune prettamente ambientali come insegne o cartelli), e altre strettamente legate all’HUD semplicemente assurde.

Purtroppo va segnalato un problema di sovrapposizione dei dialoghi: capiterà in un sacco di occasioni che tra i comprimari, gli NPC e altri personaggi vi siano più conversazioni attive nello stesso momento, spesso e volentieri anche durante le fasi di combattimento, che richiederanno una dose di attenzione uditiva eccessiva per esser seguiti e compresi al meglio.

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Inoltre, i sottotitoli non riescono a stare dietro a tale intensità di battute (risultando spesso sfalsati e tendenzialmente sfuggenti), e l’assenza della traduzione in italiano rende tutto ancor più difficile da seguire: ciò ci ha inevitabilmente portato a perderci molti dialoghi, il che, data la loro geniale bellezza, non può che essere un peccato.

Va comunque specificato che questo tipo di ironia va apprezzata per quello che è: molti giocatori potrebbero infatti trovare il suo insieme di volgarità e demenzialità fine a sè stesso e tutt’altro che divertente, il che potrebbe portarli a stufarsi in fretta e ad abbandonare il gioco dopo davvero poco tempo.

“Bocche da fuoco”, in tutti i sensi!

Spostandoci sul piano del gameplay, High on Life si propone come uno sparatutto classico, che alterna scontri all’ultimo sangue, sequenze platform basilari e anche qualche piccolo enigma più o meno elaborato.

L’andamento delle missioni sarà lineare, ogni livello avrà una buona quantità di zone secondarie e aree segrete, alcune disponibili sin da subito e altre saranno accessibili solo grazie alle abilità speciali dei Gatliani: dato che entreremo in possesso di questi ultimi pian piano nel corso dell’avventura, saremo spinti a più riprese a tornare in aree precedentemente percorse per esplorarle con maggiore libertà al fine di trovare tutte le casse nascoste e i collezionabili.

A ciò si andranno ad aggiungere alcuni equipaggiamenti come il pugnale rampino, il jetpack e gli stivali magnetici che ci permetteranno di gestire più agevolmente gli spostamenti orizzontali e verticali, e di muoverci quindi con maggiore rapidità nella mappa di gioco.

Nonostante non proponga chissà quali spunti creativi particolari, il level design risulta semplice ma coerente con sè stesso, grazie a passaggi e interconnessioni che riescono a essere funzionali e piacevoli sia nell’avanzamento diretto delle missioni che nell’esplorazione secondaria.

Ovviamente, tutto ciò andrà sfruttato al meglio anche nelle fasi di combattimento, nel quale ci ritroveremo a più riprese a dover sconfiggere numerose ondate di scagnozzi del G3: i Gatliani avranno infatti una modalità di fuoco primaria e una secondaria, oltre alle già citate abilità speciali attive, che avranno sul campo e sui nemici effetti unici e particolari.

Nonostante la difficoltà non sia poi così elevata, questa amalgama di componenti riesce a essere divertente e stimolante, soprattutto dal punto di vista strategico (se così possiamo definirlo): tutte queste tipologie di fuoco e di abilità differenti andranno combinate per gestire al meglio il controllo della folla, i danni inflitti ai nemici e anche i movimenti nell’arena; vi assicuriamo che una volta presa confidenza con tutto ciò riuscirete a risolvere ogni scontro con estrema fluidità.

Un plauso va anche fatto per quanto riguarda le bossfight principali, sviluppate su fasi ben variegate tra loro, il quale concept unico, unito al mood generale del gioco vi porteranno dinanzi a scene talmente surreali e fuori di testa che faticherete a credere ai vostri occhi.

C’è sempre un “però…”

Purtroppo vanno segnalate un paio di criticità alquanto rilevanti: dato che i Gatliani sono a tutti gli effetti degli esseri viventi, useremo i loro sputazzi, schizzi e scoregge come proiettili, il quale impatto dei colpi sui nemici non può per forza di cose a essere chissà quanto penetrante e soddisfacente, rendendo quindi lo shooting nudo e crudo abbastanza fiacco, pad alla mano.

Il secondo difetto riguarda proprio i nemici: date le basi di questo folle mondo fantascientifico composto da creature e alieni di ogni tipo, la mancanza di varietà nelle minacce che ci troveremo a dover affrontare risulta pressoché inspiegabile, in quanto si limiteranno a esser sempre gli stessi blob antropomorfi gialli, diversificati quasi solo per dimensione e resistenza, con troppe poche eccezioni.

Estetica vs Grafica?

Un altro dei punti cardine relativi alla caratterizzazione del gioco riguarda il comparto estetico: oltre alle ambientazioni sempre vivaci, colorate e zeppe di composizioni strutturali surreali, si nota sin da subito il focus degli sviluppatori sulla resa delle espressioni facciali degli alieni, in particolare sulle animazioni di occhi, pupille, palpebre, bocca e lingua, ma anche su quelle più fisiche, relative quindi a braccia, gambe, tentacoli e altre protuberanze.

Se da un lato questo aspetto fa spiccare l’espressività di ogni smorfia, gestaccio e movimento corporeo, dall’altro il design complessivo di questi fantomatici alieni risulta banale, in quanto si limita a proporre fisiologie umane classiche con giusto qualche differenza fisica e facciale come tentacoli al posto delle braccia, occhi aggiuntivi, una colorazione della pelle più accesa e niente più, eccezion fatta per i Gatliani, molto più ispirati nel concept e curati nella realizzazione.

A tal proposito, anche in termini di pura grafica il gioco non propone chissà quale qualità delle texture, cura dei poligoni, resa dell’illuminazione e dell’effettistica generale, bensì si limita a essere funzionale proprio ai colori e all’espressività di questo stile cartoon, il che data la natura da opera di budget medio basso, riteniamo che sia stata una scelta azzeccata.

Discorso similare va fatto per il sound design generale, che se da un lato non regala una colonna sonora così memorabile, dall’altra l’effettistica relativa ai versi, ai rigurgiti e agli altri rumori corporei riesce a rendere con successo l’effetto di viscidume.

Conclusioni

High on Life fa dell‘umorismo demenziale e della satira sociale il nucleo concettuale attorno al quale far orbitare tutte le altre componenti: il genere di trama fantascientifica, la caratterizzazione dei personaggi e del mondo di gioco, lo stile estetico e persino il ciclo di gameplay e combattimento ruotano attorno a essi per valorizzarne il concentrato di genio e follia, riuscendo nell’intento di offrire un’esperienza divertente, scorretta e irriverente.

Se questo è il suo più grande pregio, dall’altro lato non può che essere un’arma a doppio taglio: infatti, il gioco non offre nient’altro che questo, e quindi chi non dovesse apprezzare quel tipo di ironia verrà sin da subito bombardato da essa, il che potrebbe portarlo a volerlo abbandonare all’istante e ad allontanarcisi prepotentemente.

Inoltre, la sua natura di produzione dal budget medio basso lo fa incappare in qualche piccolo problema di natura tecnica, come la mancanza di attenzione nella gestione di molti dialoghi, un comparto grafico non esaltante e uno shooting piatto.

A ogni modo, siamo convinti che questo genere di produzioni faccia più che bene al nostro medium, e che con qualche accortezza e attenzione in più Squanch Games potrebbe diventare tranquillamente un punto di riferimento più che solido per quanto riguarda ironia e umorismo applicate al gaming.

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Mattia Mariano

Salve a tutti, sono Mattia, e da circa 18 anni ho un'intesa passione per il mondo dei videogiochi, e con essa mi porto dietro una forte propensione alla discussione e al dialogo il più discorsivo possibile riguardo questa incredibile arte.

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Mattia Mariano
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