Recensioni

Soulstice, la recensione: la lama che danza nel caos

Soulstice

8

GAMEPLAY E LONGEVITA'

8.5/10

GRAFICA E SONORO

8.0/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

7.5/10

Pros

  • Combat system peculiare e davvero articolato nelle fasi avanzate del gioco
  • Inquadrature e grafica di ottimo livello
  • Alchimia tra il cast di personaggi perfetta...

Cons

  • ...anche se molti non vengono approfonditi abbastanza e risultano piatti da certi versi
  • Esplorazioni/enigmi/fasi platform spesso dei semplici riempitivi che potevano essere gestiti meglio
  • Le ambientazioni possono risultare troppo ripetitive

Soulstice è finalmente realtà: scopriamo insieme lo stylish action italiano dei Reply Game Studios

Se di soulslike ormai siamo abituati a vederne tanti anche di sviluppatori novizi al genere, così non si può dire degli stylish action, per di più parlando di prodotti del panorama di sviluppo italiano.

Proprio qui entra in gioco l’italiana Reply Game Studios, divisione dedicata al gaming della famosa omonima azienda informatica Reply, che si arroga il difficile e ingrato compito di portare nuova linfa vitale al genere con il loro nuovo titolo Soulstice, esclusivo per console di ultima generazione e PC.

I triarchi, la progenie del Caos e l’Ordine della Lama Cinerea

Il setting alla base di Soulstice è, senza mezzi termini, decisamente classico: l’umanità che affronta il caos. Però, intorno al concetto generale che può sembrare giustamente banale, il team della scrittura si è mosso alquanto bene.

In breve, tanti anni fa il caos viene sconfitto dai tre triarchi, entità praticamente divine a cui vengono dedicate le tre capitali del regno: essendo il caos troppo potente, in realtà, i tre triarchi si limitano a rinchiudere il caos dietro il Velo, una specie di divisore tra il mondo umano e quello del caos.

Per preservare questo equilibrio e le continue incursioni del caos, viene istituito l’Ordine della Lama Cinerea, corpo militare composto dalle chimere, due umani con un forte legame uniti nel corpo e nello spirito in un unico individuo.

La nostra avventura nello specifico segue le vicende di Briar e Lute, la chimera protagonista della vicenda: vengono inviate a Ilden, una delle tre capitali ed anche teatro dell’intera campagna di gioco, dove si è verificato un pericoloso e grosso “Squarcio nel Velo”.

Come potete notare, se si va oltre il “guerra contro il caos“, l’incipit sembra decisamente intrigante, cosa che è effettivamente possibile confermare.

Nello specifico, si apprezza particolarmente la cura e il velo di mistero per tutte le figure/fazioni/gruppi principali del mondo di Soulstice: questo ottimo lavoro (seppur non troppo elaborato) in tal senso, riesce a spingere il giocatore a giocare le vicende della chimera per approfondire il legame con il mondo di gioco, il che non è un aspetto scontato in un genere in cui per anni il gameplay ha sempre fatto da padrone lasciando spesso e volentieri in secondo piano l’aspetto narrativo.

Parlando di cose negative, invece, dispiace segnalare alcuni momenti anche importanti di trama (nello specifico, parlo di alcuni momenti di “simil-flashback“) che vengono resi un po’ “piatti” quando davvero centrali e importanti.

Nel complesso comunque il comparto narrativo funziona egregiamente, anche più del previsto.

Un cast e mondo di gioco semplici ma funzionali

Ma oltre la storia ci sono molte cose riuscite (e non) anche e soprattutto riguardo i personaggi, la lore e il worldbuilding.

Riguardo il cast si può intanto dire una cosa: alchimia perfetta.
I dialoghi tra Briar e Lute funzionano bene, il loro rapporto viene anche trasmesso egregiamente al giocatore (anche se credo si potesse mettere in scena una miglior caratterizzazione della stessa Briar, che a volte appare più piatta o assume atteggiamenti al di fuori del personaggio, ndr.).

Al nostro duo, poi, si “aggiunge” già dopo poco aver iniziato, Layton, probabilmente uno dei personaggi più riusciti dell’intero cast di Soulstice, che completa il trio creando interazioni davvero interessanti e intrattenenti da leggere.

Questi sono solo alcuni esempi, ma anche gli altri personaggi che man mano vengono introdotti non sono da meno.

La vera nota dolente del cast sono probabilmente i primi due boss-villain che si affrontano nel corso del gioco, soprattutto il primo con cui si avrà a che fare sul campo, che ha una backstory decisamente piatta e poco interessante.

In generale, viene approfondita troppo poco la loro storia e in modo frettoloso, il che è un peccato visto che avrebbero meritato un’adeguato approfondimento, soprattutto gli ultimi due, che hanno dei concept alla base pazzeschi su cui ci sarebbe stato spazio per numerose riflessioni.

In ogni caso, questo non è necessariamente un male in un genere che predilige il detto “poche parole, più botte“, quindi per quanto personalmente è un aspetto a cui tengo molto, ad altri appassionati del genere può interessare relativamente poco: anche se ad alcune persone, magari più sensibili o presi in causa dall’argomento trattato, al contrario, introdurre certi temi senza analizzarli e affrontarli a dovere può dare enorme fastidio, legittimamente.

Ilden: il teatro della nostra missione

Come già detto prima, l’ambientazione di Soulstice è la città sacra di Ilden, una delle tre capitali fondate dai tre triarchi.

La città, che è divisa in porto, città alta, bassa e monastero al centro, con vari muri a dividere le varie zone, è una scelta particolare e funzionale: dà a suo modo una diversa prospettiva della progressione, il che motiva anche il giocatore a proseguire vedendo a tempi alterni la sua distanza da quel fascio di luce che è il suo obiettivo.

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Al contrario, questa cornice però può risultare alla lunga monotona, visto anche che i luoghi spesso e volentieri non sono poi così tanto particolari ed ispirati. Sono comunque location molto belle da vedere e che comunque faranno felici quei videogiocatori che cercano questo tipo di setting generalmente ispirato a tutto quel filone dark fantasy di Berserk, Claymore e simili e che strizzano un occhio anche a vecchie conoscenze dell’ambito videoludico come Devil May Cry e i classici God of War.

Il comparto tecnico che accompagna tutto ciò regala davvero tante soddisfazioni, belle inquadrature (il titolo utilizza una visuale fissa centrata sul personaggio, ndr.), un dettaglio grafico decisamente notevole, anche agevolato dal fatto che è assente il supporto alla old-gen, e un ottimo uso dei colori e delle luci.

Degne di nota su questo aspetto sequenza iniziale e capitoli finali, che regalano un po’ di varietà sul discorso ambienti e mostrano tutti i muscoli del lato tecnico della produzione.

Purtroppo discorso diverso per quanto riguarda le musiche: per quanto decisamente ben riuscite e di ottimo accompagnamento agli scontri, non risultano poi così memorabili.

Uno stylish action che impara dai migliori e poi trascende

Ora siamo arrivati al vero punto importante di uno stylish action: il combat system, che è probabilmente l’aspetto più riuscito e più particolare di Soulstice.

Se durante la prima parte di gioco il combat system e il gameplay, in generale, si impegnano “semplicemente” a passare nel solco dei grandi classici con successo, verso la metà del gioco inizia a rivelare la sua vera identità, distaccandosi pian piano sempre di più da loro.

Passando dalla ottima varietà di scelta delle armi (sette in totale) all’integrazione della companion Lute, pian piano Soulstice acquisisce una maturità che davvero stupisce durante le più di 20 ore di durata totale (a difficoltà normale, cioè definita come “Novizio” dal gioco) e a cui la demo non rende per nulla giustizia.

A tal proposito è importante sottolineare come l’introduzione dei nemici più avanzati cambia pesantemente il gameplay di gioco. Si passa infatti da parecchi semplici nemici da uccidere, come nel più classico dei stylish action, a pochi nemici con tanta vita e che chiameranno a sé creature da sconfiggere.
Le battaglie risulteranno così delle mini boss fight le cui fasi consisteranno nello sconfiggere le creature generate da essi, ultilizzando particolari meccaniche del combat system di Soulstice.

Approccio decisamente peculiare che a molti puristi potrebbe far storcere il naso, che però funziona egregiamente, soprattutto al fine di rinnovatore della formula del genere e punto cardine nel dare carattere all’intero gameplay di Soulstice.

Quando completo, il combat system di Soulstice diventa davvero armonioso, quasi un rythm game, con cambi di armi e abilità da eseguire il più spesso e al tempo più giusto possibile per mantenere il ritmo e aumentare il livello di coesione, essenziale per utilizzare le potenti (e meravigliose da vedere) abilità di coppia delle due protagoniste.

Tutto questo confluisce nell’aumento del contatore delle combo, nonché il rank di punteggio a fine scontro e di fine livello (che può essere in entrambi i casi ferro, bronzo, argento, oro, platino o diamante).

Gli unici difetti veramente evidenti si possono riscontrare in alcune delle varie boss fight, non sempre studiate benissimo che in alcuni punti e casi risultano “rompibili”, cioè completabili troppo facilmente, tra cui il boss finale che per 3/4 della battaglia risulta ironicamente più facile dei boss incontrati prima.

All’infuori del combat system, il gameplay continua comunque a seguire i crismi del genere. Abbiamo una valanga di oggetti da rompere lungo il cammino per raccogliere valuta che ci servirà a potenziare le due eroine, piccole sezioni simil puzzle game e sezioni platforming, senza infamia e senza lode, che hanno l’unico vero problema di far notare le (numerose) barriere invisibili e quanto sono legnosi i salti e gli scatti in aria durante l’esplorazione.

Importante segnalare che Soulstice utilizza una camera fissa, sul personaggio giocabile, durante le fasi esplorative. Per molti questo aspetto nella demo ha dato noia, però possiamo dire che non è gestita per niente male, anzi: generalmente è superiore anche ai vecchi classici a cui si rifà, su questo aspetto.

In fase di recensione solo in due o tre momenti ha dato problemi durante alcuni combattimenti (che comunque prevedono la possibilità di ruotare liberamente la visuale) e più che altro per il livello di vicinanza della camera al personaggio utilizzato.

Risultati battaglia: le conclusioni

Alla fine dell’avventura possiamo dire che l’obiettivo di Reply Game Studios è stato centrato: Soulstice è uno stylish action di tutto rispetto che si merita un posto vicino ai “mostri sacri” maggiori esponenti del genere.

Nonostante non sia assolutamente esente da difetti, nel suo complesso riesce a raggiungere una maturità, un’assoluta solidità e carattere che lo fanno risultare di gran lunga valido e appetitoso a tutti gli appassionati del genere, anche visto che dopo i “soliti noti” non hanno mai avuto granché scelte.

La speranza è che in un eventuale seguito diretto o spirituale si riprenda ciò che è stato fatto in questo primo titolo come base per migliorare, soprattutto nella varietà degli ambienti, in qualità di narrazione e profondità di trama e magari, chissà, in quel caso parleremo di un capolavoro del genere che potrà trovare un posto affianco ai Bayonetta e Devil May Cry del caso.

Ricordiamo che Soulstice di Reply Game Studios è disponibile dal 20 settembre 2022 per PC Windows, Xbox Series X/S e PlayStation 5.

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Cosimo "Kojimo" Riondino

Caporedattore e owner di SpaceNerd.it. Videogiocatore fin dai 5 anni, cresciuto con attorno Gameboy, Sega Master System e Playstation One. La sua saga preferita è quella di "Prince of Persia", ovviamente a partire dai giochi pre-Ubisoft, che lo ha legato in modo indissolubile dall'infanzia ad oggi al mondo videoludico. Altri suoi hobby ed interessi sono anime, la programmazione, musica e la tecnologia in generale.

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