Nel mondo del videogioco siamo sempre abituati a grandi lanci e annunci pazzeschi, e tra questi non poteva certamente non spiccare Devolver Digital che da anni ci delizia con eventi molto divertenti con storyline assurde, basti ricordare l’evento apocalittico causato da Mecha Suda51 durante l’ultimo E3.
Però se bisogna trovare qualcosa per cui dar credito a Devolver è l’assoluta intelligenza nella scelta dei prodotti che pubblicano, da Enter the Gungeon a Inscryption ogni titolo pubblicato da Devolver ha saputo deliziare centinaia di migliaia di giocatori. Tra questi titoli il più atteso per il 2022 è sicuramente stato Cult of the Lamb, un roguelite con importanti elementi gestionali sviluppato dai ragazzi di Massive Monster e pubblicato, appunto, da Devolver Digital.
Cult of the Lamb è un gioco costruito per avere una esperienza ambivalente, di fatto propone sia una componente prettamente action-oriented nella sua parte roguelite (vi proponiamo questo nostro articolo a riguardo se voleste approfondire il genere) ma anche una componente gestionale molto impattante sulla crescita del giocatore durante la sua playthrough.
Vogliamo subito togliere i dubbi a chi sta leggendo questa recensione, non è possibile giocare una o l’altra componente in maniera a sé stante, in ogni momento del gioco bisognerà scegliere se concentrarsi sull’esplorazione di una di quattro aree o se rimanere con i nostri cultisti per gestire le loro mansioni e le varie risorse che potremmo generare nella base del nostro culto.
Per quanto sia comprensibile che una parte del gioco sia più apprezzata rispetto all’altra secondo la soggettività del giocatore bisogna fare un plauso alla maestria con cui i ragazzoni di Massive Monster hanno implementato le meccaniche di gestione del culto all’interno dell’esplorazione delle zone. Ogni piccola cosa da fare nel nostro culto, infatti, aiuterà il progresso del nostro protagonista, che sia sbloccando nuove armi o ottenendo nuovi bonus per l’ottenimento di risorse.
La porzione action-roguelite di Cult of the Lamb è stata tutto sommato apprezzata, anche se in generale manca quel livello di profondità che ci si aspetterebbe dal genere. Al di fuori delle route generate casualmente o dagli effetti dei tarocchi che si possono trovare ogni tanto c’è molto poco che influenzi il gamplay.
Di fatto c’è molto più spazio all’abilità del giocatore e nonostante non sia per niente una cosa negativa avremmo preferito qualche altro layer di complessità all’interno delle singole run come oggetti equipaggiabili, più meccaniche che imponessero scelte rischiose o semplicemente anche più tipologie di armi.
Questo però non significa che l’azione in Cult of the Lamb non sia ben costruita, al contrario: i combattimenti sono sempre stati avvincenti, con una buona varietà di nemici e sfide sempre più toste anche alle difficoltà più basse.
Il feeling del nostro Capretto è tarato con molta minuzia, gli attacchi hanno un buon peso e le schivate sono rapide e responsive, in generale il combat all’interno di Cult of the Lamb ci ha soddisfatti anche se è posizionato all’interno di un sistema che beneficerebbe da un po’ di complessità in più.
Uno dei punti cardine dell’esperienza di Cult of the Lamb è appunto la creazione, la crescita e la gestione del culto del nostro Capretto protagonista.
Quasi ogni aspetto del piccolo antro che utilizzeremo per il nostro culto è completamente personalizzabile, a partire ovviamente dalle strutture che saranno utili per ottenere materiali e risorse fino a decorazioni e altri accorgimenti estetici per rendere più apprezzabile il nostro anfratto di mondo.
La personalizzazione si limita al circondario di una piccola piazza dove sono inseriti elementi inamovibili come il totem che simboleggia il culto o la piccola stazione per iniziare le costruzioni; tutto il resto è totalmente personalizzabile seguendo una griglia a quadrati orientati a 45 gradi seguendo una prospettiva isometrica.
Questa sebbene sia una ottima scelta dal punto di vista puramente estetico, forse può rivelarsi un po’ ostico dal punto di vista organizzativo anche se questo può essere piuttosto soggettivo.
Un po’ meno soggettivi sono i piccoli problemi (che stanno piano piano venendo risolti via patch e aggiornamenti, ndr.) che sono presenti nella parte gestionale: HUD non spesso funzionante, pavimentazione non propriamente ben implementata e comportamento dei membri del culto non proprio ben ottimizzabile.
Il lavoro in ambito gestionale di Massive Monster è più che sufficiente secondo noi, ma avremmo voluto un occhio più attento in questo ambito, siamo contenti infatti dei recenti bug fix che stanno sistemando l’esperienza di gioco.
La trama di Cult of the Lamb è fondamentalmente molto semplice: i Vescovi dell’Antica Fede, nel tentativo di impedire il ritorno di un essere chiamato Colui che Attende, chiedono di sacrificare ogni singolo capretto al mondo. Accade però che l’ultimo della specie viene salvato in punto di morte proprio da Colui che Attende, ottenendo così la Corona Rossa che gli concede il potere di combattere contro i Vescovi con il fine ultimo di liberare Colui che Attende dalla sua prigionia.
Di per sé non c’è molto d’altro in questa trama, anche se l’interazione tra i Vescovi e il capretto protagonista lasciano trapelare alcuni dettagli molto carini che ovviamente vi lasceremo esplorare in piena libertà. Oltre a loro saranno presenti tanti altri NPC che riveleranno piccoli dettagli su se stessi e sul mondo di gioco man mano che verranno progredite le loro quest line.
Inoltre sarà presente un simpatico pennuto che verrà a darci notizie sulla lore (per cui vi invitiamo a leggere anche questo altro nostro articolo, ndr) del mondo che stiamo esplorando man mano che sconfiggiamo i Vescovi e progrediamo con la nostra missione.
Uno dei primissimi aspetti che ha stuzzicato l’interesse dei giocatori è stato sicuramente il dualismo tra i temi del gioco – quelli di culto, sacrificio e rituale – con lo stile grafico che rappresenta un po’ tutto con uno stile semplice, bello e innocente.
Come a voler ricordare un approccio simile già vissuto in serie televisive come Happy Tree Friends o altri videogiochi come The Binding of Isaac l’approccio dualistico tra tema e stile funziona molto bene anche in Cult of the Lamb, rendendo molto più leggeri i temi affrontati mentre si esplora un mondo tutto sommato colorato e vivace.
L’ispirazione artistica potrebbe essere anche ricondotta a Don’t Starve, un titolo indie survival dalla visuale isometrica, che condivide molti degli aspetti grafici con Cult of the Lamb, anche se quest’ultimo ha molti più pregi dal punto di vista delle animazioni, che sono molto scattanti, ben visibili e soddisfacenti sia all’occhio che alla mano.
È doveroso però specificare che alcuni nemici soffrono un po’ questa scelta stilistica rendendo alcuni attacchi difficili da decifrare, però in generale tutto il gioco è stato ben studiato per sopperire a queste piccole mancanze dando indicatori come barre di caricamento e indicatori luminosi per aiutare la lettura dei moveset avversari.
Dal punto di vista della colonna sonora non c’è molto da dire, ogni traccia è ben riconoscibile e memorabile. Il compositore, Narayana Johnson, è riuscito nell’ardua impresa di creare uno scenario sonoro dal tono elevato ma senza andare a tradire lo stile grafico, nasce quindi così una colonna sonora dal ritmo incalzante e dai toni si cupi ma altrettanto avventurosi, perfetti per le varie esplorazioni che il giocatore dovrà intraprendere durante l’avventura.
In totale tutta l’avventura più il collezionare al 100% ogni singolo elemento del gioco è venuto a costarci 25-30 ore del nostro tempo. Tecnicamente una buonissima durata se si parla di un gioco indie qualsiasi, soprattutto se si considera che verrà ampliato anche in futuro con aggiornamenti gratuiti, però se lo si guarda dal punto di vista di un roguelite allora abbiamo un titolo tutto sommato insufficiente.
Le zone sono ad esplorazione limitata: non si possono, infatti, sconfiggere più di tre bossfight per singola area, inoltre la varietà di eventi da scoprire viene consumata con una velocità abbastanza ridicola.
Ovviamente è impossibile immaginare di ottenere un titolo grosso o complesso come un The Binding of Isaac, però allo stesso tempo sentiamo Cult of the Lamb non tanto come un gioco completo ma quanto come un’ottima base d’appoggio su cui far crescere un titolo che verrà supportato nel corso di anni a venire.
Crediamo infatti che Cult of the Lamb sarà un titolo che in futuro avrà tantissimo da offrire, sono gli stessi sviluppatori a parlarne nei recenti comunicati, volendo portare all’attenzione i futuri update gratuiti che vogliono offrire a tutta la player base anche, in parte, come ringraziamento per aver venduto oltre un milione di copie entro la prima settimana dall’uscita.
Massive Monster è riuscita a creare un titolo che tiene incollato il giocatore, grazie al sistema di combattimento semplice ma divertente e che si incastra alla perfezione con al sistema gestionale, dimostratosi interessante seppur non esente da difetti.
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