Il regista d’animazione e fondatore del leggendario Studio Ghibli (abbiamo un articolo in merito se fossi interessato a sapere come recuperare le loro opere), Hayao Miyazaki, è sempre stato un tipo avverso alla tecnologia e al quale piace fare le cose alla vecchia maniera, soprattutto quando si tratta del suo mestiere.
In passato è spesso capitato che Miyazaki esprimesse pubblicamente delle opinioni piuttosto forti e avverse alle nuove tecnologie. Uno degli esempi più eclatanti potrebbe risalire al 2010, quando, a breve distanza dall’uscita dell’allora nuovissimo prodotto di Apple, l’iPad, ha paragonato le sue gesture alla masturbazione e ha definito il device “disgustoso”, disdegnando qualsiasi beneficio questa nuova tecnologia potesse portare all’industria.
Pertanto, quando nel 2016 Miyazaki e il suo collega allo studio, Toshio Suzuki, sono stati invitati ad una dimostrazione del Dwango Artificial Intelligence Laboratory c’era da aspettarsi una reazione molto infervorata.
Quello che il team di sviluppatori stava presentando, erano delle animazioni create autonomamente da delle intelligenze artificiali, che avevano imparato a muoversi senza il concetto di dolore e alle quali era stato dato un aspetto che voleva richiamare quello di uno zombie.
Il risultato era piuttosto grottesco: nonostante la forma umanoide, i loro movimenti non richiamavano minimamente quelli di una persona; queste creature si muovevano strisciando e usando sia arti che la testa e le spalle per muoversi, risultando tremendamente inquietanti al più delle persone che hanno presenziato la conferenza.
Il team dietro questo lavoro voleva presentare la tecnologia come potenziale aiuto nell’industria cinematografica, tuttavia, la reazione di Miyazaki non è stata esattamente positiva: per prima cosa, sostiene che quel tipo di movimenti limitati e ristretti, porterebbe a una demonizzazione di qualunque persona alla quale mancano delle complete abilità motorie, incluso un suo caro amico.
“È un insulto alla vita stessa” aggiunge il regista, continuando dicendo come non userebbe mai una tecnologia simile per i suoi lavori.
Dopo aver ascoltato le sue dure parole, pare che tre dei ricercatori siano scoppiati in lacrime, facendo calare il silenzio nella sala.
La situazione cambia nuovamente quando Suzuki chiede ai ricercatori quale fosse il loro obiettivo nello sviluppo di questa tecnologia: “Ci piacerebbe realizzare una macchina che possa disegnare come può farlo un umano” è stata la risposta di uno dei membri del team.
Forse non la scelta di parole migliore per convincere un regista d’animazione vecchia scuola come Miyazaki, il quale, prima di andarsene, ha lasciato un’ultima dichiarazione: “Sento che siamo vicini alla fine dei tempi”.
La reazione di Miyazaki è certamente molto dura e critica nei confronti di ciò che ha visto, ma allo stesso tempo è naturale: non è strano pensare che una persona che si è guadagnata il successo grazie al disegno, non voglia sentirsi dire che verrà rimpiazzato da una macchina, soprattutto se il risultato è molto al di fuori della propria visione creativa.
Ad oggi le intelligenze artificiali sono spesso utilizzate negli studi di animazione giapponesi, anche per assistere la creazione di animazioni 2D, con risultati piuttosto promettenti; la cosa che viene da chiedersi, anche se rimarrà un mistero, è come mai in quella sede la tecnologia sia stata presentata come sostitutiva, e soprattutto perché abbiano chiamato ad ascoltare una conferenza riguardo ad una tecnologia in fase ancora embrionale, un regista come Hayao Miyazaki, notoriamente poco ricettivo e di ristrette vedute per quanto riguarda questo tipo di innovazioni.
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