I Married a Girl to Shut My Parents Up, la recensione

I Married a Girl to Shut My Parents Up

6.50
7

SCENEGGIATURA

6.5/10

DISEGNO

6.5/10

CURA EDITORIALE

8.0/10

Pros

  • Mette in risalto temi importanti e di grande attualità
  • Molto leggero e scorrevole
  • L'edizione Italiana è di buona fattura

Cons

  • La brevità dell'opera non permette di esplorare a sufficienza le tematiche trattate

I married a Girl to Shut my Parents up, la recensione del primo girls’ love targato Edizioni Star Comics!

Negli ultimi anni, la quantità di opere che presentano al loro interno personaggi o tematiche appartenenti alla comunità LGBTQ+ si è moltiplicata esponenzialmente.
Il manga (inteso come media) non fa eccezione in questo e anche in Italia abbiamo potuto leggere negli ultimi tempi un numero crescente di opere a riguardo.

I married a Girl to Shut my Parents up di Naoko Kodama è un volume unico, piuttosto corto, sulla vita di Machi Morimoto, una giovane donna in carriera.
Si tratta di un’opera che, pur avendo tinte molto leggere, prova a muovere delle accuse importanti alla società giapponese, e in special modo al ruolo che la donna ricopre tradizionalmente.

In Giappone, ancora oggi, le donne vengono considerate sottomesse all’uomo e spesso relegate al ruolo di educatrici, madri e mogli, con possibilità più limitate nella carriera professionale.
Anche le donne che riescono ad ottenere un impiego, spesso dopo il matrimonio sono costrette a dimettersi per badare alla casa e ai figli.
In più è frequente che il futuro marito venga selezionato dai genitori della sposa in base al conto in banca, piuttosto che lasciare alla donna la libera scelta di sposarsi con chi ama.

Sarà riuscito I married a Girl to Shut my Parents up a convincere nel suo intento critico?

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Senza possibilità di scelta

È questa sensazione ciò che la nostra protagonista ha provato nel corso della sua vita.
Machi è l’unica figlia dei coniugi Morimoto che, sin dalla tenera età, hanno desiderato per lei un futuro brillante; fin qui nulla di male, qualsiasi genitore vorrebbe il meglio per i propri figli, ma i genitori di Machi non si sono limitati solamente a guardare e ad incoraggiare la loro bambina nel suo percorso scolastico, bensì l’hanno sempre messa sotto estrema pressione.

Sin dal test di ingresso in un’importante scuola privata elementare (roba che qui in Italia non immaginiamo nemmeno), i genitori hanno sempre cercato di comandare a bacchetta la vita della figlia, che avrebbe dovuto aver successo a ogni costo.
La vita però non va sempre nel verso giusto, e il fallimento della piccola Machi diviene un’onta per il nome della famiglia; un fallimento che la protagonista condivide con la madre, che, in quanto educatrice, avrebbe dovuto impegnarsi di più nel suo compito, così da assicurarsi un trionfo.

Passano gli anni e Machi, diventata adulta, dopo aver trovato lavoro, decide di allontanarsi dai suoi per andare a vivere da sola, liberandosi finalmente dalla presenza dei suoi genitori.
Anche la scelta del lavoro, però, non è definibile una scelta libera: Machi ha scelto un’azienda della quale i suoi genitori non avrebbero potuto lamentarsi e le offrisse in più una paga sufficientemente alta da permetterle di vivere per conto proprio.

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E infine, un’ultima scelta: I married a Girl to Shut my Parents up; da tempo i genitori la pressavano nella ricerca di un compagno, arrivando anche a mostrarle alcuni curriculum di pretendenti da loro attentamente selezionati.
Ma Machi non è mai stata interessata all’amore, e non vuole assolutamente sposarsi, poiché il matrimonio porterebbe a termine la sua carriera lavorativa.

Ed è qui che nasce l’idea contenuta nel titolo: la sua kohai Hana Agaya le propone di sposarsi, così che i genitori si rassegnino alla vita scelta dalla propria figlia.
Nonostante sia riluttante, Machi accetta, iniziando una vita di coppia che a poco a poco la conquisterà sempre di più, aiutandola a comprendere meglio sé stessa e ad avere successo nel lavoro, nonostante i capi temano che, in quanto donna, possa licenziarsi da un momento all’altro nel caso trovasse un marito o finisse incinta.

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In Giappone, almeno per il momento, non è riconosciuto il matrimonio tra due individui dello stesso sesso (tranne nel caso in cui la coppia succitata si sia già sposata all’estero); com’è possibile quindi che le due protagoniste siano sposate? Semplicemente, non lo sono.

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Machi e Hana non possiedono infatti un documento che attesti il loro matrimonio, bensì un certificato di partnership, che corrisponde essenzialmente alle Unioni Civili qui in Italia, come viene anche spiegato in una nota nel manga.

Se fino a qui il titolo vi è sembrato estremamente pesante, sappiate che in realtà non è affatto così: I married a Girl to Shut my Parents up è infatti un’opera estremamente leggera e scorrevole, che presenta molti tratti affini a una commedia, come la presenza di tante cose sceme (affermazione dell’autrice) al suo interno.
Il merito va dato principalmente al personaggio di Hana, che, grazie al suo carattere allegro e giocoso, riesce a strappare più di una risata al lettore.

Si può dire quindi che in I married a Girl to Shut my Parents up convivano due anime: da un lato quella della denuncia sociale verso una società giapponese antiquata, maschilista e patriarcale, in cui una donna come Machi viene messa costantemente in difficoltà dall’ambiente che la circonda; dall’altra l’anima di un girls’ love a tinte comiche, che parla del rapporto tra due donne adulte che, iniziando a convivere per necessità, si innamorano e riescono pian piano ad aver successo e ad apprezzare di più la loro vita.

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Tutto perfetto quindi? Non proprio.

I married a Girl to Shut my Parents up propone temi che possono sicuramente essere considerati interessanti e di grande attualità, fornendo anche dei buoni spunti di riflessione a riguardo.
Il problema principale dell’opera è però proprio questo: a causa della brevità, si tratta davvero di spunti e niente più, mancando totalmente un approfondimento adeguato e facendo sfumare l’opportunità di una critica più incisiva.

Chiariamo, tale difetto non affossa totalmente l’opera, che rimane comunque godibile, ma piuttosto lascia il lettore con un retrogusto amaro in bocca, nel rammarico che l’autrice non abbia deciso di osare ulteriormente.
Anche i disegni, pur non essendo terribili, non possono essere considerati tra i pregi dell’opera; la Kodama fa un buon lavoro con i volti e le espressioni facciali dei personaggi, ma tentenna in praticamente tutti gli altri campi.

Per quanto riguarda l’edizione in cui viene proposto il titolo, Edizioni Star Comics ha stampato un volume di 13x18cm, dotato di sovraccoperta cartonata e di immagini a colori, per un prezzo di 6,50€.
Stiamo parlando di un’ottima edizione per rapporto qualità/prezzo, sia per i materiali utilizzati che per il prezzo mediamente più basso rispetto alla concorrenza.
La traduzione italiana infine non presenta alcun errore, garantendo una fruizione dell’opera scorrevole per tutto il volume.

Tirando le somme, I married a Girl to Shut my Parents up è un’opera che rappresenta un’occasione mancata.
Riesce ad essere piacevole e ad intrattenere il lettore, ma senza avere quel plus decisivo che la spinga verso l’eccellenza. Si tratta quindi di un acquisto sì consigliato, ma non prioritario, specialmente per chi è già navigato nel mondo dei girls’ love.

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Daniele Tarantino

Nato praticamente con il pad in mano, ho iniziato a giocare sin dalla primissima età. Crescendo però è stata la Nintendo a dettare legge nella mia vita videoludica, per poi riavvicinarmi al multipiattaforma solamente con la PS4. Nonostante la propensione per il mondo del gaming, non disdegno altre forme di intrattenimento quali fumetti, cinema o serie TV.

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