L’annuncio dei tanto attesi remake della quarta generazione Pokémon, Diamante Lucente e Perla Splendente, ha, come al solito, diviso la community tra chi ha annunciato di non acquistare mai più un prodotto Game Freak e chi si è prostrato all’altare casalingo di Junichi Masuda.
La mia attenzione però, non è stata tanto sui giochi in sé, quanto sulle scelte stilistiche che sono state mostrate.
Nella mia bio ho accennato di studiare design, nello specifico della comunicazione, e da una discussione avuta su questo aspetto dei trailer ho pensato si potesse ricavare qualche spunto interessante.
Iniziamo esaminando insieme il trailer, dal canale ufficiale di Nintendo Italia
La cosa che salta subito all’occhio, e quella che ha fatto storcere il naso a tanti, è il design dell’overworld: gli sprite pixelati del Nintendo DS si sono trasformati in quelli che sembrano dei pupazzetti di plastica.
Concentriamoci un attimo su questo aspetto, che non è di per sé né giusto né sbagliato: la trasposizione è stata fatta per restare il più fedeli possibile agli sprite originali ma in un ambiente tridimensionale, anche la posizione della camera e la struttura dell’overworld ci fanno capire questo.
Ma quindi perché l’impatto è così diverso? È una questione di contesto, per lo più.
Negli originali, vedere uno sprite rimpicciolito del protagonista o degli altri personaggi era comune. Il Nintendo DS era comunque una console tecnicamente limitata ed era una prassi comune, già utilizzata da tantissimi giochi prima e dopo. In un contesto del genere lo sprite viene visto dal giocatore come personaggio reale, anche perché viene rappresentato in modo consistente.
Col passaggio dall’overworld alla battaglia, infatti, con l’apparizione degli sprite a figura intera, non si crea una frattura tra le due rappresentazioni, anche perché il modulo sempre costante dei singoli pixel agisce come un’unità di misura visiva che fa percepire le due visuali come la stessa, ma una da vicino e una da lontano.
Il design dei remake, invece, segue una scelta ben precisa: sono utilizzati dei modelli 3D molto stilizzati che riprendono esattamente la forma dei vecchi.
La magia dell’originale è però persa, la Switch è una console molto più avanzata del DS e questa scelta, non un compromesso nato da limiti hardware, ha un peso più significativo.
All’occhio dello spettatore il protagonista appare, effettivamente, come un giocattolo. È normale che sia così: un oggetto rappresentato da curve semplici e con una superficie lucida e uniforme viene solitamente interpretato come fatto di plastica, o al massimo di legno laccato.
Questo non sarebbe affatto un problema, anzi, personalmente avrei trovato interessante un’interpretazione del remake con uno stile simile a quello di Link’s Awakening, o addirittura Pokémon Rumble.
Il problema nasce dal fatto che questa interpretazione è probabilmente non voluta o, almeno, non in maniera così marcata.
Osservando il resto dell’overworld si potrebbe forse ricollegare a un modellino plastico, ma il momento in cui una battaglia inizia, le aspettative dello spettatore vengono infrante, e il gioco si presenta in modo molto simile ai precedenti Let’s Go o Spada e Scudo, con personaggi a figura reale e più dettagliati, sembrando quasi un altro gioco se prendiamo le immagini fuori dal contesto.
Si ritrovano quindi a convivere due rappresentazioni molto differenti dello stesso soggetto, rompendo quello che dovrebbe essere un rapporto di continuità. Non è un dettaglio da poco, se consideriamo che le battaglie costituiscono tutto il gioco.
Sinceramente è un peccato, entrambi gli stili possono funzionare molto bene presi singolarmente, in particolare piace molto l’aspetto dei percorsi e città visti, ma contrapponendoli non riesco a non sentire questo stridore.
Ovviamente, il gioco è ancora in sviluppo e questo potenzialmente potrebbe cambiare, ma mi sembrava utile parlare di quanto sia importante darsi un’identità visiva e restarci coerenti: un gioco può e dovrebbe sperimentare varie soluzioni grafiche, ma il risultato finale, anche se composto da parti diverse, deve sempre risultare organico.
Un ottimo esempio di questo è Paper Mario Origami King, serie dal comparto artistico molto interessante, dove le differenze tra disegni e origami sono volutamente accentuate per fini significativi.
Complessivamente, non è un crimine gravissimo, ma tra la lunga attesa e la storia del brand lascia un po’ l’amaro in bocca; mi sarebbe anche davvero piaciuto vedere qualcosa di più deciso, perché mettersi in diretto confronto con l’originale è un rischio contro il fattore nostalgia, ma, considerando l’annuncio contemporaneo di Pokémon Legends: Arceus, presentato come forse uno dei titoli più audaci della serie, è una scelta che in fondo capisco.
Attendo con ansia l’uscita dei remake, che ricordo essere previsti per fine anno, un po’ per ricredermi, un po’ perché Sinnoh mi ha cresciuta e mi fa piacere riceva attenzioni.
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