Hori-san to Miyamura-kun, meglio conosciuto con l’abbreviazione di HoriMiya, è sempre stata una delle commedie romantiche più apprezzate dagli addetti ai lavori e dagli amanti del genere, nonostante la sua complicata storia editoriale, complicata dal corposo numero di edizioni e di media diversi che negli anni hanno raccontato la storia di Hori e Miyamura.
Per capire come siamo arrivati all’anime appena concluso durante questa ricca stagione invernale 2021 occorre dare uno sguardo alla storia di questa serie, nata inizialmente come un web manga stile yonkoma nel 2007 dal mangaka HERO e prodotto da Square Enix. Da questo lavoro è poi derivato un OAV di quattro episodi chiamato Hori-san to Miyamura-kun, rilasciato in maniera discontinua fino al 2018, ma soprattutto il nuovo e rivisitato HoriMiya, un manga scritto sempre dal maestro HERO ma disegnato da Daisuke Hagiwara, disponibile anche in Italia grazie a J-Pop.
Proprio da quest’ultima opera, che si è conclusa definitivamente il mese scorso, è tratto l’anime di 13 episodi prodotto da Studio CloverWorks (Rascal Does Not Dream of Bunny Girl Senpai, Wonder Egg Priority), il protagonista della recensione di oggi.
Se volessimo racchiudere tutto HoriMiya in una frase difficilmente potremmo trovare qualcosa di più accurato del vecchio proverbio “mai giudicare un libro dalla sua copertina”. Hori apparentemente incarna lo stereotipo della perfetta liceale bella e piena di amiche mentre Miyamura rappresenta il classico tipo solitario cupo e senza una vita sociale. Nessuno sa però che Miyamura, al di fuori della scuola, è un ragazzo totalmente diverso. Porta vari piercing sulle orecchie, non mette gli occhiali e sfoggia addirittura un paio di tatuaggi.
Un pomeriggio Miyamura decide di aiutare Souta, un bambino che si era fatto male cadendo, riaccompagnandolo a casa. Lì scopre che Souta è il fratellino di Hori, la quale non riconosce subito il suo compagno di classe essendo abituata al suo look scolastico. Anche Miyamura però rimane molto sorpreso di Hori in tenuta casalinga, molto più dedita alle faccende di casa e alla cura del fratellino di quanto lui potesse immaginare.
Da questo incontro nasce un rapporto speciale tra i due, complice il fatto che entrambi ora conoscono la versione nascosta dell’altro, grazie al quale finiranno per avvicinarsi sempre di più, dando il via a quel processo di crescita e cambiamento interiore che caratterizzerà la loro vita scolastica fino al diploma e tutta la trama di HoriMiya.
Grazie al suo nuovo rapporto con Hori, Miyamura da lupo solitario finirà per avvicinarsi anche a due altri suoi compagni di classe, Yuki Yoshikawa e Toru Ishikawa, con quest’ultimo in particolare, dopo un inizio zoppicante, finisce per diventare migliore amico. Nella vita di Miyamura si aggiungeranno poi anche i membri del consiglio studentesco e la simpaticissima famiglia di Hori, che cambieranno notevolmente la quotidianità (ma anche il look) del nostro protagonista.
In questo mix di vita quotidiana, storie d’amore e crescita personale si svolgono le vicende di Hori e Miyamura, alle prese con il loro passato, presente e futuro in quel delicato periodo dell’adolescenza ricco di dubbi ed insicurezze che caratterizza la fine del percorso scolastico.
Ciò che fa risaltare HoriMiya rispetto alle altre Rom-Com è il fatto che, nonostante una trama abbastanza lineare, semplice e senza grossi colpi di scena, riesce ad intrattenere divertendo e presentando in maniera non banale temi come la lotta ai pregiudizi, l’amicizia e la crescita in età adolescenziale.
Miyamura, nel suo ruolo di coprotagonista, è spesso il centro dell’attenzione essendo anche il personaggio che evolve maggiormente rispetto al primo episodio. Il cupo Miyamura piano piano si trasforma nel ragazzo solare e amichevole che in realtà è sempre stato, grazie all’influenza che Hori e i suoi nuovi amici hanno su di lui. Allo stesso tempo non dimentica mai il suo punto di partenza e questo dualismo tra il Miyamura di adesso e il Miyamura del passato condiziona ogni sua scelta.
Anche Hori cambia molto nel corso della serie, e ovviamente l’impatto che Miyamura ha su di lei è determinante in questa sua evoluzione, ma anche gli altri personaggi sono molto dinamici e concorrono a creare questo cast variegato che rappresenta la vera forza di HoriMiya.
É proprio grazie al fatto che l’anime si basa su tutto il cast di personaggi e non solo sulla singola storia d’amore dei protagonisti che HoriMiya funziona alla grande e si differenzia da tante altre serie simili. Mettendo da parte il duo principale, tutti gli altri membri del cast risultano simpatici, profondi e fuori dai classici stereotipi; non vengono percepiti mai come delle semplici comparse. Basta pensare che l’episodio più riuscito dal punto di vista dei dialoghi e delle interazioni tra i personaggi è senza dubbio il decimo, “Fino a quando la neve si scioglie”, quello dedicato alla coppia Yuki-Toru.
Se da una parte il cast ci sorprende positivamente, lo stesso non possiamo dire di come la serie decide di metterlo sullo schermo. La trama in HoriMiya corre velocemente, la storia tra Hori e Miyamura fa grandi salti tra un episodio e l’altro e in soli 13 episodio non ci sono stati grossi spazi per approfondire nel modo corretto i tanti personaggi che la serie ci presenta, se non per due o tre amici della coppia protagonista.
Questa è stata sicuramente una scelta dettata dal fatto che il tempo a disposizione era ristretto ai soli 13 episodi di questa stagione, ma trasmette un ritmo estremamente veloce della narrazione che spesso travolge lo spettatore, soprattutto nelle ultime puntate. Per spiegarmi meglio riguardo questo ultimo punto è necessaria una piccolissima digressione sulla struttura della serie e sulle differenze rispetto all’opera da cui è tratta.
Nel manga scritto da HERO e disegnato da Hagiwara quella che potremmo definire come la trama principale, la storia di Hori e Miyamura, corre velocemente quasi come nell’anime, ma rallenta piano piano facendo spazio a pagine e pagine se non capitoli interi dedicati ai personaggi secondari. Il manga è composto quasi interamente da sketch di vita quotidiana che ci raccontano dei protagonisti attraverso i gesti che compiono tutti i giorni, una scelta che le permetterebbe di continuare all’infinito tra gag divertenti e dialoghi profondi, ma impossibile da replicare in una serie di soli 13 episodi.
L’idea della serie animata quindi, si distanzia leggermente dalla filosofia dietro la longeva opera originale (16 volumi nella sua interezza, ndr.) per darci una versione animata più incentrata su Hori e Miyamura, con qualche spezzone dedicato ai personaggi secondari più importanti (Yuki, Toru, Sengoku, Remi e Sakura). Così facendo il risultato è più che sufficiente anche per chi ha letto il manga, resta però un po’ di amaro in bocca per qualche storyline solo accennata e mai sviluppata a pieno che poteva rendere giustizia a tanti personaggi interessantissimi lasciati a metà (uno su tutti Honoka).
HoriMiya dal lato tecnico ha giustamente puntato su un’animazione semplice ma perfettamente cucita sulla serie. Il character design ripreso dal manga e riadattato per l’anime e tante altre scelte artistiche utilizzate nei momenti più intimi, nei dialoghi chiave e nelle parti comiche, concorrono a dar vita all’ennesimo ottimo lavoro da parte di Studio CloverWorks, che nella sola stagione invernale è riuscito a presentarci oltre HoriMiya anche la seconda stagione di The Promised Neverland e il sorprendente Wonder Egg Priority.
La colonna sonora invece è davvero poco invasiva e risalta raramente durante la visione, ma riesce comunque ad accompagnare gli episodi senza mai risultare fuori luogo. Anche l’opening e la ending musicalmente non brillano ma entrambe sono animate in modo molto originale e particolareggiato, soprattutto la sigla di chiusura dedicata a Hori.
Lato doppiaggio abbiamo una prova molto positiva di tutto il cast originale (non si sa se e quando avremo una edizione italiana) tra cui spiccano sia Haruka Tomatsu (Hori) sia Kōki Uchiyama (Miyamura), che si confermano due delle migliori voci in circolazione, in un ruolo che richiedeva loro un’interpretazione ricca di sfumature e stili diversi, ma che hanno saputo gestire nel migliore dei modi.
Spiccare nel vasto universo delle commedie romantiche è un’impresa davvero ardua, soprattutto per una serie accompagnata da tante aspettative come HoriMiya, ma alla fine della visione possiamo tranquillamente affermare che l’anime prodotto da CloverWorks ci è riuscito perfettamente.
Nonostante qualche difetto dovuto alla trasposizione dei 16 volumi dell’opera originale in soli 13 episodi, la serie riesce nell’intento di farci appassionare alla storia d’amore di Hori e Miyamura e a tutte le altre vicende che investono questo ricco e simpatico cast di personaggi, in modo da soddisfare non solo chi si approccia per la prima volta al mondo di HoriMiya, ma anche il più critico e scettico lettore del manga.
L’anime non ci vuole solo presentare la storia di Hori e Miyamura ma ci catapulta nella vita di una comitiva di liceali e ci fa vivere la loro quotidianità come se fossimo parte del loro gruppo. Nel raccontare con semplice realismo le vicissitudini dei protagonisti lo spettatore si ritrova catturato emotivamente dalle loro storie, senza dover ricorrere a drammi eccessivi o improbabili e complicatissimi intrecci amorosi come molte altre serie ci hanno abituato. Proprio per questo HoriMiya è la Rom-Com di cui avevamo bisogno, una serie che si staccasse dalle altre e che rivitalizzasse un genere che aveva visto ben pochi titoli validi dalla fine di Oregairu e dal ritorno di Kaguya-sama.
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