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Cyberpunk 2077, la recensione: vorrei tanto amarti, ma…

Cyberpunk 2077

7.8

GAMEPLAY E LONGEVITÀ

7.5/10

COMPARTO GRAFICO E SONORO

9.5/10

COERENZA E CURA DEL DETTAGLIO

6.5/10

Pros

  • Night City è resa in maniera impeccabile
  • La storia principale e le varie sottotrame sono magnifiche
  • Rigiocabilità elevata
  • Musiche e comparto sonoro tra i migliori dell'anno

Cons

  • L'esperienza Open World è deludente
  • Intelligenza Artificiale al minimo
  • Molte scelte nella storia sanno di illusorio

Disclaimer: La recensione analizza il gioco per PC alla versione 1.04. Abbiamo creato un personaggio donna cisgender (voce e genitali), quindi i riferimenti a V saranno tutti al femminile.

Cyberpunk 2077 è finalmente uscito, accompagnato da un forte hype e uno dei lanci più criticati di sempre. Bug, problemi di rendering, sezioni del gioco rotte. Ma l’ultimo gioco di CD Projekt Red è davvero solo questo? Siamo di fronte a un’esperienza davvero irrecuperabile come viene vociferato ultimamente negli antri di Reddit?

Cyberpunk 2077 è un videogioco RPG FPS Open World ambientato nella futuristica Night City (città descritta dai precedenti giochi di ruolo cartacei Cyberpunk 2020 Cyberpunk Red). Annunciato nel lontano 2012, il gioco è stato accompagnato da aspettative non indifferenti, dovute da una campagna pubblicitaria aggressiva ma esteticamente accattivante, e alla presenza nel videogioco di una delle persone più amate di internet: Keanu Reeves.

Sebbene il gioco sia davvero inattaccabile sotto diversi punti di vista, è insalvabile in altri. Tenete bene a mente questo pattern nel resto dell’articolo, perché lo vedrete spessissimo. In pochissime parole, il gioco è bello. Davvero bello, infatti. Ma ciò non è abbastanza. Andiamo per ordine.

In Cyberpunk cosa rende qualcuno un criminale?

CD Projekt Red ha dimostrato più e più volte negli anni di saper creare trame e sotto trame in maniera deliziosa nei suoi prodotti, e sebbene finora The Witcher 3 fosse considerato il punto massimo del loro curriculum, è difficile non concordare col fatto che Cyberpunk 2077 sia il loro magnum opus.

Nel videogioco si impersona V, una futura mercenaria. Questo è il punto di partenza, ciò che accomuna tutti i V del gioco nel principio. Dopodiché, è già in mano al giocatore decidere le origini della protagonista.

È per caso una tipica ragazza di strada, cresciuta in mezzo alla violenza e alle gang? O magari una persona che lavorava per le Corpo tradita dai giochi sporchi dei suoi superiori? Altrimenti è una nomade del deserto che circonda Night City, alla ricerca di qualcosa di più nella megalopoli? Questa scelta aiuta, accompagnata da un ricco e sopra la media character creation, ad immedesimarsi davvero tanto nel personaggio appena creato. V non è tua, V sei tu.

Ed ecco che però, CD Projekt Red dà, CD Projekt Red toglie. Sebbene scegliere un determinato passato regala un nuovo punto di partenza nella trama e – per diversi dialoghi – risposte alternative che sfruttano il retaggio scelto, la storia converge su una strada comune dopo al più 20 minuti di gioco dopo una cutscene (adrenalinica e magistralmente realizzata) e il cliché del “un po’ di tempo dopo”. Non figurativamente, letteralmente. Ed è davvero un’occasione sprecata.

Perché non dare al giocatore una serie di scelte che riassumono questo arco di tempo non vissuto? Magari si potrebbe essere creata qualche alleanza e rivalità, a seconda delle azioni di V. E invece no, bisogna accontentarsi di sapere che, come tutti gli abitanti di Night City, V non è santa, e diventa una mercenaria.

Il sistema di progressione del personaggio, composto dal classico albero delle abilità che permette di potenziare più o meno alcuni tratti di V viene un po’ incontro all’esigenza di plasmare un’esperienza quantomeno personale. A questo si aggiunge la possibilità di poter utilizzare innesti, che altro non sono che modifiche corporee che aiuteranno la nostra V ad affrontare in modo più umano – o più cybernetico – il nostro stile di gioco, ma questo non basta per compensare la mancanza di una più approfondita personalizzazione della propria avventura a Night City.

Allora V? Hai deciso?

La verità è che, se non fosse per qualche pelo nell’uovo (la recensione è rigorosamente spoiler-free, quindi non andrò a specificare quali), i primi minuti di gioco sono l’unico vero problema dello story-telling di Cyberpunk 2077.

Viene eclissato da una cornucopia di sotto trame gigante, con ogni singolo passaggio squisitamente intrecciato con ciò che accade in tempo reale, che rende l’idea di vivere sì una trama ricchissima su binari con introduzione, sviluppo e finali ben delineati ed obbligatori per la maggior parte del tempo, ma anche la sensazione che il muoversi avanti degli intrecci è dovuto alle nostre scelte e azioni piuttosto che da necessità di sceneggiatura.

Ed è questo il vero punto forte della storia di Cyberpunk 2077: ci saranno ovviamente diverse scelte del tipo “aiuto questo NPC o no?”, o scelte al pari di “sì / sì con un francesismo / sì con retaggio scelto”, ma queste sono eclissate da decisioni che mutano completamente le relazioni e, di rimbalzo, Night City tutta.

Tradisco questa fazione per i miei scopi prima che lo possano fare loro (siamo a Night City dopotutto) / seguo le loro istruzioni fino in fondo perché questo è il mio incarico / uccido tutti quelli che sono a tiro e mi tolgo il sasso dalla scarpa

Le scelte e le azioni, in Cyberpunk, hanno peso. Ed ecco che, se si decide di uccidere il capo di una fazione, la fazione probabilmente scompare dalle strade per un po’ di tempo. Se magari in una missione secondaria non si è andato fino in fondo per motivi personali, in futuro colui che ha affidato la missione non vi aiuterà nel momento del bisogno. La trama è viva, e cambia con voi, e CD Projekt Red è riuscita nell’intento di non farcelo mai dimenticare.

Prendi la fotocamera e andiamo a Night City

TL;DR – Una parola per descrivere Night City: “mozzafiato”

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Night City, in poche parole, fa schifo: non c’è letteralmente un muro pulito; immondizia in ogni dove; l’inquinamento quasi lo riesci a respirare attraverso lo schermo; le pubblicità – per lo più di articoli per adulti – compaiono dappertutto; anche di notte non c’è mai un vero buio, poiché i neon hanno invaso ogni singola costruzione; il silenzio è costantemente rotto dal rumore dei motori, delle sirene e delle armi da fuoco; le abitazioni sono l’una sull’altra per via del numero della popolazione enorme.

Eppure c’è una sorta di piacere perverso nel camminare per la città. È come se l’ultra-violenza di Arancia Meccanica avesse preso coscienza e si fosse spalmata in ogni angolo di Las Vegas. E tu sei lì, sulla sedia, e non riesci a distogliere lo sguardo dallo squallore che ti viene sbattuto in faccia dagli sviluppatori.

È questa la realtà del futuro distopico di Cyberpunk. Niente zucchero, niente romanticismo, niente censura. L’intento era quello di far capire con uno sguardo che a Night City sopravvive solo chi è più forte dell’altro, e se non lo sei, tanto vale morire. E ci sono riusciti maledettamente bene.

Ogni distretto della città è costruito minuziosamente da zero, e non c’è una stradina che ne ricorda un’altra. Muoversi per la città spostandosi di missione in missione non è più una fatica, bensì un’esperienza di per sé estasiante. E perdersi nel labirinto di neon, soft-porn e grattacieli che offre Cyberpunk è sempre un piacere per gli occhi, al punto che è difficile ricordarsi dei frequenti punti di fast travel sfruttabili.

Cyberpunk 2077? Direi più Cyberpunk 1977

Come prima però, ecco che CD Projekt Red dà, e CD Projekt Red toglie. L’estetica è alle stelle, ma l’esperienza Open World è al meglio mediocre. Sono due le cose che tranciano le ali all’immersività del gioco, e sono fattezze che, nonostante si vogliano con tutte le forze ignorare, sono grosse in maniera esorbitante.

Cominciamo con gli abitanti di Night City, che danno più l’idea di essere dei modelli poco animati messi per riempire le strade che di essere effettivamente dei personaggi. Prendere del tempo per osservare una folla di persone regala scene divertenti come:

  • gente che cammina avanti e indietro in cicli brevissimi (5-10 secondi), a volte clippandosi con pali, scale e muri;
  • persone in sedia a rotelle che se minacciate si alzano e scappano;
  • individui che non ricevono una animazione e si pongono in T-Pose prima di scomparire nel nulla.

Insomma, far caso alle persone in Cyberpunk tra una missione e l’altra sostituisce a tutta la carica di adrenalina rilasciata da questa una serie di amarissime risate e molta confusione.

Interagire con le folle, inoltre, è altamente sconsigliato. Uccidere, o in alcuni distretti estrarre un’arma (cambiare distretto vuol dire avere una presenza più o meno forte delle forze dell’ordine, punto a favore del realismo del mondo, ndr.) , vuol dire far comparire dal nulla orde su orde di poliziotti assetati di sangue. Parliamo infatti del secondo grande problema dell’esperienza Open World: il sistema di Law Enforcement.

Possiamo riassumere il realismo delle forze dell’ordine in una piccola frase: non è stata implementata un’Intelligenza Artificiale per permettere la guida ai poliziotti. Se eravate pronti ad inseguimenti su auto futuristiche per le strade della città, rimarrete delusi. Il counter più forte della polizia è prendere un veicolo e girare l’angolo. Perderete nel giro di 5 secondi tutti i livelli di ricercato.

In definitiva, Cyberpunk 2077 è visivamente uno dei prodotti più validi del decennio (al di là dei vari problemi di rendering che già sono stati in parte rimossi, quindi decisamente trascurabili), ma da vivere è uno dei più deludenti di sempre.

Samurai, rockerboy e tanta rabbia

Arriviamo a ciò che penso sia il punto più sottovalutato di qualsiasi gioco come si deve: la musica. Cyberpunk 2077 cammina il percorso già tracciato da quel matto di Mick Gordon in Doom e lo porta all’estremo. Sono state realizzate in totale più di 7 ore di tracce per accompagnare in maniera magistrale ogni singolo momento del gioco, sfruttando sintetizzatori distorti, voci gutturali e batterie grottesche insieme a strumenti come il violoncello, creando una antitesi continua tra il metal più sporco e cattivo con le armonie più dolci e cantabili.

Sebbene ogni dialogo importante è accompagnato da un sottofondo alla peggio ottimo, è nei combattimenti che le composizioni della CD Projekt Red spiccano e prendono di prepotenza buona parte delle attenzioni del giocatore, accompagnando ogni colpo di fucile, ogni fendente di katana e ogni pugno con musiche sempre incalzanti e adrenaliniche, senza mai far abituare l’orecchio del giocatore, perché ogni distretto ha la sua “colonna sonora di combattimento”.

Un’altra grandissima vittoria di Cyberpunk 2077 è il sapiente utilizzo di crescendo in loop per preparare il player all’azione. Entrare in un avamposto improvvisato da criminali di strada farà iniziare in maniera impercettibile e raffinata (ma sempre cafona, tenendo fede al mood del gioco) un loop molto leggero, diciamo l’occhio del ciclone. Il primo colpo lanciato coinciderà quasi sempre con la prima battuta del pezzo, dando un senso di potere e incoscienza al giocatore che poco riuscirà a pensare a tattiche di combattimento, preferendo andare di pancia contro qualsiasi nemico voglia ricevere una buone dose di acciaio in corpo.

CD Projekt Red ha dimostrato negli anni di essere un esempio per quanto riguarda le colonne sonore, e se è vero che non esiste una traccia memorabile in tutte le 7 ore composte per Cyberpunk 2077 (vorremo tutti essere Mick Gordon, ma non ci è possibile purtroppo), non esiste una solo nota né una sola traccia di batteria fuori posto. (andando tra l’altro a mettersi di forza nella mia personale Top 3 migliori colonne sonore, ndr.). Chapeau!

In conclusione: vorrei tanto amarti, ma non me lo permetti

Cyberpunk 2077 è tra le esperienze più gratificanti e nel frattempo deludenti del decennio. Sebbene dal lato estetico il gioco sia un capolavoro, e la trama sia effettivamente incalzante e sempre coerente, il lato tecnico è davvero blando, sa di vecchio e dà la sensazione di voler reinventare la ruota partendo da un triangolo: non funziona, e probabilmente mai funzionerà. Ogni volta che si apre la modalità foto si ottiene una cartolina, ma dietro questa cartolina c’è un Open World deludente e un’esperienza di gioco tutto sommato mediocre.

Cyberpunk 2077 è comunque un titolo da giocare, perché aldilà dei vari bug del quale soffre (che vengono comunque frequentemente corretti) è semplicemente un continuo piacere per occhi, orecchie e cervello. Però raccomandiamo di non entrare a Night City con la speranza di vivere in una città viva e vibrante, bensì con la consapevolezza di entrare in un libro futuristico e futurista con illustrazioni mozzafiato.

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Bombaclath

"Jack of all trades, master of none". Sono un videogiocatore seriale dai miei 4 anni, da quando mi innamorai di Hercules. Tra i miei videogiochi preferiti ci sono praticamente tutti i Mario Kart (giocato dal DS) e la serie di Monster Hunter. Forte appassionato di esports, seguo attivamente le leghe di League of Legends. Suono anche diversi strumenti musicali, tra cui il basso, il piano ed il kazoo. Cinefilo ed accumulatore seriale di gadget legati a questo mondo, nel tempo libero faccio lo studente universitario di informatica.

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