In un periodo di forti contrasti sui temi dell’accettazione del diverso e sulla legittimità o meno di essere se stessi indipendentemente dal giudizio altrui, parlare di diversità utilizzando la metafora degli animali antropomorfi sembra quasi diventata una moda.
Nel 2016 a 7 mesi di distanza l’uno dall’altro, ci hanno provato Disney con Zootropolis e Paru Itagaki con Beastars, più di recente i ragazzi di Studio TRIGGER procedono un un’operazione simile con la nuova serie anime Brand New Animal, uscita su Netflix a marzo 2020 in Giappone e a giugno nel resto del mondo, sempre su Netflix.
Vista l’uscita di poco precendente dell’anime di Beastars sulla stessa piattaforma, il pubblico non è riuscito a frenare i confronti tra le due serie, spesso finendo per bollare Brand New Animal come “Il Beastars di Studio TRIGGER“. Sarà davvero così?
Brand New Animal è una serie anime di una sola stagione di 24 episodi realizzada da Studio TRIGGER, diretta da Yo Yoshinari e scritta da Kazuki Nakashima (Gurren Lagaan).
Nel mondo di Brand New Animal esistono sia umani che uomini-bestia (zoomorfi), una specie di umani incrociati con vari animali che nonostante la diversità si riconoscono in una sola specie distinta dagli umani.
Per secoli zoomorfi e umani sono rimasti separati, ma da quando l’esistenza degli zoomorfi è diventata notizia di dominio pubblico, questi vengono sistematicamente bersagliati dalla xenofobia umana e solo da 10 anni a questa parte gli sforzi di alcuni attivisti ha permesso agli zoomorfi di costruire una città dove poter essere accolti e costruire una propria società: Anima City, governata dal sindaco Rosè.
In questo contesto troviamo Michiru Kagemori, una ragazza umana che si ritrova, senza un apparente motivo, trasformata in zoomorfo tanuki e costretta a fuggire di casa verso Anima City. Una volta arrivata viene accolta dalla cooperativa locale insieme a Shirou Ogami, uno zoomorfo lupo estremamente forte e resistente che combatte il crimine a Anima City. Michiru darà una mano a Ogami nel suo lavoro mentre cerca un modo per tornare umana e poter tornare a casa.
La trama di Brand New Animal parte con delle premesse carine e prosegue dosando sapientemente le informazioni rivelate. Attraverso le avventure di Michiru e Ogami veniamo piano piano a conoscenza del passato della città di Anima City, della sua struttura sociale, delle sue problematiche, delle sue contraddizioni, una città apparentemente idilliaca in cui serpeggia un fitto sottobosco criminale, tra simpatizzanti degli esseri umani, mafiosi, imprenditori folli e esperimenti su cavie zoomorfe.
I temi principali della serie sono la coesistenza tra diverse razze (in questo caso possiamo parlare di razze visto che si tratta di animali) e lo studio della società sotto diversi aspetti: dall’effetto della religione a quello dell’intrattenimento, dai simboli allo stress collettivo, tutti elementi che vengono evidenziati nel corso degli episodi in relazione alla società di Anima City e come questa ne viene influenzata.
Ovviamente, come altri prodotti simili, la società di Brand New Animal specchia la società umana del nostro mondo, con le sue contraddizioni e i suoi problemi. In questo anime si cerca di infilare nel mucchio quante più cose possibili, a volte si arriva persino a strafare, con alcuni elementi buttati nel mucchio e non approfonditi, come la situazione del ghetto e la Family mafiosa della zona del porto, inseriti e sfruttati per pochissimo tempo per un episodio o poco più, ma che lasciano un senso di casualità abbastanza forte.
La differenza fondamentale tra Brand New Animal e i già citati Zootropolis e Beastars è la presenza dell’essere umano. In Brand New Animal non parliamo di una società di animali antropomorfi in un loro mondo distante dall’essere umano, ma di una razza, quella degli zoomorfi, che deve convivere con il pregiudizio degli esseri umani nei loro confronti, oltre che avere in seno molti zoomorfi diversi, con diversi bisogni, che devono imparare ad accettarsi tra di loro. In questo contesto l’espediente della protagonista umana che si trova trasformata in uno zoomorfo è già visto, ma funziona.
Molto interessante al fine del capire come è stata costituita la società e come si sta evolvendo la figura del sindaco Rosé. Una leader colta e che ha a cuore il benessere della città e i principi su cui si fonda, ma che deve anche sottostare ad alcuni compromessi pur di mantenere l’ordine e la pace. Ogami funge da braccio armato del sindaco, un giustiziere a cui la leader degli zoomorfi affida missioni per situazioni che richiedono un intervento diretto.
Come dirò nuovamente più avanti, Studio TRIGGER lo conosciamo bene per essere lo studio dell’esagerazione, sia dal versante grafico, che registico, che di scrittura. Considerando gli standard di altre produzioni TRIGGER, prime tra tutte Kill La Kill e Promare, Brand New Animal comincia quasi sottotono, con degli episodio dove, animali antropomorfi a parte, gli eventi si susseguono con una certa logica e continuità, le azioni sono pulite e le deformazioni del characater design tipici dello studio sono ridotti al minimo. L’effetto è particolare, come se i ragazzi di TRIGGER abbiano voluto provare a tirare un po’ il freno e devo ammettere che non mi dispiace. L’azione frenetica e graficamente sporca è una parte talmente fodamentale dello stile di TRIGGER che fa quasi strano vedere sequenze tanto pulite e comprensibili, segno di come anche al livello di regia, tutto lo studio sia maturato molto nel tempo, il risultato è ottimo.
L’azione resta il punto focale dell’intera produzione. Gli spettacolari combattimenti di Ogami sono bellissimi da vedere e rappresentano nella maggior parte dei casi, il picco di ogni puntata, ma sono contento che la serie spinga anche su altri momenti meno caotici di una lotta. In Brand New Animal c’è spazio soprattutto per le indagini, le infiltrazioni per scoprire i loschi traffici della città, in una trama che seppur non sia gran che complicata, riesce a intrattenere senza troppi problemi.
I colpi di scena in stile TRIGGER, quasi assenti negli episodi che precedono gli ultimi tre, sono concentrati interamente nel finale, dove tutti i nodi vengono al pettine in una serie di colpi di scena, uno più esagerato dell’altro che portano allo scontro finale tra buoni e cattivi in una serie di scene action sempre più gigantestche tanto quanto lo diventano i personaggi che le mettono in piedi.
L’inesperienza di Nakashima con le trame investigative si fa sentire nelle battute finali, in cui la parte investigativa viene chiusa in fretta e furia in un maldestro tentativo di richiamare la prima stagione di Psycho Pass.
Se vi sembra che manchino le deformità, le proporzioni senza senso e le devastazioni tipiche delle serie TRIGGER, non preoccupatevi gente, i ragazzi dello studio hanno avuto modo di dare libero sfogo alle proprie vene artistiche sfruttando la natura trasformista degli zoomorfi, che passano da forma completamente umana a mezzo-animale in pochi secondi, e in particolare della protagonista Michiru.
La forma da mezzo tanuki di Michiru le permette di modificare a piacimento molte parti del suo corpo, arrivando in alcuni casi a sembrare una vera e propria chimera di vari animali.
Parallelamente la supposta invincibilità di Ogami permette agli animatori di divertirsi a fargli fare la fine di Deadpool, maciullandolo più e più volte contro avversari sempre più grossi e pericolosi per poi farlo tornare in campo.
Da lodare tuttavia che la serie non sia solo metamorfosi grottesche e combattimenti. Nei momenti di calma dove nessuno si trasforma in qualche creatura abominevole le animazioni sono rese piuttosto bene, a volte grezze e buffoneggianti come prerogativa di Studio TRIGGER, molte altre volte meno dinamici, ma non per questo meno espressivi.
Brand New Animal probabilmente non sarà il prodotto più ricordato di Studio TRIGGER, e sicuramente non avrà lo stesso impatto devastante di Beastars, ma è sicuramente un passo in avanti nell’evoluzione dello Studio, che si cimenta con una storia leggermente meno caciarona rispetto al solito, proponendo un’investigazione semplice e lineare, ma non per questo scarna di attrattiva.
La storia di Brand New Animal si regge in piedi, nonostante un paio di inciampi a cavallo tra parte centrale e finale, il buonissimo lavoro fatto sulla caratterizzazione dei personaggi permette di empatizzare con loro e di farci appassionare alle loro avventure, i loro segreti e i misteri della città di Anima City.
In fondo anche la morale di questa particolare favola contempornea è semplice, come tutta la serie del resto: non ha senso spingere una società fatta di persone a fare o non fare qualcosa “per il suo bene”, meglio invece lasciare che ognuno scelga per se stesso la propria vita. Una morale semplice, chiara e critica in maniera feroce a chiunque pensi di essere abbastanza in alto per decidere della vita degli altri, sia nel bene che nel male.
Una buona serie in definitiva, che consiglio sicuramente ai fan di TRIGGER, ma anche agli altri appassionati di anime la fuori, che troveranno una storia semplice, ma piacevole da seguire.
Pe rispondere alla domanda iniziale, Brand New Animal è solo un Beastars fatto da Studio TRIGGER? No, per lo stesso motivo per cui Beastars non è la versione giapponese di Zootropolis. Tutti e tre sono prodotti che si rifanno alla tradizione della favola, con gli animali usati come metafora dei comportamenti umani, che cercano, allora come oggi, di raccontare la società umana.
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