Ciao gente! Ben tornati. Questo è il terzo e ultimo appuntamento de La Storia di Digimon, dove andremo a sviscerare gli ultimi progetti del franchise nei suoi ultimi 10 anni di vita fino ad oggi.
Nelle puntate precedenti (Cap. 1 e Cap. 2):
– Digimon nasce nel 1997 da Bandai come versione maschile del Tamagotchi. Diventa un successo nel 1999 grazie alla serie animata Digimon Adventure, che farà da apripista per il franchise in tutto il mondo concorrendo spietatamente con il ben più strutturato Pokémon di Nintendo.
– A causa di alcune scelte poco lungimiranti dei vertici di Bandai e alla generale noncuranza, il brand decade. Nel 2003 la gara con Pokémon può dirsi conclusa, ma Digimon continua a sopravvivere.
– Digimon rimane forte soprattutto in Giappone dove escono la maggior parte dei titoli che solo ogni tanto raggiungono l’occidente. Nel 2005 la crisi raggiunge il suo picco massimo, l’uscita di nuovi prodotti si fa sempre più rarefatta fino a bloccarsi del tutto nel 2008.
Oggi ricominciamo la nostra storia da dove si era interrotta settimana scorsa, con Digimon ancora in crisi, ma con una Bandai Namco che, risollevatasi più forte di prima, sta già pensando a tante novità per i suoi brand, tra cui Digimon.
La storia di Digimon riparte nel 2010, 2 anni dopo la fine dell’ultima grossa pubblicazione del franchise. Le scosse di assestamento dell’acquisizione di Namco da parte di Bandai si sono fermate da tempo e l’azienda decide che è venuto il momento di dare nuova linfa a un brand che può ancora fruttare grazie ai molti fan in tutto il mondo che gli sono ancora molto affezionati.
Tuttavia, la formula classica di Digimon avrebbe dovuto essere svecchiata, cambiata nuovamente. Fu così che nel 2010 uscì qualcosa che avrebbe cambiato totalmente il volto dei Digimon in una maniera totalmente inaspettata
Digimon Xros Wars (in occidente conosciuto come Digimon Fusion Battles) andò in onda per la prima volta su Asahi TV il 6 luglio 2010 e proseguì per tre stagioni fino al 25 marzo 2012 con un totale di 79 episodi all’attivo diretti da Tetsuya Endo. La serie ebbe un riscontro tutto sommato positivo, venendo anche nominata agli International Emmy Kids Awards nel 2012, e fu lanciata con tutte le buone speranze di questo mondo, ma fu anche la serie che spaccò in due il fandom.
Digimon Fusion Battles rivoluzionava le meccaniche caratteristiche di Digimon dalle loro fondamenta. Oltre al fatto di essere creature digitali intelligenti, i digimon non avevano più nessuna delle caratteristiche avute fino a quel momento. La divisione in livelli di evoluzione venne annullata, così come la digievoluzione, lasciando spazio al concetto di DigiXross (o Fusion), ovvero una fusione tra due digimon per crearne temporaneamente uno più potente. In pratica i digimon erano diventati degli zords da montare l’uno sull’altro.
La serie segue la campagna di ribellione di Mikey Kudo e della sua armata Fusion Fighter, composta in primis il suo partner Shoutmon e da un gruppo di digimon che lo seguono nella sua crociata contro l’esercito del potente Bagramon, che vuole conquistare e sottomettere il Digital World.
La storia di Digimon Fusion Battles, come da tradizione, è molto buona: una serie di cattivi carismatici e d’impatto, dal malvagio Bagramon, il cui unico difetto è un design uscito pari pari da una serie dei Power Ranger, al subdolo Dark Knightmon, passando per il misterioso Arkadimon e l’intelligente Tactimon. Molte delle sottotrame secondarie risultano ben gestite e così i nuovi digimon.
I difetti principali della serie sono 2: il primo, di carattere più oggettivo, è la quasi totale assenza di caratterizzazione dei protagonisti. Mikey Kudo è un bambolotto stereotipato il cui unico compito è fare da supporto per i suoi digimon. Nulla di male, neanche i suoi predecessori agivano in combattimento, ma Taichi aveva una serie di rapporti interessanti, Takato una crescita personale ottimamente gestita, e in generale tutti i protagonisti che hanno preceduto Mikey hanno un buon numero di comprimari che gli permettono di risaltare come leader del gruppo, mentre in Digimon Fusion Battles la trasparenza e inutilità completa dei due comprimari rende Mickey quasi altrettanto inutile.
Il secondo difetto è più incentrato sulla visione dei fan del brand di Digimon, che hanno assistito non solo ad un cambiamento radicale delle meccaniche fondamentali dell’universo narrativo, ma soprattutto il ridimensionamento di moltissimi personaggi che erano entrati nell’immaginario collettivo. Esempi presi a caso: Leviamon, Lilithmon e Beelzemon, prima conosciuti come parte dei Seven Demon Lords, in teoria opposti ai Royal Knight, vengono trattati malissimo: Leviamon diventa un’arma usa e getta (dei buoni per giunta), Lilithmon il generale peggiore della schiera di Bagramon e dispensatrice di fanservice sessuale spicciolo, Beelzemon un membro qualsiasi dei Fusion Fighter. Il trattamento riservato a Beelzemon è quello che lascia più l’amaro in bocca: strappato di prepotenza a Digimon Tamers, viene privato di tutto il background e l’evoluzione a cui è stato sottoposto in Tamers e inserito a forza tra le fila dei buoni per il solo fatto di essere uno dei personaggi preferiti dei fan, con il risultato di essere solo uno dei tanti in mezzo all’esercito in miniatura di Kudo.
Paradossalmente viene trattato molto meglio Lucemon, anche lui declassato da villain principale di Digimon Frontier a cattivo di transizione in Fusion Battles, ma mantiene il suo carisma da cattivo subdolo e manipolatore che rende giustizia al personaggio
Dopo la prima stagione nel 2010 Digimon Fusion Battles ebbe anche una seconda stagione nell’aprile 2011 e una terza stagione, in onda da ottobre 2011 a marzo 2012, che sta alle prime due stagioni come Digimon Adventure 02 sta al primo Digimon Adventure, con un Mikey Kudo già tornato dal suo primo viaggio e ridotto a comprimario del nuovo protagonista Tagiru Akashi.
Nel complesso Digimon Fusion Battles sembra essere stata ben recepita dal pubblico (almeno in occidente, non sono riuscito a reperire recensioni giapponesi), che dopo anni di silenzio si sarebbe accontentato più o meno di qualunque cosa, ma non aiutò Digimon a uscire dal suo limbo di noncuranza, nonostante stavolta, a differenza che con Savers, il lancio della serie era stato fatto con una certa cognizione di causa.
Al contrario di quel disastro produttivo che è stato Digimon Savers, i cui prodotti sono usciti molto prima, molto dopo o anche di rincorsa alla serie stessa, Digimon Fusion Battles fu lanciato in Giappone insieme a una valanga di merchandise.
Contemporaneamente a Digimon Fusion Battles in Giappone uscirono anche una serie di cabinati arcade dedicati, una nuova espansione del TCG, una serie di action figure delle varie versione di Shoutmon e alcuni V-Pet dedicati. Curiosamente però, Digimon Fusion Battles non rimase sulla cresta dell’onda per molto tempo: durante lo sbarco in occidente della serie, i piani di Bandai Namco per il brand erano già cambiati.
Digimon Fusion Battles ebbe un successo molto contenuto, tanto che l’unica delle tre stagioni di Fusion Battles a essere trasposta in un videogioco fu la prima, che arrivò sui Nintendo DS dei Giapponesi con un capitolo di Digimon Stories diviso in due versioni: Digimon Story Xros Wars Blue / Red.
Il gioco non è il massimo; la trama tenta senza troppa convinzione di riprendere il primo Digimon Fusion Battles da dove era rimasto alla fine della prima stagione (di fatto creando un universo alternativo), il sistema di combattimento è il classico sistema a turni dei Digimon Stories per console mobile e l’aspetto grafico e l’estetica sono un copia-incolla di Digimon World 2003, comprese le animazioni e il design dell’overworld. Ampiamente dimenticabile.
L’unica altra citazione di Digimon Fusion Battles nei videogiochi del brand è una fugace apparizione di Shoutmon come personaggio giocabile nel gioco Digimon All-Stars Rumble per Playstation 3, uscito nel 2014, ultimo capitolo della serie Rumble Arena.
La vita editoriale di Digimon Fusion Battles durò molto poco. Ci fu anche un adattamento manga della serie realizzato da Yuuki Nakashima e pubblicato su V-Jump tra il 2010 e il 2012, diviso in 4 volumi. Il manga segue l’anime solo per il primo capitolo per poi prendere una strada completamente diversa, giacché il piano di Bagramon, anche qui nemico giurato dell’armata Fusion Fighters, è quello di risvegliare ZeedMillenniumon, che fa il suo trionfale ritorno nel brand.
C’è da dire che Bandai Namco gettò la spugna molto in fretta. Lo show in Giappone non ebbe chissà quali alti share in tv e non è difficile credere che la dirigenza abbia deciso in corsa di cambiare Digimon Fusion Battles; non a caso a cavallo tra la prima e la seconda stagione vengono reintrodotte le digievoluzioni (anche se solo dal livello minimo al massimo e ritorno), che saranno uno dei focus principali della terza stagione di Fusion Battles.
Interessante vedere come lo stesso anno di Digimon Fusion Battles, a luglio, Bandai Namco fa uscire un nuovo titolo della serie Digimon World, stavolta per PSP: Digimon World Re:Digitize, che riprende uno a uno il gameplay del primo Digimon World, ma con uno stile di disegno e di character design che si rifà più a Digimon Savers che non a Fusion Battles. Considerando il percorso impervio che ha avuto il periodo di Digimon Savers si potrebbe pensare a un prodotto legato alla serie arrivato in ritardo, ma 6 anni di ritardo sono troppi persino per Bandai.
Digimon World Re:Digitize e la sua perfect edition per 3DS Re:Digitize Decode ebbero poco, se non nullo, impatto sul pubblico; complice il fatto di essere dei giochi tecnicamente indietro di una generazione e mezzo, complice l’essere nati su una console che si sarebbe poi rivelata un buco nell’acqua, nessuno dei due riuscì a sfondare. Erano in programma anche due serie manga che avrebbero accompagnato il lancio dei giochi: Digimon Re:Digitize uscì su V-Jump nell’estate del 2012 e durò soltanto un mese, mentre Digimon Re:Digitize: Encode, prima pubblicato su V-Jump nell’aprile del 2013, passò presto alla pubblicazione esclusivamente online, per poi venire cancellato non finito nel 2015.
Nonostante tutti i problemi, si capisce la buona volontà di infondere nuova linfa nel brand, ma visto lo scarsissimo risultato, Bandai Namco staccò la spina a Digimon Fusion Battles, anche perché si stava avvicinando il 2014 e c’era altro da fare.
Prima di passare alla successiva “era” del franchise di Digimon, urge fare un salto in avanti nel tempo e una piccola digressione in questo buffo esperimento di Bandai Namco di implementare le app per cellulare nel mondo dei Digimon.
Il 30 settembre 2016 esce in Giappone la settima serie anime di Digimon: Digimon Universe: Appli Monsters, uno spin off del canone principale (se mai ce n’è stato uno) che porta il concept di Digimon nel mondo delle app per smartphone.
L’incipit della serie è quello classico di qualsiasi serie animata di Digimon: un ragazzino di 10 anni di nome Haru Shinkai, un giorno vede uscire dal suo smartphone l’icona dell’app del suo motore di ricerca che si materializza poi in un mostriciattolo. Questo si prensenta come Gatchmon, l’appmon dei motori di ricerca online, e lo avverte che una potente intelligenza artificiale impazzita nascosta nelle profondità del deep web e conosciuta come Leviathan, sta cercando di uscire per fare danni. La missione di Haru e Gatchmon è quella di trovare le 7 entità appmon Seven Code, che con i loro poteri combinati possono fermare Leviathan.
Il resto della serie si svolge in maniera piuttosto classica. Ogni episodio appare un appmon impazzito a causa dei virus di Leviathan, Haru e Gatchmon (e gli altri comprimari più avanti) intervengono e catturano l’avversario per aggiungerlo alla loro squadra.
Gli appmon non sono digimon come siamo abituati a conoscerli, ma mostriciattoli che rappresentano ognuno un tipo di app per cellulare, come può essere Gatchmon con la barra di ricerca, oppure Navimon con i navigatori, Messmon con le app di messaggistica, ecc.
La base di Digimon Universe: Appli Monster è la stessa di Fusion Battles, i protagonisti ampliano il loro entourage di appmon con il progredire della storia combinando insieme i loro poteri per dare agli appmon principali abilità extra che li aiutino negli scontri, similmente a quanto accadeva con le carte in Digimon Tamers, ma con un’impostazione grafica in cui l’appmon “secondario” della coppia diventa uno “stand” del principale. La meccanica della trasformazione degli appmon è la stessa dei digimon in Fusion Battles, ma con un minimo di originalità dato dalla necessità degli appmon di evolversi in un nuovo mostro più forte solo combinandosi con altri appmon particolarmente compatibili per funzionalità delle app di riferimento.
Le nuove meccaniche, considerando l’aspetto spin off della serie, sono aggiunte molto simpatiche e in un certo senso originali. Peccato che la scrittura della serie stessa lasci molto a desiderare. La progressione degli episodi è gestita abbastanza male, le storie sono fiacche, prive di interesse e con pochissimo tempo dedicato alla narrazione, favorendo invece sequenze di evocazione e trasformazione molto elaborate e terribilmente lunghe.
Non un’ottima serie, ma non così terribile da urlare allo scandalo, con un’occhio da fan possiamo ritenerlo un ottimo esperimento riuscito solo in parte, ma che ha dato molti spunti positivi.
Digimon Universe: Appli Monster ebbe a sua volta un videogioco dedicato chiamato semplicemente Digimon Universe: Appli Monster, uscito per Nintendo 3DS nel dicembre del 2016, che porta la storia sui binari di un torneo da battle shonen classico e propone un nuovo protagonista originale. Il gameplay non differisce di molto da quello di Digimon World 2003, ma con la simpatica aggiunta di un appmon compagno che permetterà all’appmon in battaglia di usufruire di effetti aggiuntivi durante il combattimento ed evolversi in caso di compatibilità, mentre gli altri chip appmon funzionano come carte azione.
Contemporaneamente alla serie, Appli Monster ebbe anche due edizioni manga: la prima è la versione ufficiale, Digimon Universe: Appli Monster, uscita il 21 settembre 2016 e terminata ad agosto 2017 con all’attivo 12 capitoli divisi in 2 volumi, che segue la storia della serie, edita su V-Jump e realizzata da Naoki Akamine. Il secondo è un manga parodico chiamato Appli Monster: Appmon Academy! dello stesso autore, edito da Saikyo Jump parallelamente alla serie principale.
Gli appmon ebbero anche un gioco di carte dedicato.
L’intera operazione Appli Monster era studiata per testare le possibilità di Digimon nell’era digitale, non aveva seriamente l’ambizione di durare, e infatti non lo fece. Bandai Namco ne ricavò comunque qualcosa in termini di vendite del merchandise, ma come Fusion Battles prima di lei, anche Appli Monster non ebbe alcun futuro. I piani erano cambiati con l’uscita di un’altra serie animata solo un anno prima di Appli Monster, che convinse i vertici di Bandai Namco a puntare sul passato invece che sul futuro.
Il 2014 è l’anno del quindicesimo anniversario dell’uscita di Digimon Adventure. Per commemorare l’evento Bandai Namco e Toei Animation decisero di mettersi al lavoro su una nuova serie, sequel diretto di Digimon Adventure 02, ma con i protagonisti del primo Digimon Adventure.
La produzione, probabilmente pensata e realizzata in fretta e furia, avrebbe dovuto, nei piani originali, far uscire il primo episodio della nuova serie in data 1 agosto 2014, in corrispondenza dell’anniversario della prima messa in onda dell’Adventure originale, ma la data del debutto fu sistematicamente rimandata. Solo nel dicembre del 2014 Toei annunciò il titolo della nuova serie, che sarebbe stata non una serie tv classica, ma una serie di 6 lungometraggi portanti il titolo Digimon Adventure Tri.
Il primo film della serie, Reunion, uscì nel novembre del 2015, diretto, come tutti gli altri, da Keitaro Motonaga.
Digimon Adventure Tri racconta una nuova avventura dei primi 8 digiprescelti guidati da Taichi, ormai adolescenti, liceali e proiettati verso il proprio futuro personale, pieno di preoccupazioni, nuovi pensieri e responsabilità.
La storia si incentra quasi interamente su due linee narrative: quella personale di Taichi e quella della nuova digiprescelta Meiko e del suo digimon Meikomon, chiave di volta per i guai che stanno per scatenarsi a causa di un misterioso virus digitale che sta infettando il Digital World facendo impazzire e diventare aggressivo ogni digimon che ne viene contagiato. Per salvare baracca e burattini i ragazzi dovranno collaborare con un’organizzazione governativa che monitora le evoluzioni del Digital World dopo i casini compiuti da Myotismon in Digimon Adveture e Adventure 02, avviando una procedura di reboot del Digital World stesso che farà riavviare anche la memoria dei digimon partner dei protagonisti.
Le premesse sono interessanti e nonostante una resa tecnica un po’ datata (stiamo pur sempre parlando di Toei), Digimon Adventure Tri riesce a essere una buona aggiunta al franchise. Purtroppo il tentativo di distribuzione in occidente si risolse in un nulla di fatto. Lo sbarco in America fu disastroso: passati nei cinema singolarmente con pubblicità di lancio minima, l’adattamento fu realizzato con tutto il cuore possibile, richiamando alcuni dei doppiatori storici della serie, ma gli incassi furono via via sempre più irrisori di film in film, risultando in un fallimento colossale. Andò un po’ meglio con la successiva distribuzione online tramite Crunchyroll, che riuscì a coprire almeno in parte le perdite delle uscite cinematografiche. La piattaforma streaming continua a tenere la serie nel suo catalogo americano ancora oggi.
Disgraziatamente l’insuccesso al botteghino di Digimon Adventure Tri fu dovuto in parte all’eccessivo zelo dei fan. Abituati ormai a dover attendere anni per un adattamento in occidente di una serie animata di Digimon, o anche di non riceverlo affatto, i fan occidentali del brand si attivarono per tempo: se il primo adattamento ufficiale di Digimon Adventure Tri arrivò il 15 settembre 2017, quasi un anno dopo il debutto giapponese, in rete già circolavano copie pirata tradotte in inglese dal 23 novembre 2015, solo due giorni dopo la messa in onda giapponese. Dopo una sola settimana, Reunion era già stato tradotto e distribuito in tutte le altre lingue, italiano compreso. Questo fenomeno fece sì che la misera distribuzione occidentale che aveva come target proprio quei fan affezionati non trovasse nessun mercato.
Ovviamente non si può parlare di insuccesso commerciale; bene o male la serie fu vista dagli appassionati e questo si tradusse in grosse vendite del merchandise allegato, abbastanza da far pensare a Bandai Namco di puntare proprio in quella direzione per il futuro.
La distribuzione di Digimon Adventure Tri continuò per i successivi due anni e mezzo, andando in parallelo con Digimon Universe: Appli Monsters, ma fruttando a Bandai Namco numeri molto superiori in termini economici. L’ultimo film, Future, debuttò sulle televisioni giapponesi il 5 maggio 2018, e le vendite di merchandise del ritorno al passato surclassarono quelle del piccolo esperimento proiettato verso il futuro. Il successo di Digimon Adventure Tri staccò definitivamente la spina a Appli Monsters e a ogni suo possibile sviluppo.
L’ultimo capitolo di questo revival è datato 21 febbraio 2020, data dell’uscita direct-to-video (distribuzione fisica in DVD e Blue-Ray) del film Digimon Adventure: Last Evolution Kizuna, ultima avventura ufficiale del gruppo originale di digiprescelti.
Da qualche tempo, lo avrete capito da soli, nel franchise di Digimon serie animate e videogiochi avevano cominciato a prendere due strade differenti. Il capitolo di Digimon Stories, Super Xros Wars e Appli Monster per Nintendo 3DS non ebbero chissà quale impatto sull’economia del franchise, non quanto lo ebbe un altro titolo uscito nel 2015, stesso anno di Digimon Adventure Tri, che sarebbe stato per i videogiochi di Digimon lo stesso spartiacque che fu Tri per le serie animate: Digimon Story: Cyber Sleuth.
Cyber Sleuth è stato il gioco che ha fatto riscoprire il brand di Digimon anche in occidente. Dopo anni di silenzio in cui i giochi della serie Digimon Stories arrivavano in occidente solo una volta ogni tanto e comunque confusi con la serie Digimon World, Cyber Sleuth venne lanciato a marzo 2015 in Giappone, in esclusiva per PS Vita, e poi in tutto il mondo nel febbraio dell’anno successivo su PlayStation 4.
Digimon Story Cyber Sleuth fu un grosso successo tra i fan, e riuscì anche a far riavvicinare al brand alcuni ex-appassionati delle prime serie animate che avevano abbandonato da tempo Digimon, grazie a una veste grafica molto migliore delle precedenti e per una volta al passo coi tempi, una storia solida che recupera idee sia dalle serie animate che da Digimon Chronicle e il gameplay classico della serie Digimon Stories, un JRPG con combattimenti a turni tre contro tre già collaudato e perfettamente funzionante, intuitivo e alla portata di un pubblico molto più ampio.
Nei panni di Takumi o Ami Aiba, il giocatore si ritroverà invischiato nelle indagini della detective Kyoko Kuremi intorno ai molteplici attecchi hacker nello spazio digitale EDEN. Grazie alla sua abilità di entrare e uscire dallo spazio digitale a piacimento, Aiba aiuterà l’avvenente detective con le sue indagini, reclutando di volta in volta i digimon che vivono del cyberspazio di EDEN per combattere gli hacker che ne fanno utilizzo.
Il gioco è stato apprezzato moltissimo sia dalla critica che dal pubblico, in particolare per la storia dalle tinte che virano sempre più sul dark man mano che si avanza, il sistema di combattimento semplice e intuitivo e le numerose e variegate forme di digievoluzioni ottenibili dai partner digitali in proprio possesso che, in pieno stile Digimon, possono acquisire evoluzioni diverse a seconda dell’addestramento. Ogni digievoluzione di uno stesso livello prevede il raggiungimento di determinate statistiche; facilmente la feature più apprezzata del gioco. Le critiche sono state invece rivolte principalmente ai dungeon troppo lineari e ripetitivi, il comparto grafico per nulla migliore nella versione Playstation 4 rispetto a PS Vita e la povertà di innovazione.
Digimon Story: Cyber Sleuth, pur non avendo l’intenzione di portare qualcosa di davvero rivoluzionario per il brand, riuscì nell’impresa di riconquistare i fan, e le cose migliorarono ulteriormente con l’uscita della perfect edition del gioco, Hacker’s Memory, nel 2017, che presenta l’aggiunta, sempre gradita, di una localizzazione in altre lingue oltre l’inglese, italiano compreso.
Il successo di Cyber Sleuth e Hacker’s Memory fu sufficiente per riuscire a trainarsi dietro il nuovo capitolo di Digimon World, tornato nella forma che più gli compete: quel JRPG manageriale in cui crescita dei digimon e rapporto con gli stessi sono tutto.
Il nuovo capitolo di Digimon World uscito in Giappone nel 2016 per PS Vita è Digimon World: Next Order, sviluppato da B.B. Studio e successivamente uscito anche nel resto del mondo in versione Playstation 4 all’inizio del 2017, un gioco che riprende tutti gli aspetti caratteristici della serie Digimon World e li mette in un contesto tecnico che, pur presentandosi vecchio rispetto agli altri titoli della console Sony, non è pessimo come in precedenza e restituisce una resa grafica dei mostri digitali molto migliore rispetto al suo predecessore.
Digimon World: Next Order ha ricevuto voti mediamente inferiori rispetto alla sua controparte dell’altro filone. Molti fan, abituati al gameplay semplice di Cyber Sleuth, non hanno apprezzato le meccaniche complesse di Next Order. La mancanza di una trama vera e propria, da sempre marchio di fabbrica di un buon gioco di Digimon, non ne ha aiutato la fruizione.
Con Digimon Story: Cyber Sleuth e Digimon World: Next Order sembra essere finalmente finito anche in occidente l’equivoco che circonda da sempre i videogiochi di Digimon, dividendo categoricamente il brand in due filoni distinti: Digimon Story, incentrato sull’aspetto collezionistico e sulla trama, e Digimon World, incentrato sull’aspetto di allevamento manageriale e alla crescita dei digimon da controllare, mutuate dai V-Pet.
Digimon, fin dai suoi albori, è sempre stato un brand legato strettamente allo sviluppo tecnologico e ai cambiamenti sociali che questo comporta. Che lo abbia fatto bene o male, Digimon ha in qualche modo previsto l’evoluzione della rete internet e del suo ruolo in relazione al “mondo reale”. Il problema è che il brand aveva compreso tutto questo solo al livello di concept senza mai riuscire a tenere veramente il passo con l’avanzamento tecnologico e sfruttare innovazioni che avrebbero potuto fargli molto bene, basti pensare ai problemi avuti con i videogiochi, nati con una grafica ritenuta datata già all’uscita.
Nonostante questo, lo sviluppo reale di Internet, il diffondersi della popolarità di MMORPG, l’avvento degli smartphone e, di conseguenza, dei giochi mobile, potevano fare la fortuna di Digimon, che sembrava il franchise perfetto per questo genere di piattaforme. Era letteralmente il suo stato di esistenza.
Di seguito approfondiremo brevemente i progetti di Bandai per Digimon relativi ad Internet e mobile, andando in ordine cronologico.
Il primo titolo MMO di Digimon è Digimon Battle!, conosciuto in oriente come Digimon RPG. Realizzato dalle coreane DIGITALIC e MOVEGAMES, Digimon Battle! è un MMORPG uscito per la prima volta in Corea nel 2002, dedicato alla serie Digimon Tamers, in onda in quel periodo in oriente. Il gioco è arrivato negli USA solo nel 2010 con tutti gli aggiornamenti del caso, riscuotendo un discreto successo tra i fan dei Digimon, tanto che un intero server era completamente dedicato ai giocatori in lingua inglese. Digimon Battle! è un gioco dalle meccaniche tutto sommato semplici; non c’è una storia a trainare il giocatore, solo un’isola da esplorare, rappresentazione del server, in cui incontrare digimon selvatici da combattere per far crescere i propri. Il giocatore impersonerà uno dei tre protagonisti della serie Digimon Tamer come avatar (con l’aggiunta di Jeri) e potrà scegliere uno dei digimon corrispondenti come primo digimon della propria squadra, per poi reclutarne altri durante il proprio percorso. il battle system è un semplice combattimento a turni tre contro tre, parallelo a quello della serie Digimon Stories, ma con una barra da caricare mutuata da Final Fantasy.
Digimon Battle! è stato un pezzo importante e sorprendentemente ben riuscito del brand di Digimon, ed è stato continuamente aggiornato per anni anche dopo lo sbarco negli USA, prima di essere chiuso nel 2013.
Erede spirituale di Digimon Battle! fu Digimon Masters, forse il gioco MMO free to play più noto del brand di Digimon, grazie alla sua presenza a partire dal 2012 su Steam. Forse è meno noto che Digimon Masters, realizzato ancora una volta dallo studio coreano MOVEGAMES, era già in giro dal 2009 in Corea e arrivò in America nel 2011. Così come Digimon Battle! era dedicato a Digimon Tamers, Digimon Masters arriva sulla scia di Digimon Savers, e così i personaggi e i digimon giocabili sono in gran parte presi da quella serie. Per il resto Digimon Masters si presenta come un aggiornamento grafico di Digimon Battle!, con nuove mappe e una nuova grafica 3DCGI invece di quella isometrica del predecessore. Ciò nonostante il livello tecnico e delle animazioni non è curatissimo e l’aspetto grafico, come molti prodotti Digimon dello stesso periodo, era piuttosto arretrato rispetto allo standard.
Le differenza tra Digimon Masters e Digimon Battle! ci sono, e sono molte, in particolare nel battle system, non più assimilabile a quello di Digimon Stories, ma più a quello di Digimon World: in Masters il digimon combatte in maniera autonoma e il domatore ha soltanto un ruolo di supporto. Altra differenza importante è quella della crescita del reclutamento dei digimon, non più ottenibili in battaglia, ma devono essere “arruolati” come dei mercenari in giro per il mondo.
Digimon Masters è tutt’ora disponibile su Steam.
Nel febbraio del 2011 Bandai Namco lanciò in Giappone un nuovo titolo online di Digimon dedicato alla collezione di carte esclusivamente per PC; il nome del gioco era Digimon Jintrix e purtroppo le informazioni si fermano qui visto che il gioco non è mai uscito dai server Giapponesi, chiusi meno di due anni dopo il debutto.
Sempre nel 2012 l’idea dietro a Digimon Jintrix tornò alla luce con il suo successore spirituale: Digimon Heroes!, conosciuto in patria come Digimon Crusader, altro gioco di carte collezionabili, stavolta per smartphone. La versione IOS del gioco uscì in Giappone a fine 2012, seguita dopo pochi mesi dalla versione Android, ma ci mise un anno e mezzo a varcare i confini nazionali, arrivando nel resto del mondo solo nel 2014.
Digimon Heroes! non si differenzia in nulla da altri giochi mobile di carte collezionabili, incentrati sull’acquistare pacchetti di carte e sperare di trovare mostri rari con cui combattere nelle missioni del gioco. Una meccanica carina si aveva durante le fasi di battaglia, dove le combinazioni delle carte azioni nella mano del giocatore e le abilità dei digimon di cambiarle o modificarle permettevano combinazioni degne di un vero TCG rendendo il gioco più profondo.
La modalità storia di Digimon Crusader, quindi esclusivamente nella versione giapponese, presenta delle interessanti aggiunte al franchise, anche di una certa importanza per il canone. L’analisi della lore di Digimon Crusader e del Server Iliad ci porterebbero purtroppo molto fuori tema, quindi le lasceremo a una secondo momento.
Digimon Heroes! rimase in voga per un po’ sfruttando l’onda del genere, ma fu poi ritirato da tutti gli app store nel 2017.
Del quinto gioco online di Digimon in ordine di uscita so darvi solo il nome, dato che non è mai uscito dal Giappone e non si trovano notizie in merito. Si tratta di Digimon Fortune, molto simile a Digimon Heroes! per certi versi, ma privo, sembrerebbe, del fattore TCG, rendendolo più simile alla media dei giochi mobile di carte collezionabili. In gioco si avrà una base da costruire per ottenere bonus per la propria avventura, mentre si cercano i fantomatici Fortune Codes che possono salvare il Digital World.
Il gioco, realizzato dalla stessa Bandai Namco, necessita di un account Yahoo! Japan per poter essere giocato.
Tornando su qualcosa di un po’ più conosciuto: Digimon Fusion Fighters, sviluppato da Bandai America, cercò di cavalcare l’onda dell’apprezzatissima (almeno in USA) serie animata Digimon Fusion Battles. Il gioco trasponeva su smartphone la meccanica di DigiXros, o Digi-Fusion,nella maniera più piatta possibile. Mettendo insieme un team di tre digimon, il primo avrebbe ricevuto dei bonus dalle posizioni occupate dagli altri due durante i suoi scontri in battaglia, dove il giocatore non doveva fare altro che premere sullo schermo del suo cellulare per colpire il digimon nemico.
Un gioco non certo eccellente, ma che fa buona presa grazie al fattore collezionistico che Digimon ha ormai assorbito e fatto proprio.
Nel 2015 in Corea uscì Digimon Soul Chaser, realizzato dagli sviluppatori di Netmaru, localizzato esclusivamente in Cina nel 2017 e mai sbarcato in occidente. Digimon Soul Chaser è un RPG online con un fattore di collezionismo. Dall’hub centrale i giocatori possono spostarsi per compiere varie missioni a livelli con la loro squadra di digimon, combattendo di volta in volta nemici e boss in scontri da un minimo di 1 vs 1 a un massimo di 5 vs 5.
Digimon Fusion Fighters chiuse i battenti molto presto e nel marzo del 2016 fu sostituito da Digimon Links. Tra i giochi per smartphone, Digimon Links, sviluppato da Bandai Namco, è il primo di una breve serie di titoli ad aver avuto una distribuzione capillare in occidente ed essere anche diventati mainstream. Classico RPG per smartphone, vide la sua distribuzione globale l’anno successivo della sua uscita giapponese e fu subito bene accolto dalla massa di fan grazie alla grafica accattivante, ottima per un gioco da smartphone, il gameplay basilare e l’introduzione di molti nuovi digimon mai visti in occidente, almeno per pubblico al di fuori dei fan accaniti.
Il gioco riesce in maniera discreta a riproporre il sistema di allevamento dei digimon nella nuova forma del gioco mobile e il connubio è prevedibilmente perfetto. Il sistema di attese tipico dei giochi per smartphone si abbina bene all’allevamento dei digimon e permette di non far pesare troppo il tempo impiegato a far schiudere le uova e digievolvere i piccoli digimon ai livelli superiori.
Al di fuori della farm il gioco è uno RPG a turni con scontri 3 vs 3 in cui l’obbiettivo è sconfiggere le squadre di digimon nemiche per avanzare nelle varie aree di gioco.
Digimon Links ebbe vita relativamente breve. Nonostante il gioco fosse fatto molto bene e generalmente molto apprezzato, Bandai Namco decise di chiuderlo prematuramente nel luglio del 2019, previo avviso di chiusura a maggio.
Lo shutdown prematuro di Digimon Links servì da piattaforma di lancio per un altro gioco mobile pronto a sostituire il precedente: a ottobre 2019 uscì negli app store di tutto il mondo Digimon ReArise, che già circolava in Giappone da alcuni mesi. Il successo fu buono, ma subì alcuni fattori che gli impedirono di sfondare del tutto. I fan avevano ancora il dente avvelenato per la chiusura di Digimon Links: come tutti i giochi con componenti gotcha tipici del genere, aveva spinto molti giocatori a pagare soldi per progredire nel gioco, per poi perdere tutto con lo shoutdown.
ReArise partì sotto una pessima luce, e le cose non fecero che peggiorare quando i giocatori si resero conto che, oltre a una discreta modalità storia il gioco, non cambiava molto lo stile di Links. Anzi, lo peggiorava.
I digimon potevano evolvere solo fino al livello Ultimate (i Mega erano ottenibili solo tramite costosi pacchetti dedicati), quelli giocabili erano addirittura meno di quelli di Links e la progressione di gioco era talmente rapida che gli aggiornamenti non riuscivano a stargli dietro, lasciando i giocatori per giorni e giorni senza niente da fare.
Il gioco venne scaricato molto, ma come tutti i giochi dello stesso tipo tornò presto alla nicchia di appassionati del brand. Digimon ReArise è tutt’ora disponibile sugli app store.
Per ultimo, anche se non in ordine cronologico, troviamo Digimon Encounters, gioco RPG mobile esclusivo per il mercato cinese realizzato da Chengdu Momo Technology Company Limited, uscito nel 2018 e in poco o niente differisce da Digimon Links, se non per la possibilità di customizzare il proprio avatar di gioco.
Arriviamo quindi agli ultimi due anni.
Dopo Digimon Adventure Tri e Digimon Story: Cyber Sleuth nel 2015 il franchise di Digimon sembra aver rialzato la testa anche in occidente, portando ottimi titoli sia per quanto riguarda le serie animate che per i videogiochi.
L’onda di Digimon Adventure Tri ha portato Bandai Namco a puntare a tutto ciò che ha a che fare con il passato, in particolare con il primo Digimon Adventure, che attira i fan di vecchia data più di qualsiasi altra novità.
Per capire la direzione presa dal brand di Digimon da questo momento in avanti, serve capire le ultime mosse di Bandai Namco per quanto riguarda le ultime produzioni uscite, dalla chiusura con il passato offerta da Last Evolution Kizuna e la ripresa data dal reboot del 2020 di Digimon Adventure.
Il 2019 per i fan si è aperto con l’annuncio della distribuzione di Digimon Adventure: Last Evolution Kizuna, seguito diretto di Digimon Adventure Tri e annunciato come speciale per il ventennale della prima messa in onda della serie animata, così come Adventure Tri era stato lo speciale per i 15 anni dalla stessa. Digimon Adventure: Last Evolution Kizuna subì diversi ritardi di produzione che ne posticiparono l’uscita al 21 febbraio 2020, preceduto da 2 dei 5 cortometraggi animati della raccolta Digimon Adventure 20th Memorial Story.
Questi 5 cortometraggi, ognuno dedicato alla storia a ridosso di Last Evolution Kizuna di uno o più digiprescelti, dovevano fungere da prequel al film stesso, ma con i ritardi di produzione e i problemi dettati dall’emergenza Covid-19, la loro distribuzione è stata rallentata. In Giappone sono usciti per il momento i primi 3 episodi della raccolta, e in occidente soltanto il primo.
Senza entrare troppo nel dettaglio, Digimon Adventure: Last Evolution Kizuna è uno straziante addio di Bandai Namco e Toei al vecchio Digital World e ai suoi protagonisti, che gli hanno portato tanta fortuna in passato, un’ultima avventura per chiudere degnamente quella porta e poter ricominciare, stavolta per davvero.
Il film è diretto da Tomohisa Taguchi, un volto relativamente nuovo nel franchise, ma contornato da diversi elementi cardine della prima serie di Digimon, come il produttore di Toei Hiromi Seki, il character designer Katsuyoshi Nakatsuru, impegnato con il brand dai tempi di Digimon Adventure, e lo storico disegnatore dei Digimon Kenji Watanabe.
L’unico punto debole di Last Evolution Kizuna, non tanto come film, ma come aggiunta al franchise, è quello di aver completamente riscritto il finale di una storia che si era già conclusa quasi 20 anni prima. Considerando tutto quello che questo brand ha passato nel corso della propria storia, non me la sento di demonizzarlo proprio per questo aspetto.
Dopo Digimon World: Next Order non sono più usciti videogiochi di Digimon che non fossero mobile, ma Bandai Namco aveva già in cantiere un altro progetto particolarmente interessante che avrebbe fatto impazzire la fanbase.
Verso la fine di luglio 2018 Bandai Namco rilasciò un trailer e un gameplay di 5 minuti di un nuovo titolo di Digimon che, almeno in apparenza, sembrava rivoluzionario; uno stile di disegno incantevole agli occhi e davvero particolare, gameplay ricco di scelte da fare, di personaggi e oggetti con cui interagire, battle system che prende dagli strategici a turni in stile Fire Emblem (o da Digimon Adventure: Anode/Cathode Tamer, per restare in tema), con la promessa di un gioco RPG Survival in cui ogni scelta del giocatore influenza in maniera significativa non solo il percorso del proprio digimon, ma anche la storia e la gestione del gruppo di protagonisti: un gruppo di ragazzini che durante una gita scolastica si ritrovano in un mondo parallelo abitato da mostri digitali. Il titolo del gioco è Digimon Survive.
Il gioco dopo poco tempo era già sulla bocca di tutti. L’atmosfera malinconica e l’idea di un gioco di Digimon in cui l’obbiettivo è sopravvivere fece subito presa sui fan che attendono da allora.
Il trailer mostrato a luglio 2018 dava il gioco in uscita nel 2019, ma, un anno dopo, un altro trailer che mostrava il filmato introduttivo del gioco stesso spostava l’anno di uscita al 2020. Siamo ormai a luglio 2020 e una data certa per l’uscita di Digimon Survive ancora non c’è, con la conseguenza che l’hype intorno a questo titolo si sta mano a mano spegnendo.
Vero è che tutti i prodotti di Digimon non brillano per puntualità, specie quelli recenti. Ritardi, rinvii e posticipazioni delle date di uscita sono all’ordine del giorno, ma intorno a questo gioco c’è così tanta aspettativa che sarebbe disastroso vederlo uscire senza che questa aspettativa venga rispettata. Speriamo in bene.
Parallelamente a Digimon Survive, sono in uscita due nuove app Digimon per smartphone: Digimon Beasts e Digimon New Century. Digimon Beasts è un nuovo gioco mobile che si differenzia dai predecessori per essere un beat ’em up a stazioni in cui i digiprescelti di Digimon Adventure condurranno i propri digimon a lottare contro altri digimon avversari. Nel trailer gameplay reperibile su YouTube vediamo apparire Taichi (Tai), Mimi e Takeru (T.K.) con i rispettivi digimon in quella che sembra una farm/hub centrale gestito da Gennai. Nel trailer appare anche Kagura Mirei, di Digimon Story: Hacker’s Memory, che ricopre il ruolo di tutorial.
Di Digmon New Century al momento sappiamo che sarà disponibile prossimamente soltanto in Cina, ma nulla vieta che venga portato in occidente in un secondo momento; è un gioco di mostri collezionabili tutto sommato classico, un semplice more of the same di Digimon ReArise, da cui riprende i sistemi gotcha e il battle system a scontri 5 vs 5.
In seguito al lungo addio di Last Evolution Kizuna, Digimon Adventure rinasce dalle sue ceneri (o dati vaganti, decidete voi), il 4 aprile 2020, quando dopo numerosi rumor, conferme e teorie, esce su Crunchyroll la nona serie animata di Digimon: Digimon Adventure.
Nominata come la prima storica serie, per evitare confusione ci riferiremo alla serie del 2020 come Digimon Adventure Reboot. La serie, realizzata da Toei Animation, porta lo stesso character design e gli stessi protagonisti di Digimon Adventure nel nuovo millennio, con una nuova storia che si rifà solo in minima parte al corrispettivo di 20 anni prima e porta tutti i protagonisti nell’anno 2020, in cui molti misteriosi malfunzionamenti informatici mettono sottosopra la vita dei cittadini di Tokyo. Taichi Kamiya e Yamato Ishida si trovano entrambi trasportati nel mondo della rete internet e li scoprono che la causa dei malfunzionamenti informatici è una colonia di piccoli digimon virus che hanno invaso lo spazio informatico di Tokyo, per poi spostarsi in quello degli USA. I due ragazzi, con l’aiuto dei due digimon Agumon e Gabumon, combattono i virus per riportare alla normalità la vita della loro città e nel mondo.
Se Last Evolution Kizuna era stato l’addio al passato del brand, Digimon Adventure Reboot è un (per il momento) non riuscitissimo ritorno a quel passato, con una trama sì nuova, ma con un riciclo di vecchie idee e strizzate d’occhio ai vecchi fan del franchise tanto eccessivi da dare un orripilante senso di già visto. I primi 3 episodi dei 4 usciti (la messa in onda è stata interrotta a causa dell’epidemia di Covid-19) ripropongono uno a uno la trama di Our War Game! di 20 anni prima, solo con Argomon al posto di Diaboromon, compresi tutti i colpi di scena, gli espedienti narrativi e i protagonisti coinvolti.
La serie da metà giugno ha ripreso la messa in onda degli episodi su Crunchyroll in tutto i mondo. Sono consapevole che sia ancora presto per valutarla, ma se la scrittura dei primi episodi fosse esemplificativa di cosa ci aspetta, non mi sento positivo; magari i nuovi fan dei Digimon potranno apprezzarne i contenuti, trovandoli anche interessanti, ma i fan di vecchia data non potranno non percepire un forte senso di già visto.
Speriamo che il futuro ci dica altrimenti e la serie riesca a brillare di luce propria senza dover per forza ripescare dal passato. Sebbene Digimon Fusion Battles e Appli Monsters non abbiano spopolato quanto le precedenti serie, portavano veramente qualcosa di innovativo al franchise, mentre Digimon Adventure Reboot ha, per il momento, un amaro retrogusto di minestra riscaldata dopo settimane e settimane in frigo.
Questo è tutto, signore e signori.
Ammetto che è stato un lavoraccio arrivare in fondo a questa disamina lunga 20 anni di un brand che, tra alti e bassi, è rimasto nel cuore di molti appassionati e ancora riesce a far parlare di sé.
Partito come un becero stratagemma per rubare pubblico a una compagnia rivale, Digimon ha imparato a brillare di luce propria, grazie a un concept originale, design dei mostri ispirati (quando più, quando meno) e soprattutto storie mozzafiato.
Gli incidenti di percorso ci sono stati e sono stati tanti, ma da fan del franchise sono più che contento di vedere come, malgrado tutti gli ostacoli, questo piccolo cigno dall’ala spezzata sia riuscito a rialzarsi in volo, nella speranza che continui a volare ancora a lungo per farci vivere tante altre avventure in un mondo digitale che, in un certo senso, ha contribuito a definire.
Digimon ci ha insegnato prima di ogni altra cosa che il futuro è un qualcosa di misterioso, che ogni elemento che vediamo nel presente cambierà, si evolverà, fino a diventare qualcosa di completamente diverso, capace di meraviglie, ma anche di disastri. Così come umani e digimon trovano la loro forza nella cooperazione piuttosto che nell’avversione, così noi dovremo imparare a prendere ciò che di più inaspettato ci accade e trasformarlo in qualcosa di migliore.
Non è un caso che Mamoru Hosoda abbia scelto dei bambini per il suo primo, storico cortometraggio. Loro rappresentano il futuro, la forza motrice che porterà questo mondo ad essere un posto migliore; se la loro forza può permettere a dei piccoli digimon indifesi di trasformarsi in immensi mostroni invincibili, perché non dovrebbe essere lo stesso per questo mondo?
Ho finito. Arrivare a questo punto è stata una faticaccia, ma sono più che contento di avercela fatta. Ringrazio di cuore la mia amica Isabella Luzzi, altra appassionata come il sottoscritto, che mi ha aiutato nella realizzazione di questo articolo. Ringrazio ancora una volta i ragazzi di Digimon Channel Italia per il recupero del materiale, e chiunque in questi 20 anni abbia scritto sulle Wiki di tutto il mondo. Loro non lo sanno, ma mi hanno fornito il punto di partenza per andare recuperare tutta la storia di questo franchise. Infine, ringrazio tutti voi per aver letto fino a qui.
A presto a tutti quanti, e ricordate: se andate in un campo estivo in Giappone, occhio alle luci intense che appaiono dal nulla.
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