Una brillante Ala Wong ed un bravissimo Randall Park sono i due protagonisti del lungometraggio, affiancati da un cast davvero ben riuscito, specialmente per la presenza di una special guest star non da poco.
Seguiremo le linee temporali di due persone, separatesi per anni e ritrovatesi poi per puro caso: saranno ancora così unite come in giovane età? O le loro storie sono destinate a non incrociarsi mai più da adulti? Forse.
San Francisco, 1996: Sasha e Marcus sono vicini di casa ed inseparabili migliori amici. Condividono insieme gioie, dolori, fino a quando, anno dopo anno, non accade l’inevitabile: i due arrivano a nutrire attrazione reciprocamente.
Potrebbe sembrare una trama forse scialba, forse fin troppo banale e da teen drama, in realtà il tutto viene raccontato con un’ironia ed una dolcezza quasi perfino inattesa ed originale.
Marcus e Sasha si conoscono fin da ragazzini, un’età dove basta veramente poco per essere felici, e dove nessuno ti additerà come fidanzatini se passi molto tempo con qualche tuo coetaneo.
Ciò che scuote davvero la loro relazione è l’arrivo inarrestabile dell’adolescenza: gli ormoni, un pesante lutto per Marcus, l’inesperienza, sono tutti ingredienti che li portano a consumare il loro primissimo rapporto.
Ma nessuno dei due è davvero pronto per una relazione, e dopo un brusco litigio dettato dallo shock del momento, Marcus e Sasha si separano. Per ben 15 anni.
Sasha diventa una chef di fama internazionale a Los Angeles, è prossima alle nozze con un promettente manager che cura anche la sua carriera, mentre Marcus ha una vita molto più semplice come installatore di condizionatori e musicista free lance.
Sembra quasi impossibile un nuovo incontro per i due ex migliori amici, ma si sa, il destino sa essere molto più improbabile di quanto si creda.
Ciò che scuote davvero (l’apparente) vita perfetta di Sasha è proprio la sua relazione: il fidanzato decide di partire improvvisamente per l’India, restandoci per ben 6 mesi. I due avrebbero dovuto sposarsi a breve, e decidono invece di prendersi una sorta di pausa di riflessione in questo lungo lasso di tempo: solo così avrebbero capito di amarsi davvero ed essere pronti per il matrimonio. Un intero semestre di addio al nubilato, viene spiegato nel film.
Sasha, incapace di rifiutare, accetta la cosa, ma non ne è affatto convinta, anzi ne soffre terribilmente. Ironia vuole che, durante l’assenza del fidanzato, Sasha debba tornare a San Francisco, dove è prevista l’apertura del suo nuovo ristorante.
La donna è davvero pronta ad affrontare nuove esperienze e vecchie conoscenze totalmente da sola?
Forza della commedia è la grande ironia di cui abbonda, specialmente nella declinazione delle relazioni. Da quelle gay, a quelle non troppo specificate, il film fa da ironico caleidoscopio alla società odierna, esasperandola a dovere. Paladine di questo scopo sono la migliore amica di Sasha, la lesbica Veronica (Michelle Buteau), e la compagna/sposa di Marcus Jenny (Vivian Bang).
Seppur le battute siano spesso sottili e tendenti allo humor più freddo, non si può negare che sia una visione piacevole, perfino nella versione italiana. Anche grazie ad una partecipazione di tutto rispetto di una vera e propria star del momento.
A grande sorpresa, per chi si appresta a vedere la pellicola per la prima volta, abbiamo perfino la celestiale apparizione di Keanu Reeves.
Re indiscusso del web, il magistrale attore impersona la nuova fiamma di Sasha, offrendo al film un sapore sorprendentemente ancora più ironico.
Ci parla per massime dalla dubbia paternità, ma talmente filosofiche (o piuttosto, incomprensibili) da creare la ciliegina sulla torta al film. Una morale/anti-morale spiazzante, che distrugge (scherzosamente) anche il mito celato dietro l’attore.
Seppur buona parte del film possa apparire a tratti prevedibile e per nulla innovativo, è proprio nella seconda metà che appare tutta la sua originalità: una storia plausibile e godibile.
Ci sono sì esagerazioni volutamente scherzose, ma il carattere dei personaggi è perfettamente coerente e bilanciato con se stesso: nessun colpo di scena da Hollywood grottesca, tutto avviene coi propri tempi, quasi con naturalezza (seppur non manchino vari cliché romantici a condire il tutto).
La pellicola infatti sembra quasi non abbia una sua sceneggiatura sotto un diverso punto di vista, anzi lasci agire i personaggi nel modo a loro più giusto, senza freni o costrizioni. E questo traspare anche e soprattutto nei dialoghi.
Senso stesso del film è proprio la parola maybe (forse) presente nel titolo, che racchiude il costante dubbio dei protagonisti in merito alla propria esistenza.
Che dire quindi, potrebbe piacervi questo film? Forse.
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