Easy è una serie targata Netflix del 2016, creata dal regista indipendente Joe Swamberg.
Formata da due stagioni di 8 episodi ciascuna, la terza ed ultima stagione (con un episodio in più) è disponibile sulla piattaforma dal 10 maggio 2019.
Ai più sconosciuta, racconta le vicende amorose e non di alcuni personaggi, interpretati da un cast stellare come Orlando Bloom, Malin Åkerman, Michael Chernus, Kiersey Clemons, Elizabeth Reaser, Gugu Mbatha-Raw, Jake Johnson, Dave Franco, Jane Adams e Emily Ratajkowski.
Ma cosa rende Easy degna di essere vista? Sicuramente la trama.
Siamo a Chicago, e seguiamo ogni personaggio nei meandri della sua vita, spesso collegata con le vicende di altri man mano che andiamo avanti con gli episodi.
Ma il vero collante e argomento principe della serie è il sesso. Con ogni sua più intima e nascosta sfaccettatura.
C’è chi lo vive come semplice divertimento, chi come dovere coniugale da risanare disperatamente, chi invece come tabù da rompere per sempre.
Abbiamo tanto la coppia omosessuale, quanto quella aperta a nuovi orizzonti, come pure l’insoddisfazione di coppia mai espressa davvero e il tradimento. Ogni singola vicenda trattata ci proietta nelle situazioni più disparate e varie, contribuendo ad un mosaico di esperienze e sensazioni assolutamente inattese in una semplice serie su Netflix.
Nella serie si tocca ogni punto di vista dei protagonisti senza alcun freno inibitore, con una verosimiglianza in cui lo spettatore facilmente si immedesima.
Easy conduce alla riflessione senza mezzi termini: in modo esplicito (forse troppo) oppure in un climax graduale che porta al clou solo negli ultimi minuti: diretto, conciso, eppure brillante e ben riuscito.
Degna di nota è infatti anche la struttura degli episodi: un prologo per farci ambientare coi personaggi, un evento scatenante, la reazione dei protagonisti al tutto, e il finale (spesso per nulla scontato e non necessariamente lieto). Il tutto in 30 minuti per episodio.
Non a caso, grande forza di questa serie è riuscire a trattare di vicende anche molto complicate in episodi essenzialmente non così lunghi. Una brevità che riesce però a mostrare degnamente anche (e perfino) la graduale evoluzione di ciascun personaggio, spesso anche per singolo episodio.
Il sesso è sì parte integrante, ma non solo.
Easy vuole mostrare anche una denuncia alla nostra società, basata su una tecnologia permeata all’orlo dell’assurdo, sulla mera apparenza, su un’etica ormai buona solo a parole ma mai davvero coerente (questo specialmente nella seconda stagione).
Un occhio di riguardo anche verso il ruolo genitoriale: cosa comporta, la paura e il desiderio di ottenerlo prima che sia “troppo tardi”. Genitori e figli vivono dissidi ed insofferenze, e sta a loro decidere come e quando affrontarli.
In generale, la serie cerca di descrivere ogni paura e timore dei protagonisti, partendo dal loro futuro o anche solo nell’incertezza sul domani più prossimo. Sia sul fronte affettivo che lavorativo.
Unica vera pecca di Easy è indubbiamente al target a cui è rivolto. Di certo, un pubblico adolescente potrebbe apprezzare solo un terzo dell’intera storia, trovando il resto forse troppo drammatico o perfino noioso.
Solo spettatori maturi o quantomeno già proiettati nella vita adulta possono e riescono ad apprezzare la grande capacità narrativa della serie, coronata anche da interpretazioni eccezionali degli attori.
La vita dopotutto non è poi così facile come sembra, e capirlo ed affrontarlo con le proprie armi a disposizione è parte integrante del divenire adulti.
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