Quando pensiamo al concetto di combattimento animato tendiamo immediatamente ad associarlo agli anime, i cartoni animati orientali, i quali vantano una lunga tradizione di scontri all’ultimo sangue dalla regia dinamica e spettacolare.
Eppure, sebbene la cultura occidentale intenda le discipline marziali in maniera diversa rispetto ai corrispettivi asiatici, può vantare altrettante perle che, sia sul piano estetico che concettuale, rivaleggiano e – specialmente dal punto di vista della qualità tecnica – superano i migliori esponenti delle Top 10 – Anime Fights.
Che Steven Universe sia uno dei migliori cartoni animati di sempre è ormai cosa nota. La creazione di Rebecca Sugar è riuscita a veicolare messaggi inediti come l’educazione affettiva, l’accettazione di sé e il rispetto per la propria e l’altrui sessualità. Summa di tutto ciò è lo scontro finale tra Garnet e Jasper nell’episodio Capitolo finale (Jail Break), che vede contrapporsi un simbolo di emancipazione e liberazione sessuale contro uno di repressione e ignoranza.
Non solo; Garnet rappresenta anche l’unione dei più deboli che vince sulla tirannia del più forte, indottrinato all’odio e incapace di andare oltre gli ordini imposti dal regime del Pianeta Natale, spingendolo quindi a sottovalutare la forza dell’amore, pagandone le amare conseguenze.
L’intero combattimento si svolge, infatti, al ritmo della canzone Stronger than you cantata da Estelle, cantante e doppiatrice di Garnet, il cui testo ribadisce l’allegoria dell’intero combattimento.
La regia e la coreografia dell’intera sequenza di lotta è curata nei minimi dettagli; Jasper, sicura della sua forza, incalza a testa bassa con movenze molto fisiche e distruttive, mentre Garnet punta più sulla destrezza, l’eleganza e la tecnica per sorprendere e disarmare l’avversario.
Chi l’ha conosciuto solo nella quinta stagione andata in onda su Adult Swim probabilmente si sarà perso questo scontro assolutamente memorabile.
Le prime stagioni di Samurai Jack erano un tripudio di creatività, estetica e regia orientaleggiante che strizzava l’occhio allo stile del fumettista Frank Miller (l’intera serie animata è un omaggio a Ronin, e vi è un episodio che riadatta in chiave fantascientifica la trama di 300).
Nell’episodio Samurai contro ninja Gennadij Tartakovskij e il suo team artistico danno il meglio sé nel delineare un scontro tra il bene e il male sfruttando i concetti di luce e ombra.
Il Ninja mette in difficoltà Jack mimetizzandosi nell’oscurità con il suo costume nero, ma il Samurai, ribadendo di essere stato addestrato alla via della luce, adatta il suo kimono in modo tale da risultare invisibile in essa, diventando un vero e proprio Ninja Bianco.
Appena lo scontro inizia, i colori abbandonano lo scenario, lasciando solo il bianco ed il nero. Le finezza scenografica dell’utilizzo di sole silhouette su sfondi monocromatici, tipica del cinema e del teatro orientale, è stata sfruttata in precedenza anche da Quentin Tarantino nel film Kill Bill Vol. 1.
Lo scontro incalza tra giochi di luce e prospettiva, con lo scenario che muta in geometrie metafisiche a seconda della posizione del sole, la quale avvantaggia di volta in volta uno dei due guerrieri, innalzando la tensione al limite fino alla catarsi finale, alimentata ulteriormente dalla splendida colonna sonora.
Di scontri brutali come quello tra l’Uomo d’Acciaio e il tirano di Apokolips nella serie animata di Superman degli anni ’90 se ne sono visti pochi.
Nell’episodio Attacco alla Terra (seconda parte), l’ultimo episodio della serie, Superman entra nella sala del trono di Darkseid, ritrovandolo seduto senza un’ombra di preoccupazione.
Il Nuovo Dio comincia a pestare Superman come una zampogna, e questi non può far altro che subire, continuando però a rialzarsi e a non arrendersi, finché riesce a ritorcere l’arma più distruttiva del suo avversario, i temibili raggi Omega, contro di lui, bruciandogli letteralmente il volto.
Darkseid viene abbattuto, ma alla fine risulta comunque lui il vincitore. Superman lo getta ai piedi dei suoi sudditi, che per millenni hanno subito le sue angherie, ma nonostante questo lo aiutano a rialzarsi continuando ciecamente ad adorarlo. Perché Darkseid è molte cose, ma su Apokolips lui è un dio.
Gran parte del lavoro, oltre alla violenza esponenziale, lo fa di sicuro il sonoro; i colpi di Superman e Darkseid rintoccano al suono di ossa rotte e la musica classica da dramma wagneriano esplicita la componente epica dello scontro, anticipandone in un certo senso il risultato.
Se la Warner Bros. è stata leader del mercato televisivo animato per tutta la durata degli anni ’90 ci sarà un motivo.
Torniamo per un attimo dalle parti di Cartoon Network per parlare di una serie cult che ha inquietato una generazione Leone il cane fifone.
Nel corso della serie, il nostro protagonista combatte contro ogni genere di amenità, riuscendo ad uccidere, scacciare e a volte fare amicizia con il nemico/mostro di turno. Questi ultimi casi hanno dato vita ad episodi di una delicatezza rara. Ma non è questo il caso.
In La palla della vendetta, Giustino decide di eliminare una volta per tutte Leone. Per farlo, si allea con alcuni dei suoi più mortali nemici: la regina della pozzanghera nera, la talpa mannara, Cajun Fox, Le Quack, Gatti (l’unico ricorrente) e Piedone.
Prendendo in ostaggio Marilù e il suo bucato, i sinistri sei sfidano Leone a dodgeball in cantina, tumefacendolo lanciandogli qualsiasi cosa, fuorché pallonate. Ormai prossimo alla disfatta, Leone troverà la vittoria grazie proprio a Marilù, la quale lo incita a trovare in sé stesso qualcosa in cui sia più bravo dei suoi avversari.
Di tutta risposta, il nostro lancia l’urlo più forte che abbia mai lanciato, aprendo un vero e proprio cratere che inghiotte i manigoldi. Una gag, questo è ovvio, ma anche una vera e propria glorificazione dell’essenza stessa del personaggio.
La prima serie dei Teen Titans era un vero e proprio gioiello e l’approfondimento psicologico del personaggio di Robin attraverso il suo rapporto con Deathstroke ne è la prova.
Deathstroke è ossessionato da Robin; il suo potenziale lo affascina a tal punto da desiderare di convertirlo alla sua causa, convinto che le sue abilità asservite al bene siano sprecate.
Di contro, Robin odia Deathstroke, eppure non può fare a meno di riconoscerne le indubbie qualità intellettive e marziali. Questa forma di rispetto si trasforma a sua volta in ossessione, superata in seguito con l’appoggio degli amici e dei valori trasmessi da Batman.
Il Cavaliere Oscuro non compare mai nella serie, ma viene citato più o meno velatamente in diverse occasioni, tra cui l’episodio in due parti che chiude la prima stagione: L’apprendista.
In questo episodio, Slade costringe Robin a diventare suo allievo iniettando un congegno a nanomacchine nel sangue degli altri membri dei Titans, i quali morirebbero se Robin non dovesse seguire gli ordini.
Il ragazzo meraviglia all’inizio obbedisce, ma gli altri Titans lo spingono a ribellarsi, dando vita al vero e proprio combattimento. Slade neutralizza gli altri titani con il congegno e affronta Robin in un corpo a corpo, dimostrando tutta la sua superiorità fisica sul giovane eroe.
Tutto sembra perduto (e quando mai…) ma Robin, con intelligenza sopraffina, sfrutta l’ossessione del nemico nei suoi confronti e s’inietta a sua volta il congegno mortale, sapendo che Deathstroke non avrebbe rinunciato al suo apprendista.
Se vi state chiedendo quale fosse la citazione a Batman, sappiate che in un dialogo Slade asserisce di poter diventare come un padre per Robin, il quale risponde sprezzate di averne già uno. A quel punto, l’inquadratura si alza, rivelando uno stormo di pipistrelli. Vedendo come Robin ha la meglio sul suo avversario (analisi psicologica + freddezza + senso del sacrificio) il riferimento risulta ancora più evidente.
E qui si ammette candidamente di star barando, dato che, teoricamente, Abra Catastrofe! sarebbe un film. Tuttavia, possiamo aggrapparci al fatto che tale film è stato trasmesso in forma episodica.
Sciolto il bandolo della matassa, lo scontro finale tra Timmy Turner e la sua arcinemesi Denzel Crocker è un tripudio di divertimento e creatività.
Il malefico maestro delle elementari è riuscito ad imbrigliare i poteri di Cosmo e Wanda, diventando il padrone del mondo. Timmy, solo e senza aiuto, deve ricorrere a tutti gli oggetti magici di cui dispone e, utilizzando gli occhiali del buffone e il sacco di Babbo Natale per mascherarsi da Moon Knight dei poveri, ingaggia un duello contro il tiranno.
Lo scontro è eccezionalmente dinamico; le ambientazioni cambiano costantemente, spostandosi dallo spazio all’antico Egitto (con la spettacolare scena in CGI della sfinge), fino a giungere nel mondo subatomico (qualcuno ha detto Ant-Man?) mantenendosi in costante parità, almeno finché la sfortuna in forma di polli arrosto non sfa smascherare Timmy.
Crocker, da bravo cattivo stereotipato dei fumetti di supereroi tanto amati da Butch Hartman, prende in ostaggio i genitori di Timmy, obbligandolo ad arrendersi. Conscio che ormai tutto è perduto, Timmy confessa la verità in merito ai suoi Fantagenitori, facendo in modo che questi tornino nel Fantamondo privando Crocker dei poteri, per poi utilizzare il dolcetto magico per far tornare i suoi padrini fatati e ripristinare lo status quo.
Un’altra dimostrazione di come l’intelligenza sia migliore dei power-up casuali.
Rimanendo in tema Nickelodeon, potevamo escludere da questa lista il cartone che più di tutti incarna gli stilemi dello shonen classico, ma in più aggiunge un world building interessante, personaggi sfaccettati che crescono e si evolvono coerentemente, una trama avvincente e un comparto tecnico così elevato che vorresti agguantarlo? Ovvio che no.
Lo scontro finale tra Aang e Ozai è un vero e proprio trionfo. Nell’episodio finale La cometa di Sozin (quarta parte) – Un mondo nuovo Ozai è al massimo del suo potere grazie alla cometa Sozin, mentre Aang è giunto alla fine del suo percorso dominando finalmente tutti gli elementi, ma non riesce ad accettare il fatto che, probabilmente, dovrà uccidere il suo avversario, andando contro a tutti i principi insegnatigli dai monaci.
Ozai è un guerrafondaio, ma anche un codardo, in quanto sfrutta un trucco, una forza illusoria che altro non è che la proiezione che Ozai ha di sé stesso, per imporre il suo dominio sugli altri. D’altro canto, Aang è davvero forte, avendo superato tutte le tappe del suo addestramento senza mai barare (in certi casi anche controvoglia). Proprio per questo è responsabile dei danni che tale forza può procurare, temendone l’utilizzo.
Sotto il cielo apocalittico arrossato dal passaggio della cometa Sozin, i due si scontrano senza esclusione di colpi. La vera forza della pace contro la falsa forza della guerra. Una battaglia tra gli elementi in cui lo stesso campo di battaglia diviene un’arma più o meno efficace a seconda dell’intelligenza e dello stile di lotta dei contendenti.
Le inquadrature, il sonoro, il montaggio, tutto è studiato al dettaglio per rendere questo scontro il più bello della serie (che già vantava sequenze spettacolari). La frenesia dei movimenti la fa da padrone, senza però sacrificare la fluidità delle animazioni (difetto tipico di moltissimi anime). Alla fine, vedere Aang che trionfa senza tradire i suoi principi, dimostrandosi maturo e risoluto nell’adempiere ai suoi doveri di Avatar, fa quasi commuovere.
Il primo punto della lista riservato ad una serie animata di produzione Disney doveva per forza essere qualcosa di memorabile, e infatti ci troviamo dinnanzi alla rivalutazione del personaggio secondario per eccellenza, Ron Stoppable, che grazie al mistico potere della scimmia sconfigge da solo i temibili alieni Warhok e Warmonga, i quali erano riusciti a sottomettere sia Kim Possible che Shego.
In quello che è l’ultimo episodio della serie, La cerimonia del diploma, Ron riesce ad attingere pienamente al potere che fino a quel momento non era mai riuscito a controllare (non coscientemente, almeno) e ingaggia battaglia con i nemici più forti della serie, abbattendoli con un kung-fu spettacolarizzato attraverso la sovrapposizione di immagini scimmiesche che compaiono ad ogni colpo sferrato.
Sebbene duri relativamente poco, lo scontro risulta comunque impresso nell’immaginario collettivo anche per l’apparizione del maestro Sensei (nel senso che “Sensei” è proprio il nome di battesimo) che incoraggia Ron e ne constata i progressi pronunciando la sua catchphrase “Booyah!” ma anche perché rappresenta la maturazione finale di un personaggio apparentemente macchiettistico, nonché il suo passaggio dal ruolo di “spalla” a quello di “partner paritario” di Kim, segnando un nuovo percorso per entrambi sullo sfondo della cerimonia del diploma.
Di trasposizioni animate del violentissimo fumetto delle TMNT di Kevin Eastman e Peter Laird ce ne sono state una valanga, ma quella che si avvicina di più al modello cartaceo è senza dubbio l’incarnazione del 2003.
Molto più cupa e introspettiva rispetto all’orripilante e bambinesca serie degli anni ’80, dimostra il suo valore già nella prima stagione con l’episodio Il ritorno di Shredder (seconda parte), in cui assistiamo ad un magnifico scontro su un tetto tra le Tartarughe e il loro antagonista, coadiuvato dai ninja del piede.
Sebbene il quartetto riesca a sbaragliare facilmente gli sgherri, si rivelano di gran lunga inferiori rispetto a Shredder, portando Splinter a scendere in campo e ingaggiare uno scontro con l’assassino di Hamato Yoshi (nella continuity della serie, lui e Splinter sono due persone diverse).
Forte della sua esperienza ed intelligenza, il vecchio ratto riesce ad avere la meglio ingannando il nemico che fisicamente gli era superiore. La freddezza con cui Splinter “uccide” Shredder in nome del defunto maestro, rappresenta al meglio il principio alla base dell’equilibrio karmico.
Uccidendo Hamato Yoshi, Shredder ha messo in moto gli eventi che hanno portato alla nascita delle Tartarughe, e quindi della sua rovina, messa in scena con un distacco tipicamente orientale. Morte chiama morte. Vendetta genera altra vendetta.
Altro combattimento breve ma molto intenso tratto di una serie orientaleggiante, in questo caso Xiaolin Showdown. Nell’episodio Il cacciatore di incubi Raimundo Pedrosa, a causa di un piano ordito da Hannibal Roy Bean, uno dei principali antagonisti della serie, si ritrova impossibilitato a dormire. Se lo facesse, si manifesterebbe una bestia dalle sembianze di medusa gigante (in realtà frutto dell’uso combinato degli Shen Gon Wu Drago Zaffiro e Ombra della della paura).
Raimundo, pur passando molto tempo insonne nel tentativo di bloccare la fuoriuscita del mostro, alla fine cede e si addormenta, costringendo i suoi compagni a combattere il Drago Zaffiro, mentre lui, nella propria mente, affronta Hannibal.
Le scene oniriche che si susseguono nella psiche di Raimundo sono molto suggestive e inscenano una surrealità figlia della scuola di David Lynch (non siamo a quei livelli, ma nella sua modestia ne esce bene).
In compagnia del suo inconscio, rappresentato come un sé stesso da bambino, Raimundo riesce a superare le proprie paure e le proprie insicurezze, in particolare il suo complesso d’inferiorità dovuto al sentirsi inadatto al ruolo di guerriero Shaolin, scacciando Hannibal dalla sua testa dopo una sequenza cosmica d’impatto che non sfigurerebbe in un fumetto di Jim Starlin.
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