Continuiamo con la disamina dei corti di Love, Death & Robot. Il secondo film della serie è Tre Robot, di Blow Studio, diretto da Victor Maldonado (Nocturna) e Alfredo Torres, basato su un racconto di John Scalzi.
Il film si presenta fin dalla sua prima sequenza come fortemente improntato sulla commedia e l’ironia: tre robottini di vario genere si trovano a visitare una città post-apocalittica come meta turistica, similmente a come noi visiteremmo un sito archeologico, camminando tra le rovine dei palazzi e i cadaveri semi-mummificati degli ultimi umani morti ormai da anni.
Tutto il film si basa su una serie di gag in cui i tre robot si approcciano agli oggetti e alle dinamiche degli umani. In queste gag, Philip Gelatt si è divertito a ironizzare sul funzionamento degli esseri umani riducendoli a esseri visti come “un branco di coglioni” dai tre robot che non ne comprendono il modo di pensare, agire e funzionare.
Partendo dal lato più semplice della vicenda: la regia è minimale.
Tutto il film è girato come una sit-com, con inquadrature per lo più statiche, anche se troviamo qualche sequenza più complessa come quella del diner in cui le panoramiche e gli scavalcamenti di campo vengono utilizzati in maniera efficace per gestire lo spazio angusto.
Tutto il resto dell’azione è affidato ai movimenti e alle battute dei tre protagonisti, di cui spesso vengono fatti primi piani che non hanno un vero e proprio significato se non quello di mostrare al meglio il gran numero di dettagli curati dai modellatori.
Per quanto riguarda la scrittura, punto di centrale importanza dell’intero film, il sistema delle gag funziona, ma con alti e bassi.
Alcune battute sono anche molto divertenti, mentre altre danno solo un vago senso di black humor senza premerci abbastanza, risultando quindi frenate. La gag del baby-monitor ne è un esempio.
La forte ironia messa da Maldonado e Torres rimane per tutto il tempo piuttosto superficiale e fine a se stessa. Senza una storia da portare avanti il tutto si riduce a una serie di gag di altalenante mordente, ma che sul momento lasciano comunque un sorriso.
Nota a margine: il corto dà il meglio di sé quando visto in inglese, dato che, come spesso accade per spettacoli comici, alcune battute rendono meno se tradotte, per quanto fedelmente, in un’altra lingua.
Al livello visivo Tre Robot mostra un livello altissimo per quanto riguarda i modelli e i movimenti dei robot protagonisti.
I ragazzi dello studio di Siviglia hanno realizzato e animato in modo molto credibile tutti e tre i robot, con una grande attenzione per i dettagli delle loro fisionomie. Le loro movenze che rimangono fedeli alle componenti di cui capiamo essere fatti.
Il team di Blow Studio è stato certamente agevolato dal fatto che a parte i tre robot, sullo schermo non si muove praticamente niente.
Nello scenario post-apocalittico di Tre Robot tutto è immobile e immutabile, non soffia neanche un alito di vento. Di conseguenza non c’è bisogno di far muovere gli oggetti, ad esclusione di quelli con cui i protagonisti vengono in contatto.
Tre Robot è un buon gag show, sul momento divertente, ma con un’ironia che cerca di essere tagliente senza riuscirci mai del tutto.
Il livello tecnico e la cura per il dettaglio visivo sono molto alti, e non potrebbe essere di meno visto che si tratta di una vetrina per lo studio che lo ha realizzato, che ha messo tutta la cura possibile.
Tre Robot differisce principalmente per l’atmosfera che si respira per tutto il film.
Mentre altri dei corti di Love, Death & Robots presentano atmosfere cupe, Tre Robot immerge lo spettatore in un mondo dalle premesse cupe, ma che subito diventa molto rilassato dove neanche i cadaveri sparsi per la metropoli ormai morta riescono a mettere a disagio lo spettatore, coperti dai colori lucidi dei protagonisti.
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