Creato negli anni 1933 da Jerry Siegel e Joe Shuster per DC Comics, il personaggio dei fumetti più famoso del mondo, Superman, ha accumulato ben ’80 anni di storia editoriale, segnando intere generazioni di lettori, ed è facile capirne il motivo.
Superman è un archetipo moderno, un modello che ancora oggi genera cloni su cloni, pochissimi dei quali hanno saputo eguagliarne il primigenio carisma.
Eppure, sebbene l’Uomo d’Acciaio rappresenti il primo esempio di supereroe dell’era moderna, anche lui deve la sua esistenza ad una figura preesistente: l’Eracle (o Ercole) della mitologia greca.
L’associazione è scontata.
Entrambi sono i più illustri rappresentanti delle loro categorie (Superman dei supereroi; Eracle degli eroi ellenici).
Entrambi sono figli di esseri superiori (Superman di Jor-El, membro dell’alto consiglio del pianeta Krypton, la cui civiltà è di gran lunga più avanzata di quella terrestre, e i loro abitanti biologicamente più evoluti; Eracle di Zeus, signore dell’Olimpo e degli dei che lo abitano).
Entrambi hanno capacità fuori dal comune che li elevano sulle masse di individui che li ammirano e li temono al tempo stesso, ed entrambi sono stati strappati alla loro terra natale da un destino beffardo (Superman a causa dell’esplosione del suo pianeta; Eracle per il suo essere metà mortale e dai continui soprusi della matrigna Era).
Quindi Superman ha copiato Eracle, verrebbe da dire.
Non proprio: Superman si è appropriato delle caratteristiche superficialmente più celebri dell’eroe classico – come la super-forza o le imprese al limite dell’impossibile – spogliandolo però della morale e dei sottotesti vetusti da cui trae le sue origini e donandogliene di nuovi e facilmente assimilabili dai fruitori contemporanei.
Superman è l’evoluzione di Ercole, non un clone sotto steroidi (quello, al massimo, è Bizzarro).
Eppure, se è vero che gira e rigira e siamo sempre al punto di partenza, è successo che la Disney, attuale proprietaria della Marvel Comics, e quindi diretta rivale della Warner Bros., che invece possiede la DC Comics, attingesse a piene mani dal personaggio bandiera della rivale (anche se all’epoca non possedeva ancora la Marvel) per modernizzarne la fonte d’ispirazione e trarne un film d’animazione.
Fu così che nacque, nel 1997, uno dei Classici Disney più amati in assoluto: Hercules, diretto da Ron Clements, John Musker.
Alla luce del discorso fatto finora, potrebbe apparire quasi superfluo qualsiasi altra spiegazione sul perché e per-come i due prodotti, Superman e l’Hercules disneyano, siano simili.
Ebbene non è così, cambia infatti l’approccio con cui si è deciso di svecchiare la figura dell’eroe classico. Se infatti nel passaggio da Eracle a Superman abbiamo assistito ad un totale rimodernamento – con innesti fantascientifici, dinamiche interpersonali complicate dall’identità segreta ed un cast di villain attivi rispetto ai mostri passivi delle 12 fatiche – nel passaggio da Superman a Hercules vediamo un procedimento assai differente.
Si procede non con la scrematura, la rimozione o sostituzione di elementi vecchi con altri nuovi, bensì con la fusione di due estetiche apparentemente contrapposte.
Il contesto è classicheggiante, ma il tono è moderno, colorato, dinamico come quello di un fumetto. Pop art allo stato puro.
Hercules è una storia di Superman ambientata in un universo alternativo in cui la colonizzazione ellenica è proseguita fino ad inglobare l’intero pianeta Terra (roba da far ricrescere i capelli e Grant Morrison per poi farglieli strappare).
Questo perché Hercules non ha quasi niente di Eracle, ma ha invece tantissimo di Superman (e Superboy, almeno all’inizio) facendo più e meglio del Kryptoniano in termini di coerenza con il proprio archetipo.
L’Hercules del film è infatti figlio adottivo di due contadini, strappato dalle braccia dei suoi genitori da un destino – o per meglio dire un dio – crudele.
L’Eracle originale era invece stato cresciuto da nobili, in quanto anche sua madre lo era.
La sua superforza lo fa sentire diverso, insicuro e spaventato all’idea di non essere come gli altri. Perché, esattamente come Superman, vive il dilemma di essere troppo potente per il fragile mondo in cui vive – e che non gli appartiene – venendo per questo ostracizzato dalla comunità che non può e non vuole capirlo, per poi scoprire il suo retaggio superiore e trovare la propria strada come eroe (esattamente come Kal-El nei primi anni della sua giovinezza). L’Eracle del mito, invece, non si faceva troppi problemi a ostentare la sua discendenza divina.
Ci troviamo ad empatizzare con Hercules perché, in un modo o nell’altro, anche noi ci siamo sentiti fuori posto. Anche noi abbiamo esitato a esprimere le nostre vere potenzialità per paura di venire giudicati dal prossimo.
Grazie ad Hercules capiamo che essere forti al limite dell’invincibilità può essere dannoso per noi stessi e per gli altri, e che una tale responsabilità non facile da sopportare, come cantava Five for Fighting in una bellissima canzone e come spiegava lo stesso Superman a Darkseid in questa memorabile scena animata.
Eppure, nonostante cerchi di migliorarsi per controllare i suoi poteri, costantemente attanagliato dal suo senso di responsabilità, anche Hercules è vittima di pulsioni più che umane, come la libidine per una donna dal carattere forte e sicuro per nulla intimorita dalla sua forza.
Perché che Megara fosse una Lois Lane con meno intraprendenza, l’avevano capito pure i sassi.
Hercules eredita da Superman anche un’altra debolezza, stavolta fisica, caratterizzata dal colore dorato. I fan di lunga data del Kyptoniano, in particolar modo quelli che hanno letto questa storia, sapranno sicuramente che esiste una variante dorata della kryptonite capace di privare totalmente Superman dei suoi poteri. Hercules invece ha l’aura dorata divina che, se sottratta, porta con sé anche i poteri annessi.
E anche Hercules, così come Superman, si riconosce in tutta la sua gloria proprio quando è spogliato di tutte le caratteristiche le lo rendono potentissimo, restando solo con la sua umanità.
Proprio quando tutto sembra perduto, laddove un semplice umano getterebbe la spugna all’istante, l’eroe si erge divenendo Super. Perché, messo alla stregua del più mediocre degli uomini, ci prova comunque fino alla fine, proprio come Hercules che si getta al salvataggio di Megara nonostante la morte sia dietro l’angolo.
Proprio con questo gesto di super-umanità lui diviene ufficialmente l’eroe che sognava di essere.
Anche perché un dio che non sa immedesimarsi nelle problematiche degli uomini è un dio inutile, come ci dimostra l’Uomo d’Acciaio nella sua storia a fumetti più bella.
E’ così ironico che una delle migliori storie di Superman abbia come protagonista il suo prototipo. Che sia stata trasposta come film animato e non come fumetto. Prodotto dalla Disney e non dalla Warner. Che abbia in sé tutto ciò che ha reso Superman quello che è, ma senza mutande sopra i pantaloni.
Se vi dicessi che è stato fatto un ulteriore passo in avanti nella rielaborazione della dicotomia Ercole/Superman, probabilmente scappereste a gambe levate per il terrore che questo approfondimento continui oltre. Per evitare ciò, dico solo che vi basterà leggere L’Eroe di David Rubìn, fumetto d’avanguardia che potrete trovare qui.
Magari ne parleremo, un giorno, ma per oggi direi che può bastare.
Per altri approfondimenti e recensioni in formato video vi invito a dare un’occhiata al mio canale YouTube, dove ho recentemente caricato un’esaustiva recensione dedicata proprio all’Uomo d’Acciaio.
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