Fin da quando è stato reso disponibile gratuitamente nella sua modalità “battle royale”, Fortnite ha racimolato una grande fan base totalmente fedele ed appassionata al gioco ed anche, dall’altro lato, una consistente schiera di “haters” che demonizzano il medesimo come un “inno ai casual gamers” e chi più ne ha, più ne metta.
Diciamo che la verità, come spesso accade, sta nel mezzo.
Innanzitutto un po’ di storia: il gioco, ma nello specifico la modalità battle royale, nasce successivamente al boom inaspettato ed a ciel sereno del massimo esponente della categoria… PlayerUnknown’s Battlegrounds.
A sua volta, PUBG, ha seguito le orme di H1Z1, il primo vero e proprio battle royale degno di nota, nato come “effetto collaterale” dal tentativo di “emulare” la famosa mod DayZ di Arma II.
Ironia della sorte, insomma, è stata la “moda” precedente, quella dei survival zombie, a “generare” quella attuale dei battle royale.
Analizzando DayZ (la mod originale citata prima oppure il “seguito” stand alone, poco cambia per il nostro ragionamento) o Just Survive (nome che ha assunto la versione survival zombie ideata dai padri di H1Z1) possiamo notare come generalmente, soprattutto il primo, a parte lamentele per qualche bug, abbia avuto un’accoglienza perlopiù positiva.
In generale, il settore survival zombie non ha mai avuto tanti detrattori quanto il genere battle royale.
Diciamo che come categoria di gioco era (ed è) giusta: tanti sforzi per avere le risorse che si volevano ottenere, tanto il grado di soddisfazione ottenuto da questo impegno.
Si veniva insomma “premiati” dal giocar bene.
Ed è con questo discorso che voglio collegarmi ai battle royale, in particolare a Fortnite, in questa variante.
In Fortnite, a parte i futili premi del pass-battaglia che ci dà delle ricompense per delle semplici kill, per “raggiungi posto A” o ancora “sopravvivi tra i primi tot” a seguito di un pagamento (che poi, pagare per avere delle missioni, pure banali, da completare…?) si ha il nulla.
Dopo un’altisonante “Vittoria Reale” si ha proprio questo.
Nulla.
Da giocatore che ha provato di tutto nella sua vita, non capisco davvero cosa dovrebbe spingermi a giocare a Fortnite.
Dov’è il premio? Dov’è la soddisfazione della mia vittoria?
Da nessuna parte: dopo una vittoria si ha al massimo quel banner che ci contrassegna come “Number One” e si vede il numero di vittorie nello storico salire.
Basta vedere una live quotidiana sulla piattaforma Twitch.tv del famoso streamer Ninja: a volte lo si nota vincere e NON esultare, anzi, lo si vede rimanere impassibile… e quando un gioco, multiplayer o singlepayer che sia, non riesce a farti gioire ad una vittoria, anche fosse la miliardesima che si consegue… vuol dire che sta fallendo nel suo scopo di intrattenere.
Questo è il punto focale della diatriba: se un “casual gamer” si accontenta della bella grafica, del combattere, del divertimento della singola partita… un videogiocatore più navigato ha bisogno di stimoli.
Stimoli che facilmente possono venir meno a questa fascia di giocatori più esperta, dopo qualche ora di gioco.
D’altro canto, prese nel singolo, le partite del battle royale di Epic Games, hanno dinamiche assolutamente sfiziose.
A volte ci sono combattimenti davvero concitati ed appaganti anche per le “vecchie guardie”.
Quindi NON è assolutamente irrecuperabile ed orribile.
Il gameplay e la fattura tecnica non sono da mettere in discussione: contando che parliamo, per di più, di un titolo free to play, ci troviamo di fronte ad uno dei giochi gratuiti del mondo console/PC con maggiore qualità… ma soprattutto potenziale.
Infatti, quest’editoriale, non vuole assolutamente sparare a mille contro il titolo Epic… ma capire di cosa ha bisogno per accontentare tutti ed essere ancor di più un successo (mediatico e non).
Prendiamo come esempio League of Legends.
Videogioco di genere totalmente opposto e diverso, con mille e più sfaccettature per ogni aspetto del gameplay e non.
Uno dei suoi “cavalli di battaglia”, che non a caso viene citato anche in uno degli ultimi spot, è proprio il fatto di poter fornire esperienze graduate e diversificate in base al tipo di giocatore.
Si può prendere parte a partite più soft, in cui non c’è nessun rischio di perdere nulla (le partite “normali”) oppure ci si può mettere in gioco per far salire il proprio grado, sostenendo match più impegnativi e tosti, per scalare la classifica (gli scontri “ranked”).
Basta fare una visita sui siti di entrambi i giochi: si nota subito quanto offre oltre il gameplay League of Legends (anche perchè, come detto prima, parliamo di giochi dai gameplay impossibili da confrontare), tantochè viene sponsorizzato a parte, e quanto poco ha Fortnite al confronto.
Nessun sistema competitivo serio.
Nessun contenuto esterno, anche creato dagli utenti, pubblicizzato all’interno del gioco.
Poca chiarezza sulle novità che stanno per essere apportate.
Ancora, un’altra volta, in sintesi, il nulla.
In conclusione, non sto assolutamente dando la “formula perfetta” per portare all’immortalità Fortnite Battle Royale, e non sto nemmeno dicendo quale sia “il migliore dei videogiochi online del momento” tra quelli che ho nominato: semplicemente potete contarla come una riflessione di un giocatore che, francamente, apprezza il titolo Epic in questione, che spera esso migliori e non venga e sia (più) trattato come il “Clash of Clans delle console” di turno.
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