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Ghost of Yotei, la recensione: una lupa assetata di sangue

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Ghost of Yotei

Sucker Punch è tornata. Abbiamo avuto l’onore di ricevere Ghost of Yotei, l’ultima esclusiva PlayStation sequel di Ghost of Tsushima, che ci trasporta nell’odierna Hokkaido dell’era Sengoku (1467-1603). La famiglia di Atsu è stata sterminata dai Sei di Yotei, un gruppo di guerrieri sanguinari desiderosi di piegare l’intero Ezo sotto il loro dominio. Dopo aver combattuto nella battaglia di Sekigahara e viaggiato per sedici anni nel “continente” a sud, la mercenaria torna a casa con l’obiettivo di vendicare i suoi familiari. Serpe; Oni; Kitsune; Ragno e Tigre; Lord Saito: Atsu li troverà e ucciderà uno per uno, per ritrovare la pace tanto agognata.

Pur raccontando una storia diversa, Ghost of Yotei si presenta in tutto e per tutto come il legittimo seguito di Tsushima, conservando gran parte degli elementi più caratteristici del primo titolo e, al contempo, inserendo delle innovazioni. È all’altezza del suo predecessore, oppure è una minestra riscaldata?

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La maledizione dell’onryo

La trama e il world building di Ghost of Yotei risultano naturalmente più interessanti di Tsushima, anche solo per le differenze tra i due contesti storici. Ezo è un intero universo a sé stante, con una moltitudine di culture e tradizioni totalmente differenti da quelle del continente e con un insieme di paesaggi ancora più ampio e diversificato rispetto all’isola del gioco precedente.

Anche se Tsushima ha il merito di aver valorizzato un evento unico e poco rappresentato come l’invasione mongola, abbiamo sinceramente preferito il contesto delle guerre tra i daimyo di Yotei, poiché è sicuramente più dinamico. Ogni clan ha le sue specificità, le sue armi e le sue strategie d’adattamento con il territorio in cui vivono – tutte caratteristiche di grande valore. La struttura del gioco rimane in un certo senso ripetitiva, ma questi elementi di differenziazione la rendono più digeribile rispetto alla staticità del gioco precedente.

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Il punto di forza di Ghost of Yotei è la sua protagonista, Atsu. Oltre a rappresentare probabilmente uno dei migliori personaggi femminili dell’universo videoludico, è anche una protagonista ben scritta, con un passato orribile, degli obiettivi chiari e delle visioni altrettanto definite.

È difficile parlare di donne vendicative senza scadere negli stereotipi dell’isterismo e, in tal senso, Sucker Punch ha compiuto un ottimo lavoro nel verbalizzare la discriminazione femminile del Giappone dell’epoca. Infatti, sebbene vi fossero numerose samurai e guerriere donne tanto valorose quanto le loro controparti -chi ha visto questa mostra probabilmente sa di cosa stiamo parlando-, venivano comunque derise dalla maggior parte della popolazione e relegate o a maschiacci, o a ragazze stupide che non sanno quello che fanno e dovrebbero tornare a “suonare lo shamisen”.

Nell’immaginario di Ghost of Yotei, Atsu è una “anti-donna“: una mercenaria viaggiatrice, che fa a fette i nemici per vendetta, dalla battuta pronta ma tagliente e soprattutto protettrice dei più fragili. Ed è esattamente il tipo di protagonista femminile di cui l’industria del videogioco ha bisogno. L’unico difetto che riscontriamo è il suo rapporto con la Lupa: volevamo più momenti adorabili con la nostra compagna di viaggio!

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Arte e mazzate

Come abbiamo già detto, Ghost of Yotei mantiene l’essenza del suo maestro Ghost of Tsushima, tenendo in considerazione soprattutto i miglioramenti già apportati nella Director’s Cut. Yotei presenta un importante aggiornamento grafico, con un miglioramento generale delle texture dei paesaggi e un fotorealismo ancora più impressionante, da togliere il fiato. L’obiettivo è chiaro: il gioco vuole fornire un’esperienza quanto più cinematografica possibile, come dimostrato anche dall’inquadratura letterbox che compare ogni volta che cavalchiamo il nostro cavallo e dalle diverse modalità cinematiche opzionali -Kurosawa, Miike, Watanabe-. A livello artistico, quindi, è un gioiellino dal valore inestimabile.

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Anche il gameplay presenta diverse innovazioni rispetto a Tsushima, sia in termini di esplorazione di Ezo, sia in termini di combattimento. Ghost of Yotei introduce numerose azioni sfruttando il pad del DualSense, come l’accensione di un falò per cucinare, la pittura o scrittura a mano e le sessioni con lo shamisen.

Sembrano inezie, ma danno quel tocco in più di partecipazione e immersione nell’esperienza, quanto basta per allentare la monotonia strutturale del gioco. Ci permettiamo solo una piccola nota da saccenti sulla pittura: per quanto intrigante, il collezionabile basato sul sumi-e è storicamente inaccurato, dato che ha avuto il suo massimo splendore nell’era Muromachi (1338-1573), circa un secolo prima rispetto agli eventi.

A questo proposito, un altro aspetto che abbiamo particolarmente apprezzato è la cura e l’attenzione dietro ogni singola missione: Ghost of Yotei gioca sui dettagli per restituirci missioni simili, mai uguali. Anche se strutturalmente finiamo sempre per duellare contro qualcuno, liberare un territorio nemico o proseguire nell’ennesimo addestramento, i personaggi, gli NPC e gli ambienti sono talmente diversi tra loro da comunicare la sensazione di intraprendere sempre qualcosa di nuovo.

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Questa è una miglioria importante rispetto a Tsushima, che presentava il rischio di indurre quel tipico burnout da open world. Sempre in tema, abbiamo anche apprezzato la naturalezza con cui avvengono gli incontri casuali e alcune missioni secondarie, visibili e sbloccabili solo quando Atsu si avvicina a uno o all’altro personaggio. È una chiara provocazione, una spinta che ci invita ad esplorare ogni singolo antro di Ezo per scoprirne tutti i suoi segreti.

Passando al combattimento, Ghost of Yotei si avvicina ancora di più agli RPG moderni, con alcuni dettagli che lo rendono unico rispetto ai competitor. La novità importante è senz’altro la possibilità di sfruttare più armi -Katana; Doppia katana; Yari; Odachi; Kusarigama e l’ampia varietà delle armi da fuoco e a distanza-, che risultano vantaggiose verso una determinata tipologia di nemici o un’altra.

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Il sistema di cambio è estremamente fluido e soddisfacente, permettendoci di adoperare più stili di combattimento contemporaneamente in una stessa battaglia. Anche la possibilità di scagliare le spade o lance degli sconfitti contro altri nemici aiuta in tal senso. Un altro elemento interessante del combattimento è l’opportunità di poter cooperare saltuariamente con la Lupa, la nostra fidata e sanguinosa alleata che non lascia via di scampo agli uomini di Saito.

Tutto molto bello e intrigante, anche se ci spiace evidenziare che il problema di mira dei personaggi non è stato risolto: esattamente come in Tsushima, il lock in di Ghost of Yotei è poco intuitivo e, per questo, a volte è complicato gestire tanti nemici contemporaneamente, soprattutto in combinazione con il sistema di cambio d’arma menzionato precedentemente. Anziché riservare la mira alla levetta sinistra, usata anche per controllare i movimenti di Atsu, sarebbe sicuramente più semplice ed efficace apportarla a un tasto dedicato, in modo tale da poter concentrarsi sui singoli guerrieri e utilizzare ancora più agilmente le armi a disposizione.

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Anche Ghost of Yotei presenta il classico skill tree, ma è gestito in maniera particolare: non si basa sul livello di Atsu, ma sull‘esplorazione della mappa. I Punti Tecnica sono disseminati nei cosiddetti Altari della Riflessione o, nel caso della Lupa, nelle Tane del Lupo. Abbiamo apprezzato questa visione delle abilità come un elemento che il giocatore si deve guadagnare viaggiando; è un ottimo strumento per valorizzare la meravigliosa cura e direzione artistica del gioco e dà un’accezione più realistica al viaggio della mercenaria.

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Conclusioni

Credevamo che Sucker Punch non potesse realizzare un gioco migliore di Tsushima, e invece ci è riuscita. Ghost of Yotei è un miglioramento generale di un titolo che era già decisamente buono e di qualità. Complice anche il contesto storico, sicuramente più facilitante dell’invasione mongola, Yotei ci trasporta in un mondo meraviglioso, con una protagonista ben caratterizzata e un buon equilibrio tra la componente d’azione e quella di contemplazione.

Salvo qualche finzione artistica, è storicamente curato nei minimi dettagli ed è una delle rappresentazioni più godibili dell’Hokkaido, un territorio unico al mondo. Siamo veramente contenti, per non dire commossi, di aver potuto provare un gioco così delicato sul Giappone e non vediamo l’ora di attendere i prossimi Ghost of!

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Ghost of Yotei
Gameplay e longevità
8.5
Comparto grafico e sonoro
9
Coerenza e cura del dettaglio
8
Voto Utenti0 Votes
0
Pros
Direzione artistica impeccabile, ben ottimizzata nella risoluzione e nel framerate
Perfetta implementazione del DualSense
Diversificazione e personalizzazione degli stili di combattimento
Fluidità dell'open world, con missioni secondarie e collezionabili più "naturali"
Tentativo di uscire dagli schemi del classico open world RPG moderno
UI minimale, ma elegante e chiara
Cons
Semplicità e ripetitività della storia
Funzione "Cartografia" interessante, ma poco intuitiva per il design della mappa
Lock in dei nemici parzialmente ubriaco
Ininfluenza dell'equipaggiamento usato rispetto al gameplay
8.5
VOTO

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Sono cresciuta con pane, videogiochi, anime e arte. I miei studi e la mia passione verso le scienze umane mi permettono di guardare e giocare con uno sguardo diverso, riuscendo a cogliere molte scelte stilistiche e ad attribuire loro un significato più profondo.

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