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Andor stagione 2, la recensione: Il realismo fantascientifico di Star Wars

La serie prequel di Rogue One incentrata su Cassian Andor giunge alla sua seconda e ultima stagione. Un finale forse troppo anticipato per quello che è considerato il prodotto di Star Wars più “adulto”, sia per le tematiche affrontate sia per il modo in cui esse vengono raccontate.

Come dice il suo stesso creatore, Tony Gilroy, appoggiato dal regista Gareth Edwards, il piano originale era di sviluppare la serie in cinque stagioni, ma “Abbiamo capito che non avevo abbastanza energie per farlo”. Vuoi a causa delle basse visualizzazioni che non assicuravano un futuro a lungo termine alla saga, vuoi per gli eccessivi costi do produzione, o entrambi i motivi.

Per quanto non per forza tutte le serie Disney+ targate Star Wars muoiano prima di superare quota due stagioni, Andor ha per lo meno avuto un largo preavviso da parte dei dirigenti della piattaforma. Tony Gilroy si è dunque ritrovato tra le mani l’arduo compito di spremere il continuum della sua saga prequel spin-off in soli dodici episodi. Ma queste problematiche avranno intaccato la qualità generale della serie?

Prima di Una Nuova Speranza

Un anno dopo (frase ricorrente nel corso degli episodi) gli eventi della prima stagione, la ribellione è ancora in auge. Inoltre, ogni suo membro è assai più emotivamente coinvolto nella lotta contro l’Impero. Dal momento che si trova nelle file di chi combatte sia in prima linea che da dietro le quinte, Cassian Andor dovrà imparare a gestire la tensione sia personale sia di Bix, ancora traumatizzata per le torture subite tempo addietro.

La missione di infiltrazione di Luthen è ad un punto cruciale, tanto che potrebbe mettere in pericolo non solo la sua vita, ma quella della sua protetta Kleya. Infine, ora che Mon Mothma è a un passo dal vedere sua figlia sposarsi, potrebbe agire in maniera imprevedibile.

L’impero però sembra architettare un piano losco. Dedra Meero, incaricata da Orson Krennic di svolgere un incarico su Ghorman, si trasferisce sul pianeta col suo compagno Syril Karn. I tentacoli dell’Imperatore strisciano sempre più verso un pianeta all’apparenza poco importante nel quadro generale della Galassia, ma che forse nasconde qualcosa di cui i ribelli sono all’oscuro. Qualcosa che Palpatine vuole a tutti i costi e che gli assicurerà il dominio assoluto.

Lento a iniziare

Conosciamo tutti i rischi di cancellazione di una serie non adatta al grande pubblico, soprattutto se quel pubblico è, appunto, “grande” come quello di Star Wars, un franchise per tutta la famiglia. Il voler restringere quel macroinsieme trattando argomenti gravosi in modo altrettanto maturo, in più cancellando dalla storia tratti caratteristici quali spade laser e poteri della Forza, rischia di sacrificare il pubblico di vecchia data.

Lo showrunner ha dovuto compiere scelte narrative rischiose, che spesso hanno avuto i suoi frutti, mentre altre volte tali frutti sono risultati un po’ acerbi. Dispiace parecchio, infatti, che la prima impressione non sia delle più promettente, soprattutto dopo tre anni di attesa. I primi tre episodi risultano i più lenti e narrativamente deboli, cosa ancora più evidente dal fatto che questa stagione è stata rilasciata a terni a cadenza settimanale.

L’arco del personaggio che da il nome alla serie, Cassian Andor, risulta il meno interessante. Pare essere in cerca di un vero e proprio focus, un obiettivo da raggiungere, oltre al semplice e nebuloso “aiutare i ribelli“, ma fatica a trovarlo. Girovaga tra una missione di contrabbando e un tentativo di affiduciarsi un gruppo di ribelli sgangherati, senza un motivo effettivo per cui dovremmo sentirci in ansia per lui.

Risultano più interessanti le sottotrame (poco “sotto” data la loro importanza) dei personaggi secondari, tra cui Luthen e soprattutto Mon Mothma, che in passato era sempre stata messa in secondo piano nel grande schema delle cose di Star Wars, ma che qui assume un’importanza fondamentale nella ribellione, con le sue manovre politiche e le sue difficili scelte soprattutto riguardo il rapporto con sua figlia.

Stesso discorso vale per Saw Gerrera, personaggio controverso nel franchise, in Andor risulta ancor più approfondito, così come la sua discutibile sanità mentale, mostrata più fragile da uno dei nuovi monologhi della serie: “La ribellione non è per i sani di mente”.

Fortunatamente, dopo il primo salto temporale a inizio quarto episodio, Cassian inizia un percorso più impellente, soprattutto grazie al suo coinvolgimento negli affari di Ghorman.

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Cosa sacrifichi?

Pare strano che una serie che si prenda così tanto tempo per approfondire le sue tematiche abbia dei tagli così rapidi. Ci sarebbe sicuramente piaciuto vedere di più del rapporto mentore/allievo tra Andor e Luthen, o la dinamica tra Vel Sartha e Cinta Kaz, o addirittura la relazione malsana tra Syril e sua madre.

Tuttavia, se non fosse per il cartello “Un anno dopo” ogni tre episodi, quasi non ci si accorgerebbe dello scorrere del tempo, perché le emozioni dei personaggi rimangono, e noi siamo lì con loro, a chiederci cosa l’Impero stia tramando. O meglio, da spettatori lo sappiamo benissimo, ma temiamo per la loro incolumità quando lo scopriranno. Un piccolo prezzo da pagare, dunque, il non poter vedere tutto ma l’essenziale.

L’elemento flemmatrico della serie è aiutato da una regia volutamente pesante, che si sofferma sulle scene facendoci assaporare l’importanza emotiva di un singolo atto. Il tutto aiutato da un comparto sonoro spasmodico che aiuta a mantenere la tensione.

Star Wars e Star Lives

Comprendiamo il tumulto interiore di Bix e il suo bisogno di risollevarsi emotivamente e psicologicamente. Il desiderio di Syril di mostrarsi forte agli occhi della sua famiglia e dell’Impero, per quanto grottesco, è rappresentato in maniera realistica.

Ricordiamo che questa serie tratta non solo di “guerre stellari“, ma anche di molti aspetti della vita quotidiana delle persone dietro di esse. Non parliamo solo dei membri della Ribellione, ma anche dei “cattivi”. Tony Gilroy ha voluto farci intendere che molti di loro, alla stregua delle persone di tutti i giorni, non sono totalmente malvagi, ma semplicemente persone con convinzioni sbagliate, che prima o poi dovranno fare i conti con le conseguenze delle loro azioni.

Il realismo che permea l’intera stagione non traspare solo dalle azioni dei personaggi, ma dal setting in cui vivono le loro vite. Ogni pianeta, primo fra tutti Ghorman, èreale”, a ognuno di essi viene data una specifica vegetazione, ai propri abitanti dei modi di vestire e di comportarsi diversificati, delle tradizioni e altri approfondimenti che ci fanno percepire sempre più realtà nella fantasia.

Il regime imperiale

Collegandoci al fattore realismo, il sottotesto politico si fa ancora più pressante in questa stagione rispetto alla precedente. Andor è sempre stata una sorta di “partigiani nello spazio”, ma il modo in cui, nel corso di questi episodi, l’Impero opprime i suoi cittadini, manipola le informazioni, reprime le ribellioni anche pacifiche tentando di far ricadere la colpa sulle vere vittime, è un aspetto che ci riporta alla mente molti dei periodi più bui della nostra storia.

Oltre alle rivolte sedate a blaster o a comizi soppressi, l’aspetto forse più “disturbante” di questa stagione è qualcosa che si trova sullo sfondo, una presenza perturbante che si avvicina sempre di più. Man mano che si accorcia il tempo che separa i protagonisti dalla Battaglia di Yavin e a Rogue One, più si comprende perché l’Impero voglia a tutti i costi questo pianeta.

Inutile sarebbe nominare apertamente tale minaccia, che fino agli ultimi episodi non viene mai citata direttamente, ma ciò non ha importanza. La sua ombra aleggia tra le parole degli ufficiali, tra i continui lavori apparentemente insensati e tra i documenti segreti che i ribelli cercano di portare alla luce.

Andor: la fine e l’inizio

La seconda stagione di Andor non raggiunge certo i livelli qualitativi della prima, ma questo non per colpa di Gilroy. Nonostante le difficoltà di produzione, lo showrunner è riuscito nella sua ardua missione: ci ha dato un finale degno al contempo preparandoci ad una visione più ampia di Rogue One.

Non è una stagione perfetta, ma alla fine rispecchia i suoi stessi personaggi: a volte si muove troppo di fretta, altre volte troppo lentamente, ha dei motivi che ci spingono ad amarla ma non nasconde troppo i suoi lati negativi.

Per quello che probabilmente è il prodotto qualitativamente migliore di Star Wars degli ultimi anni, siamo disposti a perdonare i suoi piccoli e iniziali inciampi. E, naturalmente, di consigliarne caldamente la visione.

Andor stagione 2, la recensione: Il realismo fantascientifico di Star Wars
REGIA
8.5
SCENEGGIATURA
8
COMPARTO TECNICO
9
DIREZIONE ARTISTICA
8.5
CAST
9.4
Pros
Si percepisce il peso emotivo dei personaggi nell'affrontare i pericoli della ribellione
Temi sociali e politici affrontati con maturità
Si percepisce il pericolo imminente della Morte Nera
Regia e comparto sonoro aiutano a mantenere lo stato di tensione
Cons
Primi tre episodi lenti
8.7
VOTO
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Veoneladraal

Fin da bambino sono sempre stato appassionato di due cose: i romanzi fantasy e il cinema, passioni che ho coltivato nel mio percorso universitario, laureandomi al DAMS Crescendo hoi mparato a coltivare gli amori per i videogiochi, i fumetti e ogni altra forma di cultura popolare. Ho scritto per magazine quali Upside Down Magazine e Porto Intergalattico, e ora è il turno di SpaceNerd di sorbirsi la mia persona! Sono un laureato alla facoltà DAMS di Torino, con tesi su American Gods e sono in procinto di perseguire il master in Cinema, Arte e Musica.

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