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Florence Games Festival, le nostre impressioni: buona la prima!

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Abbiamo avuto il piacere di partecipare alla primissima edizione del Florence Games Festival: ecco com’è andata.

Nel panorama fieristico italiano, decisamente decadente quantomeno lato videogiochi, il noto streamer, content creator e art director di numerosi progetti creativi Dario Moccia, insieme al collega Davide Masella e Alessio Remorini di PopSpace.it, nelle giornate del 29 e 30 Marzo 2025, hanno proposto ed organizzato il Florence Games Festival: un festival -non una fiera quindi- dedicato all’industria videoludica e alle figure creative di questo mondo, con un focus su panel, indie e contenuti più particolari rispetto ai banali mercatini che spesso si trovano nelle solite fiere.

Se di base lo spirito dell’operazione è sicuramente nobile ed interessante, parliamo comunque di una prima edizione: ora che l’evento si è tenuto, alla stazione Leopolda di Firenze, com’è stato questo Florence Games Festival?

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Non chiamatela fiera

Abbiamo già detto che il Florence Games Festival adotta uno spirito diverso rispetto al panorama fieristico italiano, focalizzandosi sulla divulgazione e sul mostrare il dietro le quinte di un mondo che spazia al di là del singolo titolo videoludico: art directors, producers e developers sono i protagonisti indiscussi dei ben venti panel che si sono susseguiti nelle due giornate, spiegando le loro opere e tutti i segreti del mestiere.

Come affermato dal suo curatore artistico, la manifestazione non vuole in alcun modo strizzare l’occhio alle commercialate, piene di code infinite e folle asfissianti, ma si pone come obiettivo di andare oltre l’aspetto ludico e d’intrattenimento delle classiche fiere, concentrandosi sul comunicare un aspetto dei videogiochi spesso sottovalutato nella community: il lato artistico e creativo.

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Sebbene i primi annunci siano arrivati da Dario Moccia in prima persona, il Florence Game Festival è organizzato da Popspace, un sito e content creator sui social, che tratta di cultura nerd; Smile Creative Agency, l’omonima talent agency creata da Moccia per creare una squadra di artisti emergenti validi da impiegare nei progetti in cui viene coinvolto il gruppo e SiCrea, famosa organizzazione che si occupa di gestire eventi come il Carnevale di Viareggio.

L’obiettivo di questa squadra è stato creare un evento diverso dalle solite fiere, a partire dalla scelta di definirsi “Festival”. Tra gli ospiti più iconici citiamo: il creatore di Digimon e Tamagotchi Kenji Watanabe; il creatore di Dead Space Glen Schofield; il creatore di Animal Well Billy Basso accompagnato dal producer Dan Adelman; l’animatrice di Cuphead Tina Nawrocki; l’art director di Cocoon Erwin Kho e molti altri. Oltre agli ospiti, il Florence Games Festival si è anche arricchito di diversi interpreti, NPC e moderatori dei panel estremamente competenti, come Giulia Martino ed Andrea Sorichetti, cui facciamo un plauso per aver gestito la conferenza “Sviluppare un indie game – Con Dan Adelman & Billy Basso” in maniera impeccabile.

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Abbiamo apprezzato che i panel fossero prevalentemente orizzontali; le opere dell’ospite erano infatti solo un punto di partenza per delle riflessioni di più ampio respiro. A questo proposito, è abbastanza esemplare l’ottimo panel “Art Director a confronto – Con Rachele Doimo & Erwin Kho” in cui i due artisti hanno confrontato le proprie e diverse esperienze per parlare più in generale di arte nei videogiochi.

Non sono mancate conferenze più verticali, ma crediamo che quelle orizzontali in questo tipo di eventi siano ottimali nell’unire la curiosità di approfondire le singole opere conoscendo direttamente l’autore e il suo settore specifico. Un altro esempio calzante è sicuramente “Carriera e genesi di Cocoon – Con Erwin Kho” in cui scopriamo sia il ragionamento creativo dell’artista sia qualche dettaglio sul titolo.

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A corredo dei panel, la Leopolda è stata riempita di un buon numero di aree in cui era possibile aspettare la prossima conferenza o svagarsi.

Partiamo con il secondo fiore all’occhiello del Florence Games Festival: l’area indie.
Sebbene apparentemente pochi, questa zona contava diversi titoli molto accattivanti, non solo con un livello tecnico e qualitativo molto alto, ma anche con una buona varietà e distribuzione.
Abbiamo apprezzato anche vedere i singoli artisti, animatori e programmatori lasciare parecchi biglietti da visita agli espositori, creando e contribuendo ad una “funzione Business2Business” del Florence Game Festival, in un’accezione positiva e informale.

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Credits: AKAstudio collective

Un’altra area che ci ha colpito molto è quella arcade.
Era ricca di giochi importati dal Giappone, molto rari in Italia, e retrogame che hanno fatto la storia del medium; inoltre, si poteva accedere ai cabinati liberamente perché compresi nel biglietto, a patto di pazientare in file abbastanza brevi.

A queste si aggiungono: la zona Nintendo con le loro esclusive più recenti; la zona simulatori per provare postazioni di guida non proprio comuni nelle case di tutti i gamer; la zona Smile per incontrare gli artisti dei set di carte e degli altri progetti di Dario Moccia; le zone per i Meet & Greet -con un’area interamente dedicata a Kenji Watanabe– e le classiche zone ristoro.

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Spazi contati, ma peculiari

La location del Florence Games Festival non è particolarmente grande, in parte adatta proprio per rispondere all’esigenza degli organizzatori dell’evento di concentrare gli elementi essenziali ed importanti in uno spazio unico ed evitare quindi assembramenti. Senza contare che la stazione Leopolda è, di per sé, una struttura molto suggestiva e significativa per la città di Firenze.

La distribuzione spaziale delle aree era ottima ed efficiente, soprattutto per la rapidità degli spostamenti tra un palcoscenico e l’altro nel seguire i panel. Un altro elemento importante ed estremamente positivo riguarda i corridoi di ampio respiro che, nonostante il quantitativo di gente presente, permettevano alle persone di non sentirsi asfissiate.

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A livello di strumentazione, tutto era organizzato in modo professionale, con palchi dotati di maxischermi con ottime riprese che, nonostante l’ambiente piccolo e informale, comunicavano un interesse del Florence Game Festival nel rendere il più seria e curata possibile l’esperienza.
Anche tutta la cartellonistica e il resto dei materiali impiegati erano paragonabili a fiere di prim’ordine.

Per quanto riguarda la gestione delle singole zone, era perfetta la posizione dei palchi dal punto di vista sonoro: a livello acustico, anche se vicini, non si sovrapponevano granché.
Anche la disposizione di tutte le altre zone era davvero adatta e ben pensata non creando particolari ingorghi se non in momenti specifici e circonstanziati, tendenzialmente legati a Kenji Watanabe che, ovviamente, è stato l’ospite che muoveva più pubblico per la fiera.
Strategiche infine le posizioni delle zone ristoro e, a tal proposito, abbiamo molto apprezzato la presenza di proposte celiache, vegetariane e vegane, decisamente più accessibili della media di questo tipo di fiere come prezzi.

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Credits: AKAstudio collective

Il prossimo livello: le cose da migliorare

Il Florence Games Festival non è esente da difetti, soprattutto tenendo in considerazione il fatto che sia una prima edizione.

Anche se abbiamo apprezzato che gli stessi ospiti abbiano ruotato in entrambi i giorni, consentendo quindi a chi è stato assente in uno dei due di poterli vedere ed ascoltare, abbiamo avvertito un forte squilibrio tra i panel di sabato e domenica: quelli del 29 erano intensi e concentrati in tutta la giornata, mentre quelli del 30 erano più leggeri e, sotto certi punti di vista, meno attrattivi. Probabilmente si poteva bilanciare meglio la distribuzione delle conferenze, in modo da alleggerire il sabato e rendere più piena la domenica.

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Credits: AKAstudio collective

Il numeroso staff della fiera, anche se gentile e cordiale, si è rivelato un po’ impreparato circa la gestione della stampa e dei blogger.
Inizialmente, abbiamo avuto un piccolo disguido al desk, in quanto i tre Pass Guest concessi erano segnati sotto uno stesso nome; successivamente, sulla mappa era segnalata la presenza di una “Guest Area” alla quale inizialmente, tuttavia, non siamo riusciti ad accedere perché ci è stato comunicato che il nostro pass “non era della tipologia adeguata”.

Apparentemente la zona guest era accessibile solo a tutte le persone che avevano il “Pass Ospite” e non a noi con il Pass Guest che, paradossalmente, riporta il nome dell’area. Al contrario, però, un redattore del nostro gruppo è stato ammesso all’area quando ha provato ad accederci nella seconda parte della domenica, senza problemi.

A tal proposito, avremmo gradito molto poter accedere all’area con qualche posto a sedere e con qualche presa per ricaricare pc e/o tablet -come per i paganti del biglietto VIP- per poter al volo caricare contenuti e scrivere.

Sono piccole disattenzioni che si potrebbero risolvere semplicemente con una maggiore chiarezza e trasparenza circa cosa è previsto nell’accredito e una preparazione più completa dello staff, ma sul momento sono stati dei malintesi fastidiosi.

Anche se le aree erano curate e di ottima qualità, ci sentiamo di suggerire un ampliamento di alcune zone. Nel tentativo di organizzare una fiera ricca e allo stesso tempo essenziale, forse si è tagliato un po’ troppo sulle aree relax: i tavoli presenti all’interno della Stazione, nonché le panche poste al di fuori dell’ingresso, non sono sufficienti per ospitare il flusso della gente prevista, soprattutto nelle ore di punta.

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Credits: AKAstudio collective

Senza contare che davanti ai palchi non era presente nemmeno una fila di sedie, mancanza che riteniamo piuttosto impattante e soprattutto poco accessibile per chi non può sedersi a terra o rimanere in piedi per un certo periodo di tempo.

Sottolineiamo che Dario Moccia ha già commentato questa problematica, sostenendo che è a conoscenza del problema e ritenendo però che sarebbe complicato disporre delle sedie in una location come la Leopolda. Effettivamente, ripensando a quanta gente era presente per il primo panel di Kenji Watanabe, è un’osservazione sensata, ma una copertura parziale di posti a sedere sarebbe stata utile quantomeno in un’ottica più inclusiva, soprattutto considerando il fatto che la location è già abbastanza accessibile di per sé grazie al suo intero sviluppo su un unico piano e agli ampi corridoi. Inoltre, nelle conferenze con meno affluenza, probabilmente alcune file di sedie non avrebbero ingombrato più di tanto.

Infine, l’area indie potrebbe ospitare ancora più studi se si facilitasse ed incentivasse maggiormente l’accesso e la presenza all’evento, soprattutto in virtù del principio di rendere il videogioco e le persone che ci lavorano protagoniste del Florence Games Festival.

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Conclusioni

Tutto sommato, il format del Florence Games Festival è vincente.

Non è una fiera, ma un’esperienza preziosa per chi ama i videogiochi da sempre e vuole immergersi in questo mondo per un weekend.

Tra ospiti di ottima qualità, NPC mediamente ben preparati e aree gaming curate nel minimo dettaglio, il Festival offre un ottimo bilanciamento tra la parte divulgativa e la parte ludica, contribuendo a creare uno storytelling del videogioco come strumento artistico forte e convincente a differenza di altre manifestazioni più blasonate.

A tal proposito, ci sentiamo di criticare un’ultima cosa: la bassa copertura mediatica da parte degli altri portali di cultura nerd.
Vuoi per antipatia verso i creator coinvolti nell’organizzazione, vuoi perché si è trattata di una prima edizione, ma la copertura ad oggi è davvero bassissima, cosa che questo evento NON merita assolutamente. Anzi: chiunque abbia un minimo a cuore la game culture in Italia dovrebbe essere quantomeno interessato a parlarne, discuterne, perché rappresenta un ottimo punto da cui ripartire su questo fronte.

Noi di SpaceNerd.it non vediamo l’ora della prossima edizione del Florence Games Festival, magari leggermente più ampia e con altrettanti ospiti interessanti.

Buona la prima!

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Caporedattore e owner di SpaceNerd.it.
Videogiocatore fin dai 5 anni, cresciuto con attorno Gameboy, Sega Master System e Playstation One. La sua saga preferita è quella di "Prince of Persia", ovviamente a partire dai giochi pre-Ubisoft, che lo ha legato in modo indissolubile dall'infanzia ad oggi al mondo videoludico. Altri suoi hobby ed interessi sono anime, la programmazione, musica e la tecnologia in generale.

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Sono cresciuta con pane, videogiochi, anime e arte. I miei studi e la mia passione verso le scienze umane mi permettono di guardare e giocare con uno sguardo diverso, riuscendo a cogliere molte scelte stilistiche e ad attribuire loro un significato più profondo.

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