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Ever17 Remastered, la recensione: quando il tempo è tiranno

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Ever17 Remastered, la recensione: quando il tempo è tiranno 1

Se siete degli appassionati di Visual Novel, così come il sottoscritto, allora dovrebbe bastare soltanto menzionare il nome di Kotaro Uchikoshi per farvi venire la pelle d’oca: che siate fan dei suoi lavori o meno, è innegabile l’influenza incredibile che il game director giapponese ha esercitato e continua ad esercitare sulla cultura videoludica. Se, però, i più lo conoscono per l’iconica serie di Zero Escape e per i due The Somnium Files, Uchikoshi ha scritto anche molti episodi di un altro franchise, forse ancora più visionario per il genere: Infinity.

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Dopo avervi parlato della sufficiente ma problematica remastered di Never7, primo episodio della serie di Infinity, concludiamo la nostra esperienza con il double pack appena rilasciato da Spike e Mages con l’episodio di gran lunga più famoso e chiacchierato della serie: Ever17, capolavoro del duo Nakazawa-Uchikoshi del 2002 che arriva per la prima volta in tutto il suo splendore… o quasi.

Una doverosa premessa

Iniziare una recensione mettendo già le mani avanti non è mai una cosa positiva, e non è neanche piacevole, specialmente quando parliamo di un gioco così importante per il genere delle visual novel, ma in questo caso è praticamente obbligatorio.

Ever17 uscì per la prima volta nel lontano 2002, e la sua influenza fu tale che, pur non essendo allora parte di un genere mainstream in Occidente, diede vita ad una community molto appassionata che tutt’oggi dibatte e continua ad esplorare un mostro sacro delle visual novel, una delle opere fantascientifiche più mind-bending e più coraggiose degli ultimi venticinque anni.

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Nel 2011 questa visual novel leggendaria venne sostanzialmente rifatta da zero per Xbox 360 (con una grafica tridimensionale) senza il contributo di Uchikoshi, e molte delle caratteristiche che l’hanno resa famosa vennero completamente cambiate, riscritte, adattate. Insomma, il remake del 2011 è una versione che grandissima parte dei fan e degli appassionati di VN considera troppo diversa e troppo inferiore per essere anche solo considerato lo stesso gioco: sebbene i punti fondamentali della trama siano grossomodo simili, gli espedienti che li legano sono completamente differenti, restituendo un copione che per forza di cose non è neanche simile al titolo tanto osannato agli inizi del 2000.

La remaster oggetto di questa recensione è uno strano Frankenstein, perché si basa sul copione del remake per Xbox 360 e sulla grafica della versione originale, in 2D. Questo apre ad una serie di problemi: perché usare una versione considerata inferiore all’unanimità spacciandola per “quella vera”? Leggendo questa remaster, che rimane un buon prodotto, avrete comunque una strana sensazione, come se si stia giocando a qualcosa che non è esattamente coerente, come se mancasse sempre un pezzo. Questa sensazione l’ho avuta anche io, che la versione originale non l’ho mai giocata: sapevo di non star giocando allo stesso Ever17 che molti considerano uno dei migliori capolavori di Uchikoshi.

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In un genere come quello delle visual novel, in cui quello che viene scritto e poi letto è visceralmente legato all’aspetto visivo, proporre un copione che era stato pensato per un’altra grafica con una grafica che era stata pensata per un altro copione è semplicemente inspiegabile, e significa minare alla base il concetto stesso di “visual novel”, il “romanzo visivo”. Sarebbe come riguardarsi Il Re Leone originale del ‘94 con sotto i dialoghi ed il doppiaggio del remake in CGI del 2019.

Tutto questo non può che incidere sulla valutazione finale del gioco, anche se chi vi parla la versione del 2002 non l’ha mai letta: la semplice consapevolezza di star giocando a quello che non è semplicemente lo stesso Ever17 che tutti gli altri appassionati hanno in mente è abbastanza per rendersi conto che effettivamente al titolo manca quel qualcosa che, probabilmente, rendeva l’originale tanto grande. Uno schiaffo inspiegabile al lavoro di Nakazawa e Uchikoshi, che non compaiono neanche nei crediti e che rappresenta una scelta davvero senza senso da parte di Spike e Mages.

Diario di bordo, il LeMU sta affondando

Messo da parte quello che è, a conti fatti, già il principale difetto della remastered, prendiamo ciò che di buono questa versione offre: una trama ai limiti della concezione umana, che parte da un semplice disastro acquatico e che diventa qualcosa di inspiegabile a parole capace di toccare tematiche davvero avanguardiste.

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Come avevo già sottolineato parlando di Never7, Infinity fu una delle prime serie di visual novel a parlare di trame altamente fantascientifiche, rivoluzionando un genere che precedentemente era invaso dai dating sim: se con Never7 lo staff della KID aveva le mani legate, e dovette limitare al minimo gli elementi sci-fi per concentrarsi sul fanservice, quei pochi elementi fantascientifici furono talmente tanto apprezzati dalla critica che, per il sequel, i piani alti della software house giapponese diedero totale carta bianca alle due brillanti menti di Uchikoshi e Nakazawa. Il risultato? Ever17 è fantascienza pura, ancora valida e attuale.

Ever17 parla di un gruppo di ragazzi che, dopo un catastrofico incidente, rimangono intrappolati dentro un futuristico parco divertimenti sottomarino, il LeMU. Il LeMU è una struttura spaventosamente grande, che si estende per diverse decine di metri sotto il livello del mare e che è costellato di attrazioni, grandi vetrate sul fondale marino, equipaggiamenti futuristici e cose da fare e da vedere. Facciamo presto la conoscenza dei nostri due protagonisti: Takeshi, uno studente universitario un po’ imbranato ma gentile, e un ragazzino improvvisamente afflitto da una strana amnesia, curiosamente chiamato semplicemente “Kid” e che nella seconda metà del gioco diventerà una delle chiavi di volta per dipanare i tanti misteri del LeMU, per motivi che chiaramente non posso spoilerare.

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Assieme a Takeshi e “Kid” ci sono You, ragazza esperta di informatica parte dello staff del parco, Tsugumi, una giovane donna criptica che rifiuta il contatto umano, Sora, un’intelligenza artificiale con una forma corporea olografica che si interfaccia con i sistemi del LeMU, e Coco, una bambina tanto solare quanto dolce seguita a ruota dal suo simpatico cagnolino, PiPi. Sara, l’ultima delle eroine del titolo, compare solo in alcune route, ed è una ex compagna di scuola di You.

I destini di queste persone convergono quando un’improvvisa e sospetta depressurizzazione del LeMU mette in ginocchio la sua solidità strutturale, che si basa su un delicato equilibrio di parametri e procedure operative per mantenersi integra: cedimenti, allagamenti e cortocircuiti minano la sopravvivenza dei nostri protagonisti, che dovranno correre contro il tempo per fuggire dal parco, che nel giro di un centinaio di ore collasserà del tutto.

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Ciò che ne consegue, almeno nella prima route del gioco, è una delle poche cose che il copione utilizzato da questa remaster fa davvero bene: gli ambienti claustrofobici, ultra-futuristici e pieni di misteri del LeMU accompagnano e fanno da sfondo alla disperata ricerca di una via d’uscita da parte dei personaggi, in una serie di eventi e colpi di scena che restituiscono un senso d’urgenza davvero senza pari, con i quali Ever17 è ben capace di tenere incollati allo schermo.

Il LeMU muta forma, e da parco divertimenti sottomarino diventa una trappola mortale in cui gli stessi sistemi di sicurezza che avrebbero dovuto scongiurare la catastrofe diventano improvvisamente i principali impedimenti per la fuga. Nelle ore che precedono il collasso totale della struttura vedremo speranza, disperazione, risate, pianti, sconfitte, successi: sono le emozioni che proveremo assieme ai poveri personaggi del gioco, che da totali sconosciuti si ritroveranno a lavorare assieme per sopravvivere e per sfuggire alla doppia tenaglia del tempo e dell’oceano, tanto affascinante quanto spietato.

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Come se non bastasse, appare evidente fin da subito che ci siano delle cose decisamente sospette, sia nelle dinamiche dell’incidente sia nel LeMU stesso: cosa è potuto accadere? Cosa non ha funzionato, nonostante la futuristica struttura fosse perfettamente equipaggiata per ogni tipo di emergenza? La scoperta della risposta a queste domande nasconde una rivelazione scioccante, che assume perfino contorni metanarrativi e che rendono Ever17 una delle opere fantascientifiche più all’avanguardia degli ultimi anni.

I misteri del LeMU

La prima route di Ever17 che i giocatori affronteranno – che secondo tutti dovrebbe essere quella di Tsugumi – è una bellissima esperienza: i misteri sono ancora tanti, e vengono esplorati mano a mano che il gruppo cerca di fuggire dall’inferno di ferro e high-tech che è diventato il LeMU. E non sono misteri a caso, anzi, sono intrinsecamente legati alle storie personali dei protagonisti.

Esempio lampante di ciò è l’IA Sora, che con le sue scene affronta con clamorosa lungimiranza tematiche riguardanti la sempre più sottile linea di demarcazione che separa il digitale dal reale, l’artificiale dall’organico, in un modo (ed in particolare con un grande momento di storytelling) che aprirà le porte ad un vero e proprio universo oltre l’incidente del LeMU. Il collasso del parco sottomarino, infatti, nasconde in realtà un complotto dalle dimensioni globali e dalle implicazioni metanarrative.

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Contestualmente, però, è esattamente qui che il copione utilizzato da questa remaster inizia ad arrancare, rendendo ben più condivisibili le critiche di chi lo considera una versione notevolmente inferiore rispetto all’originale. Quel senso di urgenza, quel disperato ricorso all’istinto di sopravvivenza da parte del gruppo, quel senso di scoperta e di mistero delle prime ore di gioco e della prima route cominciano a venire meno quando si va a dipanare la matassa delle altre route del titolo, necessarie per vedere il pur validissimo e scioccante true-ending.

I punti salienti della trama, che rimangono sì invariati rispetto all’originale, vengono però uniti e fatti combaciare in modo estremamente macchinoso, forzato, con la dichiarata intenzione di rendere il nuovo copione più “coerente” e tecnicamente corretto, a scapito però della ben più necessaria sospensione dell’incredulità, fondamentale in opere fantascientifiche.

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Sembra quasi che si cerchi di dare una spiegazione razionale a tutto, anche a ciò che era originariamente fatto per essere irrazionale e cioè ai confini della concezione umana, concetto che è il vero fiore all’occhiello delle fasi finali del gioco. Questo rende le successive route di Ever17 molto meno scorrevoli delle prime, quelle in cui viene fuori tutta l’emotività di un momento tragico come l’incidente del LeMU.

A detta di molti, inoltre, il copione adottato da questa versione fa anche degli importanti cambiamenti alla caratterizzazione dei personaggi: su questo, probabilmente, il confronto con la versione originale è più marcato e soggettivo. Secondo il mio punto di vista, il cast è di buon livello, niente di trascendentale ma sicuramente funzionale alla grande storia di fondo che viene raccontata.

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Tsugumi, però, è un personaggio che ho apprezzato davvero poco, che non va quasi mai oltre il ruolo e lo stereotipo della tsundere (nonostante la sua storia personale nasconda un trascorso traumatico), e che sembra essere al contrario quasi universalmente amato dalla community di Ever17 originale: evidentemente questa discrepanza è da ricercare anch’essa nel copione diverso, una scelta che appare dunque sempre più divisiva e inspiegabile. Ho sostanzialmente giocato una visual novel diversa rispetto agli altri, tanto da creare delle differenze nel modo in cui ho recepito personaggi ed eventi della trama. Eppure il titolo è lo stesso…

Un bel vedere

Ho già accennato al fatto che usare asset e copione provenienti da due versioni diverse del gioco è una scelta chiaramente infelice, che in molte scene causa un certo paradosso e disallineamento stilistico: questo però non va a minare il buon lavoro che è stato fatto con gli sprite, le OST, le CG e gli sfondi del gioco originale.

Venendo dalla recensione di Never7, in cui questo aspetto era quasi disastroso, sono rimasto piacevolmente colpito nel constatare che Ever17 è stato rimesso a nuovo in maniera intelligente; è stato fatto un upscaling di buona qualità che dà nuova vita alle meravigliose (ed inquietanti) ambientazioni sottomarine del LeMU, preservando anche gli ottimi disegni dei personaggi. È stato applicato uno shading rinnovato a tutti gli asset del titolo, ed il risultato è quello di una visual novel che visivamente sarebbe potuta tranquillamente uscire l’altro ieri, e che chiaramente brilla su dispositivi portatili.

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Artefatti e qualche dettaglio a bassa risoluzione cominciano ad essere visibili su schermi più grandi, ma non siamo assolutamente ai livelli di Never7 Remastered, che era davvero inguardabile a tratti. Buonissima anche la qualità del doppiaggio (che adesso non è compresso all’inverosimile…) e le sempre spettacolari OST del maestro Abo, il vero valore aggiunto di questo double pack di visual novel classiche: quello di Ever17 è un Abo più maturo di quello di Never7, ancora più capace di estrarre fino all’ultima goccia di emozione dalle scene del gioco, accompagnate magistralmente dai suoi componimenti.

Molto apprezzata, infine, la nuova UI, che rende chiare le scelte già fatte precedentemente e che pulisce i menù (senza strafalcioni grammaticali, stavolta!). Insomma, su Ever17 è stato fatto un restauro tecnico innanzitutto rispettoso, che rivitalizza l’angosciante setting ultra-futuristico con una certa cura e che fa quello che ogni buona remastered dovrebbe fare: non cambiare il materiale originale, ma migliorarlo. Se solo avessero applicato lo stesso modus operandi con il copione…

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Il LeMU apre ai turisti d’Oltreoceano

Non è la prima volta che Ever17 arriva in Occidente, ma è la prima volta che lo fa con il copione del remake per Xbox 360. Lasciando da parte le già menzionate criticità, sulla traduzione è stato fatto un lavoro discreto, sicuramente migliore di quanto si è visto con Never7. Gli errori squisitamente grammaticali sono perlopiù assenti, anche se in un paio di occasioni mi è capitato di leggere frasi costruite in modo decisamente fantasioso (in una particolare scena sono state lasciate addirittura quelle che suppongo siano degli appunti del localizzatore, ndr).

Le prime battute di Ever17 sono quelle tradotte peggio, con una notevole macchinosità della narrazione e con dei costrutti poco naturali, ma dopo qualche ora le cose cominciano a migliorare, nonostante rimangano comunque un uso spregiudicato dello stampatello per trasmettere enfasi ed una chiara difficoltà nel trasmettere il senso di scherzi che, probabilmente, hanno molto più senso agli occhi dei giapponesi.

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C’è un solo dubbio che mi è rimasto: in certe route, ci sono delle frasi che vanno oltre il foreshadowing, e che sono dei veri e propri spoiler che indeboliscono i plot twist successivi. Non è chiaro se sia un problema del copione in sé e per sé o se sia un difetto della localizzazione, ma è giusto menzionarlo. 

Ever17 torna con un grosso “Ma”!

È ora di tirare le somme: come si è comportata la remastered di Ever17? La risposta non è semplice, perché dire semplicemente che “è tornata una delle visual novel più amate della storiasarebbe disonesto: il grosso errore di Spike e Mages è quello di usare un copione divisivo, che si discosta dal prodotto originale per il semplice fatto che i suoi due padri, Nakazawa e Uchikoshi, non vi hanno messo mai mano.

Un dettaglio ironico, se si considera il fatto che proprio il nome di Uchikoshi è stato usato in maniera molto aggressiva per pubblicizzare questa remaster. L’Ever17 che trovate su Steam, PlayStation Store e Nintendo eShop non è “un classico capolavoro di Kotaro Uchikoshi”, ma è semplicemente una riscrittura in cui lo staff originale non ha avuto alcuna voce in capitolo.

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A discapito, quindi, di un comparto tecnico ottimo, di una localizzazione discreta e di una trama che rimane certamente buona, l’elefante nella stanza rende impossibile dare il giusto merito a questi aspetti positivi: è stata fatta pubblicità ingannevole, ed è stato usato il nome di Uchikoshi in maniera decisamente indebita. E questo non può che pesare. Tanto.

Ever17 Remastered, la recensione: quando il tempo è tiranno 6
Ever17 Remastered
Gameplay e longevità
6.5
Comparto grafico e sonoro
7.5
Coerenza e cura del dettaglio
6
Pros
Una trama sempre affascinante
Un'opera di restauro molto pregevole con una localizzazione discreta
I meriti principali dell'originale rimangono invariati, ma...
Cons
...la scelta di usare un copione così divisivo è inaccettabile
La magia comincia a svanire dopo la prima route, lasciando spazio ad una narrazione spesso forzata
Incoerenza stilistica causata dal copione del remake applicato agli asset dell'originale
Si rasenta la pubblicità ingannevole: questa versione, di Uchikoshi, ha ben poco
6.5
VOTO

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Ever17 Remastered, la recensione: quando il tempo è tiranno 7

Eterno amante di astronomia e di videogiochi, Matteo è cresciuto con un gamepad in una mano e con una carta celeste nell'altra. Cerca sempre di scoprire cose nuove su di lui e sui suoi gusti esplorando decine di generi. Con gli anni ha riscoperto anche una forte passione per la letteratura, la musica, la tecnologia e per la cultura orientale, in particolar modo cinese, oggetto del suo percorso di studi in Lingue e Letterature. Trova sempre un legame tra quello che interessi così diversi riescono a raccontare, nella maniera più personale possibile.

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